Notiziario

Le nuove politiche europee sul suolo

L'utilizzo del suolo da parte dell'uomo, con le sue opere infrastrutturali, l'edilizia, ma anche per l’abbandono di tanti terreni agricoli prima coltivati, resta un problema grave e per ora insoluto. Un problema che sempre più spesso, anche se in parte compensato da un aumento delle superfici boschive e forestali, combinato agli effetti del cambiamento climatico e a un uso delle risorse idriche non sempre attente provoca dissesti idrogeologici, con enormi danni economici e rischi per le popolazioni nei territori più fragili.
Da qui il giusto richiamo alle istituzioni, nazionali e comunitarie, affinché intervengano in modo coordinato e puntuale per mettere cittadini, imprese e agricoltori, nelle condizioni di operare in via preventiva con una corretta gestione delle superfici a uso civico e delle aree rurali.
A Bruxelles, dove nel corso degli anni ho maturato esperienza in Consiglio, Commissione e Parlamento europeo, ci sono diverse novità sul piano normativo che possono contribuire ad affrontare questi annosi problemi. Tra queste, l’utilizzo di fertilizzanti organici: prodotti innovativi ampiamente conosciuti, e sicuri, finalizzati a rendere i terreni agricoli più fertili e produttivi con l’impiego di meno acqua e a minori costi. Un input, questo, reso ancora più urgente dalla guerra in Ucraina e dalla conseguente inferiore disponibilità sui mercati di mezzi tecnici come i concimi.
Un’altra novità arriva dalla proposta di nuovo regolamento Ue sul Carbon farming presentato dalla Commissione; un atto legislativo che si lega al consumo di suolo, ma soprattutto a una grande opportunità per gli agricoltori che potrebbero sfruttare i cosiddetti crediti di carbonio. La stessa norma non entra tuttavia nel merito, in particolare sui criteri di calcolo di questi crediti, rimandando il tutto a futuri atti delegati e lasciando di fatto gli agricoltori senza strumenti di valutazione per procedere correttamente.

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Inflazione: la cura nella produttività agricola

Lo scorso anno, in questi giorni, ci si chiedeva quali fossero le prospettive per l’immediato futuro, fra le continue sorprese riservate dalla pandemia di cui ancora si temevano inaspettati colpi di coda e la certezza che la tanto attesa ripresa non avrebbe avuto un andamento lineare e progressivo a causa di fattori avversi che non trovavano composizione.
A distanza di 12 mesi, se da un lato il quadro epidemiologico sembra migliore, dall’altro rimangono vive le preoccupazioni per quello economico che anzi sembrano ingigantite anche per le conseguenze della guerra aperta dall’aggressione russa all’Ucraina. Con la ripresa avviata già nell’ultimo trimestre del 2021 la salita dei prezzi aveva assunto valori oltre i livelli di sicurezza. A quel punto il timore di un calo della crescita del Pil mondiale è divenuto certezza. Le previsioni per il 2022, corrette al ribasso ad aprile, a luglio e infine ad ottobre 2022, mostrano un tasso di incremento ridotto al 3,2% e quelle per il 2023 al 2,7%, ma nel’Ue allo 0,5%. Lo scenario economico è dominato dagli sviluppi della combinazione fra salita dell’inflazione e proseguimento della guerra russo/ucraina.
Il conflitto si è rivelato ben diverso dalle previsioni: la durata si allunga e l’intensità cresce. Quella che sembrava una guerra lampo, come quella del 2014, è divenuta un conflitto convenzionale, per molti aspetti simile alla parte finale della seconda guerra mondiale e minaccia gli equilibri generati dalla fine della guerra. Muta il quadro dei rapporti fra i principali Paesi con il superamento della globalizzazione su basi multilaterali e il formarsi di un potere mondiale diffuso ed esteso a nuovi protagonisti. Le grandi economie emergenti come Cina, India e la stessa Russia seguono linee strategiche venate da un imperialismo che si riteneva tramontato con la caduta del comunismo e degli imperi coloniali.

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Tradizione e innovazione in una cucina che cambia

Mai come in questo momento per questo sono necessarie alcune considerazioni sulla tradizione in cucina e gastronomia che non si articola nelle strettoie di un tema o di una ricetta, ma in un linguaggio gustativo che manipola la materialità degli ingredienti, loro incorporazione, presentazione e uso per esprimere una identità e mantenere una memoria e a questo riguardo vi sono almeno due tendenze o atteggiamenti.

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Ancora sull’abbattimento dei gas serra dagli allevamenti animali: la vermifiltrazione

Sta aumentando l’interesse verso questo tipo di trattamento dei liquami e dei residui organici provenienti dagli allevamenti bovini perché rappresenta un sistema efficace nell’abbattimento dei due gas serra più “cattivi”, il metano (CH4) e il protossido d’azoto (N2O) che vi si sviluppano.

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Lotta alle specie dannose nel rispetto dell'ambiente

La "Shindo Trap", trappola vibrazionale contro la cimice asiatica prodotto nell’ambito di una ricerca condotta dalla Fondazione Edmund Mach, è stata recentemente insignita a Basilea del Premio Bernard Blum per le migliori innovazioni del 2022. Ne parliamo con il Prof. Mario Pezzotti, georgofilo, dirigente del Centro Ricerca e Innovazione della Fondazione.

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Strumenti analitici a supporto della tracciabilità nella filiera olivicolo-olearia

La tracciabilità, descrivendo l’intero percorso di un prodotto all’interno della filiera produttiva e riunendo tutte le informazioni relative ad ogni fase di produzione, trasformazione, e distribuzione, è legata a doppio filo con la garanzia della sicurezza alimentare, poiché permette di individuare gli ingredienti impiegati per la preparazione di un determinato prodotto alimentare, e di valutare, prevenendo o correggendo, gli eventuali fattori di rischio per il consumatore, fornendo informazioni indispensabili alle autorità di controllo e assicurando così la capacità d’intervento in tutte le circostanze in cui possono sorgere rischi sanitari o emergenze di vario genere.
Secondo una classifica riportata sul Journal of Food Science il settore dell’olio extravergine di oliva è uno dei più soggetti ai fenomeni delle frodi alimentari, fattore che mina la fiducia dei consumatori e la redditività dei produttori onesti.
Pertanto, lo sviluppo di metodiche che supportino la verifica della tracciabilità del prodotto e delle materie prime ha risvolti non solo sulle garanzie assicurate ai consumatori ma anche sulla redditività potenziale di un prodotto che rispecchia le aspettative di autenticità e per il quale può innalzarsi la disponibilità a pagare.
In un recente articolo apparso sulla rivista internazionale Foods, i ricercatori dell’Enea - l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile - hanno messo a punto uno studio che ha lo scopo di valutare il profilo degli oligoelementi in olive e foglie di diverse cultivar come strumento per risalire all'area di produzione. Il profilo dei microelementi (Sr, Cu, Rb, Ti, Ni, Sn, Cr, V, Co, Sb Cd, Pb, As e Zr) è stato valutato, sia sui frutti che sulle foglie di olivo di undici cultivar provenienti da due aree di produzione differenti, per mezzo della spettrometria di massa a plasma accoppiato induttivamente (ICP-MS) e della spettroscopia laser fotoacustica (LPAS), supportate da un approccio chemiometrico.

