Notiziario






La psilla dei ficus ornamentali

Con disappunto degli operatori chiamati a difendere le piante dai sempre più numerosi  fitofagi di recente introduzione e degli studenti, che vedono allungarsi la lista degli insetti inseriti nei programmi di entomologia applicata, è arrivata anche in Sicilia l’esotica psilla  Macrohomotoma gladiata Kuwayama. Si tratta di un pernicioso fitomizo che vive su varie specie di Ficus ornamentali, ampiamente diffusi nei centri urbani del Bacino mediterraneo. La specie, di origine asiatica, fino al secolo scorso, era nota a Taiwan, in Giappone e a Hong Kong; nel 2009 è stata rinvenuta nelle Isole Baleari e successivamente in vari centri urbani della Spagna continentale. In Italia, nel 2011, è stata intercettata, su Ficus retusa, a Napoli e nel 2014 ad Acicastello, nonché a Catania. Nelle aree di origine la specie riveste limitato interesse fitoiatrico mentre, nelle aree urbane spagnole, per controllare le sue infestazioni su Ficus ornamentali, sono stati effettuati interventi insetticidi con oli minerali, piretroidi ed esteri fosforici. A Napoli e in provincia di Catania sono ancora apparentemente presenti limitati focolai d’infestazione di M. gladiata, ma è presumibile che, come accaduto in Spagna, la psilla colonizzerà progressivamente nuovi ambienti urbani. Le infestazioni sono particolarmente evidenti per gli abbondanti fiocchi di cera bianca secreti dagli stadi giovanili (soprattutto dalle ninfe) sui nuovi germogli (Foto di apertura) che, a seguito dell’azione tossica dei secreti salivari, si deformano, arrestano lo sviluppo e possono disseccare. La specie svolge più generazioni nel corso dell’anno che, in parte, si sovrappongono. Gli adulti, che sono lunghi circa 5 mm, con capo e torace marrone e addome verde, hanno le ali anteriori trasparenti, con una caratteristica macchia marrone. Le uova, di colore giallo, vengono deposte, sulla vegetazione. in gruppi di 10-20 elementi. I primi stadi giovanili (neanidi) sono arancio-marrone mentre le ninfe sono di colore verde pallido; esse, a maturità, si trasferiscono in gruppi sulla pagina inferiore delle foglie (Foto2) da dove sfarfalleranno gli adulti. Anche in Sicilia, nel corso dei primi rilievi effettuati, sono state riscontrate alcune specie di crisopidi e di rincoti predatori generici di vari insetti che, difficilmente, riusciranno a contenere le infestazioni della “nuova” psilla.

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Trees and Crimes

È noto che gli alberi forniscono numerosi benefici alla comunità, incluso il controllo degli eventi meteorici, la riduzione dei costi di riscaldamento e, soprattutto, di condizionamento e aumentano il valore della proprietà. Meno attenzione è stata invece finora dedicata al potenziale effetto degli alberi su un altro fattore determinante della qualità della vita: il livello di criminalità. I risultati degli studi che hanno esaminato l’effetto degli alberi e della vegetazione in genere sulla criminalità sono contraddittori: alcuni hanno rivelato che la vegetazione può aumentare la paura del crimine, mentre altri hanno dimostrato che la può ridurre. 
Sebbene le ricerche abbiano identificato alcuni collegamenti tra la paura del crimine e la presenza di vegetazione, apparentemente solo uno studio pubblicato ha esaminato il rapporto diretto tra questi due fattori. Kuo e Sullivan (2001) hanno studiato l'effetto della vegetazione sulla criminalità in 98 condomini in una zona a edilizia pubblica di Chicago (zona Ida B. Wells nella zona sud della città).  I due Autori hanno scoperto che la presenza di vegetazione, il cui livello è stato misurato su una scala di 5 punti basandosi su foto aeree e a livello del suolo, è risultata associata con una minore presenza di reati violenti e reati contro il patrimonio. 

