Notiziario







Il “Nobel dell’Acqua” al georgofilo Andrea Rinaldo

Andrea Rinaldo, professore di costruzioni idrauliche all’università di Padova e direttore del Laboratorio di ecoidrologia dell’Ecole Polytechnique Federale di Losanna, si è aggiudicato lo Stockholm Water Prize, il premio per gli studi sull’acqua più prestigioso al mondo. Il professor Rinaldo è il primo italiano ad aver ottenuto questo importante riconoscimento, equiparabile a un Nobel per l’acqua, per i suoi studi sul rapporto tra reti fluviali, popolazioni e salute.
La cerimonia di consegna del Premio si svolgerà a Stoccolma alla presenza di Re Carlo XVI il 23 agosto 2023.
L’attività scientifica del professor Rinaldo, dai lavori teorici, agli studi sperimentali condotti in laboratorio, fino alle ricerche sul campo, si inserisce nel filone di ricerca dell’ecoidrologia, che indaga il rapporto tra l’acqua dei fiumi e le comunità vive, siano esse umane, animali, vegetali o persino di quegli agenti patogeni il cui ciclo vitale è legato all’acqua.
Accademico ordinario dei Georgofili dal 2014, ha risposto a qualche domanda per il nostro notiziario.

Professore lei è veneziano, quanto ha influito questo nel suo interesse per l'acqua?
Molto, per almeno due ragioni. Intanto familiari: mio nonno aveva un’impresa di costruzioni marittime a Venezia, mio padre (come io stesso, un mio fratello, uno dei miei figli, mio suocero e mio cognato) era ingegnere idraulico laureato a Padova. La seconda ragione è stata l'avere vissuto in città l’alluvione del 1966 (che a Firenze fece altri disastri). Quando finalmente le acque si ritirarono, lasciando miseria e dubbi sulla sopravvivenza di Venezia, il mio interesse per le ragioni di quella fragilità fu molto forte. Lo è tuttora. 

Ci può spiegare in parole semplici che cosa è l'ecoidrologia, suo settore di studi?
La motivazione del premio mi fa credito di essere uno dei fondatori della disciplina. Si tratta dello studio dei controlli dell’acqua sulle comunità vive (specie, popolazioni, patogeni), visto con occhi avvertiti non superficialmente sia sugli aspetti tecnici idrologici che su quelli ecologici. Cioè sia come strumenti che come conoscenza dei fenomeni. Il mio laboratorio, il primo a chiamarsi con quel nome (e oggi ve ne sono diversi in tutto il mondo) si caratterizza nel portare avanti sia studi sperimentali in laboratorio, che osservazioni di campo, sia anche  studi teorici i numerici dai quali sono partito (il mio dottorato di ricerca è in meccanica del fluidi).

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Vivibilità, funzionalità e sicurezza del verde in città

A colloquio con Alberto Giuntoli, paesaggista, accademico de Georgofili, docente presso l'Università di Firenze e membro del Comitato per lo sviluppo del verde pubblico del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica.

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Nasce l’Unità di contrasto alle pratiche commerciali sleali

L’entrata in vigore del d.lgs. 8 novembre 2021, n. 198, che ha dato attuazione a livello piano nazionale alle previsioni della dir. (UE) 633/2019, ha profondamente mutato il panorama giuridico nazionale in tema di rapporti commerciali tra imprese nella filiera agroalimentare, delineando un formalismo contrattuale che interviene all’atto della cessione dei prodotti agricoli e alimentari sul mercato e dettagliate regole in materia di pratiche commerciali sleali.

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Il contributo degli insetti alla produzione di lipidi