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L’agricoltura ultimo baluardo per il presidio del territorio

Siamo ancora qui a piangere vittime dell’ennesima catastrofe ambientale come quella che ha colpito Ischia il 26 novembre scorso. Sull'isola in poche ore sono caduti 126 millimetri di pioggia, il dato più alto mai registrato, che hanno causato frane e colate di fango, colpendo particolarmente la località di Casamicciola, sulla costa settentrionale. Siamo nel bel mezzo di una crisi climatica per cui questi nubifragi così violenti saranno la regola e non l’eccezione; ricordiamo, ad esempio, la catastrofe delle Marche nel settembre scorso. Al di la di tutte le notizie fornite dai mezzi di informazione di massa è sicuramente apprezzabile quello che il Corriere della Sera del 29 Novembre 2022 ha scritto sottolineando come dagli anni Sessanta del secolo scorso proprio a Ischia si sono abbandonati e perduti oltre duemila chilometri di terrazzamenti coltivati. Ecco spiegato in modo molto semplice una delle cause, se non la principale, dell’attuale catastrofe come fu del resto, ad esempio, a Giampilieri in Sicilia nel 2009 dove il paese, in seguito a un devastante nubifragio, fu invaso dal fango proveniente dalla frana dei terrazzamenti a monte da tempo abbandonati a se stessi.
A questo proposito è opportuno sottolineare che, specialmente nelle aree collinari e montane, con la scomparsa della cultura contadina, sul finire proprio degli anni ’60 del secolo scorso, vaste aree sono state abbandonate e con esse sono cessate quelle opere di paziente e faticosa cura del territorio operata dagli agricoltori a cominciare proprio dalla regimazione idrica (i cosiddetti “sciacqui” trasversali alle linee di massima pendenza che proprio gli agricoltori con tanto di zappa si apprestavano a fare dopo la semina del grano)  che consentiva alle acque di scendere a valle in modo controllato e soprattutto contenendo l’erosione e quindi limitando il trasporto di materiale solido incluso quel fango di cui si parla solo in occasione dei disastri. Anche la tanto decantata riforestazione, se non viene governata, avviene in maniera disordinata nelle aree abbandonate senza né proteggere l’ambiente, né essere fruibile per attività turistico-ricreative.

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Profilo ambientale di una nuova pasta fresca ad alto tenore di amilosio e basso indice glicemico

Nonostante il mercato sia dominato da pochi produttori nazionali (es., Pastificio Rana e Gruppo Fini), i consumatori di pasta fresca ripiena preferiscono anche diversi marchi regionali. Il mercato globale della pasta fresca è in netta crescita con un fatturato di 1,6 miliardi di € nel 2020 per la crescente domanda da parte di ristoranti, hotel, pub e famiglie.

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Piantume, piantumare, piantumazione: perché NON si devono usare

Qualche decennio fa, trasferendomi a una sede universitaria settentrionale dopo un fecondo quinquennio siciliano, feci la conoscenza di una parola che mai nella mia carriera avevo sentito profferire dai miei maestri in arboricoltura, né a dire il vero da nessun altro: piantumazione.
Parola, con i suoi affini piantume e piantumare, che ha in seguito acquisito grande popolarità tra i non addetti ai lavori, compresi i giornalisti che sulla carta e nell’etere ne fanno ampio uso.

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La “Dichiarazione di Dublino” sul ruolo sociale della zootecnia

Lo scorso 27 ottobre 220 scienziati provenienti da diverse parti del mondo hanno sottoscritto “The Dublin declaration of scientists on the societal role of livestock”. Tale documento è l’atto finale di un gruppo di lavoro che ha dato vita nei giorni 19 e 20 ottobre 2022, a Dublino, presso il Teagasc (Irish Agriculture and Food Development Authority), a un simposio internazionale sul “Ruolo della carne nella società – Il parere della scienza”.
L’obiettivo della dichiarazione è di contribuire ad affermare il ruolo della ricerca scientifica per il miglioramento dei sistemi di allevamento degli animali di interesse zootecnico, in relazione all’insostituibile ruolo che le produzioni animali hanno per la società. I risultati della ricerca dovrebbero essere punti essenziali di riferimento per guidare gli sviluppi futuri, evitando pericolose semplificazioni ideologiche.
Le sfide che dovranno affrontare i sistemi di produzione animale sono legate sia alla necessità di soddisfare le esigenze nutrizionali di una popolazione mondiale in continua crescita, sia alla necessità di migliorare l’impronta ambientale degli allevamenti e lo stato di salute e benessere degli animali, secondo un approccio “One health”.
I prodotti di origine animale possiedono elevati valori nutrizionali e salutistici, unici e non facilmente sostituibili, perché ricchi di componenti bioattive non riscontrabili in alimenti di altra origine. La storia evolutiva dell’uomo dimostra chiaramente che il consumo regolare di carne, latte-prodotti caseari e uova, all’interno di una dieta bilanciata, è fondamentale per la salute e il benessere.
Gli allevamenti svolgono anche importanti funzioni ambientali, spesso non conosciute o trascurate. La zootecnia si colloca in modo armonico all’interno di sistemi di economia circolare, in quanto permette di riutilizzare e valorizzare prodotti di scarto di diverse filiere produttive, trasformandoli in alimenti di alto valore biologico. In molte aree del pianeta l’allevamento animale permette di valorizzare territori non idonei per altri tipi di utilizzazione produttiva, garantendo al contempo anche la loro conservazione. Molteplici sono i servizi ecosistemici collegati con i sistemi di allevamento, di tipo ecologico, culturale e produttivo.

