È di questi giorni la notizia che il definitivo parere del Consiglio dei Ministri dell’Ue (CdM) sulla proibizione dal 2035 della produzione e vendita di veicoli con motori endotermici che avrebbe dovuto essere votato il 7 marzo 2023 è stato rinviato dalla Presidenza di turno dell’Ue senza fissazione della nuova data. Nel complesso iter legislativo comunitario non è la prima volta che si verifica un evento come questo. In teoria è possibile che, dopo faticose trattative venga approvato un testo simile così come lo è, invece, un affossamento definitivo. La novità è costituita dal fatto che l’inciampo si sia verificato su un provvedimento concreto e basilare delle nuove politiche Green. Già nel primo passaggio al Parlamento Europeo (PE) si era rotta la maggioranza Popolari-Socialisti con un’ulteriore frattura fra i primi e molte resistenze individuali fra i secondi. Lo stop si è verificato al CdM dove le posizioni sono determinate dai Paesi Membri. Il fronte del rifiuto è stato guidato da Italia e Germania a cui si sono aggiunti altri Paesi produttori di auto. La Presidenza, per evitare un voto in cui si sarebbe potuta manifestare una minoranza di blocco che avrebbe definitivamente affossato la misura, ha scelto prudentemente il rinvio.
Senza entrare nel dettaglio tecnico chiave dell’estensione del blocco anche a motori endotermici con carburanti sintetici non inquinanti, l’episodio apre una riflessione sull’eccessiva baldanza del processo di attivazione delle politiche Green finché si è trattato di rimanere sulle questioni generali senza tenere conto dei potenziali impatti dei cambiamenti introdotti e delle possibili alternative tecnologiche. Queste sono in teoria connesse al principio della “neutralità tecnologica” che giustamente la Commissione ha citato nel prendere atto dell’accaduto, ma non sempre ciò è accaduto come nel caso presente.
Non è vero, dunque, che i provvedimenti europei vengano imposti dall’Europa (l’Ue) o da oscuri gnomi (i burocrati di Bruxelles) , mentre è realistico constatare che è possibile far valere le proprie ragioni, con la diplomazia necessaria in una convivenza tanto complessa e con i mezzi esistenti.
Naturalmente il pensiero corre alla traduzione nella Politica Agricola Comune (Pac) dei nuovi orientamenti per i quali invece, nonostante il difficilissimo iter della contrattazione fra Organi Europei, all’atto dell’emanazione delle norme applicative si riscontra un eccesso di rigidità e, soprattutto, un tacito, ma non troppo, veto all’introduzione effettiva dell’innovazione scientifica nelle tecnologie produttive e, in parallelo, una sorprendente acquiescenza nei confronti di presunte agricolture alternative di efficacia ed efficienza tutte da provare. L’agricoltura, che pure ha dimostrato nelle grandi emergenze dei primi anni ’20 del secolo attuale, di reggere bene le sfide, viene considerata da limitare precludendole, in tempi di carenza quali quelli attuali, le concrete possibilità di incrementare la produttività, naturalmente nell’ambito di una reale sostenibilità della produzione. Il privilegio concesso a fumose teorie, superate dalla storia e dalla ricerca scientifica e frutto di una pseudo scienza e di un malinteso ambientalismo, si traduce in perdite di produzione e spreco di terreno prezioso, oltre al danno all’ambiente abbandonato a se stesso rincorrendo un’assurda rinaturalizzazione. Lo stesso dissesto idrogeologico non è frutto dei presunti abusi delle pratiche agricole “convenzionali”, ma, al contrario, del loro abbandono.
All’apertura dell’edizione dell’EIMA del dicembre 2022 il Ministro Lollobrigida, secondo quanto riportato dalla stampa, ha affermato “l’incremento delle rese produttive può avvenire in tanti modi…ma quello degli organismi geneticamente modificati è un modello che a noi non piace….invece siamo favorevoli all’impiego di tecnologie meccaniche e di sistemi innovativi che consentano di migliorare lo sfruttamento dei terreni e quindi ottimizzare l’attività produttiva”. All’EIMA il settore delle macchine si è dimostrato avanti nella ricerca e nell’innovazione e pronto all’impiego di motori endotermici con carburanti sintetici.
La frase del Ministro ha profondamente deluso chi crede nel progresso della ricerca scientifica e nel trasferimento tecnologico dell’innovazione anche in agricoltura. Ci si può chiedere perché, se si è arrivati a un tipo di vaccino che utilizza la ricerca più avanzata ed è stato decisivo contro il Covid 19 grazie agli sviluppi delle conoscenze genetiche, in agricoltura non si possano utilizzare tecnologie avanzate e disponibili perché “non piacciono”. Condividiamo il concetto che l’agricoltore sia libero di scegliere come sviluppare al meglio la sua attività d’impresa, ma non comprendiamo perché vi debbano essere preclusioni scientificamente ingiustificate solo perché possono piacere o non piacere le innovazioni utilizzate, ad esempio, in un gran numero di Paesi senza danni scientificamente dimostrati.
La neutralità tecnologica è un principio fondamentale perché è alla base delle libertà individuali, a partire da quella di impresa, e deve poter valere per tutti, senza escludere l’agricoltura e comprendere i motori dei veicoli o la salute umana con i vaccini nati dagli sviluppi della ricerca genetica. Vogliamo ricordare che in campo agricolo l’umanità da alcuni millenni è intervenuta con innovazioni importanti e tanto consolidate da essere indistinguibili dalle mutazioni naturali?