La crescita demografica prevista per questo secolo pone importanti interrogativi sulla disponibilità e sull’uso delle risorse alimentari e idriche: le stime indicano in più di 9 miliardi di persone, la consistenza della popolazione mondiale nel 2050. Sotto la spinta di queste previsioni, a partire dal 2013, la FAO ha iniziato un’attività di sensibilizzazione sul tema dell’uso degli insetti nell’alimentazione umana e degli animali di allevamento (FAO, 2013) come risposta alla sfida sulla crescente domanda di proteine. L’argomento ha dato origine ad un vasto dibattito nella comunità scientifica che prosegue tuttora: per quanto molti siano ancora gli aspetti tecnici e scientifici da chiarire, l’uso alimentare degli insetti è comunque un tema di grande attualità.
Ulteriore conseguenza dell’atteso aumento demografico è anche la crescente richiesta di sostanze grasse naturali per usi non alimentari. La quantità di lipidi naturali utilizzata a scopo alimentare copre attualmente circa il 75% di quella disponibile, mentre il restante 25% è usato per fini energetici, per la detergenza e la cosmetica, in prodotti vernicianti, nei biolubrificanti nonché in numerosissimi impieghi tecnici di nicchia.
La crescente domanda di sostanze grasse ha creato tensioni di mercato derivanti dalla competizione tra uso food e non-food di sostanze grasse naturali, causando accesi dibattiti sulla liceità di sottrarre risorse potenzialmente destinabili all’alimentazione, dirottandole verso la produzione di energia e prodotti per l’industria.

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Scoperto come le piante possono resistere alle alluvioni

E’ stata trovata la chiave che permette alle piante di sopravvivere in situazioni di stress come gli eventi di piovosità estrema. La scoperta dei ricercatori della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e del Cnr consiste nella proteina TOR, che aiuta gli organismi a rispondere alle situazioni critiche. Ne abbiamo parlato con il Prof. Pierdomenico Perata, georgofilo del Sant’Anna, uno dei coordinatori della ricerca.

Professore, i ricercatori del Sant'Anna hanno scoperto la chiave che permetterebbe lo sviluppo di varietà di piante in grado di resistere a eventi di piovosità estrema. Ci può spiegare di che cosa si tratta?
I nostri recenti risultati hanno dimostrato che la risposta delle piante a condizioni di sommersione, che consente un temporaneo adattamento a tali sfavorevoli condizioni, richiede un sufficiente livello energetico nella pianta. In atri termini, se la pianta subisce una sommersione in acqua torbida, o alla fine della notte ha minori probabilità di sopravvivenza, perché il livello di energia (sotto forma di ATP) non è sufficiente per mantenere attiva una proteina, nota con il nome di TOR, che utilizza la stessa ATP per fosforilare una proteina essenziale nella risposta delle piante all’ipossia: RAP2.12. Questa proteina, infatti, agisce da fattore trascrizionale ed attiva la trascrizione (e quindi la espressione) delle proteine necessarie alla risposta adattativa della pianta alla carenza di ossigeno che si genera quando le piogge sono intense e il terreno è quindi allagato. RAP2.12 è un “sensore dell’ossigeno”, in quanto la stabilità di questa proteina è compromessa dalla presenza dell’ossigeno, ma queste fatto consente alla proteina di essere presente ed attiva in condizioni di assenza di ossigeno. Ma la attività dipende anche dall’azione di TOR su RAP2.12 stesso. Quindi la pianta ha la capacità di misurare due fattori fondamentali per la propria risposta: la disponibilità di ossigeno, tramite la stabilizzazione di RAP2.12 in ipossia, e il livello energetico tramite TOR. TOR comunica questa informazione (sufficiente disponibilità energetica) a RAP2.12 tramite fosforilazione di RAP.12 stesso.

Quali applicazioni pratiche vede realizzabili nel futuro più o meno prossimo di questa scoperta?
La sfida più grande è effettivamente il trasferimento delle conoscenze acquisite nell’ultimo decennio usando la specie modello Arabidopsis alle piante coltivate. Già sono state realizzate nuove varietà di riso estremamente tolleranti la completa sommersione: occorre infatti ricordare che il riso è si una specie ben tollerante la sommersione dell’apparato radicale, ma non altrettanto si può dire della sua abilità di sopportare eventi estremi che portino alla completa sommersione della pianta. E questi eventi alluvionali sono sempre più frequenti, soprattutto nel sud-est asiatico, ove il riso rappresenta la principale coltura agraria. 

