La transumanza: da tradizione storica a nuova opportunità?

di Marcello Pagliai
  • 19 April 2023

Il Notiziario di informazione a cura dell’Accademia dei Georgofili “Georgofili.Info” del 12 Aprile 2023 riportava una interessante intervista di Giulia Bartalozzi al Prof. Alessandro Nardone (https://www.georgofili.info/contenuti/la-transumanza-tra-passato-presente-e-futuro/26387) in cui, fra l’altro, si leggeva testualmente “Lo scorso ottobre 2022, si è svolta nella tenuta presidenziale di Castel Porziano il convegno “Ripensare la Transumanza”, con lo scopo di proporre un confronto multidisciplinare sul tema della transumanza, da leggersi come articolato fenomeno connettivo socio culturale, alla luce anche del rinnovato interesse che tale fenomeno suscita sia sotto il profilo squisitamente produttivo sia quale pratica funzionale al presidio dei territori, alla loro valorizzazione, al ripristino delle connessioni ecologiche e alla conservazione delle tradizioni locali.”
Chi scrive è nipote e figlio di pastori transumanti dalla Montagna Pistoiese alla Maremma e, quindi, plaude a questa iniziativa che suscita, fra l’altro, ricordi e riflessioni perché ha vissuto negli anni ’50 e ’60 del secolo scorso ed è quindi testimone di quella fine, allora dolorosa, della transumanza stessa che vale la pena ricordare. Fine dovuta proprio a quel cambiamento epocale, che segnò in qualche modo la fine della cultura contadina e portò all’abbandono di quelle terre marginali per inseguire il sogno del lavoro in fabbrica e della vita in città che l’inizio del cosiddetto “boom economico” lasciava intravedere.
Anche chi non era attratto da questo miraggio fu costretto a lasciare quelle terre proprio perché, a causa dei cambiamenti dell’epoca, non garantivano più una vita dignitosa: ad esempio, i proprietari dei piccoli poderi condotti a mezzadria (i padroni) vendevano a grandi gruppi, incluso il Corpo Forestale dello Stato, i cui programmi di sviluppo rendevano sempre più complicato il pascolo le cui aree si riducevano drasticamente. Ai casolari veniva poi a mancare quella manutenzione ordinaria che ne consentiva l’abitabilità e iniziava così un lento fatiscente degrado che ne complicava l’abitarvi. Inoltre, i costi degli autotreni per il trasporto del gregge dalla Maremma alla Montagna e viceversa diventavano sempre più insostenibili. Così molti pastori cessarono la loro attività, riciclandosi nelle fabbriche o nell’edilizia, e altri si stabilirono nelle campagne dove passavano l’inverno, come avvenne per la famiglia di chi scrive.
Se nell’immediato queste scelte portarono ad un radicale cambio di stili di vita e a un miglioramento economico, talvolta solo apparente, purtroppo, nel lungo periodo sono emerse tutte le criticità territoriali e ambientali. L’abbandono di vaste aree marginali ha dimostrato, nel lungo periodo appunto, in modo inequivocabile che l’agricoltura è l’ultimo baluardo per il presidio del territorio. La cessazione di quell’opera paziente e faticosa di coltivazione e manutenzione del territorio stesso, della corretta regimazione delle acque, ecc., ha portato alla progressiva degradazione del suolo e dell’ambiente e, complici i cambiamenti climatici in atto, ai disastri come quelli, tanto per citarne alcuni, di Sarno 1998, Giampilieri 2009, Ischia 2022, eccetera, eccetera, perché, purtroppo, con questo andamento climatico, gli eventi estremi non sono più eccezionali ma sono diventati frequenti e colpiranno ancora le varie aree estremamente fragili del nostro Paese.
Il ritorno a qualche forma di agricoltura come, ad esempio, la transumanza, ripensata in chiave moderna, può avere due grandi benefici.
Il primo è che riportando l’uomo sul territorio si interrompe quello stato di continuo degrado del territorio e il suolo riacquisterebbe la sua funzionalità in termini produttivi ed ecologici.
Il secondo è di natura alimentare perché il pascolo in alpeggio migliora, non solo il benessere animale, ma la qualità dei prodotti da un punto di vista salutistico, esaltando le proprietà nutraceutiche delle essenze del pascolo, come ben riportato nel suddetto articolo.
Ci sono molti giovani attratti da queste nuove prospettive ma devono essere aiutati con politiche di sostegno tendenti a favorire la collaborazione fra il pubblico e il privato e con una programmazione che guardi al lungo termine; occorre inoltre investire nella formazione. Senza questo sostegno, anche chi ha voglia di intraprendere questa strada, da solo non ce la può fare e questo, purtroppo, chi scrive teme che sia il fattore limitante a che la transumanza diventi una nuova opportunità.