Notiziario




L’Europa, la crisi dell’auto, la PAC

Fra i commenti di fine 2024/inizio 2025  leggo: “la nuova priorità non è vendere ma difendere le produzioni”. Rettificherei: la priorità è vendere (essendo competitivi) e insieme difendere le produzioni. Perché ovvio: se non c’è prodotto, non c’è mercato. O meglio: c’è il prodotto estero. A più basso prezzo e meno controllato. Che magari finisce nei discount, gli unici a registrare un considerevole aumento dei consumi. Il perché è evidente…

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L’etichettatura dei prodotti e la pubblicità: i consumatori sono tutelati o ingannati?

Qualsiasi prodotto che un consumatore mangia, beve o inala nel corso della sua vita può potenzialmente causare danni. Le leggi che regolano la sicurezza dei prodotti mirano a prevenire tali danni. Questo documento si rivolge ovviamente ai consumatori ma e allo stesso tempo a tutti coloro che sono coinvolti nelle industrie alimentari e farmaceutiche.

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Il mondo ambientalista: fonte di fake news?

Non sono in grado di dire se vi sia una qualche relazione fra “Food for profit” (film di Giulia Innocenzi) e il documento WWF: “Al via la meat free week promossa dal WWF”, apparso il 26-02-24. Certamente è analoga l’ispirazione animalista e, soprattutto, l’attitudine a mescolare verità (poche) e fake (molte); in entrambi, ne risulta la diffusione di informazioni che sono fonte di confusione per i consumatori con minori competenze specifiche. Di qui il mio tentativo di evidenziare le principali “fake” veicolate dal documento WWF e così chiarire anche quelle riportate nel già menzionato film “Meat for profit”.
Per facilitare la lettura, il testo contiene (numerate) le frasi tratte dall’originale WWF (in corsivo e grassetto) che sono sembrate degne di essere confutate; ad esse fanno seguito le motivazioni critiche e, per accrescerne l’autorevolezza, ho citato alcuni documenti ufficiali della FAO.

1) Gli allevamenti intensivi sono una delle principali cause del cambiamento climatico, responsabili del 16,5% delle emissioni globali di gas serra (cifra paragonabile agli effetti dell’intero settore dei trasporti, considerando treni, macchine, aerei e camion) e del 60% delle emissioni dell’intero settore agroalimentare. 
I dati numerici non sono lontani dalla realtà, ma non vi è alcuna relazione con gli allevamenti intensivi; infatti, i dati sulle emissioni corrispondono  a quelli di tutti gli animali allevati sul pianeta, come emerge dal documento FAO (2023) che afferma: “A livello globale, la produzione di proteine animali, come presentato nella sottosezione precedente (Produzione globale di proteine animali), è associata a un totale di 6,2 Gt CO2eq di emissioni, che costituiscono circa il 12% delle emissioni antropogeniche totali stimate tra 50 e 52 Gt CO2eq nel 2015.” Ammettiamo pure che la FAO abbia sbagliato per difetto, ma è ovvio che il 16,5% del WWF non sia così lontano. Se a questo punto si considera che nei Paesi meno sviluppati è allocato un numero di bovini e ovicaprini che è da 6 a 9 volte superiore a quello dei Paesi sviluppati (FAOSTAT, 2018), risultano confermati i dati FAOSTAT (2020), che cioè la quota delle emissioni di CH4 enterico da parte dei ruminanti è più elevata in Asia (37%), sud America (23%) ed Africa (17%), rispetto ad Europa (10%), nord America (9%) e Oceania (3%). A questo punto, si potrebbe chiedere al WWF come sia possibile che gli allevamenti intensivi - una esigua minoranza nei 3 continenti Asia, Africa e America Latina – possano essere responsabili di gran parte dei GHG mondiali. D’altra parte, è esattamente quanto la FAO (2023) afferma nel medesimo documento: “La riduzione più significativa delle emissioni, sia assolute che relative, può essere ottenuta dando priorità ai miglioramenti della produttività, non solo per quella animale ma anche ottimizzando l’efficienza in ogni fase della catena di produzione... Questo documento stima che, se implementati collettivamente, questi miglioramenti (di produttività) potrebbero ridurre significativamente le emissioni del settore zootecnico, pur rispettando l'aspettativa di un ulteriore 20% di aumento del fabbisogno di proteine animali prevista entro il 2050.” L’aumento della produttività è, in primo luogo, quanto consentono gli allevamenti intensivi.

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Dialoghi in biotecnologie: “Il contributo delle TEA per il miglioramento genetico del grano duro”

Frusciante: Il miglioramento genetico del grano in Italia nasce dal lavoro visionario di Nazzareno Strampelli, pioniere della genetica agraria, che introdusse l'incrocio artificiale tra genotipi per combinare i migliori caratteri di ciascuno, senza conoscere le leggi di Mendel. Questo approccio portò allo sviluppo di numerose varietà di grano tenero a partire dal Rieti, una varietà apprezzata per l’ottima resistenza alla ruggine. Tuttavia, Strampelli è noto soprattutto per la varietà Cappelli, ottenuta nel 1915 tramite selezione entro una popolazione nordafricana. In che modo il lavoro di Strampelli e la varietà Cappelli hanno influenzato le moderne strategie di miglioramento genetico di questa coltura?

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Recenti sviluppi delle politiche di protezione del suolo in Europa, Cina e Canada

Lo scorso 4 dicembre è stato pubblicato da ISPRA il report annuale su “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici”. Purtroppo, anche questo report conferma che il consumo di suolo continua a trasformare il nostro Paese con velocità elevate. Nell’ultimo anno di rilevamento, il 2023, le nuove coperture artificiali hanno riguardato altri 72,5 km2, ovvero, in media, circa 20 ettari al giorno, o 2,3 metri quadrati ogni secondo.

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Alberi per il futuro: il ruolo dei vivai per le sfide del cambiamento climatico

I cambiamenti climatici stanno trasformando profondamente gli ecosistemi naturali e urbani, ponendo nuove sfide per la gestione del verde e la resilienza delle città. Ondate di calore, periodi di siccità prolungata, eventi meteorologici estremi e l’emergere di nuovi parassiti stanno mettendo a rischio le foreste urbane e gli spazi verdi. In questo contesto, i vivai assumono un ruolo centrale nella transizione ecologica, rappresentando il punto di partenza per garantire la qualità, la diversità e la sostenibilità degli alberi piantati oggi per il futuro.