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La cucina italiana in un cambiamento di era – Capitolo 2: La cucina del “far da sé” nel pluralismo alimentare

L’Italia è oggi piena di prodotti alimentari e di ricette che vantano una tradizione regionale ma che sono usati al di fuori del contesto regionale d’origine e alle quali sempre più si affiancano e si sostituiscono tradizioni, cibi, piatti e ricette non regionali e di diversa importazione. Odiernamente gli italiani incrociano un mercato alimentare sempre più diversificato, perché altre tradizioni si sono stabilite sul nostro territorio per il diffondersi di nuove modalità d’appartenenza alimentare in una crescente frammentazione che deriva anche da processi esogeni e tra questi in primo luogo dalle migrazioni interne e esterne.

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In Francia la “malattia di Parkinson” è considerata malattia professionale degli agricoltori ... e in Italia?

La malattia di Parkinson idiopatica, comunemente chiamata malattia di Parkinson, è stata descritta per la prima volta da James Parkinson nel 1817 nello studio An Assay on the Shaking Palsy. Il Parkinson è una malattia neurodegenerativa, ad evoluzione lenta ma progressiva, che coinvolge, principalmente, alcune funzioni quali il controllo dei movimenti e dell'equilibrio. La malattia fa parte di un gruppo di patologie definite "Disordini del Movimento" e tra queste è la più frequente.

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Gli incompresi benefici degli alberi

Le persone amano le piante ma non tutti capiscono che per gestirle al meglio servono capacità e competenze specifiche. Sensibilizzare l'opinione pubblica rappresenta un passo fondamentale.
Ho proposto questa riflessione già altre volte, ma leggendo qua e là, soprattutto sui quotidiani, si nota molta disinformazione da parte di chi scrive e, spesso, anche poca voglia di trattare l’argomento, sicuramente meno importante, per molte persone, della vita sentimentale di qualche starlette della TV.
"Trees are good, Trees need care, Arborist care for trees", il motto dell'ISA (International Society of Arboriculture) racchiude il senso di un concetto che, purtroppo, oggi non è così diffuso. Gli alberi sono esseri meravigliosi. Non solo ci gratificano con la loro straordinaria bellezza, ma ci forniscono anche benefici fondamentali per la nostra stessa esistenza. I vantaggi che la loro presenza apporta sono noti: ci proteggono limitando gli eccessi climatici, rimuovono gli inquinanti, riducono i rumori e forniscono habitat per la biodiversità. Il loro contributo alle nostre città, e non solo, è immenso, specialmente per la nostra salute e benessere. Se tutto questo è vero, non si capisce come mai non venga assegnata all’arboricoltura (intesa nel senso inglese del termine, che si riferisce agli alberi in ambiente urbano, monumentali, ecc.) quella dignità, anche scientifica, che le spetta. Forse perché la cura degli alberi cosiddetti “non a fini produttivi” (anche se, come detto, “producono” tutta una serie di incommensurabili benefici) è un concetto che non è pienamente compreso dalle persone e, purtroppo, pochissimo da politici e amministratori.
Le persone amano gli alberi ma spesso non riescono a comprendere che la cura e la gestione necessarie per mantenere gli alberi nelle nostre città devono essere affidate a persone competenti, con lunga esperienza, soprattutto nel caso di esemplari monumentali, in cui un intervento errato può avere effetti esiziali sulla vita dell’albero.
Sensibilizzare l'opinione pubblica costituisce uno dei principali ostacoli nella diffusione della “cultura dell’albero”. In questo senso non giovano certo atteggiamenti “integralisti” che portano spesso a un muro contro muro, assolutamente sbagliato, invece di “ragionare” in modo unitario. Non dobbiamo scordare che gli alberi sono esseri mortali e, come tutto il resto degli animali e delle piante sul nostro pianeta, hanno un’aspettativa di vita, diversa da specie a specie, che può essere anche molto lunga ma che, in un ambiente ostile e con una gestione errata, può accorciarsi moltissimo.

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La valutazione del suolo nel monitoraggio della stabilità degli alberi

I crolli di alberi avvenuti a Firenze nelle ultime settimane, anche durante condizioni meteorologiche non eccezionali, hanno giustamente causato un serio allarme tra la popolazione della città e pongono questioni più generali, anche scientifiche, relative alla manutenzione e sorveglianza dell’arredo arboreo urbano. Il collega prof. Francesco Ferrini, in una recente intervista, ha evidenziato come il monitoraggio della salute e della stabilità degli alberi sia una attività professionalmente complessa, che evidenzia la necessità di competenze diverse.