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I droni in agricoltura

I droni sono aeromobili a pilotaggio remoto (APR), cioè in grado di volare senza pilota a bordo. In termini anglosassoni vengono indicati come UAV, acronimo di Unmanned Aerial Vehicle.
Nati per scopi militari, grazie alle installazioni  a bordo di diverse tipologie di sensori (remote sensing), cioè macchine fotografiche, videocamere, termo camere, ecc., gli APR trovano oggi molte applicazioni in vari campi. Dal controllo del territorio alla lotta agli incendi, dalla gestione delle operazioni di ricerca e soccorso al controllo del traffico automobilistico, dalla ripresa di avvenimenti sportivi o di altra natura al trasposto e consegna di pacchi. Più recentemente hanno trovato applicazione anche in agricoltura. 
A dominare la costruzione e l’utilizzo sono gli USA e Israele, ma anche in Europa il settore è in espansione e interessa sia la grande industria e sia le piccole start up. In sintesi si tratta di veicoli azionati da motori elettrici che, anziché avere le ali, hanno quattro (quadricotteri), sei (esacotteri) o otto (ottocotteri) rotori, inseriti su asse verticale. Sono leggeri, hanno dimensioni contenute e sono in grado di volare ad altezze comprese tra pochi centimetri e qualche  centinaia di metri.
Le prestazioni dei diversi APR sono legate alla tecnologia costruttiva, alle dimensioni, al raggio d’azione (sino a 10 km), all’autonomia (7-25 min), all’altezza di volo (1-300 metri) e al peso al decollo oltre che alla tipologia di sensori che vi vengono installati. I tempi di ricarica delle batterie sono contenuti, per cui nella stessa giornata si possono effettuare più cicli di volo.
Gli APR in commercio sono configurati per volare in tre modalità: manuale, semiautomatica e completamente automatica. La navigazione manuale è affidata in toto a un operatore che, da  terra, dirige il veicolo con un radiocomando.

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Allarme clementine, messe in ginocchio dal mercato selvaggio e dal cambiamento climatico

Prezzi in caduta verticale, invasione di clementine spagnole e temperature quasi estive fino alla prima settimana di dicembre, che hanno accelerato la maturazione dei frutti, rischiano di mettere in ginocchio i produttori di clementine.

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Quali ricerche per le innovazioni nella moderna agricoltura

Se dovessi segnalare una priorità assoluta per la moderna agricoltura indicherei progetti finalizzati, principalmente, alla individuazione e valorizzazione dei caratteri di resistenza delle piante alle avversità climatiche e parassitarie, sia nelle condizioni di pieno campo che di colture protette.

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Il mito della Bugonia

Il mito della generazione di insetti da un bue morto (Bugonia), nasce nell’antica Grecia ma trae origine da remote osservazioni fatte da Cinesi ed Egizi e da quest’ultimi tramandate ai Greci e ai Romani; esso fu messo in discussione nel XVII secolo quando venne confutata la teoria della generazione spontanea da parte di Francesco Redi e di Lazzaro Spallanzani ed ebbe fine nel 1864 dopo gli esperimenti di Pasteur. 
Virgilio, nelle Georgiche, racconta la leggenda di Aristeo, figlio di Apollo e della ninfa Cirene, che insediò Euridice, promessa sposa di Orfeo, causandone l’accidentale morte, per la quale le driadi, sorelle della defunta, lo punirono facendo sparire le sue api. Aristeo, pentito, su consiglio della madre, sacrificò alle ninfe quattro tori e quattro giovenche dalle cui carcasse si verificò il prodigio della Bugonia: “ecco le api dalle viscere putride dei bovi per tutto il ventre venir su ronzando, brulicare dai fianchi lacerati ed affollarsi in mugoli infiniti”. Secondo questo mito le api si generavano dalle carogne dei grossi mammiferi; in realtà, venivano scambiati per api, gli adulti di alcuni ditteri Sirfidi noti come “drone fly” per la loro somiglianza con i maschi del genere Apis. Si tratta di una famiglia che include specie di medie dimensioni, dai colori spesso vistosi per imitazione di api e vespe (mimetismo pseudosematico).

