Nella grassa Bologna ancora oggi si passeggia sotto il portico del Pavaglione che deve il suo nome alla Piazza del Pavaglione, attuale Piazza Galvani, ove fin da metà del XV secolo si tiene il mercato di bachi da seta (Bombyx mori), quando i poveri delle campagne mangiano il pan di seta per il quale sono usati anche i bachi. La denominazione di padiglione è fatta risalire al latino papilio –onis (farfalla) attraverso il francese pavillon, riferendosi alla farfalla che esce dal bozzolo del baco da seta del quale si svolge il suo commercio. Padiglioni anche con pregevoli costruzioni, e non tendoni come oggi spesso s’intende, sono presenti in tutte le città dove si pratica la produzione della seta, come l’uso di mangiare i bachi in vario modo e secondo gli usi locali trasformati in cibo.
L’addomesticamento e l’allevamento del baco da seta avviene in Cina, secondo una leggenda nel XXVIII secolo a.C. Tra la fine del IX e l'inizio del X secolo sotto il dominio bizantino questo allevamento arriva in Calabria e da qui con i saraceni passa in Sicilia, per cui queste due regioni mantengono per diversi secoli una posizione di primo piano nella produzione di seta contribuendo alle loro ricchezze. In Italia la massima produzione di seta si raggiunge nel nord Italia nel XVIII secolo per poi calare nei secoli successivi e scomparire totalmente nel XX secolo per la concorrenza della Cina che ne è attualmente il maggior produttore mondiale.
I bachi da seta sono allevati alimentandoli soprattutto con le foglie dei gelsi (Morus spp., famiglia Moraceae) che nel corso di migliaia di anni si sono adattati ad una vasta area di zone dell'emisfero settentrionale e sono in grado di crescere in un'ampia gamma di condizioni pedoclimatiche. Il gelso bianco (Morus alba L.), il gelso nero (Morus nigra L.) e il gelso rosso (Morus rubra L.) hanno foglie ha una digeribilità compresa fra il 75 ed il 90% e l’allevamento del baco da seta modifica il territorio con la coltivazione di gelsi che servono anche per i filari delle viti al posto degli olmi, meglio proteggendo la vite dalle tempeste e dalla grandine.
Dal bozzolo del baco si ottiene la seta, ma la sua pupa o crisalide fin dall’antichità è utilizzata dalla medicina tradizionale cinese nella forma di Bombyx batryticatus o baco da seta rigido, quando il corpo della larva della quarta o quinta età muore per il Mal del Calcino e il baco calcificato è usato come terapia di problemi al ventre e di digestione, aerofagia, mal di pancia e sonnolenza. Spetta al naturalista italiano Agostino Bassi (1773 – 1856) il merito di dimostrare (1835) che questa malattia, detta anche calcinaccio, mal del segno o moscardino, è provocata da dovuta all'infezione da parte del fungo Botrytis (Beauveria) bassiana che cresce e si moltiplica sul baco vivo che a sua volta infetta altri individui sani. La scoperta è una pietra miliare nella storia della biologia e della medicina perché alla base della dottrina del contagio animale che si riallaccia all'intuizione di Girolamo Fracastoro (1478 – 1553) e che culmina nelle ricerche di Louis Pasteur (1822- 1895) e di Robert Koch (1843- 1910)
Le crisalidi del baco da seta sono da sempre mangiate in diversi Paesi dell'Asia (Cina, Corea, Giappone, India, Vietnam) e lo stesso avviene nelle popolazioni povere dei paesi dove si alleva questo insetto, in italiano chiamato anche filugello, dal latino follicellus, diminutivo di follicŭlus da follis o pallone che richiama il bozzolo del baco da seta. Quando il baco da seta ha completato la formazione del bozzolo e al momento della muta come falena che comporterebbe una rovina del bozzolo, questo è immerso in acqua bollente che uccidendo i bachi da seta migliora anche la filatura. Oltre che come alimento per gli animali, ora gli insetti sembrano poter entrare nelle abitudini alimentari dei popoli dei paesi occidentali (Alberto Ritieni - Insetti commestibili: utilità e neofobia alimentare – Georgofili INFO, 31 maggio 2023). Molte ricerche riguardano la composizione delle pupe (larve) del baco da seta di gelso (Bombyx mori) rilevando che vi è una certa varietà che sembra essere dovuta a differenze delle loro diverse origini, razze, alimentazione e pretrattamenti. Un etto di pupe del baco da seta contiene in media circa nove grammi di proteine, un grammo e mezzo di grassi di una particolare composizione oltre a minerali (calcio, ferro, zinco, potassio, magnesio) e vitamine (niacina, B12). La farina di pupe di baco da seta essiccate ha un contenuto proteico e lipidico totale rispettivamente del 55,6% e del 32,2% e le proteine delle pupe hanno alti livelli di aminoacidi essenziali come valina, metionina e fenilalanina. Con un’importante quantità di fibra questa farina ottenuta dalla macinazione dei bachi da seta si presenta di colore bianco e dall’aroma che ricorda molto la vaniglia e può svolgere un ruolo nel sistema alimentare, in quanto la popolazione globale continua a crescere e le risorse diminuiscono. Quando in Italia vi erano allevamenti di bachi da seta le larve fresche ed essiccate, tritate e anche macinate e ridotte in farina, erano usate per l’alimentazione umana aggiungendole a diverse ricette e se la farina di bachi da seta era mescolata a quella di grano per fare il pane questo era detto Pan di Seta.
Ancora oggi la farina del baco da seta può essere impiegata nella preparazione dei prodotti da forno come pane, pizza, focaccia e usata in altre ricette, salate e dolci.