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Non solo Alpi: gli attacchi di bostrico tipografo negli Appennini

Il Bostrico tipografo dell’Abete rosso, Ips typographus L. Coleottero Scolitide, è considerato uno degli insetti di interesse forestale più importanti in Europa per il suo ruolo nella dinamica degli ecosistemi forestali e la capacità di causare estese infestazioni con disseccamento di interi boschi di Picea abies Karst.
Le formazioni forestali e le particelle sperimentali di Abete rosso realizzate negli anni passati sull’Appennino con semi raccolti sulle Alpi o in Peccete del Centro Europa, come i Boschi dell’Abetone nell’Appennino settentrionale e gli impianti dislocati nella dorsale Appenninica centro-meridionale, stanno subendo l’azione di vari fattori avversi, legati in particolare ai cambiamenti climatici in atto e ad eventi meteorici estremi, che hanno determinato stress idrici e, a seguito di fenomeni di particolare intensità, determinato stroncature di cime e schianti di molte piante.
La grande quantità di piante atterrate o stroncate e le situazioni di generale indebolimento dei soprassuoli hanno favorito anche in queste aree lo sviluppo di attacchi di Insetti che si sviluppano scavando gallerie sotto le cortecce provocando repentini disseccamenti delle piante colonizzate e diffusione a macchia d’olio di estese morie, come il Bostrico tipografo.
Esempi chiarificatori di quanto anche le formazioni forestali appenniniche stiano subendo la pressione crescente di tali fattori biotici di aggressione sono rappresentati dai vasti fenomeni di disseccamento che stanno colpendo i Boschi di Abete rosso del Complesso Forestale della “Riserva Naturale Biogenetica Abetone” gestita dal Raggruppamento Carabinieri Biodiversità Pistoia e del Patrimonio Forestale Regionale dell’Appennino Pistoiese gestito dall’Unione dei Comuni Montani, dove da alcuni anni sono in atto programmi di intervento con mezzi biotecnici a basso impatto ambientale finalizzati in particolare a salvaguardare la Riserva Naturale Orientata e Biogenetica di Campolino dove vegeta il nucleo naturale più meridionale di Abete rosso, relitto glaciale di grande interesse genetico e naturalistico.

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L’etichettatura dei prodotti e la pubblicità: i consumatori sono tutelati o ingannati?

Premessa di Massimo Vincenzini, Presidente Accademia dei Georgofili
Subito dopo avere letto sul n. 1-2025 dell’”Italian Journal of Food Science", rivista ufficiale della SISTAl Società Italiana di Scienze e Tecnologie Alimentari, l’Opinion Paper dei proff.  Fantozzi e Garattini sulle etichettature dei prodotti alimentari, ho suggerito loro di ampliarne la diffusione anche in italiano al vasto pubblico dei Georgofili che sempre consulta e legge con attenzione i nostri notiziari, commentandoli e discutendoli.
Sono certo che la molteplicità delle tematiche trattate, che verranno ripartite, a partire da oggi, in più uscite nel nostro notiziario settimanale “Georgofili INFO”, susciterà interesse.
Pertanto auguro a tutti buona e proficua lettura.

INDICE DELLA SERIE
1.  Avvertenze degli Autori ed introduzione 
2.  Additivi alimentari
3.  Bevande
4.  Integratori alimentari
5.  Prodotti dietetici
6.  Sostanze cancerogene (IPA, fumo, acrilammide, micotossine)
7.  Alimenti trasformati e ultra-lavorati (UPF)
8.  Diete e Nuovi Alimenti (carni coltivate ed insetti)
9.  Proposte, raccomandazioni e conclusioni   

[estratto da: Ital. J. Food Science. Vol. 37 (1) 1:15, 2025 (View of Product labels and advertising)]

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Il cibo modifica la nostra genetica

L’uomo è ciò che mangia è forse il più citato aforisma sul cibo e compare per la prima volta in una recensione che il filosofo tedesco Ludwig Feuerbach (1804 – 1872) dedica al Trattato dell’Alimentazione per il Popolo che il medico e fisiologo olandese Jakob Moleschott (1822 – 1893) pubblica nel 1850, un’opera rivoluzionaria che fa della nutrizione il principio motore della storia umana, ponendo il cibo all’origine della società, del pensiero, della religione e persino delle differenze culturali e di classe.  Questo trattato inizia constatando che se il nutrimento ha trasformato il gatto selvaggio in gatto domestico, da carnivoro a onnivoro, perché dovremmo stupirci se l’alimentazione influenza la natura dell’uomo e delle sue istituzioni? Una idea quella di Moleschott e di Feuerbach che sta trovando conferme in molte ricerche e pubblicazioni sulla nostra variabilità genetica, non ultima quella di Marta Palma-Morales e collaboratori intitolata Il Cibo ci ha resi umani.

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Il Regolamento UE sulla Nature Restoration: una salvifica ultima spiaggia di approdo della politica unionale sulla Natura o l’ennesima sterile chimera?

Assai accidentato, irto di ostacoli di stampo politico e culturale, l’iter che ha accompagnato in un lungo arco temporale la genesi del Regolamento (UE) 2024/1991 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 24 giugno 2024 sul ripristino della natura e che modifica il regolamento (UE) 2022/869, il cui testo predisposto dalla Commissione Europea nel giugno 2022, a più riprese riveduto e corretto, è stato definitivamente approvato il 17 giugno 2024, ed è entrato in vigore il 18 agosto u.s.

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Il nuovo decreto sui vini dealcolati

Anche i produttori italiani avranno la possibilità di produrre e commercializzare vino dealcolato. Lo prevede il decreto ministeriale numero 672816 del 20 dicembre 2024, in via di pubblicazione sulla gazzetta Ufficiale. Il provvedimento è stato varato dopo una lunga fase di meditazione e di confronto con gli organismi di rappresentanza della filiera, i quali ancora oggi, dopo la firma del Ministro, si dividono tra sostenitori e oppositori dell’operazione.
Il decreto ha per titolo “Disposizioni nazionali di attuazione del regolamento 1308/2013” e, pertanto, si muove entro le regole unionali di recente definite con l’ultimo intervento di riforma della PAC e la pubblicazione dei tre testi di base alla fine del 2021. L’Italia ha impiegato tre anni per recepire una norma europea ampiamente discussa durante il lungo negoziato che ha portato alla PAC 2023-207 ed è arrivata alla meta dopo diversi altri stati membri.
Con l’entrata in vigore delle regole sul vino a basso tenore di alcol, gli operatori italiani potranno diversificare ulteriormente la produzione vitivinicola, potendo inserire all’interno della gamma prodotti dal contenuto innovativo che riscuotono un certo interesse da parte di alcuni segmenti di consumatori. Ad oggi la produzione di vini dealcolati è consentita agli operatori, ma devono provvedere ad eseguire la trasformazione in Paesi terzi dove questo procedimento è ammesso. Si genera così una curiosa condizione di disparità che si intende superare con l’intervento ministeriale in via di pubblicazione.

