Pensare all’agricoltura moderna come alla medicina moderna. Cioè un mondo dove tradizione e innovazione non sono in contrasto, ma si alleano per salire all’altezza delle sfide più urgenti. Nel corposo e a volte contraddittorio dibattito scientifico che Expo 2015 ha ospitato è questo il messaggio da far emergere. Nutrire il pianeta - come recita lo slogan - va fatto in modo nuovo, più sostenibile. E questo richiede saperi antichi e biotecnologie, le sementi dei nostri avi e nuove varietà che la scienza sta aiutando a selezionare.
«Davanti ai cambiamenti climatici servono piante più resistenti e più produttive. Non significa abbandonare le varietà tradizionali, ma migliorarle grazie a tutto quello che oggi sappiamo sul loro patrimonio genetico. Dovremmo replicare in agricoltura quello che si fa con la medicina di precisione, calibrata sul Dna del singolo paziente». A dirlo è la professoressa Chiara Tonelli, prorettore alla ricerca e genetista dell’Università Statale di Milano.
Per costruire l’agricoltura di domani gli strumenti non mancano. «Abbiamo una cassetta degli attrezzi molto ampia», spiega la docente. E questo è anche il cuore concettuale del volume «Laboratorio Expo. The many faces of sustainability» di Fondazione Feltrinelli, curato da Salvatore Veca e presentato venerdì scorso. Tonelli è una degli autori. E prosegue: «Ci sono tecnologie di miglioramento a cui non possiamo rinunciare per un’agricoltura realmente sostenibile. Vale in primis per gli Ogm, sui quali il messaggio è sempre lo stesso: ci servono per rendere le piante più resistenti a virus e batteri. Non dobbiamo essere ideologici sui metodi, ma valutare i prodotti finiti».
Un discorso analogo si può fare per gli agrofarmaci, i medicinali per curare le piante, che godono di fama altrettanto cattiva presso l’opinione pubblica e che invece sono un aiuto prezioso. A patto di essere usati in maniera mirata e solo dove la natura non riesce a fare da sé. «Oggi - prosegue Tonelli - esistono erbicidi di ultima generazione che degradano e non lasciano tracce sul prodotto finale. La genetica ci può aiutare a rendere le piante immuni, ma davanti alle malattie possiamo usare farmaci più sostenibili e sicuri».
Nella cassetta degli attrezzi ci sono metodi nuovissimi e ancora in via di elaborazione come il «genome editing», la manipolazione genetica che rischia di superare a destra gli Ogm. Quella che permette di correggere il Dna inserendo e togliendo del materiale genetico estraneo. Ma, allo stesso tempo, la tradizione è viva: ci sono tecniche che la scienza ha scoperto decenni fa, reinventate oggi. «Incrocio e mutagenesi sono casi di questo tipo: in agricoltura si usano da tanto tempo, però ora si possono fare in modo mirato. Sono metodi che ci consentono di costruire varietà più resistenti ai virus e che possono produrre di più senza dover espandere il terreno coltivato. In certi casi sono utili anche per migliorare le qualità nutrizionali delle piante: così le si rende più ricche di micronutrienti o di aminoacidi».
Da: “Tuttoscienze”, La Stampa, 28/10/2015