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Selezione per la resistenza genetica alla Varroa

L’apicoltura combatte ormai da più di quarant’anni contro il malefico acaro arrivato dall’Oriente. La Varroa conviveva senza fare troppi danni con Apis cerana, ma quando la ben più produttiva Apis mellifera, sull’onda della globalizzazione, è arrivata laggiù, Varroa ci ha messo poco a fare il salto di specie trovando nella nostra ape da miele un ambiente molto più favorevole alla sua riproduzione. Per combatterla se ne sono inventate di tutte

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La cucina italiana in un cambiamento di era - Capitolo 1: Da regionale a nazionale

Oggi la cucina in Italia ha superato una regionalità della quale restano solo alcune ricette e con la globalizzazione dei commerci e dei costumi subisce e partecipa a un Cambiamento di Era che non è un fenomeno nuovo, ricordando il mutamento della cucina avvenuto in seguito alla scoperta delle Americhe e una prima globalizzazione alimentare, o l’altro cambiamento a noi più vicino e determinato dalla Rivoluzione Industriale del secolo XIX e XX con la Cucina Borghese oggi quasi scomparsa. Non dimenticando che la cucina è lo specchio della società e dei suoi cambiamenti, sono da considerare e fare chiarezza su alcuni odierni aspetti della cucina italiana.
Nel XIX secolo il Italia lo sviluppo di una borghesia sviluppa una cucina che sulla base di un Servizio alla Russa è di tipo prevalentemente se non esclusivamente regionale, anche per le difficoltà dei trasporti e come dimostrano i diversi ricettari regionali. Con l’Unità del Regno d’Italia, inizia un’unificazione dei costumi anche per un solo esercito e lo sviluppo dei trasporti ferroviari che danno avvio in Italia a un'uniformazione della cucina borghese, la cui prima testimonianza abbiamo a fine secolo con La scienza in cu cucina e l’arte di mangiar bene (1892-2911) di Pellegrino Artusi (1820 - 1911). L’unificazione nazionale procede per tutta la prima metà del XX secolo quando anche nel settentrione si mangia pasta secca e nel meridione risotti e al ricettario dell’Artusi se ne affiancano e si sostituiscono altri come Il Talismano della Felicità (1925) di Ada Boni (1881 – 1973). È nella seconda metà del secolo e a partire dal Boom Economico degli anni Cinquanta che la Classe Borghese e sua cucina entra in crisi e è sostituita da una mal definita Classe Media con una cucina sempre più influenzata dai media. Nel 1971 la televisione italiana trasmette Colazione allo studio 7 che poi diviene A tavola alle 7 ottenendo un notevolissimo successo di pubblico, successo hanno le rubriche di cucina sui giornali e sui settimanali man mano sostituendo le tradizioni delle mamme e delle nonne soprattutto nelle famiglie che dalla povertà contadina entrano nel Ceto Medio. Contestualmente gli orti contadini e i negozi locali di alimentari iniziano a essere sostituiti dai supermercati (il primo a Milano inaugurato nel 1957) che offrono alimenti delocalizzati. Agli inizi del XXI secolo in Italia vi è una cucina sostanzialmente unificata che di tradizionale contiene solo piatti regionali “nazionalizzati”, spesso anche di produzione industriale.

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Piante aliene invasive, un problema per la biodiversità e la sicurezza dei corsi d'acqua