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Non tutti gli aminoacidi sono uguali per la salute dell’intestino

Recentemente la rivista di informazione scientifica “All About Feed”, citando l’interessante lavoro di rassegna di Zhongyue Yang e Shengfa F. Liao (Front Vet Sci. 2019; 6: 169), ha riportato l’attenzione dei nutrizionisti sull’importanza del ruolo dei vari aminoacidi di origine alimentare sulla salute dell’ambiente intestinale. Vero è che l’articolo prende in esame l’intestino dei suini, ma sappiamo che l’argomento può riguardare anche l’intestino di altri animali, uomo compreso.

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Il prosciutto cotto è sempre un prosciutto?

Per una saggezza etimologica, il Prosciutto Cotto può quindi ancora chiamarsi prosciutto, quando fatto anche con carni non di coscia e soprattutto non prosciugato, ma idratato e con più acqua di quella della carne?

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Ortofrutta, appunti per il nuovo ministro Lollobrigida

C’è grande attesa per i primi atti del nuovo ministro Lollobrigida , ministro della Sovranità alimentare e forestale . Il mondo produttivo, ortofrutta in prima linea, lo attende al varco con aiuti concreti sul fronte delle bollette pazze dell’energia che stanno massacrando i bilanci non solo di tantissime aziende produttive, ma delle loro strutture, dei consorzi, delle cooperative, delle altre forme associate. Perché ovunque c’è bisogno di energia per i magazzini, gli impianti, le celle frigorifere, le linee di lavorazione e confezionamento. L’ortofrutta si è dimostrata durante la pandemia e dopo come un comparto resiliente, in grado di rifornire Il mercato nazionale e quelli esteri (record di export nel 2021) con continuità, garantendo qualità dei prodotti e occupazione, ma ora i costi dell’energia, della logistica e delle materie prime rischiano di far saltare il banco. Quindi, cosa chiedere subito al neo-ministro? Intanto aiuti fiscali, agevolazioni e aiuti per pagare le bollette e l’acquisto dei fattori produttivi (gasolio, fertilizzanti, fitosanitari, mangimistica e sementi), che hanno raggiunto costi insostenibili. Poi aiuti per sostenere la liquidità delle imprese, garanzia fidi ecc; riduzione del cuneo fiscale per abbassare il costo del lavoro; interventi concreti e risolutivi per l’eterno problema della manodopera che manca; credito agevolato per i territori colpiti dalle calamità legate al climate change.

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Tradizione e innovazione possono coesistere, parola di agricoltore

Dottor Rondolino, la sua famiglia produce riso da quasi un secolo e Lei è il creatore di un riso particolare, "Acquerello", recentemente entrato a far parte dei grandi brand di Fondazione Altagamma, l’associazione che raggruppa i Brand Italiani di indiscussa reputazione internazionale. Ci racconta brevemente la storia di questo riso e le sue caratteristiche?
Nel 1971 dopo la laurea in architettura ho preso il testimone da mio padre Cesare che dal 1935 coltivava riso alla Tenuta Colombara. Partendo dalla coltivazione tradizionale ho innovato nella meccanizzazione e refrigerazione del risone e nel 1992 iniziato la strada della filiera corta con la produzione di Acquerello in lattina. Nel 2007 ho brevettato il reintegro della gemma ottenendo un riso bianco che recupera i valori nutrizionali più importanti (vitamine e sali minerali) del riso integrale. Dal 2020 i miei figli hanno continuato nell’innovazione con un 2° brevetto per un nuovo prodotto, Black, la grande gemma del riso nero.

In che misura avete risentito della straordinaria siccità della scorsa estate? Come avete affrontato il problema e come pensa che vi muoverete in un futuro sempre più condizionato dai cambiamenti climatici?
L’anno agronomico appena trascorso 13/11/2021 – 10/11/2022 ha avuto delle anomalie climatiche che, per quanto ci è dato sapere, non si sono mai verificate contemporaneamente in tempi storici. 12 mesi con sporadiche piogge e alte temperature per lungo tempo hanno poco o tanto lasciato il segno su quasi tutte le specie vegetali. La coltivazione del riso ne ha risentito in modo molto diverso da caso a caso. È da tener presente che per coltivare riso e ottenere una quantità e qualità di produzione economicamente soddisfacente è necessario si realizzino contemporaneamente 3 condizioni.
-La prima condizione necessaria è la temperatura che nelle zone sub tropicali come l’Italia non deve essere troppo bassa (problema per ora inesistente per l’aumento di 1-2° negli ultimi 50 anni) ma neanche troppo alta e per un periodo troppo lungo (problema emerso nel 2022 per le 17 ore al giorno di insolazione estiva alle nostre latitudini) che ha danneggiato la formazione del chicco, con conseguente minore produzione e resa alla lavorazione in bianco avvenuti in modo diverso da caso a caso.
Per questa prima condizione c’è agronomicamente molto poco da fare.
-La seconda condizione è la disponibilità costante di acqua nel periodo della sommersione perché  il riso, pur non essendo una pianta acquatica, ha fin dall’origine sviluppato la caratteristica di crescere e produrre bene solo se coltivato in sommersione. La coltivazione per scorrimento non può dare la stessa quantità e qualità, è ancor peggio nella coltivazione in asciutto. La ricerca di varietà adatte alla coltivazione per scorrimento non è certo una novità e non ha mai dato risultati economici soddisfacenti in tutti i continenti in cui è stata sperimentata.

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Cereali, ieri oggi e domani

L’alimentazione italiana antica è dominata da tre divinità Cerere, Bacco e Atena che presiedono cereali, vino e olio, cardini di una Dieta Mediterranea sempre menzionata e celebrata, quanto al tempo stesso dai più dimenticata se non tradita, come dovrebbe insegnare la dilagante obesità. In questo ampio quadro, quale il ruolo dei cereali?

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I noccioli dei datteri di palma difendono dalle micotossine

Quante volte nella storia dell’uomo sono state fatte importanti scoperte solo casualmente. Probabilmente è successo così anche quando qualcuno ha osservato che i polli nella cui dieta erano compresi i noccioli residui della lavorazione dei datteri di palma erano molto meno sensibili all’azione tossica delle aflatossine.