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L’albero di Natale: leggende e tradizioni

Ci sono molte leggende che riguardano le origini dell'albero di Natale. La prima colloca l'abete nel giardino dell'Eden. Anzi, era addirittura l'Albero della Vita. Quando Eva colse il frutto proibito, le sue foglie avvizzirono fino a diventare aghi e non fiorì più fino alla nascita di Gesù Bambino.
Un'altra leggenda parla di un altro albero dell'Eden, l'Albero del Bene e del Male. Quando Adamo fu scacciato dal Paradiso terrestre portò con sé un ramoscello che divenne l'abete che servì per la Santa Croce per poi diventare l'Albero di Natale.
Quello che è più certo è che l'abete (bianco, rosso, ma anche altre specie, non solo dei generi Abies o Picea) è stato tradizionalmente usato per celebrare le feste invernali (pagane e cristiane) per migliaia di anni. I Pagani utilizzavano rami di abete per decorare le loro case durante il solstizio d'inverno, mentre i Romani usavano l’abete bianco per decorare i loro templi durante le feste dei Saturnali, solenni feste religiose dell'antica Roma che si celebravano in onore di Saturno, a partire dal 17 dicembre. I cristiani lo usavano come un segno di vita eterna con Dio. 
Nessuno però è veramente sicuro di quando gli abeti sono stati utilizzati per la prima volta come alberi di Natale. La tradizione iniziò, probabilmente, intorno a 1000 anni fa, in Nord Europa. 

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Evoluzione e genetica della morfologia fogliare

I differenti aspetti che la morfologia fogliare può assumere nelle Angiosperme costituisce un processo di sviluppo molto interessante non solo dal punto di vista dei fattori genetico-molecolari da cui esso dipende ma anche in relazione all’evoluzione di queste piante. 

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La sostenibilità del frantoio aziendale

I piccoli frantoi sono molto diffusi nelle nostre aziende olivicole che praticano l’olivicoltura tradizionale che ha un suo significato in termini paesaggistici e di conservazione del territorio. Una corretta analisi tecnico economica dimostra che questa olivicoltura non è sempre economicamente sostenibile.

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A volte ritornano

Il titolo della traduzione italiana della raccolta di storie brevi “Night shift”, di Stephen King, mi torna in mente in presenza di infestazioni di insetti che, a torto, sono ritenuti spariti dai nostri ambienti e quindi trascurati dai programmi didattici di entomologia agraria. Ultimo, in ordine di tempo, è il caso del diaspino Chrysomphalus dictyospermi(Morgan) tristemente noto, fino alla seconda metà del secolo scorso, come Cocciniglia biancarossa degli agrumi. La specie, ritenuta di origine cinese, è stata segnalata nel 1895 a Firenze; ma già agli inizi del ‘900 era diffusa in varie regioni italiane su olivo, palme, cycas, alloro, oleandro, acacie, fico, evonimo, camelie, ligustri, annona, e soprattutto su agrumi. Il suo nome comune fa anche riferimento al fatto che le neanidi neonate, dopo essersi fissate al substrato, secernono una sostanza follicolare bianca, a forma di cappuccio, che ne ricopre il corpo; pertanto le foglie e i frutti infestati si presentano punteggiati di bianco e di rosso, colore del follicolo delle femmine adulte. I danni arrecati agli agrumi dal diaspino, che arrivava ricoprire interamente la pagina superiore delle foglie e i frutti, consistevano in ingiallimenti, filloptosi e raggrinzimento dei frutti, con conseguente deprezzamento commerciale delle produzioni. 