Il 27 gennaio scorso la Commissione europea ha deciso di deferire alla Corte di giustizia dell’Unione europea l’Italia, Bulgaria, Irlanda, Grecia, Lettonia e Portogallo “per la mancata attuazione di varie disposizioni del regolamento n. 1143/2014 recante disposizioni volte a prevenire e gestire l’introduzione e la diffusione delle specie esotiche invasive.
Il regolamento sulle specie esotiche invasive, entrato in vigore il primo gennaio 2015, riguarda le specie considerate “di rilevanza unionale” e comprende attualmente 88 specie – ad esempio piante quali il giacinto d’acqua e animali quali il calabrone asiatico o il procione – che richiedono un intervento a livello europeo. Gli Stati membri devono adottare misure efficaci per prevenire l’introduzione deliberata o accidentale nell’Ue di queste specie, individuarle e adottare misure di eradicazione rapida in una fase precoce dell’invasione o, se le specie sono già ampiamente radicate, adottare misure per eradicarle, tenerle sotto controllo o impedire che si diffondano ulteriormente.
"Attivare una collaborazione organica tra enti per ampliare la conoscenza sulle specie vegetali aliene, che infestano i corsi d'acqua della regione": è stata la proposta lanciata da ANBI a Regione Toscana ed ARPAT (agenzia regionale protezione ambientale toscana), in particolare per quanto riguarda il poligono del Giappone, l'ailanto e il myriophyllum acquaticum, cioè alcune delle specie che gli operatori dei consorzi di bonifica hanno individuato nei corsi d'acqua durante le attività di manutenzione. E’ stato quindi proposto di dotarsi di linee guida su queste piante nocive, dando vita a protocolli condivisi: un tavolo tecnico permanente, dove individuare le specie, studiarle e fornire risposte organiche per contrastare un'emergenza, che ormai riguarda tutta la toscana, ma non solo.

Abbiamo approfondito il tema con Marco Bottino, Presidente di ANBI Toscana e accademico georgofilo.

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Agricoltura di precisione: le imprese agricole devono investire in formazione

"Le medie aziende agricole, per fare un esempio quelle nell’ordine dei 20 a indirizzo orticolo, 40 viticolo o un’azienda cerealicola sopra i 300 ettari sono disposte a investire in trattori e macchinari, ma altrettanto devono investire in capitale umano. Bisogna investire in formazione e tali imprese agricole devono pianificare un investimento di uno stipendio annuo per la digitalizzazione, altrimenti è inutile investire»". È l’invito del professor Marco Vieri, ordinario di Meccanica Agraria all’Università di Firenze e accademico dei Georgofili.

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Il “lato oscuro” del compost

Pensavamo di sapere (quasi) tutto sul compost e sul compostaggio e invece alcune recenti rassegne bibliografiche informano che, come per la nostra luna, anche il compost e il compostaggio presentano un lato poco o affatto conosciuto.

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Accrescere il valore dei vini a denominazione di origine: avviato il percorso di innovazione organizzativa in Toscana

Il problema della stabilità dei prezzi all’origine incide in modo significativo sulla capacità delle filiere dei vini a denominazione di origine (DO) di creare e redistribuire valore per remunerare ogni fase della filiera.
Tale problema, nella sua concreta manifestazione e ricerca di soluzioni, assume connotazioni specifiche. Il prodotto, profondamente legato al territorio, è altamente differenziato tra Denominazioni e all’interno di ciascuna. Ogni Denominazione ha una propria struttura di filiera e attraverso l’autoregolazione plasma la ricerca sempre più spinta dell’eccellenza e della remuneratività. Il mix ottimale di qualità, quantità e prezzi sembra essere frutto di una sapiente alchimia, ma il faro dell’innovazione tocca anche questo ambito.
Cooperando, i Consorzi toscani hanno avviato un percorso comune per le fasi iniziali.

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Un po’ di chiarezza scientifica sulle responsabilità della zootecnia al riscaldamento globale