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Studio sperimentale sulle prestazioni termiche di un forno a legna per pizza

La pizza napoletana è stata riconosciuta come una delle specialità tradizionali garantite (STG) dal Regolamento della Commissione Europea n. 97/2010, che deve esser cotta esclusivamente in forni a legna.
Nonostante l’ampio utilizzo nei ristoranti e nelle rosticcerie di tutto il mondo, lo studio di tali forni è stato finora piuttosto carente.
Il funzionamento del forno a legna per pizza illustrato in Figura 1 (link Figura 1.jpg) è stato caratterizzato sia durante la fase di avviamento che in condizioni operative quasi stazionarie, valutandone altresì l’efficienza termica.
Per gestire il riscaldamento dei materiali refrattari e la loro dilatazione differenziata, il forno è stato avviato alimentando una quantità (Qfw) di legna da ardere in ciocchi pari a 3 kg/h per appena un’ora il 1° giorno, per 2 ore il 2° giorno, per 4 ore il 3° giorno e per circa 8 ore il 4° giorno.
Indipendentemente dalla frequenza di accensione, dopo 4-6 h la temperatura della volta o della platea del forno tendeva ad un valore di equilibrio pari, rispettivamente, a 546 ± 53 °C o 453 ± 32 °C (Figura 2 – link Figura 2.jpg).
All’aumentare di Qfw, la temperatura massima della platea tendeva ad un valore asintotico di 629 ± 43 °C per Qfw=9 kg/h (Figura 3 – link Figura 3.jpg).

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L’Orto e Museo Botanico dell’Università di Pisa

  • 16 November 2022
  • Marco D’Antraccoli, Lucia Amadei, Giovanni Astuti, Leonardo Cocchi, Francesco Roma-Marzio, Roberta Vangelisti, Lorenzo Peruzzi

L’Orto Botanico di Pisa è stato fondato nel 1543 dal medico e naturalista Luca Ghini (1490–1556), chiamato a tenere la cattedra di botanica nella città toscana grazie ai finanziamenti concessi dal Granduca di Toscana Cosimo I de’ Medici. L’ubicazione originaria era sulla riva destra dell’Arno, nei pressi dell’Arsenale Mediceo. Nel 1563 il giardino fu trasferito per esigenze belliche in una seconda sede, nella parte orientale della città, per poi trovare sede definitiva nel 1591, sotto la direzione di Giuseppe Casabona (ca. 1535–1595). Nato come Giardino dei Semplici e con impostazione progettuale tardo-manieristica, nei suoi quasi cinque secoli di storia l’Orto e Museo Botanico va incontro ad una serie di espansioni in termini di superficie e di riarrangiamenti nell’assetto che lo porteranno alla configurazione attuale, ossia un giardino esteso circa 25.000 m2 e suddiviso in 7 settori.
La Scuola botanica è il settore più antico, di origine tardo-cinquecentesca. Unica testimonianza dell’impianto originario sono sei vasche in arenaria, mentre l’attuale organizzazione in file di aiuole rettangolari, decisa dall’allora Prefetto Teodoro Caruel (1830–1898), risale alla seconda metà dell’Ottocento. L’organizzazione in aiuole rettangolari ha permesso di allestire le collezioni secondo la famiglia di appartenenza, allo scopo di facilitare gli studenti nello studio della sistematica vegetale. Ciò spiega la denominazione del settore, appunto in uso da fine Ottocento.
Il secondo settore per antichità è l’Orto del Cedro, ottenuto annettendo un giardino conventuale nel 1783 e nominato così per un imponente cedro del Libano (Cedrus libani A.Rich.), sradicato da una tempesta nel 1935 e sostituito da un cedro dell’Himalaya (Cedrus deodara (Roxb. ex D.Don) G.Don). In questo settore sono presenti i due alberi più vetusti dell’Orto: un albero dei ventagli (Ginkgo biloba L.) e una magnolia (Magnolia grandiflora L.), entrambi messi a dimora nel 1787 sotto la direzione di Giorgio Santi (1746–1822). L’adiacente Orto del Mirto deve il suo nome a un imponente esemplare di mirto (Myrtus communis L.) piantato nel 1815. Oggi ospita una collezione di piante officinali, con gli esemplari disposti secondo un criterio relativo alle proprietà dei principi attivi delle piante su sistemi e apparati del corpo umano.

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Il Ministero della Sovranità Alimentare: le tante sfide oltre il nome

La formazione del nuovo Governo ha recato con sé anche una novità di un certo rilievo con nuove denominazioni per alcuni Ministeri. Alcune vengono ridotte all’osso per chiarirne funzioni e significato, altre ampliate e meglio specificate. Il fenomeno non è nuovo e risponde a logiche politiche ed organizzative. È consuetudine che con la nomina dei Sottosegretari si procedesse allo spacchettamento dei contenuti dei Ministeri, per aderire alla personalità degli incaricati e alla coerenza delle politiche del Governo. In questa occasione il numero delle modifiche è superiore al passato e se ne distingue per avere introdotto denominazioni che contengono un messaggio sulle linee di politica del Governo. È così, crediamo, con l’aggiunta del termine “Sovranità Alimentare” al già bisticciato nome del Ministero agricolo. Vogliamo chiamarlo così perché più volte, dai tempi di Cavour in poi, per esigenze di questo genere o più oggettive come rimediare al risultato del referendum che l’aveva improvvidamente abolito, è stato oggetto di modifiche. Ancora in questi giorni si attende il decreto legge definitivo di modifica della denominazione.
L’aggiunta ha destato curiosità, suscitato commenti ed interpretazioni ed è stata ripresa da un’analoga modifica compiuta in Francia quest’anno con l’appellativo di “souverainité alimentaire”. Nihil sub sole novi, dunque.
Nei mesi scorsi e in questa stessa sede ho criticato il sovranismo agricolo, un concetto che circolava da qualche tempo, secondo un certo “esprit du temps”. Un’assurda forma di politica agraria basata sul concetto di autarchia già fallito in campo agricolo sia sul piano tecnico sia su quello economico, accompagnato e sostenuto da uno stretto protezionismo. Una formula inadeguata ai tempi ed alle esigenze attuali e prevedibili, inadatta ad un Paese trasformatore di materie prime agricole, ma importatore netto di prodotti agricoli. Seconda potenza manifatturiera europea dopo la Germania e prima nell’alimentare di cui è esportatore netto. 
Ora, però, sembra che si tratti d’altro. E qui soccorre l’esempio francese oltre che l’interpretazione che ne hanno offerto il Presidente del Consiglio e lo stesso Ministro, Francesco Lollobrigida. Il suo obiettivo (cito da un’intervista) è “tutelare l’economia agricola dalle aggressioni del mercato del falso…rimettere al centro il rapporto con il settore per proteggere la filiera e il concetto di cultura rurale”, propositi ovviamente condivisibili. Dopo la lotta all’ italian sounding il Ministro si propone di “togliere il limite ai terreni incolti, abbiamo 1 milione di ettari coltivabili”, “aumentare la resa delle produzioni attraverso un piano di coltivazione che non può prescindere da contratti di filiera...”  e poi, dopo il richiamo alla lotta alle pratiche sleali “Investire sull’innovazione e mettere fine alla speculazione sulle materie prime come il grano”. In altre interviste aggiunge la critica al Nutriscore, gli investimenti nella ricerca, l’attenzione alla biodiversità, lo stimolo al coordinamento con le Istituzioni europee “per limitare l’esposizione alimentare del Continente nei confronti del resto del mondo”. Inoltre afferma “E’ necessaria una riforma della Pac che si liberi dall’ideologia intrinseca del Farm to Fork, perché la sensibilità ambientale è sentita anche in Italia e il nostro Paese può dire di avere delle agricolture da sempre più sostenibili”. Infine un Piano di potenziamento delle risorse e delle reti idriche.

