La protezione delle piante, la Cenerentola dell’approccio One Health?

di Giacomo Lorenzini e Cristina Nali
  • 12 March 2025

Il 3 novembre di ogni anno si celebra in tutto il mondo la Giornata Mondiale di One Health, una iniziativa che richiama l’attenzione sulla necessità di un approccio olistico per affrontare le sfide sanitarie condivise nell’interfaccia uomo-animale-ambiente. One Health può affrontare un’ampia gamma di problemi che oggi minano la salute pubblica a livello globale, come la resistenza agli antimicrobici, la salute ambientale e quella mentale, la sicurezza alimentare, le malattie trasmesse da vettori e quelle zoonotiche, e molto altro. One Health è un approccio collaborativo, multisettoriale e transdisciplinare – operante a livello locale, regionale, nazionale e mondiale – che mira a raggiungere risultati di salute ottimali riconoscendo l’interconnessione tra persone, animali, piante e il loro ambiente condiviso. L’obiettivo è promuovere il concetto One Health, che ci ricorda come «la salute dell’uomo, degli animali e dell’ambiente siano la stessa cosa».
È interessante ripercorrere, seppur brevemente, la storia e gli eventi che hanno condotto all’attuale configurazione della strategia One Health. Il concetto trae origine da One Medicine, un termine coniato nel 1984 da Calvin Schwabe, Professore di Medicina Veterinaria alla University of California-Davis, e nasce dall’idea che il decorso della malattia e i conseguenti interventi clinici seguono le medesime linee guida nel caso sia della salute umana che di quella animale. In pratica si tratta di contrastare le malattie, garantire la sicurezza alimentare e salvaguardare la qualità dell’ambiente. Nobili principi, irrinunciabili per non mettere a rischio la salute pubblica. Il passaggio da One Medicine a One Health avviene nel settembre 2004, quando esperti di varia provenienza si sono riuniti a New York per un simposio (denominato “One World, One Health”) per un aggiornamento sulle malattie dell’uomo, degli animali domestici e di quelli selvatici. Come output dell’evento citiamo i 12 Manhattan Principles, un elenco di principi finalizzati a consolidare un approccio olistico per prevenire le epidemie e le epizoozie, mantenere l’integrità degli ecosistemi per il beneficio degli esseri umani e dei loro animali domestici e garantire la biodiversità. La salute delle piante e, più in generale, il mondo vegetale sono totalmente esclusi dal contesto. Ne è testimonianza il fatto che il logo della manifestazione fa esplicito riferimento a uomo, animali domestici e fauna naturale, ma non prevede alcun richiamo di tipo botanico.
Nei periodi successivi il pianeta ha assistito a mutamenti fondamentali (cambiamento climatico, perdita di biodiversità), che suggeriscono una rilettura critica dei Principi di Manhattan, ed è stata questa la mission di un nuovo momento storico, la conferenza “One Planet, One Health, One Future”, organizzato a Berlino nell’ottobre 2019. E solo allora, finalmente, la salute e l’integrità degli ecosistemi sono enunciati come priorità. Su questi argomenti è intensa l’attività di gruppi di ricerca, di manifestazioni scientifiche, di proposte editoriali. Sono ormai decine le riviste (di varia qualità e reputazione) che fanno esplicito riferimento al tema One Health. Una caratteristica che accomuna tutte queste iniziative è la totale assenza di spazi dedicati al mondo vegetale. In particolare, la protezione delle piante dagli agenti di stress biotici e abiotici è la grande assente: nessun specialista figura nei board delle riviste e dei convegni specialistici e gli articoli relativi a questi argomenti solo eccezionalmente figurano nella letteratura di settore. Di fatto, la materia è relegata negli spazi più umili, se non addirittura ignorata, anche se la salute delle piante è espressamente richiamata dalla recente definizione fornita dalla One Health Commission.