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“Dialoghi sul suolo e l’acqua”: I funghi micorrizici: microrganismi biostimolanti per la crescita delle piante e la salute del suolo

Pagliai – Manuela è davvero un piacere ritrovarsi ancora a dialogare con te sulle problematiche del suolo, ma lasciamo da parte i sentimentalismi (Pisa mi è rimasta nel cuore!) e veniamo a noi! Finalmente negli ultimi decenni la biologia del suolo ha avuto l’attenzione che merita grazie proprio ai grandi progressi scientifici nel campo delle tecnologie molecolari. I nuovi concetti di “salute del suolo” sono in gran parte basati proprio sulla biodiversità e sull’attività biologica degli organismi che vivono nel suolo stesso. Tuttavia, a mio avviso, mentre grande attenzione è stata posta alla funzionalità delle comunità batteriche del suolo la stessa non è stata ancora del tutto riservata alla funzionalità delle comunità fungine. Mi sbaglio?  

Giovannetti – Hai assolutamente ragione. Spesso ci si riferisce al microbiota funzionale del suolo citando i batteri, che sono molto importanti per il completamento dei cicli biogeochimici del suolo, in cui la materia organica è degradata e trasformata in composti nuovamente utilizzabili da parte delle piante. Occorre però ricordare che i funghi hanno un ruolo chiave nei cicli biogeochimici e forniscono un’ampia gamma di servizi essenziali per gli ecosistemi. Infatti, oltre a regolare la dinamica della materia organica, sono attivi nel sequestro del carbonio, modificano la struttura fisica del suolo agendo contro l’erosione, aumentano la quantità e l’efficienza d’uso dei nutrienti. Inoltre un gruppo particolare di funghi - i funghi micorrizici -, che stabiliscono simbiosi mutualistiche con le radici della maggior parte delle piante terrestri, sono in grado di assorbire i nutrienti minerali del suolo e trasferirli alle piante ospiti attraverso una rete sottile di ife che si estende dalle radici colonizzate al suolo circostante. Tale rete extraradicale funziona come un vero e proprio apparato assorbente ausiliario, poiché sulle sue ife sono localizzati ed espressi i geni trasportatori di nutrienti, quali fosforo e azoto, elementi fondamentali per la crescita e la produttività delle piante. Inoltre molte specie di funghi micorrizici vivono in associazione con complesse comunità di batteri, che svolgono importanti attività funzionali. Per esempio, i batteri capaci di mineralizzare il fitato (che rappresenta fino al 60% della forma organica del fosforo nel suolo) agiscono in sinergia con i funghi micorrizici, favorendo l’assorbimento del fosforo da parte delle ife e il suo trasferimento alla pianta. Questa sinergia è molto importante per la nutrizione delle piante, in quanto il fosforo è un componente strutturale di molte biomolecole coinvolte in processi metabolici chiave, come la fotosintesi, la biosintesi di DNA e RNA, la respirazione e il trasferimento dell’energia. Benché i suoli agricoli contengano elevate quantità di fosforo, sia in forma organica che inorganica, esso è poco disponibile a causa della sua immobilizzazione e precipitazione con altri minerali: dunque l’azione dei simbionti micorrizici rappresenta una strategia sostenibile per mobilizzare il fosforo e incrementare la sua acquisizione nelle colture agrarie. 

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L’Archivio Venerosi Pesciolini dell’Accademia dei Georgofili oggetto di una tesi di laurea magistrale

Il lavoro Auxilium Dei. Inventario dell’archivio delle fattorie della famiglia Venerosi Pesciolini ha riguardato l’ordinamento e l’inventariazione dell’Archivio Venerosi Pesciolini, una famiglia di origine pisana, le cui radici affondano nell’epoca carolingia.

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Dall’Archivio storico dell’Accademia dei Georgofili: il lavoro di acquisizione digitale continua

Con l’ultima immissione del dicembre 2024, sono ora messe a disposizione della pubblica utenza sul sito dell’Accademia dei Georgofili ulteriori 11.612 immagini ricavate dalla digitalizzazione dell’Archivio storico del Sodalizio.

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“Dialoghi in Biotecnologie”: Il miglioramento genetico in frutticoltura

Frusciante: La frutticoltura italiana occupa un ruolo centrale nell’agroalimentare nazionale, con il Paese leader per superficie dedicata a pomacee (mele e pere), drupacee (pesche e albicocche), fragole e actinidia. Il miglioramento genetico tradizionale delle specie arboree è lungo, complesso e costoso. La mutagenesi, finora uno dei metodi più efficaci, ha portato allo sviluppo di numerose varietà coltivate globalmente. Queste sono il risultato di anni di ricerca e applicazioni biotecnologiche volte a migliorare resistenza alle malattie, produttività e qualità dei frutti, rafforzando la competitività del settore.

Gentile: Certamente, il nostro Paese si distingue per la presenza di numerose aree vocate all’agricoltura, ideali per coltivare diverse specie frutticole, sia da frutta fresca sia da frutta secca. Questa ricchezza si estende da nord a sud, includendo anche specie di recente introduzione, come alcune di origine subtropicale, quali avocado e mango. Il settore frutticolo italiano si caratterizza per l’elevata diversificazione e qualità delle produzioni, grazie alle risorse genetiche disponibili. Questo permette di valorizzare le specie coltivate e, nel caso di una singola specie, di sfruttare la varietà di cultivar e ambienti di coltivazione. Ciò permette di offrire la stessa tipologia di prodotto per un periodo prolungato, come avviene ad esempio per il pesco, la cui disponibilità si estende su più mesi. Le potenzialità si ampliano ulteriormente con l’uso di avanzate tecniche di post-raccolta. Tale patrimonio genetico deriva da due fattori: la tutela delle risorse autoctone e il miglioramento genetico tramite incroci e mutagenesi, spontanea o indotta, anche grazie al lavoro delle Università e istituzioni di ricerca nazionali. Ad esempio, i genotipi di arance oggi disponibili, con caratteristiche come epoche di maturazione diversificate, resistenza alle malattie e qualità organolettiche eccellenti (ad esempio l’elevato contenuto di antocianine), sono il risultato di incroci e di selezione di un numero significativo di mutazioni spontanee. Queste innovazioni hanno permesso una fornitura continua di frutti freschi da novembre a maggio, consolidando il successo dell’agrumicoltura italiana.