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Pasta fresca arricchita in amido resistente e a basso indice glicemico

  • 09 November 2022
  • Alessio Cimini, Alessandro Poliziani, Gabriele Antonelli, Francesco Sestili, Domenico Lafiandra, Mauro Moresi

Da una linea ad alto contenuto di amilosio derivata dalla cultivar di frumento tenero Cadenza, coltivata in pieno campo in diverse annate, si è ottenuta una farina di grano tenero ad alto contenuto di amilosio, che è stata miscelata in diverse percentuali con una farina commerciale di grano tenero 00 per produrre una pasta fresca (spaghetti), onde determinarne le principali proprietà biochimiche (amido totale, amido resistente), tecnologiche (tempo di cottura ottimale; acqua assorbita dalla pasta cotta; cooking loss; consistenza della pasta cotta tramite test dinamometrici) e nutrizionali (indice glicemico).

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Le piante alofite, una risposta positiva ai cambiamenti climatici

HaloFarMs è l’acronimo di “Development and Optimization of Halophyte-based Farming systems in salt-affected Mediterranean Soils”.
E’ un progetto PRIMA che rappresenta l’iniziativa lanciata da 19 paesi euro-mediterranei, dei quali 11 Stati Membri (Cipro, Croazia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lussemburgo, Malta, Portogallo, Slovenia, Spagna) e 8 paesi extra europei (Algeria, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Marocco, Tunisia, Turchia) per la creazione di un programma europeo congiunto di ricerca e innovazione (R&I) sulle tematiche di “water management and provisions and agro-food systems in the Mediterranean Region”.

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Relazione finale e raccomandazioni della Conferenza internazionale sulla forestazione

Organizzata sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana e con il Patrocinio del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e del Ministero della Transizione Ecologica, si è tenuta a Roma, in Italia, la Conferenza Internazionale sul Ripristino Globale delle Foreste e degli Alberi, 11 e 12 ottobre 2022. L'incontro è stato convocato dall'Accademia Nazionale dei Lincei in collaborazione con l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Alimentazione e l'Agricoltura, Fondazione Enel, Accademia Nazionale delle Scienze detta dei XL, Accademia dei Georgofili, Accademia Nazionale di Agricoltura, Accademia Italiana di Scienze Forestali, Società Geografica Italiana e Federazione Italiana Dottori in Agraria e Forestali (FIDAF).
La Conferenza è stata organizzata a seguito del Vertice del G20, svoltosi a Roma il 30-31 ottobre 2021, e della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP26), svoltasi a Glasgow il 20 ottobre 2021, che solennemente e autorevolmente hanno affermato il ruolo fondamentale di alberi e foreste nella protezione dell'ambiente globale. In particolare, il punto 19 della dichiarazione dei leader del G20 di Roma afferma testualmente: “Riconoscendo l'urgenza di combattere il degrado del suolo e creare nuovi siti di assorbimento del carbonio, condividiamo la speranza di raggiungere l'obiettivo di piantare collettivamente 1 trilione di alberi, concentrandoci sugli ecosistemi più degradati del pianeta, e sollecitare altri Paesi a unire le forze con il G20 per raggiungere questo obiettivo globale entro il 2030, anche attraverso progetti sul clima, con il coinvolgimento del settore privato e della società civile”.

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Zucchero: dalla quantità alla qualità gustativa

Quale è il gusto dello zucchero? Dolce ovviamente. E perché allora al bar troviamo bustine di zucchero bianco e di zuccheri bruni di canna? Inoltre se amiamo il gusto dolce come scegliere tra gli zuccheri, il miele e una lunga serie di dolcificanti? Domande che sottintendono molti problemi e interessi economici e sociali ma qui è opportuno soffermarsi su un aspetto di partenza, solo apparentemente semplice e cioè quello del gusto dolce degli zuccheri. 

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La coltivazione del mais con irrigazione e fertilizzazione a rateo variabile, una case history di successo in Lombardia

Il progressivo aumento delle temperature, la riduzione della quantità e l’alterazione della distribuzione delle piogge dovute al cambiamento climatico rischiano di penalizzare la gestione delle colture di mais. L’incremento delle temperature negli areali maidicoli, infatti ha comportato un incremento dell’evapotraspirazione delle colture con un aumento delle necessità irrigue. Il problema viene aggravato dalla riduzione degli eventi piovosi. Anche se il mais è una tra le colture più efficienti nell’utilizzo delle risorse idriche naturali, per raggiungere grandi risultati produttivi l’irrigazione rimane un fattore irrinunciabile. Basti pensare che gli stress idrici influiscono sul numero di cariossidi (chicchi) per spiga e sulla loro dimensione e dunque sulla produzione totale ottenuta. Un altro aspetto da non sottovalutare è lo stato sanitario del raccolto, in questo caso lo stress idrico indebolisce la pianta, favorendo l’insediamento e lo sviluppo di vari microrganismi patogeni come i funghi del genere Aspergillus, potenziali produttori di aflatossine.
Durante il ciclo colturale vi sono due momenti importanti in cui l’irrigazione risulta fondamentale per l’ottenimento delle produzioni desiderate:
    1) in pre-fioritura e durante la fioritura. Uno stress in questo periodo influisce negativamente sulla dimensione della spiga e sull’impollinazione, avendo come risultato un numero inferiore di cariossidi;
    2) in fase di riempimento della granella. La carenza idrica in questa fase compromette l’efficienza fotosintetica della pianta e, di conseguenza, la traslocazione dei nutrienti nella granella, limitando la dimensione e il peso della cariosside e incidendo anche sul suo valore nutrizionale.