Riteniamo, al contrario, che una compiuta interpretazione dello spirito One Health non possa che fondarsi su un equilibrato rapporto tra la salute dell’uomo, quella degli animali e quella del mondo vegetale. Le piante e i loro microbiomi sono alla base della vita sulla Terra, e la nostra salute e quella del pianeta. Una minaccia alla salute delle piante è un pericolo per la salute e benessere degli uomini, specialmente i più fragili e vulnerabili. Cerchiamo di riassumere i principali argomenti che rendono questa affermazione strategica per la piena realizzazione degli obiettivi One Health. Certamente il cibo (food per gli umani, feed per gli animali domestici da allevamento e da affezione) è un anello di congiunzione tra il mondo vegetale e quello animale. In italiano il termine “sicurezza alimentare” ha un duplice significato: da una parte intendiamo la possibilità di assicurare a tutte le persone in modo regolare una quantità di cibo (e acqua) sufficiente, sicuro e nutriente per soddisfare le loro esigenze dietetiche e le preferenze alimentari per una vita attiva e sana (“accesso al cibo”, in inglese “food security”), sia l’assenza di sostanze o microrganismi che possono compromettere la salute (food safety, o food hygiene). Allo stesso tempo, i servizi ecosistemici (dei quali sono i vegetali a sostenere la maggior parte dei ruoli) svolgono funzioni indispensabili negli equilibri naturali. Infine, la minaccia dell’antibiotico-resistenza da parte dei batteri patogeni per uomo e animali ha pure essa dei risvolti che riguardano la salute delle piante. Cerchiamo di approfondire questi aspetti.
Food security: senza colture sane non possiamo avere cibo a sufficienza e di qualità per una corretta nutrizione. Le piante malate producono meno raccolto, riducono il profitto per l’agricoltore, e, pertanto, compromettono le misure di contrasto alla fame e alla povertà (i primi due obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite). L’agricoltura è l’impresa economica più importante a livello globale ed è essenziale per il sostentamento di milioni di famiglie, specialmente nei paesi in via di sviluppo. La salute delle piante e dei loro prodotti, sia in campo sia dopo la raccolta, è un elemento essenziale nell’economia di milioni di famiglie di produttori in tutto il mondo. Un esempio tra tutti: la palma da dattero (Phoenix dactylifera) costituisce contemporaneamente un cash crop (viene coltivata per produrre frutti che vengono posti sul mercato per ottenere reddito) e un food crop, in quanto rappresenta una fonte irrinunciabile di calorie nella dieta standard di intere popolazioni, ad esempio quelle dell’Africa settentrionali. La palma, oltre ai frutti per consumo umano, fornisce fibre, combustibili, cibo per animali domestici e microclima (ombra) favorevole per altre colture. In queste aree costituisce un elemento fondamentale nella cultura, nell’ecologia e nelle radici religiose ed è proprio la sua messa a coltura che ha consentito la transizione da nomade a stanziale di intere comunità. Da una trentina di anni un patogeno vascolare, Fusarium oxysporum f. sp. albedinis, sta decimando le piantagioni in Marocco e in Algeria; sono già oltre dieci milioni gli esemplari portati a morte e non si intravedono rimedi efficaci, almeno a breve. Inevitabilmente ciò ha comportato migrazioni forzate di interi villaggi, verso i principali centri urbani, dando luogo a disagi di ordine sociale e ambientale. Ma sono decine i casi di malattie catastrofiche delle piante che hanno comportato tremende conseguenze irreversibili nel destino di intere popolazioni. Basti citare la peronospora della patata (Phytophthora infestans), la cui epidemia devastante alla metà del XIX secolo in Irlanda ha comportato il collasso della struttura socio-economica, con milioni di persone costrette all’emigrazione o condannate alla carestia più assoluta.   
