Pensavamo di sapere (quasi) tutto sul compost e sul compostaggio e invece alcune recenti rassegne bibliografiche informano che, come per la nostra luna, anche il compost e il compostaggio presentano un lato poco o affatto conosciuto.
In sostanza, l’avvento delle tecniche d’identificazione e monitoraggio molecolare hanno sì consentito nell’ultimo decennio d’identificare la natura e dinamica della maggior parte degli agenti microbici del compostaggio durante le fasi di attivazione, termica e maturazione del prodotto, ma al contempo hanno messo in luce quante siano le falle del nostro sapere sull’argomento. In primis, il raffinamento oggi possibile della microbiologia molecolare descrittiva ci può fornire un quadro ben più dettagliato del microbiota che innesca e conduce le reazioni biochimiche di trasformazione delle varie materie prime. In secondo luogo, è possibile oggi comprendere il “chi fa che cosa” con la massima precisione, in modo tale da poter adeguare la tecnologia di processo alle reali capacità degradative del microbiota inizialmente presente nel substrato; l’ingegneria di processo potrà così essere ottimizzata e calibrata sulle effettive capacità (e limiti) biologici dei responsabili del processo trasformativo. In terzo luogo, a seconda dei materiali d’ingresso del compostaggio, saremo in grado di operare gli interventi di aggiustamento in itinere che oggi rendono ancora complicata la vita dei compostatori, incluso l’uso di eventuali correttivi, corroboranti, attivatori, in relazione alla destinazione d’uso finale, in favore di una maggiore efficienza del processo di umificazione. Non ultimo, l’approccio molecolare descrittivo consentirà di meglio governare la fase termica/sanitizzazione e quella di ricolonizzazione del compost a fine maturazione.
In un momento di transizione ecologica ed energetica, con i terreni che hanno sempre meno sostanza organica (già al di sotto della soglia di biodiversità funzionale della medesima) e che richiedono sempre di più sostanza organica matura e funzionale, se le singole particelle di un compost o di un ammendante compostato saranno convenientemente colonizzate da un microbiota capace di moltiplicarsi e diffondersi passando ai macro- e micro-aggregati del terreno (vera sede della sua fertilità biologica) avremo non solo degli strumenti di valutazione della “qualità” dei prodotti, ma anche la possibilità d’invertire l’impoverimento e riconquistare quelle proprietà che un tempo i nostri terreni avevano, consentendo tra l’altro ritmi produttivi inalterati. Avremo cioè fatto un buon servizio agli agricoltori e all’agro-ecosistema.