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Qualità e risparmio energetico: l’attuale frontiera per i frantoi oleari di ultima generazione

Premessa
Negli ultimi 20 anni molte sono state le innovazioni tecnologiche introdotte dai costruttori di frantoi. Indubbiamente da un punto di vista qualitativo sono state raggiunte punte di eccellenza nella produzione degli EVOO, tuttavia non è stato ancora raggiunta a livello nazionale una robusta e matura cultura della qualità nel settore. Infatti ancora oggi sono comuni fra gli utenti dei frantoi errori o false credenze quali ad esempio:
1)    l’aceto è un ottimo prodotto per disinfettare e pulire contenitori per la conservazione dell’olio di oliva. Ovviamente questa credenza, pur basata su alcuni fondamenti, è oggi considerata una prassi da evitare sempre, in quanto l’aceto lascia comunque un sentore all’olio abbattendone in modo drammatico gli aspetti qualitativi.
2)    L’olio proveniente da un impianto non deve essere filtrato in modo spinto, ma solo passato in una centrifuga (separatore finale) per “ripulirlo”, altrimenti perde le sue proprietà organolettiche. Anche in questo caso, la ricerca interdisciplinare che ha visto la compartecipazione di elaiotecnici, microbiologi e tecnologi alimentari ha dimostrato che solo un olio ben filtrato ad esempio con  filtri a cartoni, mantiene intatte le proprie caratteristiche di flavour e nutrizionali nel tempo, evitando quel laboratorio microbiologico di degradazione rappresentato dalla fondata che richiedeva comunque travasi ripetuti.
3)    Per una buona estrazione è necessario che le paste siano ben gramolate acquisendo il classico colore bruno. Anche questa tradizione è stata smentita dall’evidenza scientifica che ha dimostrato la necessità di ossidare il meno possibile la pasta delle olive soprattutto in fase di gramolazione.
Questi sono solo alcuni esempi di convinzioni che tutti coloro che si occupano di olio di qualità hanno dovuto affrontare e combattere per arrivare alla messa in opera di impianti a bassa ossidazione (e quindi che preservano al massimo il contenuto di polifenoli-antiossidanti naturali-) con ridotto consumo energetico, grazie alla  scelta di sistemi di lavorazione il meno impattanti possibile sulla materia in lavorazione.

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Un additivo naturale a base di castagno che abbatte i gas serra prodotti dagli allevamenti animali

Una azienda italiana, di cui non facciamo ovviamente il nome, ma della quale ci piace sottolineare l’origine geografica, in cinque anni di studi in collaborazione con istituzioni di ricerca e università italiane, spagnole, argentine, brasiliane, USA e neozelandesi, ha messo a punto un additivo alimentare che riesce ad abbattere fino al 30% del metano. Il prodotto è una miscela di tannini di castagno e quebracho, e saponine, che agiscono in sinergia come agenti antimetanogenici.

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Lollobrigida (FdI) ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare

Girandola di nomi per il ministero dell’Agricoltura nel nuovo governo Meloni. Ma alla fine le ultimissime voci che davano per certo l’arrivo al ministero di via XX Settembre di Francesco Lollobrigida avevano ragione: è lui il nuovo responsabile del dicastero che assume il nome di ministero per l’Agricoltura e la Sovranità Alimentare. La premier incaricata Giorgia Meloni ha letto la lista dei Ministri alle 18.
50 anni, laureato, nato a Tivoli, in Parlamento dal 2018, tra i fondatori di Fratelli d’Italia, strettissimo collaboratore della premier in pectore, pronipote della celebre attrice di cui porta il cognome.

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Cucina italiana, ancora un po’ medievale

Diverse ricette tradizionali italiane, sia pure con qualche adattamento ai gusti e con cambiamenti per la disponibilità di nuovi alimenti, hanno quasi mille anni, risalendo al dorato autunno del Medioevo. In questo periodo d’importanti rinnovamenti sorgono i Comuni, Giotto di Bondone (1267 - 1337) rinnova la pittura, Dante Alighieri (1265 – 1321) e Giovanni Boccaccio (1313 – 1375) Francesco Petrarca (1304 – 1374) la lingua. Anche la cucina e la gastronomia delle corti non stanno ferme come testimoniano due libri che fanno riferimento a Federico II (1194 – 1250): il Meridionale, datato attorno al 1240 e scritto in una lingua volgare e il Liber de coquina in lingua latina redatto tra il 1240 e il 1250. 

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Digitalizzazione in agricoltura: indispensabili progetti mirati per uniformarne l’impiego

Professore, Lei è il coordinatore del progetto DESIRA (Digitisation: Economic and Social Impacts in Rural Areas), che - cito testuale dal sito https://desira2020.eu/ - ha come scopo quello di incrementare la capacità della società civile e della politica di rispondere alle sfide che la digitalizzazione porta in agricoltura, forestazione e aree rurali. Ci spiega meglio?
Il punto di partenza di DESIRA è che la digitalizzazione è un insieme di processi complessi, che generano trasformazioni profonde nella società. Poiché la tecnologia è solo una delle componenti della digitalizzazione, è importante capire come le tecnologie digitali siano in grado di cambiare l'organizzazione delle imprese, delle famiglie, delle amministrazioni, in modo da poter indirizzare il cambiamento attraverso tecnologie appropriate, formazione, riorganizzazione dei processi. Se lasciata al mercato, la digitalizzazione procede in modo difforme, generando disparità tra imprese, gruppi sociali e territori, e può generare conseguenze inattese e indesiderate. Le amministrazioni pubbliche hanno le risorse - si pensi alla Politica Agricola Comune - per orientare il cambiamento, ma devono imparare a mettere in atto strategie efficaci. 