Food safety: la ‘cattura’ da parte delle piante eduli di contaminanti ambientali e il successivo trasferimento nella catena alimentare è una minaccia concreta per la salute umana e animale, sia a breve sia a lungo termine. È questo il caso di elementi tossici (es. i c.d. “metalli pesanti”), di origine sia naturale sia antropica, ma anche di microrganismi patogeni. Se è vero che il rischio per la salute umana correlato all’azione di microbi agenti di malattia delle piante è minimo, è da tenere presente che i vegetali possono ospitare microrganismi patogeni per l’uomo. È di pochi giorni or sono la notizia di un decesso attribuito al ceppo entero-emorragico O157:H7 del batterio Escherichia coli (responsabile di tossinfezione), legato al consumo di un hamburger in una nota catena di fast food. È dimostrata la capacità del batterio di colonizzare organi vegetali (es. foglie di lattuga) e a questa via di trasmissione alimentare è attribuito almeno un quarto dei casi noti. Analogamente, gli alimenti (tra i quali frutta e verdura consumate crude) sono fondamentali vie di contaminazione da Salmonella typhimurium. Le micotossine (es. aflatossine) sono metaboliti tossici secondari di origine fungina. I microrganismi filamentosi produttori svolgono attività saprofitaria, ad esempio, sui foraggi, e di conseguenza gli animali in produzione zootecnica sono contaminati, così come i loro prodotti (es. latte). È dimostrato che i nuovi scenari ambientali legati al riscaldamento globale sono particolarmente favorevoli allo sviluppo di tali microrganismi. A parte episodi acuti, le preoccupazioni per la salute sono dovute all’azione nociva cronica, che comprende anche la cancerogenesi. Le autorità sanitarie internazionali hanno posto limiti normativi molto stringenti sui limiti massimi consentiti nelle derrate. Claviceps purpurea è il fungo fitopatogeno agente della “segale cornuta” e il suo ciclo biologico prevede la produzione di sclerozi contenenti decine di sostanze biologicamente attive termostabili (per lo più alcaloidi), la cui ingestione (ad esempio nei prodotti da forno ottenuti da farine di cereali contaminate) comporta disturbi circolatori agli arti, cancrena, nausea, vomito e deliri allucinatori. In generale la protezione delle colture con mezzi chimici comporta il rischio di contaminazione delle derrate con residui. Anche in questo caso la normativa è stringente, sia nella fase autorizzativa (ovviamente non vengono registrati gli agrofarmaci per i quali è dimostrata la nocività per la salute dell’uomo e dell’ambiente), sia in quella gestionale (in termini di formazione degli utilizzatori). Le migliaia di controlli che annualmente vengono svolti consentono di descrivere una situazione non allarmante, ma persistono perplessità specialmente sui prodotti di importazione.
Servizi ecosistemici: è in particolare nel contrasto all’inquinamento dell’aria che le piante offrono un prezioso aiuto nel migliorare la qualità ambientale. In aggiunta all’assorbimento di CO2 nell’attività fotosintetica (e quindi al contrasto dell’”effetto serra”), i sistemi vegetali sono capaci di intrappolare sostanze aerodisperse, in fase sia solida (es. PM10, PM2,5) sia gassosa (es. ozono). Una copertura arborea in buone condizioni presente in un’area dove le persone vivono e lavorano è un elemento essenziale per la salute e il benessere umano, considerando anche gli aspetti psicologici.
Resistenza antimicrobica: lo sviluppo e l’impiego degli antibiotici, a partire dalla seconda metà del XX secolo, ha rivoluzionato l’approccio al trattamento delle malattie infettive sostenute da batteri, permettendo l’evoluzione della Medicina moderna. Tuttavia, la comparsa di fenomeni resistenza acquisita agli antibiotici rischia di rendere vane queste conquiste. L’antibiotico-resistenza è un’emergenza di dimensioni mondiali e anche la protezione delle piante può avere un ruolo. In realtà nell’Unione Europea l’uso fitoiatrico degli antibiotici è proibito, ma in altre aree (a cominciare dalla Svizzera) è consentito, ad esempio, per contrastare il colpo di fuoco dei fruttiferi. La presenza di residui a livello sub-efficace di antibiotici nel corpo umano, a seguito dell’ingestione nella dieta di derrate trattate in campo o in magazzino, può consentire il training da parte di popolazioni microbiche residenti, favorendo la selezione di genotipi resistenti. In alternativa, trattamenti in pieno campo con antibiotici possono portare alla selezione di batteri fitopatogeni dotati di resistenza e al successivo trasferimento dei tratti genetici a batteri patogeni per uomo e animali, attraverso, ad esempio, fenomeni di coniugazione. 
In definitiva, una struttura basata su tre pilastri, come è il caso di One Health (salute di uomo/animali/ecosistemi) è stabile soltanto se equilibrata. La protezione delle piante coltivate e di quelle forestali deve vedersi riconosciuto il ruolo che le compete in una visione olistica, rappresentando un elemento fondamentale per un futuro sostenibile. Proteggendo la salute delle piante, possiamo garantire quella umana, la sicurezza alimentare, la conservazione dell’ambiente e il benessere delle generazioni future.