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Gli orti sepolti di Pompei

Lo scavo stratigrafico e l’etnobotanica, insieme a testimonianze preziose come quella di Plinio nelle Naturalis Historia e agli affreschi che decoravano le case romane dell’area vesuviana, hanno consentito di ricostruire la fisionomia dei giardini pompeiani con informazioni dettagliate sulle specie botaniche e sui loro molteplici usi: dalla decorazione del giardino all’ornamento delle corone, all’uso in medicina e in cucina.
I fiori a disposizione, che non erano molti, si coltivavano in gruppi isolati o insieme alle rose. La presenza nell’area vesuviana di specie esotiche (il fiore di loto, la palma da datteri, il platano, il limone, il cedro) testimonia l’esistenza di scambi con regioni lontane. Per decorare gli spazi verdi, i giardinieri dell’epoca utilizzavano molto arbusti e alberi, soprattutto sempreverdi, che davano ombra (mites), un giusto sfondo all’architettura e un buon profumo. Ampia diffusione avevano nei giardini gli alberi da frutto, e oltre il giardino poteva esserci un frutteto: l’albicocco, il pesco, il ciliegio, il melograno, il melo, il pero, il susino, il fico erano frequenti e utilizzati in tutte le loro parti. Gli affreschi raffiguranti la vite sono così precisi da rendere riconoscibili le varietà; l’abbondanza di torchi, anfore e celle vinarie rinvenute a Pompei testimonia un’abbondante produzione di vino e fonti letterarie raccontano di un vino vesuviano pregiato. Nell’area cresceva anche l’olivo: l’olio era anche la base di profumi e unguenti, il legno era usato nei mobili intarsiati, i residui del frantoio alimentavano le lucerne, la morchia allontanava gli insetti dai granai.

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Addio alla fettunta

 Lo scenario per il 2014 del nostro “oro giallo”,  pilastro dell’economia Toscana e terza voce per l’export della Regione dopo vino e moda, mostra un crollo della produzione del 70%  in alcune zone e del 90% per altre. 

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Il governo dell’acqua. Ambente naturale e ambiente costruito

Il controllo idrologico delle distribuzioni di specie, popolazioni e patogeni di malattie portate dall’acqua ha da sempre avuto una rilevanza etica e pratica.

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Le innovazioni genetiche che stanno cambiando la frutticoltura

Nell’ultimo decennio, secondo un’indagine di Della Strada-Fideghelli (2010), delle specie di maggiore interesse per la frutticoltura italiana (actinidia, albicocco, ciliegio, melo, pero, pesco e nettarine, susino), ogni anno, sono state introdotte quasi 300 nuove varietà, a testimonianza di una intensa attività di miglioramento genetico, sia pubblico che privato.

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Prodotti DOP/IGP in Europa: presente, futuro, fattore di competitività

Nell’Unione Europea si contano oggi quasi 1.250 prodotti alimentari Dop e Igp. Di questi, circa il 15% fanno riferimento a prodotti lattiero-caseari, in particolare formaggi. Dall’emanazione dei primi regolamenti comunitari sulle indicazioni geografiche, i riconoscimenti Dop/Igp sono continuamente cresciuti, a dimostrazione dell’interesse dei produttori agroalimentari verso questo tipo di certificazione che, da un lato tutela le imprese da pratiche illegali di imitazione e contraffazione, dall’altro garantisce i consumatori sull’origine territoriale dei prodotti. Basti pensare che dal 2000, questi riconoscimenti sono più che raddoppiati ( 126%). 
Sebbene il valore di mercato espresso da questi prodotti Dop/Igp sia “ridotto” (meno di 20 miliardi di euro a livello complessivo, di cui oltre 6 miliardi riferiti ai soli formaggi), il ruolo che essi esprimono per la sostenibilità economica delle aree rurali va ben oltre questi valori economici. In Italia, le aziende agricole e di trasformazione collegate a questi sistema certificato hanno superato le 80.000 unità, per un valore alla produzione vicino ai 7 miliardi di euro. 
La centralità del sistema Dop/Igp in Italia deriva dal fatto di rappresentare la principale destinazione per la produzione di suino pesante e latte vaccino, due tra le più importanti filiere zootecniche italiane. I formaggi Dop assorbono infatti la metà di tutto il latte vaccino prodotto, rappresentando altresì il 53% dell’export totale di formaggi, figurando tra i principali prodotti del “Made in Italy” conosciuto in tutto il mondo. 
In particolare, la quota dei prodotti Dop/Igp italiani che raggiunge i mercati extra-Ue è significativa, pari a circa il 48% dell’export in valore collegati a tali produzioni certificate. Tra questi, il principale paese di destinazione è rappresentato dagli Stati Uniti. 