Il progetto, che è stato finanziato dalla Ue con Horizon 2020, coinvolge 25 partner in tutta Europa e 20 laboratori. Come viene suddiviso ed organizzato il lavoro?
Ogni Living Lab ha definito una propria 'domanda-chiave' che fa leva su un problema sentito all'interno della comunità di riferimento, che la digitalizzazione può contribuire a risolvere. Ad esempio, in Italia abbiamo centrato l'attenzione sulla partecipazione dei cittadini e degli agricoltori alla gestione dei rischi idrogeologici nelle aree montane in collaborazione con il Consorzio di Bonifica Toscana Nord, e sulla lotta al commercio illegale di legname, mentre negli altri paesi abbiamo lavorato sui sistemi di irrigazione, gli allevamenti, il commercio online. Ciascuno dei problemi ha richiesto un'attenta analisi dei relativi sistemi, dello stato attuale dell'uso delle tecnologie digitali e l'identificazione di percorsi di adeguamento attraverso soluzioni digitali. I risultati del lavoro dei Living Labs consentiranno di identificare strumenti di intervento e priorità per le politiche pubbliche 

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24 milioni per il bio, è una notizia positiva per l’agricoltura?

Nei giorni convulsi in cui si celebra la transizione fra una Legislatura e quella che la segue siamo sommersi da una quantità di notizie. Nella confusione mediatica è difficile orientarsi e capire quali siano quelle davvero rilevanti e quali, invece, siano effimere destinate rapidamente a scomparire. Pochi giorni fa è capitato di imbattersi in una notizia di agenzia dell’Ansa con un titolo che colpisce: “Arrivano 24 milioni di euro per l’agricoltura biologica”. Verrebbe da pensare ad un fatto positivo, segno della volontà di fornire, in mezzo ai tanti diffusi a destra e a manca, un finanziamento all’agricoltura che fra siccità, carenza di prodotti sui mercati mondiali e inflazione è in serie difficoltà. Forse la volontà è proprio questa ma, ugualmente, vale la pena rifletterci.
La notizia riguarda l’intesa fra Stato e Regioni per sbloccare un finanziamento già approvato, dunque una decisione già presa. Nasce subito il desiderio di comprendere se e quanto venga concesso in un’analoga forma straordinaria al resto dell’agricoltura, quella di gran lunga prevalente e classificata come convenzionale che costituisce la parte più rilevante del settore. Ma le domande sono anche altre, ad esempio perché pensare a finanziamenti straordinari in tempi in cui il denaro a debito sembra non finire mai, con quali obiettivi e con quali aspettative.
Il “biologico” è solo un metodo di coltivazione, produce gli stessi prodotti con pratiche colturali basate su tecniche del tempo che precedette l’agricoltura moderna e che si basano su alcune convinzioni non supportate da un’evidenza scientifica adeguatamente e correttamente formulata. In molti Paesi è detta “agricoltura organica”, ma da noi si è auto definita biologica, con un termine che sembra scelto da esperti di marketing molto abili. Ci si potrebbe chiedere quale alimento non sia biologico, visto che tutti hanno questa natura e derivano da processi biologici. L’agricoltura intera lo è, perché opera su esseri viventi e con esseri viventi seguendo questi processi. La differenza viene spiegata affermando che il biologico non si avvale di prodotti chimici di sintesi. In realtà non è proprio così, la definizione è in buona parte ingannevole, perché la lista dei prodotti ammessi è lunga, ma poco pubblicizzata. E poi bisognerebbe dimostrare la differenza fra lo stesso composto che si ritrova in natura e quello che deriva da una sintesi. Il biologico con le sue tecniche aborre l’introduzione delle innovazioni in ogni ambito scientifico e il trasferimento tecnologico, massimamente in ambito genetico, dimenticando quanto abbia influito la selezione effettuata dall’uomo in quella decina di millenni che costituiscono la storia dell’agricoltura, avviata dalla scoperta del seme, della sua cura, del suo sviluppo e dell’attesa del raccolto.

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Insetticoltura: sicurezza, ambiente e virus

Mangeremo insetti o animali alimentati con insetti? Molto se ne è parlato e se ne parla, ma diversi aspetti sono poco considerati come la nutrizione degli insetti in allevamenti industriali, l’impatto ambientale di questi allevamenti e non ultimo i virus dei quali questi animali sono portatori. Argomenti importanti perché gli insetti sono ciò che mangiano, prima di usarli in alimentazione bisogna essere sicuri che siano allevati e alimentati con matrici non a rischio. Per questo sono necessarie normative per garantire la loro sicurezza partendo dai materiali organici usati nel loro allevamento stabilendo quindi limiti per quanto riguarda contaminazioni microbiologiche, metalli pesanti, micotossine, pesticidi ed altri residui indesiderati.

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La cisgenesi può risolvere molti problemi dell’agricoltura

Dott. Cattivelli, perché studiare la genomica?
Ci sono tre questioni prioritarie nel mondo dell’agricoltura oggi. La prima sono i cambiamenti climatici, che non sono soltanto gli eventi estremi di cui si parla ai telegiornali, ma è una tendenza costante e molto pervasiva per cui ad esempio non si vendemmia più in ottobre ma lo si fa ad agosto, quindi è evidente che non si possono usare le piante di ieri per fare agricoltura nel clima di domani. La seconda questione è quella della sostenibilità ambientale, per la quale si richiedono meno input chimici  quindi per garantire la produzione le piante devono essere geneticamente resistenti. Infine, last but not least, c’è la richiesta di aumento della produzione per soddisfare le esigenze della popolazione in crescita. La produttività è un aspetto fondamentale, tant’è che se si ferma un solo paese, come l’Ucraina, ne vediamo le conseguenze a livello mondiale.

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Il castagno, conoscerlo per tutelarlo

Il Castagno è presente nei nostri territori da tempi immemorabili, sia come origine della specie (Castanea sativa Miller), sia come diffusione per la produzione di frutti, di legname di pregio e di altri prodotti del sottobosco.
Già i Romani nelle loro conquiste e sfruttamento dei possedimenti erano soliti seminare Castagne per la produzione essenzialmente di paleria che la usavano sul piano bellico e strutturale. Poi hanno iniziato ad utilizzare i frutti per l’alimentazione. Più volte abbiamo sottolineato come gli Ordini Monastici abbiano diffuso su tutto il territorio nazionale il Castagno, quale grande risorsa per la gente di montagna, e tali Ordini erano detentori delle conoscenze teoriche e pratica della coltivazione di questa importantissima Fagacea.