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Insediato il nuovo Consiglio Accademico dei Georgofili

Il totale complessivo degli accademici che rivestiranno un ruolo di primo piano è di 86, nessuno dei quali avrà un doppio incarico. Si tratta di una squadra molto numerosa e straordinariamente competente, che sarà chiamata a svolgere compiti importanti viste le crescenti sfide che sta affrontando il settore primario, tra aumento della popolazione mondiale e cambiamenti climatici. L’Accademia dei Georgofili sarà ancora in prima linea per dare risposte e suggerimenti operativi agli agricoltori e ai decisori politici.
“Lo sforzo messo in atto nelle modifiche apportate rispetto al passato è quello di avere organi operativi davvero funzionanti ed efficienti che possano attivare e coordinare il contributo intellettuale dei circa 1.200 accademici che costituiscono il vero patrimonio umano dell’Accademia dei Georgofili”, ha sottolineato il Presidente Massimo Vincenzini. “Sono anche molto soddisfatto del ruolo finalmente riconosciuto alle nostre accademiche”, ha aggiunto.

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Storia delle tecnologie alimentari italiane e del loro insegnamento

All’inizio del ‘900, il settore della trasformazione degli alimenti faceva riferimento solo ad una materia chiamata “Industrie agrarie”, che riuniva, al suo interno, le competenze legate essenzialmente all’enologia, agli oli ed al latte e derivati, gli argomenti al momento più rappresentativi delle produzioni nazionali. Solo con il dopoguerra si sentì il bisogno di meglio puntualizzare la reale diversificazione di prodotti alimentari e contemporaneamente la sequenza di operazioni che erano alla base dei processi di ottenimento di ogni singolo alimento.

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Ortofrutta: aggregarsi, per fare che?

Se l’imperativo categorico è aggregarsi, come mai delle Unioni di OP ce ne sono ancora due (Italia Ortofrutta e Unaproa) quando verosimilmente fanno entrambe lo stesso mestiere?

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Paleomicrobiologia: archeologi a caccia di microbi

Paul Henry de Kruif (1890 – 1971) è un microbiologo, scrittore e divulgatore scientifico che con il suo libro Microbe Hunters (1926), in italiano I cacciatori di microbi, fa conoscere la Microbiologia e la Storia della Medicina al grande pubblico. Oggi vi sono archeologi che con le nuove tecniche d’indagine genetica della Paleomicrobiologia vanno a caccia di microbi antichissimi aprendo nuove finestre sulla origine delle infezioni e malattie che colpiscono l’uomo, gli animali e i vegetali, indagando anche sui microrganismi con i quali i nostri lontani antenati hanno iniziato a produrre birra e formaggi
Decrittando le informazioni contenute nel DNA di campioni risalenti fino a milioni di anni fa, la paleomicrobiologia molecolare oggi consente di conoscere l'evoluzione delle specie e delle comunità microbiologiche permettendo di conoscere e di seguire nel tempo epidemie del passato, identificando le caratteristiche dei microrganismi che le hanno provocate e l'evoluzione di interazioni tra ospite-microbo. La paleomicrobiologia fornisce anche informazioni sulla dieta e stile di vita dei nostri antichi antenati con informazioni su specie microbiologiche che potrebbero essersi estinte nell'odierno microbioma umano e come e a quale velocità le comunità microbiche sono influenzate da cambiamenti ambientali locali o diffusi. I recenti risultati della paleomicrobiologia infine oggi contribuiscono a meglio comprendere l'evoluzione storica dei microrganismi nella trasformazione alimentare e a svilupparne le loro applicazioni.
Per le epidemie di peste che fin dall’antichità hanno colpito l’umanità, la paleogenomica ne ha confermata l’origine in un’infezione da Yersinia pestis iniziata tra i cinquanta e i venticinque secoli fa un territorio che va dalla penisola iberica a ovest alla Mongolia a est, trasmessa da uomo a uomo e solo in tempi successivi anche dai ratti. Sempre con la paleomicrobiologia si è dimostrato che la tubercolosi umana del sud America precolombiano trae origine dal Mycobacterium pinnipedi delle otarie e che il virus dell’epatite ha avuto origine a cavallo tra il Neolitico e l'Età del Bronzo prima di essere apparentemente eliminata e sostituita dal nuovo genotipo che si trova oggi in Europa. Gli Herbarium e le Collezioni Zoologiche sono oggi studiati per la presenza di DNA di agenti infettanti e infestanti ma soprattutto costituendo il loro microbioma permettendo di conoscere in che modo evolvono nel tempo e come i fattori ambientali ne influenzano la composizione, il metabolismo e, in ultima analisi, le loro attività e ruoli nel loro ecosistema originale.
La paleomicrobiologia molecolare sta rivoluzionando diversi aspetti della microbiologia inserendo i microrganismi in un quadro storico che precede lo sviluppo della microbiologia classica come disciplina scientifica. Oltre a rivelare la lunga storia di diverse associazioni tra uomo e microbi la paleomicrobiologia svela le dinamiche temporali della popolazione dei principali patogeni e la successiva acquisizione di attributi funzionali chiave che sono suscettibili di influenzare l'esito di queste associazioni, ma anche pericoli presenti, come quelli di un disfacimento del permafrost che copre oltre il dieci per cento della superficie terrestre e che potrebbe rappresentare un serbatoio per microrganismi antichi, ma ancora vivi, compresi gli agenti patogeni come il Bacillus anthracis sporigeno, che ha gravemente colpito le mandrie di renne in Siberia e probabilmente collegato allo scioglimento del permafrost.