Sono ormai diversi anni che alcuni fisici dell’atmosfera della prestigiosa università di Oxford stanno studiando i contributi relativi dei vari gas serra al fenomeno del riscaldamento globale (Allen et al., 2016, Nat. Clim. Change, 6: 773-776; Allen et al., 2018, NPJ Clim. Atmos. Sci., 1:1-8; Allen et al., 2022, NPJ Clim. Atmos. Sci., 5:1-16), giungendo alla conclusione che i dati diffusi finora non sono scientificamente attendibili, perché partono da un approccio non corretto nell’attribuzione delle responsabilità dei singoli gas.
Delle conclusioni dei ricercatori oxfordiani hanno fatto tesoro alcuni colleghi italiani per ricalcolare i contributi dei gas serra di origine zootecnica. Lo studio di Correddu et al.  (Correddu et al., 2023, Ital. J. Anim. Sci., 22: 125-135), condotto nell’ambito del progetto di “Carni Sostenibili”, presieduto da Giuseppe Pulina, fornisce conclusioni che, oltre ad essere sorprendenti, servono a dimostrare l’inattendibilità di molte affermazioni dei cosiddetti “animalisti”.
A questo proposito, a solo scopo informativo, vale la pena di ricordare alcune “perle” come quella di una certa Ylenia Vimercati, la quale, il 25 maggio 2018, sulla “Rivista della Natura” scriveva: “uno studio del 2009 del Worldwatch Institute sottolinea che abbiamo ampiamente sottostimato la fonte che causa circa il 50% delle emissioni di gas serra dovute alle attività umane. Si stima infatti che le emissioni globali dell’industria zootecnica superino del 28% quelle dell’intero settore dei trasporti. Sembra che mangiare carne, uova e latticini provenienti dagli allevamenti abbia un impatto ben più profondo sull’aria che respiriamo rispetto a tutte le vetture, navi, aerei e treni messi insieme”. O come le affermazioni dell’economista americano Jeremy Rifkin, autore del best seller “Third Industrial Revolution”, che si dice “sicuro di riuscire, prima o poi, a provare che l’agricoltura è la prima causa del riscaldamento globale, nonostante che l’ONU e la FAO affermino che è la seconda causa”.

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Patate: la fortuna di Antoine Augustin Parmentier in Italia

La fortuna di Antoine Augustin Parmentier in Italia è essenzialmente legata all’uso delle patate come fonte di nutrimento umano, salubre e ricco di amido. Giunte dall’America, le patate si erano diffuse in Europa alla metà del Cinquecento ma, per la curiosa idea che sottoterra non potesse crescere alcun cibo salutare, furono subito viste con estremo sospetto.

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Il PNACC (Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici) e l’agricoltura

È ormai indubbio il ruolo dell’agricoltura sulla capacità del pianeta di adattamento al climate change, ma è importante ribadire che essa, al di là di una ormai dirompente componente fake dell’informazione di massa, produce effetti nel complesso migliorativi, rispetto ad altre attività economiche.
Trova pertanto spazio, nel dibattito degli ultimi anni, il recente Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC), redatto a cura del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica.

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Agricoltura di precisione, il futuro è qui

Prof. Pisante, lei è coordinatore del master universitario di primo livello in agricoltura di precisione, in convenzione tra gli atenei di Teramo, Firenze, La Tuscia, il Consiglio Nazionale delle Ricerche, il Consiglio per la Ricerca e l’analisi dell’Economia Agraria e Ibf Spa. Perché la necessità di questo corso di specializzazione?
Per attuare la trasformazione graduale del comparto, sempre più diversificato e costantemente in evoluzione per stabilizzare le rese unitarie con le migliori caratteristiche qualitative, impiegare razionalmente le risorse naturali, ridurre i costi di gestione. Dagli originari assiomi con cui l’agricoltura si è sviluppata, empirismo ed esperienza, nel dinamico movimento di crescita del terzo millennio il settore primario è entrato concretamente nell’epoca della dimostrazione e dei dati, aspetti che richiedono adeguata consapevolezza per essere riconosciuti e completamente valorizzati. Pertanto, considerato l’evidente disallineamento tra le professionalità richieste e i percorsi formativi esistenti, insieme alla carenza di interventi strutturali basati sull’innovazione, sulle evidenze scientifiche e le tecnologiche disponibili, il Master consente di trasmettere nuove conoscenze disciplinari, sempre più essenziali ai produttori ed ai professionisti del settore, simultaneamente chiamati ad attuare complessi processi decisionali caratterizzati da tempestività e proporzionalità, anche in termini di variabilità e sostenibilità, con lo sguardo attento a costi e benefici. Senza trascurare gli impatti presenti e futuri della transizione ecologica e digitale, anche per le restrizioni normative previste dall’European Green Deal al 2030 che limitano la competitività delle nostre filiere agroalimentari di qualità, tra cui la riduzione del 50% di prodotti fitosanitari ed almeno il 20% dei fertilizzanti, la conversione all’agricoltura biologica fino al 25%. 

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L’insetto è servito!