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Testimonianze dell’agricoltura romana del I secolo: i materiali carbonizzati dall’eruzione di Pompei

Durante gli scavi delle città sepolte dall’eruzione vesuviana del 79 d. C., nel sito identificato come l’antica Oplonti, è stata dissepolta una considerevole quantità di resti carbonizzati di piante in eccellente stato di conservazione. È  quindi stato possibile, per la prima volta analizzare un consistente campione di piante non coltivate che crescevano nell’ambiente in epoca romana.

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Il complesso quadro normativo sulle agroenergie fra vecchie e nuove sfide

La regolazione delle agroenergie è contrassegnata dalla pluralità, dalla frammentarietà e dalla mutevolezza delle fonti normative multilivello: internazionali, europee e nazionali.

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Pipistrelli contro Mosca delle olive

Foraggiare negli oliveti implica la possibilità per i pipistrelli di influire (riducendole) sulle popolazioni di Ditteri fitofagi, come la mosca delle olive, Bactrocera oleae (Tephritidae), in buona parte responsabile, insieme ai cambiamenti climatici, del crollo della produzione 2014 dell’olio di oliva in Spagna e in Italia. A conferma di questa ipotesi si è visto che in altre zone i pipistrelli non frequentavano gli oliveti ed una possibile spiegazione potrebbe essere l’uso intensivo di antiparassitari, che avrebbero avuto su di loro un effetto dannoso, dovuto ai Ditteri avvelenati dai trattamenti chimici. Una singola applicazione all’anno di prodotti chimici insetticidi non ha invece influenzato l'attività sugli oliveti tradizionali. L'installazione di bat box negli oliveti potrebbe essere utile a contrastare lo sviluppo di fitofagi dannosi come Bactrocera oleae. In questo modo si attirano in maggior numero i pipistrelli che già cacciano in questi habitat, ed è ragionevole aspettarsi i risultati positivi raggiunti nella lotta a Chilo suppressalis nelle risaie spagnole del delta dell'Ebro. 
Ulteriori indagini potranno approfondire e chiarire meglio questi aspetti, anche attraverso sperimentazioni dedicate.

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Metagenomica: una nuova frontiera anche nello studio del suolo

Col termine “Metagenomica” s’intende l’analisi diretta del DNA totale estratto da un campione ambientale. Quest’analisi ha lo scopo non solo di definire i genomi di tutti gli abitanti microbici di un certo ambiente ma anche le loro funzioni potenziali. La caratterizzazione e l’analisi dei genomi microbici del suolo è, attualmente, l’approccio scientificamente più avanzato per poterne studiare le funzioni e sfruttarne le potenzialità applicative (fertilità, cicli biogeochimici, biorisanamento, produzione di nuovi antibiotici, ecc.). Finora la metagenomica è stata applicata ad ambienti relativamente semplici o particolarmente specializzati (es. acque di mare, apparato gastro-intestinale umano, ecc.); tuttavia lo sviluppo delle nuove tecnologie di sequenziamento (NGS) rende adesso possibile anche il completo sequenziamento del metagenoma del suolo che, da un punto di vista microbiologico, è certamente l’ambiente più complesso. 
La conoscenza del metagenoma del suolo aprirà la strada alla comprensione del ruolo dei microrganismi nella funzionalità del suolo stesso e nei suoi processi, nella sua fertilità e sostenibilità, permettendo di affrontare in modo scientifico fenomeni come l’impoverimento e l’erosione del suolo che minacciano vaste aree coltivabili del pianeta. E’, infatti, ampiamente riconosciuto che l’intensificarsi dei processi produttivi in agricoltura ha causato una perdita di biodiversità microbica del suolo e che i maggiori processi di degradazione sono riconducibili ad una drastica riduzione di attività biologica. 
Ma per quanto tecnologicamente possibile, il sequenziamento del metagenoma del suolo richiederà comunque uno sforzo scientifico ed economico notevole se si pensa che in un grammo di terreno sono presenti miliardi di microrganismi appartenenti a qualche migliaia di specie diverse.