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Gestione delle emergenze nel settore agricolo, forestale e delle produzioni animali: strategie per affrontare i rischi del cambiamento climatico

Il settore agricolo, forestale e delle produzioni animali è universalmente riconosciuto come un pilastro essenziale per soddisfare i bisogni alimentari globali e garantire i mezzi di sussistenza a moltissime comunità. Tuttavia, negli ultimi decenni, queste attività hanno dovuto affrontare sfide sempre più complesse, principalmente a causa dei cambiamenti climatici e dell’aumento di eventi estremi come tempeste, incendi e inondazioni. Per rispondere a queste sfide, è fondamentale adottare strategie che rendano il settore più resiliente, ovvero capace di adattarsi, reagire con efficacia e risollevarsi rapidamente dalle emergenze.
Un recente studio interdisciplinare, condotto con il contributo di 10 Atenei e del Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali, ha analizzato tre eventi significativi che hanno colpito l’Italia negli ultimi anni: le devastanti piogge che hanno colpito l’Emilia-Romagna nel 2023, la tempesta Vaia del 2018 che ha abbattuto milioni di alberi nel nord-est, e i gravi incendi boschivi del 2017 che hanno distrutto vaste aree del nostro patrimonio forestale. Lo studio ha esaminato le misure di prevenzione adottate, gli interventi di emergenza effettuati e le operazioni di recupero messe in campo, con l’obiettivo di individuare sia i punti di forza sia le criticità riscontrate.

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Giornata mondiale del suolo, 5 dicembre 2024

La Giornata Mondiale del Suolo (World Soil Day) è stata istituita ufficialmente dalle Nazioni Unite nel 2013. La celebrazione avviene ogni anno il 5 dicembre per sensibilizzare l'opinione pubblica sull'importanza del suolo sano e promuovere la gestione sostenibile delle risorse del suolo. L'idea di una giornata dedicata al suolo è stata proposta per la prima volta dall'International Union of Soil Sciences (IUSS) nel 2002. Successivamente, l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Alimentazione e l'Agricoltura (FAO) ha sostenuto l'iniziativa, portandola all'attenzione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che l'ha ufficialmente adottata nel 2013. La prima celebrazione ufficiale si è svolta nel 2014. La data del 5 dicembre è stata scelta in onore del compleanno del re Bhumibol Adulyadej di Thailandia, che è stato un forte sostenitore della conservazione del suolo. Ogni anno, si realizzano circa 2000 eventi per celebrare la Giornata Mondiale del Suolo.
Alla luce dei dati statistici prodotti quest’anno dalla FAO sulla situazione globale del comparto agricolo e forestale, è possibile fare una valutazione relativa agli ultimi due decenni sui cambiamenti in corso e il loro impatto sulla risorsa suolo, tenendo il nostro Paese come raffronto.
Secondo i dati della FAO, la produzione di colture primarie è aumentata del 56% tra il 2000 e il 2022, nonostante la denutrizione affligga ancora il 9,1% della popolazione mondiale, pari a circa 750 milioni di persone. Parallelamente, il valore aggiunto dell'agricoltura è cresciuto dell'89%. Questo però a livello globale, mentre in Italia è diminuito dell'11,6%, di fatto quasi raddoppiando il rapporto di dipendenza dalle importazioni ad esempio di cereali, passato dal 19,6% nel 2000 al 41,4% nel 2022.
L'agricoltura continua a rappresentare il 4,3% del PIL globale, ma in Italia la quota è scesa dal 2,1% all'1,7%. Anche l'occupazione nel settore agricolo è in calo: nel 2022, il settore impiegava 892 milioni di persone, pari al 26% della forza lavoro globale, rispetto al 40% nel 2000. In Italia, solo il 3,8% della popolazione lavora in agricoltura.

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Il finocchio selvatico


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Buono da vendere, buono da mangiare: l’obesità da alimenti voluttuari

L’espansione dell’industria alimentare invade la società con migliaia di prodotti altamente trasformati, con alta palatabilità e densità calorica, tutti irresistibili in una miscela di grassi, zuccheri semplici e sale per raggiungere il massimo beatitudine gustativa e soprattutto da essere consumati in situazioni e condizioni non più tradizionali, con l’obiettivo di vendere sempre più cibo per incrementare il mercato e i profitti. 

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l Campus Lamothe della Scuola d’Ingegneria di PURPAN: verso un modello di dimostrazione delle transizioni agroecologiche, energetiche e alimentari (1)

La Scuola d’Ingegneria di Purpan (PURPAN), membro dell'Istituto Politecnico Nazionale (INP) dell’Università di Tolosa (Francia) è un'istituzione ignaziana creata nel 1919 da agricoltori e Educatori gesuiti. PURPAN è oggi una delle principali istituzioni educative di istruzione superiore in agricoltura e agronomia in Francia. Ha una missione di servizio pubblico riconosciuta dalla legge, nei settori della formazione, della ricerca, della cooperazione internazionale e del trasferimento di tecnologie.
“Scuola dei settori del futuro”, PURPAN forma i suoi studenti in diversi ambiti di collegamento con le scienze della vita, l’agricoltura, l’agroalimentare e l’ambiente, accoglie quasi 1.700 studenti (di cui il 15% provenienti dal settore agricolo) e rilascia 2 diplomi riconosciuti dallo Stato: Engineer (laurea magistrale) e Agrobachelor (laurea triennale). Il 100% degli studenti di PURPAN possiedono almeno un'esperienza di lunga durata all'estero (stage, soggiorno studio universitario o missione di solidarietà internazionale). Nei suoi laboratori e piattaforme di ricerca, forma anche studenti per i dottorati dell'Università di Tolosa.

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“Dialoghi sul suolo e l’acqua”: Agricoltura e gestione sostenibile del suolo

Pagliai – L’obiettivo primario dell’agricoltura deve essere quello di ottenere prodotti di qualità e per questo è fondamentale lo stato di salute del suolo. Nonostante l’accresciuta sensibilità verso i problemi di protezione dell’ambiente si assiste ancora ad un progressivo impatto delle attività antropiche sul suolo, dal momento che proprio i 2/3 dei suoli del territorio nazionale sono ormai degradati. I maggiori aspetti della degradazione ambientale sono, infatti, riconducibili al suolo (erosione, impermeabilizzazione (consumo di suolo), compattamento, formazione di croste superficiali, perdita di struttura, perdita di sostanza organica, salinizzazione, acidificazione) e sono in gran parte imputabili alle attività antropiche. Alla luce di ciò l’agricoltura del futuro avrà un compito sempre più difficile, considerando anche che gli attuali redditi non garantiscono più ad una larga parte di agricoltori una sopravvivenza dignitosa.