Calamità Biotiche e Abiotiche del Castagno 
Nel corso dei secoli il Castagno ha dovuto superare avversità, calamità e devastazioni di ogni sorta, e nonostante tutto è ancora in piena attività, soprattutto nei castagneti tradizionali che vengono in qualche modo “curati”.
Chiaramente la nostra esistenza è estremamente limitata rispetto a quella del Castagno e vorremmo superare le tante calamità che si susseguono in tempi brevi. Tra le tante avversità biotiche e abiotiche che hanno colpito il Castagno, ricordo solo tra le biotiche: Cancro corticale (Cryphonectria parasitica), Mal dell’inchiostro (Phytophthora spp.), Cinipide galligeno (Dryocosmus kuriphilus),  Bacato da  microlepidotteri (Cydia spp.), Bacato da Balanino (Curculio elephas); tra le abiotiche: glaciazioni epocali, siccità e aridità estreme, alluvioni e ristagni idrici prolungati, uragani con forti venti e nevicate precoci, invasione di animali selvatici che non solo si nutrono dei frutti ma deturpano l’ambiente, favorendo erosioni del suolo anche molto gravi.
Soprattutto le calamità abiotiche di sbalzi estremi fra periodi di grande siccità e altri di incontrollabili precipitazioni, disturbano le fasi fenologiche della pianta. Questo fenomeno è già da tempo presente nei fruttiferi comuni, ampiamente coltivati nel nostro Paese e ora si presentano anche sul Castagno. Queste alterazioni delle fasi fenologiche del Castagno si manifestano soprattutto con fioriture secondarie estivo-autunnali che vedono le piante schiudere le gemme e dare corso a fioriture anticipate di gemme che invece avrebbero dovuto schiudersi nella primavera dell’anno successivo. Se il fenomeno è limitato a poche branche della pianta, non crea gravi problemi per la produzione dell’anno successivo, se invece assume proporzioni consistenti, le conseguenze possono anche essere gravi per la produzione. Sappiamo che il Castagno produce nei germogli dell’anno che differenziano gemme a fiore nel corso del loro sviluppo. Quindi queste gemme miste generano sviluppo vegetativo e produttivo nel corso della primavera e dell’estate. Calamità atmosferiche in questa importante fase quasi sempre provocano danni, sia alla vegetazione che alla produzione.

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Piantare alberi va bene ma da solo non basta

Professore, è di pochi giorni fa la pubblicazione su "Le Scienze" di un articolo firmato da vari scienziati ed esperti di arboricoltura e silvicoltura, tra cui Lei, nel quale in sostanza si ridimensiona come semplice slogan la campagna lanciata dall'ONU di piantare 1000 miliardi di alberi entro il 2030. Perché?
Il titolo dell’articolo è certamente provocatorio e richiama l’attenzione sul rischio sotteso agli slogan nella comunicazione di un problema complesso. Fondazione Alberitalia promuove la piantagione di alberi e nuovi boschi per contrastare la crisi climatica, è la nostra missione principale! Siamo ben coscienti del loro ruolo e delle loro potenzialità, anche nella parallela lotta al declino della biodiversità, di cui parliamo troppo poco, ed è per questo che crediamo importantissimo usare messaggi corretti e ricordare la necessità della diminuzione delle emissioni e della difesa e corretta gestione degli alberi e dei sistemi forestali esistenti. Con il 40% di superficie ormai raggiunta siamo diventati un paese forestale che ancora non sa di esserlo e si ricorda del suo patrimonio solo quando brucia, nell’inconsapevolezza pressoché totale degli altri disturbi e del suo immenso valore multifunzionale.

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Il vino è cultura, tradizione e innovazione

Presidente, sta facendo molto discutere la recente adozione da parte dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) del documento “European framework for action on alcohol 2022-2025, che prevede un contrasto al consumo dell'alcol come priorità d'azione e riduzione del 10% del consumo pro capite entro il 2025. Il documento dell'Oms si propone di raggiungere gli obiettivi di un taglio dei consumi di alcol attraverso una strategia precisa che prevede aumento della tassazione, divieto di pubblicità, promozione e di qualsiasi azione di marketing e obbligo di health warming in etichetta. Le bottiglie di vino, insomma, come i pacchetti di sigarette?
Devo dire che il tema ci preoccupa molto, anche perché l’attacco all’alcol, e purtroppo anche al vino, è concentrico. Oltre all’inopinato testo adottato di recente dall’Organizzazione mondiale della Sanità, il nostro settore è messo in pericolo da altri programmi avanzati dall’Unione europea e dalle istituzioni: penso al Nutriscore o al Cancer Plan votato dall’Europarlamento, ora al vaglio della Commissione europea. Ciò che contestiamo in questi piani - che nascono da nobili obiettivi - è il denominatore comune alla base della loro adozione: il vino è assimilato ad altre bevande simbolo del binge drinking e questo non lo possiamo accettare. La storia, ma anche il presente, è piena di paradossi che sconfessano questa china proibizionista. Quello principale è che il vino è sempre più sinonimo di moderazione; in Italia negli ultimi cinquant’anni il consumo pro-capite si è ridotto del 70%, oggi bere vino è uno status culturale che si accompagna alla Dieta mediterranea e la del Belpaese popolazione vanta un’aspettativa di vita tra le più alte al mondo, con un’incidenza molto bassa di obesi. E questo aspetto è riscontrabile in tutti i principali Paesi consumatori di vino in Europa, non è un caso che Spagna, Italia e Francia siano nella top 5 europea per longevità. Lo stesso discorso non si può fare con i Paesi del Nord, dove il problema dell’alcolismo è grave e non certo a causa del vino. Inoltre, in molte bevande industriali il contenuto è spesso una miscela di accattivanti ingredienti zuccherosi e fruttati, che mascherano l’alcol e che allo stesso tempo risultano subdoli per i consumatori, in particolare per i giovani. C’è poi una differenza sostanziale tra vino e superalcolici: l’alcol contenuto nel primo è il risultato della fermentazione naturale degli zuccheri contenuti nell’uva, mentre per i secondi è ottenuto dalla distillazione industriale.
Quanto alla determinazione dell’Oms – Regione Europa, occorre dire che c’è stata una modifica last minute nella dichiarazione politica rilasciata che recepisce un emendamento dell’Ue. In pratica è stata inserita la parola “harmful” (dannoso) riferita ai consumi di alcol da debellare, una precisazione che fa ben sperare ma che nel più corposo documento operativo, il cosiddetto “action plan”, non è affatto chiara e dove invece permangono tutte le politiche restrittive che lei ha elencato.

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