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Le conoscenze botaniche degli antichi Romani attraverso l’analisi delle fonti letterarie

Le principali fonti di informazione sulle conoscenze botaniche degli antichi Romani sono rappresentate dalla letteratura botanica e da evidenze archeologiche. Le ricerche sui resti delle piante presenti nelle aree archeologiche e sulle rappresentazioni iconografiche hanno consentito di pervenire ad indicazioni certe su quali siano le specie conosciute in epoca romana.

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Uomini che amano le piante

Chi sono gli uomini che amano le piante?  Ce lo spiega il georgofilo Stefano Mancuso, scienziato di fama mondiale per i suoi studi sulla sensibilità delle piante e sulla neurobiologia vegetale, nel suo ultimo libro:“Uomini che amano le piante” (ed. Giunti). Una carrellata su dodici grandi protagonisti del passato, non solo botanici di professione ma anche genetisti, filosofi, scrittori ed esploratori: da Mendel a Darwin, da Carver a Leonardo, da Rousseau a Goethe. Che cosa hanno in comune? 

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A proposito di palme da datteri “killer”

A 10 anni dall’introduzione in Italia del Punteruolo rosso, il numero di esemplari di palme delle Canarie è destinato a una ulteriore notevole riduzione in assenza di periodici e costosi trattamenti fitosanitari, poiché la specie, Phoenix canariensis, non oppone alcuna resistenza agli attacchi dell’asiatico coleottero con il quale è stata costituita una artificiosa “nuova associazione”; per contro, sulle altre specie di palme più diffuse nelle aree urbane italiane (Palma da datteri, Washingtonie e Syagrus), sono da temere le infestazioni soprattutto su esemplari vetusti e in precarie condizioni vegetative a causa della loro età, di attacchi parassitari e/o delle difficili condizioni pedoclimatiche, ben diverse da quelle delle loro aree di origine, in cui sono costrette a vegetare.

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Risorse alimentari e OGM

I limiti dello sviluppo sociale ed economico, che nei primi anni ’70 erano stimati in 100 anni, sono stati allontanati dai progressi dell’Agricoltura che è ancora suscettibile di espansione e in grado di portare nuovi contributi al superamento della fame nel mondo. I deficit di risorse alimentari hanno incoraggiato tentativi di incremento della produzione attraverso la messa a coltura di nuove terre e i metodi intensivi di coltivazione a forte impatto ambientale (uso massiccio di fertilizzanti e antiparassitari); le sempre maggiori conoscenze nell’ingegneria genetica, hanno anche stimolato la ricerca di organismi più produttivi, più resistenti ai patogeni e che meglio utilizzano i nutrienti del terreno, mimando, con modifiche mirate del DNA, i processi che avvengono in natura (organizzazione del pool genico per selezione o incrocio). Si possono infatti trasferire sequenze geniche anche tra specie molto distanti, a dimostrazione di come il loro linguaggio sia universale; gli organismi condividono larga parte del loro corredo genetico, tanto da permetterci di capire come funzionano alcuni geni umani attraverso lo studio dei loro corrispondenti nel topo o nel lievito di birra.
Negli ultimi 30-40 anni, le tecnologie transgeniche del DNA ricombinante hanno permesso di disporre, in breve tempo e con minori costi, di farmaci, approcci diagnostici e terapeutici e di creare nuove popolazioni vegetali, animali e microbiche. Nel mondo sono oltre 3000 le piante GM coltivate soprattutto in Stati Uniti, Canada, Cina, India, Brasile, Argentina, Messico, Australia, Filippine, Sud Africa, che vanno da pomodoro a frumento, mais, orzo, patata, cotone, tabacco, pisello, melanzana, peperone, lattuga, cavolo, cicoria, barbabietola, soia, colza e foraggiere varie, melo, ciliegio, melone, fragole, olivo, papaia, ecc. Negli Stati Uniti oltre il 70% della soia e del cotone è coltivato con varietà resistenti agli erbicidi che hanno comportato aumenti di produzione e riduzione dei costi di diserbo. In Cina sono stati approvati 262 OGM vegetali, animali e microrganismi, mentre l’India ottiene da semi OGM oltre il 90% della propria produzione di cotone.