Corti – Tutto questo che citi, purtroppo, è verissimo. Ma la cosa che personalmente mi preoccupa di più è lo spopolamento delle aree interne, processo iniziato nell’immediato dopoguerra e che ancora oggi continua a ritmi di decine di migliaia di persone che, stando a dati ISTAT, ogni anno dalla montagna e dall’alta collina si trasferiscono verso le città o le zone costiere. Va detto: questo abbandono è dettato da cause contingenti. La prima delle quali è la mancanza di un reddito dignitoso per gli agricoltori di queste zone. Ma lo spopolamento comporta anche riduzione dei servizi (banalmente: posta, scuole, trasporti), che i comuni montani e collinari, spesso con abitati dispersi, non riescono più a mantenere. Secondo una errata vulgata tutta italiana, si è pensato, e in qualche caso ancora si pensa, che l’abbandono porti a un ritorno a condizioni ecologiche più naturali. Niente di più falso! Il territorio italiano non ha un metro quadrato di suolo naturale. Tutto il suolo del paese è stato utilizzato, fino a altitudini di 2500-2700 metri, a partire da 3000 anni fa. Tutto il nostro territorio è antropico, caso mai con una maggiore o minore naturalità. I nostri suoli nulla hanno a che fare con i suoli che avremmo avuto se il territorio non fosse stato utilizzato negli ultimi 3000 anni da agricoltori, carbonai (per i boschi), allevatori (per il pascolo). In tempi passati i suoli italiani sono andati incontro a periodi di erosione enormemente maggiori degli attuali.
Basti pensare che la gran parte delle aree calanchive che vediamo oggi non esistevano prima dell’arrivo dei greci in Italia (3000 anni fa), e che la loro estensione è aumentata in occasione di punte demografiche verificatesi nel 1000 e nel 1600 d.C. E la causa è sempre stata la cattiva gestione del suolo. Lasciare a se stesse aree vaste in ambiente montano e alto collinare, aree prive anche di minime sistemazioni idraulico-agrarie e con suoli che sono tali per intervento dell’uomo, significa andare incontro a ulteriore degrado. Tutto perché i suoli hanno scarsa struttura e questa è anche debole nei confronti dell’acqua di pioggia, cosa che comporta accelerazione del tempo di corrivazione, con conseguente riduzione dell’infiltrazione e aumento del ruscellamento superficiale. L’assenza dell’uomo laddove è stato da millenni innesca un ciclo vizioso che ha come conseguenze le alluvioni e una maggiore suscettibilità a siccità estiva, ma anche l’esacerbarsi di eventi franosi, di ogni tipo. Il mantra deve essere un altro: riportare il presidio umano nei territori abbandonati, dando a chi ci vive condizioni economiche e sociali adeguate. Ho inventato la ruota! E’ quanto auspicava Serpieri un secolo fa, auspicio ancora valido pur nelle mutate condizioni economiche e sociali. Chiudere l’ufficio postale, l’asilo, la scuola elementare, il negozio di alimentari, eliminare le corse degli autobus, ….. fa male al suolo. E i disastri che ne conseguono sono economicamente e socialmente più ingenti di quanto avremmo potuto investire per mantenere quei servizi alle popolazioni delle aree interne.

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Carne coltivata e libertà del sistema agroalimentare italiano

Nuovi cibi e nuove paure di un passato non sembrano averci abbandonato nonostante che la conoscenza dei cibi e della nostra alimentazione da almeno un secolo sia oggetto di precise ricerche scientifiche che danno concretezza alle caratteristiche nutrizionali e di sicurezza degli alimenti, con attenzione al benessere e alla salute.

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Da agricolture tradizionali a paesaggi rurali storici

Un tessuto produttivo che coinvolgeva ogni angolo di terra libera, dalle coste alle cime dei nostri Appennini, è stato lasciato all’abbandono. Ancora più grave, però, è stato l’abbandono dei territori stessi.

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L’Annuario Statistico 2024 della FAO: uno spaccato sui sistemi agroalimentari globali

Qualche giorno fa, la FAO ha pubblicato il suo Annuario Statistico 2024 (LINK), un rapporto annuale che offre una panoramica delle principali dinamiche che plasmano i sistemi agroalimentari globali, accompagnata da un'analisi approfondita delle tendenze emergenti e delle sfide più significative che li riguardano.
L’edizione di quest’anno si sofferma su temi di grande attualità come il riscaldamento globale, l’insicurezza alimentare che continua a colpire milioni di persone, l’aumento dell’obesità a livello globale e le crescenti pressioni ambientali sulla produzione agricola.
Frutto del lavoro accurato degli esperti di statistica della FAO, lo studio si articola in quattro aree tematiche che riguardano l’economia, le tendenze dei sistemi agricoli, la situazione della sicurezza alimentare e la sostenibilità ambientale.
Ecco alcuni dati che meritano particolare attenzione:
Un settore in evoluzione: il valore agricolo globale è cresciuto dell’89% negli ultimi venti anni, arrivando a 3,8 trilioni di dollari nel 2022. Tuttavia, sempre meno persone lavorano in agricoltura: dal 40% della forza lavoro globale nel 2000 siamo arrivati al 26% nel 2022.
Fame e obesità sono due facce della stessa medaglia: nel 2023, 733 milioni di persone erano denutrite, 152 milioni in più rispetto al 2019. Al contempo, i tassi di obesità continuano a salire, soprattutto nelle economie avanzate, dove più di un quarto degli adulti è obeso.
Impatto ambientale: le emissioni di gas serra dai sistemi agroalimentari sono aumentate del 10% dal 2000. Parallelamente, regioni come il Vicino Oriente e il Nord Africa soffrono di una cronica scarsità d’acqua che minaccia seriamente la sostenibilità della produzione agricola.
Produzione agricola e zootecnica in crescita: la produzione di colture primarie è aumentata del 56% dal 2000 ad oggi, con canna da zucchero, mais, grano e riso in testa. Sul fronte zootecnico, il pollo è diventato la carne più prodotta a livello mondiale, superando il maiale.

