Sarà difficile, d’ora in poi, pensare all’Accademia dei Georgofili senza accostarla al nome di Franco Scaramuzzi. Che per 28 anni ne è stato la guida, ma ancor più l’anima e la mente, accettando le sfide dell’oggi sino in fondo, e proiettando al futuro ogni sua scelta. Il Professor Scaramuzzi, docente ad agraria, arrivò nella prestigiosa Torre de’Pulci dopo che per quattro successivi mandati era stato rettore. Era toccato a lui restituire dignità al nostro ateneo, dopo la tempesta del massimalismo ideologico e del terrorismo. Lo precedeva la fama di uomo deciso, libero nelle scelte e nelle idee, scienziato di rilevanza internazionale, con una incomparabile capacità di lavoro, una onestà cristallina ma anche una profonda umanità. E ben presto la prestigiosa Accademia divenne uno dei motori della vita culturale fiorentina, con un susseguirsi di convegni, dibattiti, pubblicazioni, mentre il numero dei Georgofili si allargava fino a comprendere i più prestigiosi studiosi di scienze agrarie nell’Italia tutta e in Europa.
Sono ben conosciute le inaugurazioni degli anni accademici, nel Salone dei Cinquecento ogni volta gremito, con le prolusioni svolte da personaggi di rilievo internazionale. Ma non sono state da meno le decine di mostre, per lo più tratte dal grande archivio dell’Accademia, che ci hanno presentato i Georgofili come i protagonisti della Firenze risorgimentale e unitaria, fondatori delle scuole per i contadini e delle scuole serali, caparbi sostenitori della abolizione della pena di morte.
Ma la battaglia principale di Scaramuzzi è sempre stata rivolta alla difesa delle attività agricole. E’ stato lui, recentemente, a convincere i nostri governanti che andava tolta l’Imu sui terreni agricoli, a ricordare a quanti vedono la campagna solo come terra di sagre, e di retorica del buon tempo antico, che il settore primario è così detto perché l’unico a sfamarci, a difendere le aree agricole dalla urbanizzazione selvaggia.
Il tema dell’EXPO 2015, come è noto, riguarda il problema dell’alimentazione a livello planetario. Nutrire il pianeta è la grande sfida posta all’umanità. L’incremento delle produzioni agricole in modo sostenibile, l’accesso agli alimenti e all’acqua sono il criterio guida. Ma come ottenere un risultato efficace? Sulla necessità di intervenire positivamente sul grande tema della nutrizione non vi sono dubbi perché risponde ad un profondo sentire etico e sociale e a me pare giusto e corretto partire dall’agricoltura per sconfiggere la fame e avviare lo sviluppo. Ma quale agricoltura e dove, considerata la penuria di nuove terre coltivabili? Per affrontare le sfide alimentari non si può prescindere dalla dimensione scientifica. Vi sono oggi strumenti operativi, tecnici e di ricerca che consentono un salto di qualità nei mezzi e nei sistemi agricoli, pur rispettando le tradizioni locali: dalla meccanizzazione all’irrigazione, all’uso equilibrato dei fertilizzanti e dei fitofarmaci, all’utilizzo di piante geneticamente modificate per gli habitat più sfavoriti. Analogamente a quanto accadde nella seconda metà del secolo scorso si possono introdurre gli elementi di una nuova rivoluzione verde per aumentare le produzioni unitarie dei terreni dell’Africa o dell’Asia con derrate sane e nutrienti per le popolazioni sottoalimentate e sostituire gradualmente gli aiuti alimentari.
Per avviare il processo di riequilibrio biologico alterato dall’arrivo del galligeno, dagli allevamenti del DIVAPRA-Entomologia dell’Università di Torino, sono stati prelevati 343 adulti dell’entomofago esotico Torymus sinensis, specifico antagonista del galligeno, che sono stati rilasciati sul Castagno dei Cento Cavalli (Comune di S. Alfio) e in un castagneto sito a quota più elevata.