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Storia di fame e di carestie: studi, ricerche e “mezzi per rimediarvi” (Secoli XVIII_XX)”

Oggi, dove la fame sembra quasi scongiurata, questi documenti del passato che non volevano dar solo mostra di erudizione ma erano soprattutto propositivi, dovrebbero sospingere a riflessioni in virtù delle quali recuperare le sane abitudini dei tempi andati (ma non così lontani) del riciclo e del riuso.

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La Mosca delle olive sempre in agguato negli oliveti

Delle circa 100 specie fitofaghe viventi sull’olivo, controllate da alcune centinaia di specie antagoniste, solo la carpofaga Mosca delle olive (Bactrocera oleae (Rossi) è di primaria importanza, soprattutto nelle cosiddette zone pandacie litorali, a clima mite, ove vegetano piante di grandi dimensioni, di cv diverse e olivi selvatici, dove l’insetto riesce a svolgere fino a 7 generazioni annuali; mentre nelle zone merodacieinterne, o di alta collina, ne compie 1-2 a causa delle basse temperature e dell’assenza di olive nel corso dell’intero anno; in tali zone sverna da pupa nel terreno e gli adulti sfarfallano da dicembre ad aprile. Nelle zone a clima mite gli adulti, che si alimentano di melata, di essudati zuccherini e polline di varie piante, sono presenti nel corso dell’intero anno e possono svernare anche in siti distanti dagli oliveti. A partire da giugno-luglio le femmine ovidepongono nelle nuove olive, che sono recettive alle punture fertili quando il loro contenuto in olio è di circa il 2% (rispetto alla sostanza secca), fase che coincide, in pratica, con l’indurimento del nocciolo. Gli adulti, capaci di coprire in volo fino a 10 Km in un giorno, in primavera possono portarsi in volo dalle zone litorali a quelle collinari più interne, alla ricerca di drupe.

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"Un mondo che non ha confini"

Il Prof. Franco Scaramuzzi è stato insignito dal Presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, della medaglia d’oro “Pegaso”, con una dettagliata presentazione dei meriti acquisiti attraverso le sue attività nel mondo della ricerca scientifica. 
Nei pur ristretti limiti di una breve cerimonia, Scaramuzzi ha ringraziato esprimendo una sintesi di concetti e considerazioni che meritano di essere meditati. Ha saputo anche concludere richiamando i meriti e i valori della famiglia.
Riteniamo opportuno offrire a tutti i lettori il testo di questo significativo intervento.

Desidero innanzitutto esprimere viva e profonda gratitudine al Governatore Enrico Rossi per avermi conferito la “Medaglia d’oro Pegaso” istituita dalla Regione Toscana quale riconoscimento che onora chi lo riceve. Ringrazio sentitamente tutte le Autorità toscane che hanno voluto partecipare a questa Cerimonia e tanti colleghi e amici presenti. 
E’ il primo “Pegaso” che viene assegnato per meriti acquisiti nel mondo della ricerca scientifica, rinnovando quanto avveniva già nella Toscana Granducale, con le attività dei Georgofili. 
Sembrerebbe quindi offrirsi anche un certo senso di continuità storica. 
Ripercorrendo appunto la storia degli ultimi tre secoli e riflettendo attentamente, potremmo già scoprire come molti progressi sociali e crescite del benessere siano stati spesso determinati dalle acquisizioni (certe e ripetibili) della Scienza, più che dall’evolversi delle ideologie e della politica.

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