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Il regolamento sul ripristino della natura è in vigore

Il 18 agosto è entrato in vigore, ed è direttamente applicabile in tutti gli Stati membri, il REGOLAMENTO UE SUL RIPRISTINO DELLA NATURA, una tappa chiave del Green Deal per recuperare la biodiversità, raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 e migliorare la sicurezza alimentare e l'adattamento climatico.
Ripristinare la natura significa sostenere il recupero degli ecosistemi degradati o distrutti potenziandone la struttura e le funzioni.  Il regolamento stabilisce obiettivi e obblighi giuridicamente vincolanti specifici per il ripristino della natura in ciascuno degli ecosistemi elencati – terrestri e marini, di acqua dolce e urbani ed aiuterà a mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici e delle catastrofi naturali.
Le nuove norme avranno lo scopo di ripristinare gli habitat terrestri e marini degradati e in cattive condizioni dei paesi dell'UE, da quelli agricoli, a quelli urbani ed a quelli più naturali.
È fondamentale rafforzare la biodiversità e aumentare la sostenibilità dell'agricoltura al fine di garantire la produzione alimentare a medio e lungo termine. Il valore della produzione agricola annuale dell'UE direttamente legata agli insetti impollinatori ammonta a quasi 5 miliardi di EUR e quindi occorre porre in essere tutte le misure atte a salvaguardarne le popolazioni. Altrettanto occorre intervenire sui suoli in quanto ormai i 2/3 dei suoli destinati alla produzione agricola sono degradati. Si dovrà anche migliorare gli elementi caratteristici del paesaggio con elevata diversità all’interno delle aree agricole, come siepi, fasce fiorite, terreni a riposo, stagni e alberi.
Gli ecosistemi urbani rappresentano il 22% della superficie terrestre dell'UE. Parchi, giardini, alberi e prati sono habitat importanti per piante, uccelli e insetti. Con le nuove norme l'UE punterà ad aumentare gli spazi verdi nelle città, nei piccoli centri e nelle periferie. Si dovrà garantire l'assenza di perdita netta di spazio verde entro il 2030, rispetto ad oggi e l'aumento della copertura arborea nelle città.

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Il Mondo e l’America Trumpiana

Al termine di una campagna elettorale lunghissima e, francamente, non bella né entusiasmante, a tratti scorretta, per noi europei troppo spettacolare e poco “politica”, il verdetto è giunto netto e indiscutibile. Trump, “the Donald”, il discendente di un muratore tedesco immigrato, ha vinto al di là di ogni dubbio: ha conquistato la maggioranza dei voti degli Stati, quella del Senato e quella della Camera. Ha battuto gli incerti avversari anche negli Stati in teoria più ostili come la California, New York e gli Stati della costa orientale. Caso quasi unico, viene rieletto una seconda volta con un mandato interposto, quello di Biden. All’indomani del voto borsa alle stelle e non solo in America. Tutti fattori che fanno credere che, contrariamente a quanto si dice altrove, gli elettori sapessero bene chi si accingevano ad eleggere.
Una vicenda che merita qualche considerazione.

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Il suolo: un ecosistema vivo e dinamico essenziale per la salute del pianeta e dell’uomo

In una manciata di suolo si trova un universo di microrganismi che supera in numero le stelle dell’universo, formando un “mondo invisibile” in interazione costante con piante, animali e con l’essere umano

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“Dialoghi in Biotecnologie”: Le TEA e il Miglioramento genetico del pomodoro

Frusciante - Le nuove tecnologie genetiche e genomiche, come le Tecnologie di Evoluzione Assistita (TEA), hanno notevolmente esteso le possibilità di miglioramento genetico delle piante. Un esempio significativo è rappresentato dal pomodoro: grazie all'uso di queste tecnologie, è stato possibile realizzare un processo di "domesticazione" de novo. Nella specie selvatica Solanum pimpinellifolium, progenitrice del pomodoro coltivato (Solanum lycopersicum), sono stati modificati sei caratteri agronomici che, che, attraverso la selezione naturale, hanno impiegato migliaia di anni per evolversi.
Il principale vantaggio di queste tecnologie risiede nella capacità di mantenere intatto il genoma originale, preservando così le risorse genetiche della pianta e intervenendo selettivamente solo sui caratteri di maggiore rilevanza economica.

Nicolia - La capacità di intervenire in modo preciso e mirato su uno o più geni rappresenta senza dubbio il punto di forza delle TEA. Questo è possibile grazie all'uso di strumenti come CRISPR/Cas9, che offre un’elevata flessibilità e facilità d'uso rispetto a tecnologie molecolari meno recenti, come TALEN e ZFN.
Un esempio straordinario di questa applicazione è la “domesticazione” de novo di Solanum pimpinellifolium, resa possibile proprio grazie a CRISPR/Cas9. Tuttavia, è importante sottolineare che queste tecnologie richiedono ancora la manipolazione in vitro del pomodoro. I protocolli delle TEA sono ben consolidati su varietà di riferimento ampiamente utilizzate nei laboratori, come M82 e Money Maker. Tuttavia, si riscontrano spesso fenomeni di “ricalcitranza” in linee di interesse per il settore sementiero, comprese le risorse genetiche. Pertanto, sebbene le TEA ci offrano la possibilità di mantenere il genoma originale modificando solo pochi caratteri selezionati, esiste un potenziale limite legato alla disponibilità di sistemi efficienti per la manipolazione in vitro in planta.

Frusciante - Il pomodoro è una delle specie ortive che ha tratto i maggiori benefici dalle TEA. Grazie a queste tecniche avanzate, è ora possibile intervenire su numerosi caratteri della pianta, ottenendo miglioramenti significativi sia in termini di resistenza a stress biotici, come malattie e attacchi di parassiti, sia a stress abiotici, quali siccità e salinità del suolo. Oltre a rafforzare la resistenza della pianta, le TEA possono contribuire a migliorare la qualità dei frutti, intervenendo su aspetti come il sapore, il colore, la consistenza e il contenuto di nutrienti. 

