Le vinacce, uno dei principali e più ingombranti scarti della filiera vitivinicola, da tempo costituiscono per le aziende un fastidioso fardello di cui disfarsi, con grave dispendio economico e impattanti ripercussioni ambientali. La ricerca scientifica ha tentato negli anni di indicare una strada per mitigare i deleteri effetti dell’accumulo delle vinacce, proponendone un possibile riciclo nell’ottica dell’economia circolare. È di indiscussa utilità non solo la distillazione delle vinacce finalizzata alla produzione di bevande spiritose, ma anche la loro trasformazione in mangimi per animali da allevamento o in fertilizzanti per il suolo. Una promettente alternativa al riutilizzo delle vinacce, che non sembra soffrire di fastidiosi “effetti collaterali” come nel caso dei mangimi e dei fertilizzanti, è il recupero di metaboliti di interesse alimentare, farmaceutico, cosmetico e nutraceutico. Estratti di vinacce, ricchi in polisaccaridi, fibre, composti fitochimici e polifenoli, hanno restituito un’impressionante gamma di attività biologiche come quella antiossidante, vasodilatatoria, antitrombotica, cardioprotettiva, antiinfiammatoria, antitumorale e persino antimicrobica. Finora, la ricerca scientifica si è incentrata prevalentemente sullo studio della classe chimica dei polifenoli a cui è comunemente attribuita la maggior parte delle attività salutistiche su elencate.
Eppure, per quanto affascinante, tale assunzione potrebbe non essere del tutto ragionevole. L’ipotesi che, oltre ai polifenoli, nelle vinacce possa ritrovarsi qualche altra molecola benefica per la salute che in qualche modo contribuisca a variegare la ricchezza delle attività biologiche degli estratti delle vinacce stesse ha incoraggiato una linea di ricerca presso il Dipartimento di Agraria dell’Ateneo ‘Federico II’ nell’ambito del segmento del PNRR definito National Research Centre for Agricultural Technologies (Agritech). Nello specifico, sono state analizzate chimicamente, mediante tecniche di Spettrometria di Massa e di Risonanza Magnetica Nucleare, vinacce provenienti dalla lavorazione di uva a bacca rossa della varietà Aglianico. Un vitigno largamente coltivato in Campania e in altre regioni meridionali dalle cui uve si produce il Taurasi, un pregiato DOCG apprezzato a livello internazionale.
La ricerca finora condotta, che ha permesso di confermare la presenza negli estratti di vinacce di Aglianico di un cospicuo numero di molecole salutistiche appartenenti alla classe dei polifenoli, ha aperto nuovi spiragli sullo studio e sulla valutazione degli effetti benefici ancora nascosti nelle vinacce provenienti da uve a bacca rossa. Negli estratti di vinacce analizzati sono state misurate concentrazioni ragguardevoli di acido oleanolico che si aggirano intorno ai 0.45 mg per grammo di peso fresco di vinacce.
Una sorta di tesoro di cui si ignorava l’esistenza!
L’acido oleanolico, un triterpenoide ampiamente diffuso nel mondo vegetale, è uno dei principali costituenti della cuticola presente sulle bucce dell’uva soprattutto a bacca rossa. I triterpenoidi di recente hanno trovato largo impiego come integratori alimentari nel settore nutraceutico e cosmetico, in virtù delle loro spiccate proprietà antitumorali, antiinfiammatorie, cicatrizzanti delle lesioni cutanee, antibiotiche e, non ultime, antivirali. Di fatto, durante la pandemia da COVID-19, l’acido oleanolico e alcuni suoi analoghi naturali sono stati proposti come potenziali rimedi farmacologici contro il coronavirus. Inoltre, ai triterpenoidi è stata ultimamente attribuita anche una possibile attività antidiabetica, mediata attraverso il potenziamento, nel paziente diabetico, della risposta insulinica e attraverso la promozione della funzionalità delle cellule beta del pancreas deputate alla sintesi dell’insulina. In collaborazione con il Dipartimento di Farmacia della ‘Federico II’, sono stati condotti degli studi farmacologici in vitro su mioblasti C2C12 che hanno dimostrato l’effettiva capacità degli estratti delle vinacce di Aglianico arricchiti in acido oleanolico di stimolare il riassorbimento del glucosio da parte delle cellule trattate. In pratica, l’acido oleanolico potrebbe determinare in vivo la diminuzione del tasso ematico del glucosio anche in presenza di insulino-resistenza.
Chissà se l’uva, una volta spremuta fino all’osso per rallegrarci con i dolci effetti edonistici del vino, non ci faccia, a larghe mani, dono anche di una preziosa ed efficace arma contro il diabete.