Il gastronomo giramondo probabilmente avrà già avuto l’occasione di assaggiare le chapulines messicane, i jing leed thailandesi o le Ica brasiliane. Le prime sono delle mini cavallette tostate. I secondi sono dei grilli fritti venduti a Bangkok. Le ultime sono formiche regina di circa 2,5 cm servite fritte o ricoperte di cioccolato.
L’uso di insetti in questi piatti tipici di culture gastronomiche lontane non solo geograficamente dalla nostra desta certamente curiosità. Non si può dire altrettanto delle recenti autorizzazioni alla commercializzazione di insetti a scopo alimentare in Europa da parte della Commissione europea.
Ricapitoliamo la tematica per fare chiarezza su alcuni punti.
Innanzitutto, non si tratta di “imposizioni” o “invenzioni” del legislatore europeo. La Commissione europea non fa che applicare il quadro normativo adottato dagli Stati membri e dal Parlamento europeo. L’Europa, infatti, impone, questo sì, che ogni nuovo cibo (“Novel Food”) passi per una procedura di autorizzazione al fine di proteggere il consumatore europeo.
È nuovo, qualsiasi prodotto non consumato regolarmente in Europa prima del 1997 (data del primo regolamento sui nuovi alimenti). "Nuovi alimenti" possono essere prodotti alimentari innovativi di recente sviluppo, prodotti alimentari nati utilizzando nuove tecnologie e processi di produzione, nonché alimenti che sono tradizionalmente consumati al di fuori dell'Unione europea.
Ad esempio, i semi di chia fino a pochi anni fa erano perfettamente sconosciuti nella nostra dietetica, come pure gli insetti. Nel 2021, l'Europa ha autorizzato le larve di coleottero molitor. Poi, nel 2022, un verme della farina, una locusta migratrice, un grillo, in forma congelata, essiccata e in polvere. Chissà perché solo ora, dopo la fine del Covid, tutto questo polverone per le ultime due autorizzazioni del gennaio 2023 di un altro verme della farina e di un grillo domestico in polvere, in forma parzialmente sgrassata.

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Non lasciamo(ci) la pelle!

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100 anni di Scienza del Suolo

Dal 19 al 21 maggio 2024 si celebrerà a Firenze il “Centennial of the IUSS”, i cento anni dell’International Union of Soil Sciences (IUSS) a cui è affiliata la Società Italiana di Scienza del Suolo (SISS). Fu proprio nel 2024 a Roma che fu firmato l’atto costitutivo dell’International Society of Soil Science (ISSS), precorritrice della IUSS, nella sede dell’allora International Institute of Agriculture a Villa Lubin. L’evento ebbe una grande rilevanza internazionale e vide una larga partecipazione italiana, tra cui di illustri membri anche dell’Accademia dei Georgofili.
La celebrazione in Italia del centenario della fondazione della IUSS, evento patrocinato da numerose società scientifiche ed accademie, tra cui quella dei Georgofili, sarà una splendida occasione per la Società Italiana della Scienza del Suolo ma anche per la comunità scientifica italiana per richiamare l’attenzione sulla fragilità e sulla bellezza del suolo in un momento in cui la sua degradazione è un’emergenza a livello planetario. Proprio per ribadire la cruciale importanza del suolo alla luce della crisi climatica in atto, all’aumento previsto di popolazione stimata in 10 miliardi nel 2050 e alla necessità di produrre cibo sano, la IUSS ha promosso l’International Decade of Soils 2015-2024 sancita nella Dichiarazione dei suoli di Vienna del 7 dicembre 2015, dove la IUSS stessa ha individuato i ruoli chiave svolti dai suoli nell'affrontare i principali problemi delle risorse, ambientali, sanitarie e sociali che l'umanità sta attualmente affrontando. Data questa situazione, la IUSS ritiene che spetti ai suoi membri (le Società scientifiche nazionali di scienza del suolo) non solo mantenere il livello di attività indicato nel 2015, ma aumentare lo slancio e la portata dei nostri contributi su questi temi mentre ci avviciniamo al centenario dalla sua fondazione nel 2024.
La celebrazione del Centenario della IUSS in Italia rafforzerà i collegamenti con le altre discipline, accademie, istituzioni e società scientifiche, i responsabili politici e le altre parti interessate, per affrontare congiuntamente le emergenze in campo agricolo, forestale, ambientale, urbanistico e sociale, mettendo il suolo al centro delle soluzioni. La celebrazione si svolgerà il 19 maggio e sarà seguita da due intense giornate di congresso, con sessioni plenarie e sessioni scientifiche parallele. Ad ogni sessione parteciperanno scienziati del suolo e specialisti di altre discipline, concentrandosi sia sui risultati ottenuti sia sulle sfide future. Il congresso sarà accompagnato da una serie di possibili escursioni tecnico/scientifiche che spazieranno da brevi viaggi locali ad altri più lunghi, dalle Alpi alla Sicilia. Il 18 maggio è anche prevista una visita precongressuale a Villa Lubin a Roma, luogo storico della fondazione della IUSS.
Nell’occasione del convegno sarà inoltre presentato un volume che racconta i cento anni di storia della scienza del suolo italiana.
Le iscrizioni e la possibilità di proporre sessioni scientifiche sono già disponibili sul sito ufficiale www.centennialiuss2024.org con tutte le notizie aggiornate sulle celebrazioni del centenario.
Le proposte di sessione possono essere presentate dal 5 dicembre 2022 al 30 giugno 2023. 