Nicolia - Il pomodoro è senza dubbio una specie “più semplice” rispetto ad altre, grazie alla sua diploidia, autogamia, ciclo annuale e alla disponibilità di un genoma completamente sequenziato. Inoltre, esistono protocolli ben consolidati per la manipolazione in vitro, sebbene siano sempre da considerare i limiti già menzionati.
Tra i caratteri modificati utilizzando CRISPR/Cas9, possiamo citare il pomodoro “Sicilian Rouge”, commercializzato in Giappone e arricchito in acido gamma-amino-butirrico (GABA), una molecola nota per i suoi effetti positivi sulla pressione arteriosa, grazie alla modifica di due geni. Un altro esempio è il pomodoro resistente a batteriosi, ottenuto attraverso la modifica del gene DMR6.
Inoltre, è degno di nota un recente studio in cui, in un solo ciclo colturale, sono stati riprodotti tre mutanti spontanei per il colore del frutto in tutte le possibili combinazioni a due a due.
Infine, desidero menzionare un progetto che mi vede attivamente coinvolto, finalizzato a conferire resistenza alle piante parassite. Questo obiettivo viene perseguito attraverso la manipolazione, tramite le TEA, di uno o più geni coinvolti nella biosintesi e nel trasporto degli strigolattoni, molecole cruciali nel processo di infezione da parte delle piante parassite. Finora, questo progetto ha portato allo sviluppo di linee di pomodoro promettenti che spero di poter testare in campo nel prossimo futuro.

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Dalla glutenofilia alla glutenofobia

L’amore per il glutine (glutenofilia) alla fine del Millenovecento inizia a diminuire e nel Duemila si diffonde una paura per il glutine (glutenofobia), scompaiono le paste glutinate, spuntano e crescono alimenti con la dizione “senza glutine” e sempre più persone scelgono un regime alimentare senza glutine, scegliere di alimentarsi senza glutine diviene una vera tendenza, ma è giusto?

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Consociazioni di legumi e cereali per un’agricoltura sostenibile in tutta Europa: il progetto Horizon Leguminose

Le attuali pratiche agricole ad alto input, come l’applicazione intensiva di fertilizzanti e prodotti chimici per l’agricoltura e la monocoltura continua, stanno provocando il degrado del suolo e la perdita di servizi ecosistemici da parte degli agroecosistemi. Le principali forme di questo degrado includono l’erosione del suolo, la perdita di materia organica del suolo, l’aumento delle emissioni di gas serra, l’acidificazione, la salinizzazione e la perdita di biodiversità. Il degrado del suolo sta avvenendo a un ritmo allarmante, contribuendo a un drammatico declino della produttività delle terre coltivate e dei pascoli in tutto il mondo. Ad oggi il Joint Research Center (JRC) stima che in Europa più del 60% dei suoli è in uno stato di degrado evidenziando perdite per erosione complessiva (idrica ed eolica) pari a 1 miliardo di tonnellate l’anno. Questo genera un danno economico di circa 50 miliardi di euro all'anno che, a livello mondiale è stimato compreso tra i 235 e i 577 miliardi di dollari l’anno. In tale contesto il Segretario della Convenzione delle Nazioni Unite ha promosso un progetto pilota sulla Land Degradation Neutrality a cui l’Italia ha aderito. Al riguardo la Comunità Europea ha proposto, nell’ambito dei progetti Horizon Europe, la mission “A soil deal for Europe” finanziando progetti di ricerca e innovazione al fine di proteggere e ripristinare i suoli degradati in Europa e oltre. A tal fine è prevista la creazione di 100 Living Labs (LLs) per guidare la transizione verso suoli sani entro il 2030.  Il più recente bando si è chiuso ad inizio ottobre 2024.  Al riguardo la Comunità Europea si è posta gli obiettivi utopistici di recuperare il 30%, 60% e 90% dei suoli degradati rispettivamente entro il 2030, 2040 e 2050. Tra gli aspetti principali c’è il recupero e/o miglioramento della biodiversità, del contenuto di carbonio organico e la riduzione dei fenomeni erosivi nei suoli al fine di migliorarne la resistenza e, soprattutto, la resilienza agli stress sia biotici che abiotici.

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Regole del Vino e Regole del Cibo: da una disciplina in cammino ad una disciplina in fermento

Nel lontano 2007 l’AIDA (Associazione Italiana di Diritto Alimentare) e l’IDAIC (Istituto di Diritto Agrario Internazionale e Comparato) hanno organizzato congiuntamente un Convegno a Roma, che ha individuato “Le Regole del vino” quale tema di generale e diretto interesse, nel quadro delle rilevanti riforme che andavano investendo in quegli anni le Regole del cibo con il Regolamento (CE) n. 178/2002 sulla General Food Law, e le Regole dell’agricoltura con il Regolamento (CE) n. 1782/2003 di riforma della PAC.
L’occasione di tale Convegno nasceva dalla proposta di nuova OCM vino, introdotta pochi mesi dopo con il Reg. (CE) n. 479/2008, che ha radicalmente modificato la precedente disciplina europea, con esiti immediati e diretti anche sul piano nazionale.
Il regolamento del 2008 non ha concluso il percorso. Il legislatore europeo è più volte intervenuto sul tema negli anni successivi, sino ai regolamenti di riforma della PAC del dicembre 2021, che non hanno sostituito con un nuovo provvedimento il vigente Regolamento (UE) n. 1308/2013 sulla OCM unica, ma hanno introdotto una serie di modifiche, particolarmente rilevanti per i vini in generale ed i vini di qualità in particolare, investendo un’area disciplinare ben più ampia e tuttora lungi dall’essere stabilmente definita.
Le novità così adottate sono numerose: dalla possibilità di produrre e porre in vendita “vino dealcolizzato” e “vino parzialmente dealcolizzato”, superando il risalente divieto di attribuire il nome “vino” a tali prodotti; divieto che per molti anni era stato occasione di vivaci confronti, tecnici oltre che politici, in sede OIV; alla possibilità di utilizzare per i vini DOP non soltanto uve da Vitis vinifera, come prevede da tempo la disciplina in materia, ma anche uve “da varietà di viti appartenenti alla specie Vitis vinifera o da un incrocio tra la specie Vitis vinifera e altre specie del genere Vitis”, abbandonando regole consolidate e legate alla tradizione in ragione della necessità di tenere conto dei cambiamenti climatici e di adeguare le tecniche produttive e le specie vegetali utilizzate ad una dimensione ambientale profondamente modificata (con la confermata prevalenza dell’innovazione rispetto alla tradizione, anche in settori come quello del vino, che molto evoca la tradizione nella comunicazione rivolta al mercato)

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