Vogliamo dirlo? Vogliamo dirlo che in tema di inflazione, prezzi e ortofrutta si è sollevato un polverone di aria fritta e che la commissione di allerta rapida sui prezzi con trenta sigle sindacali riunite attorno al tavolo ministeriale con Mr. Prezzi (al secolo Benedetto Mineo) è stata solo una inutile perdita di tempo?
Diciamolo forte intanto perché a quel tavolo Ismea e Borsa Merci Italiana hanno dimostrato cifre alla mano che parlare di speculazione non ha senso. Il perché è presto detto: l’attuale situazione è figlia del combinato disposto di 3 fattori: il continuo crollo dei consumi (-8% nel 1° trimestre 2023 sul 2022, se continua così altre 440.000 tons perse a fine anno, fonte CSO); l’inflazione (siamo attorno al 7-8%) e la oggettiva diminuzione del potere di acquisto delle famiglie; la minore disponibilità di prodotto legata agli eventi climatici. Poi l’ortofrutta è sì aumentata di prezzo (+9% €/kg il 2022 sul 2021, e +8% €/kg nel primo trimestre 2023, fonte CSO) ma molto meno di altri settori del food come pasta, formaggi e salumi; e poi l’ortofrutta rappresenta solo il 6% della spesa alimentare delle famiglie italiane.
Quanto ai prezzi all’origine di frutta-ortaggi (fonte Centro studi Confagricoltura, maggio 2023 vs maggio 2022) gli aumenti (+3% per frutta e +6,5% per ortaggi) non hanno recuperato che in minima parte l’inflazione, a differenza dei prezzi al consumo (+6,5% frutta e +13,8% ortaggi). Quindi tanto rumore per nulla, la classica tempesta in un bicchier d’acqua. I media (soprattutto televisivi) hanno creato un caso sul niente. Ma c’è un altro motivo che fa sorridere pensando alla dichiarata ‘allerta’ per i prezzi dell’ortofrutta.
Ed è che coi primi di luglio gli italiani hanno cominciato ad andare in vacanza e – sorpresa - tutti si sono accorti che il vero salasso sul fronte dei prezzi arriva dagli affitti delle case, dalle rette degli hotel, dai conti dei ristoranti, dai biglietti dei voli, dei traghetti, dei servizi sulle spiagge, per non parlare dei mutui bancari …aumenti dal 40 al 50% che ridicolizzano il tasso ufficiale di inflazione sceso (a giugno) tra il 6 e il 7 per cento. Intanto la BCE non smette di alzare i tassi di interesse: italiani più poveri ma banche più ricche. Giusto combattere l’inflazione ma non a costo di creare recessione. Già nel 2022 gli utili totali degli istituti bancari hanno raggiunto la cifra monstre di 25 miliardi di euro: gli azionisti si sfregano le mani grazie alle ricche cedole mentre gli italiani tirano ancor di più la cinghia. In questo contesto possono aumentare i consumi? Risposta negativa scontata.
Allora piuttosto che intentare fantomatici processi al settore ortofrutta come responsabile dell’inflazione e tenendo conto anche dell’effetto calmieratore dei prezzi dei prodotti di importazione (rendiamoci conto che il nostro è un paese grande esportatore di ortofrutta ma anche grande importatore, come tutte le economie avanzate) guardiamo non ai titoli dei giornali ma alla realtà delle cose: Ismea ha certificato un aumento dei costi di produzione nell’ordine del 40% in più rispetto al 2020, solo in minima parte compensato dall’aumento dei prezzi all’origine. Questo si traduce in una costante, importante erosione dei margini delle imprese alle prese con colture falcidiate dal maltempo, dalle fitopatie e (per la Romagna) da eventi catastrofici come l’alluvione. E con sempre meno principi attivi a disposizione per la salvaguardia dei raccolti a causa dei regolamenti comunitari annunciati come SUR (fitofarmaci da ridurre per l’Italia al 62%) contro cui il mondo produttivo si batte in un braccio di ferro con la Commissione che invece non arretra di un passo. Insomma i problemi dell’ortofrutta sono più grandi del Tavolo di Mr. Prezzi.
Su tutta questa partita il mondo dei piccoli e grandi retailer non ha battuto un colpo. Federdistribuzione, che li rappresenta, si limita a evidenziare il calo dei consumi (che colpisce anche loro, ovviamente) e a lamentare l’eccessiva fragilità e frammentazione del sistema produttivo. Come dire: aggregatevi di più e le cose andranno meglio. Questa storia della mancata aggregazione ormai è un disco rotto, suona come un alibi per lasciare le cose come stanno. In questi ultimi anni l’aggregazione è cresciuta ma i problemi sono rimasti sempre gli stessi, anzi sono peggiorati, come la capacità competitiva delle imprese. Prima o poi su questo tema (l’aggregazione) bisognerà fare una grande operazione-verità a partire dal mondo delle OP.
Solo una considerazione: il tema dei prezzi è strettamente correlato a quello del valore. Il mondo del vino ha ridato valore al suo prodotto raccontando le storie dei territori e delle aziende. Vedo che il mondo dei formaggi e dei salumi di qualità si sta muovendo sulla stessa strada. A Milano, al nostro evento "Protagonisti dell’ortofrutta italiana", ho ascoltato tante storie straordinarie di impegno, innovazione, riscatto, tradizioni famigliari, territori abbandonati recuperati e valorizzati, giovani che si impegnano in continuità coi genitori…un patrimonio cui solo noi diamo voce, che però non arriva al grande pubblico, perché queste storie ce le raccontiamo tra di noi e qui finiscono. La mancata comunicazione è doppiamente colpevole: primo perché tace, secondo perché oscura i valori, i personaggi e i buoni progetti che andrebbero raccontati. Non comunicare è davvero un peccato mortale.
*direttore Corriere Ortofrutticolo e CorriereOrtofrutticolo.it