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Ancora troppi incidenti in agricoltura

Professor Piccarolo, il 9 febbraio scorso lei ha coordinato una giornata di studio all'Accademia dei Georgofili, dedicata alla prevenzione degli incidenti nell'utilizzo delle macchine agricole. Tema importantissimo, visto l'elevato numero di incidenti che continuano purtroppo a verificarsi nel settore, di cui i Georgofili si sono già varie volte occupati.
In che percentuale ritiene, per sua esperienza, che gli incidenti siano imputabili all'utilizzo di macchine obsolete o piuttosto alla scarsa perizia degli operatori?
Purtroppo il comparto agricolo-forestale da molti anni registra, rispetto agli occupati, una forte incidenza degli infortuni gravi e mortali. Mentre nel corso degli anni gli infortuni si sono ridotti, quelli mortali si sono assestati su 120 decessi all’anno, per la maggior parte imputabili alle macchine agricole e, in particolare, al trattore. L’uso del macchinario agricolo rappresenta quindi un rilevante pericolo per gli operatori. Tutti questi incidenti infortunistici vanno fatti risalire in uguale misura, da un lato alla macchina, dall’altro all’uso improprio che ne fa l’operatore. Entrano quindi in gioco, sia un aspetto tecnico-costruttivo legato ai requisiti di sicurezza e di conformità della macchina, sia la preparazione e l’idoneità all’uso del mezzo da parte dell’operatore.                             
Una prima riflessione va quindi fatta sul parco macchine nazionale. Secondo i dati dell’INAIL, la consistenza del parco macchine nazionale in esercizio al 17 maggio 2019 era di poco superiore ai 2 milioni (2.001.784), di cui solo 6.294 immatricolate nel 2019. Un parco macchine circolante quindi in gran misura vecchio e obsoleto, mancante di alcuni dei Requisiti Essenziali di Sicurezza (strutture di protezione, cinture di sicurezza, protezione attacco albero cardanico…), per il quale è importante avviare il previsto processo di revisione obbligatoria ai sensi del comma 1 articolo 5 del Decreto Interministeriale del 20 maggio 2015. Dalla tavola rotonda del Convegno (hanno partecipato esponenti del Ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e forestale, del Lavoro e delle Politiche Sociali e la coordinatrice del Gruppo Tecnico Interregionale Salute e Sicurezza sul Lavoro. Il Ministero delle Infrastrutture, anch’esso invitato, ha giustificato l’assenza) è emerso come l’ennesimo rinvio sia imputabile al fatto che il Codice della strada, all’articolo 111, prevede che il Decreto attuativo della revisione sia emanato congiuntamente tra Ministero delle Infrastrutture e Ministero delle Politiche Agricole e non include il Ministero del Lavoro. Questa esclusione precluderebbe l’emanazione del Decreto. Ci si domanda come mai a distanza di anni non sia stato possibile superare questo problema, ignorando così le gravi conseguenze che ne derivano.

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