Notiziario







Evoluzione e genetica della morfologia fogliare

I differenti aspetti che la morfologia fogliare può assumere nelle Angiosperme costituisce un processo di sviluppo molto interessante non solo dal punto di vista dei fattori genetico-molecolari da cui esso dipende ma anche in relazione all’evoluzione di queste piante. 

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La sostenibilità del frantoio aziendale

I piccoli frantoi sono molto diffusi nelle nostre aziende olivicole che praticano l’olivicoltura tradizionale che ha un suo significato in termini paesaggistici e di conservazione del territorio. Una corretta analisi tecnico economica dimostra che questa olivicoltura non è sempre economicamente sostenibile.

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A volte ritornano

Il titolo della traduzione italiana della raccolta di storie brevi “Night shift”, di Stephen King, mi torna in mente in presenza di infestazioni di insetti che, a torto, sono ritenuti spariti dai nostri ambienti e quindi trascurati dai programmi didattici di entomologia agraria. Ultimo, in ordine di tempo, è il caso del diaspino Chrysomphalus dictyospermi(Morgan) tristemente noto, fino alla seconda metà del secolo scorso, come Cocciniglia biancarossa degli agrumi. La specie, ritenuta di origine cinese, è stata segnalata nel 1895 a Firenze; ma già agli inizi del ‘900 era diffusa in varie regioni italiane su olivo, palme, cycas, alloro, oleandro, acacie, fico, evonimo, camelie, ligustri, annona, e soprattutto su agrumi. Il suo nome comune fa anche riferimento al fatto che le neanidi neonate, dopo essersi fissate al substrato, secernono una sostanza follicolare bianca, a forma di cappuccio, che ne ricopre il corpo; pertanto le foglie e i frutti infestati si presentano punteggiati di bianco e di rosso, colore del follicolo delle femmine adulte. I danni arrecati agli agrumi dal diaspino, che arrivava ricoprire interamente la pagina superiore delle foglie e i frutti, consistevano in ingiallimenti, filloptosi e raggrinzimento dei frutti, con conseguente deprezzamento commerciale delle produzioni. 

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Gli orti sepolti di Pompei

Lo scavo stratigrafico e l’etnobotanica, insieme a testimonianze preziose come quella di Plinio nelle Naturalis Historia e agli affreschi che decoravano le case romane dell’area vesuviana, hanno consentito di ricostruire la fisionomia dei giardini pompeiani con informazioni dettagliate sulle specie botaniche e sui loro molteplici usi: dalla decorazione del giardino all’ornamento delle corone, all’uso in medicina e in cucina.
I fiori a disposizione, che non erano molti, si coltivavano in gruppi isolati o insieme alle rose. La presenza nell’area vesuviana di specie esotiche (il fiore di loto, la palma da datteri, il platano, il limone, il cedro) testimonia l’esistenza di scambi con regioni lontane. Per decorare gli spazi verdi, i giardinieri dell’epoca utilizzavano molto arbusti e alberi, soprattutto sempreverdi, che davano ombra (mites), un giusto sfondo all’architettura e un buon profumo. Ampia diffusione avevano nei giardini gli alberi da frutto, e oltre il giardino poteva esserci un frutteto: l’albicocco, il pesco, il ciliegio, il melograno, il melo, il pero, il susino, il fico erano frequenti e utilizzati in tutte le loro parti. Gli affreschi raffiguranti la vite sono così precisi da rendere riconoscibili le varietà; l’abbondanza di torchi, anfore e celle vinarie rinvenute a Pompei testimonia un’abbondante produzione di vino e fonti letterarie raccontano di un vino vesuviano pregiato. Nell’area cresceva anche l’olivo: l’olio era anche la base di profumi e unguenti, il legno era usato nei mobili intarsiati, i residui del frantoio alimentavano le lucerne, la morchia allontanava gli insetti dai granai.

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Addio alla fettunta

 Lo scenario per il 2014 del nostro “oro giallo”,  pilastro dell’economia Toscana e terza voce per l’export della Regione dopo vino e moda, mostra un crollo della produzione del 70%  in alcune zone e del 90% per altre. 

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Il governo dell’acqua. Ambente naturale e ambiente costruito

Il controllo idrologico delle distribuzioni di specie, popolazioni e patogeni di malattie portate dall’acqua ha da sempre avuto una rilevanza etica e pratica.

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Le innovazioni genetiche che stanno cambiando la frutticoltura

Nell’ultimo decennio, secondo un’indagine di Della Strada-Fideghelli (2010), delle specie di maggiore interesse per la frutticoltura italiana (actinidia, albicocco, ciliegio, melo, pero, pesco e nettarine, susino), ogni anno, sono state introdotte quasi 300 nuove varietà, a testimonianza di una intensa attività di miglioramento genetico, sia pubblico che privato.

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Prodotti DOP/IGP in Europa: presente, futuro, fattore di competitività

Nell’Unione Europea si contano oggi quasi 1.250 prodotti alimentari Dop e Igp. Di questi, circa il 15% fanno riferimento a prodotti lattiero-caseari, in particolare formaggi. Dall’emanazione dei primi regolamenti comunitari sulle indicazioni geografiche, i riconoscimenti Dop/Igp sono continuamente cresciuti, a dimostrazione dell’interesse dei produttori agroalimentari verso questo tipo di certificazione che, da un lato tutela le imprese da pratiche illegali di imitazione e contraffazione, dall’altro garantisce i consumatori sull’origine territoriale dei prodotti. Basti pensare che dal 2000, questi riconoscimenti sono più che raddoppiati ( 126%). 
Sebbene il valore di mercato espresso da questi prodotti Dop/Igp sia “ridotto” (meno di 20 miliardi di euro a livello complessivo, di cui oltre 6 miliardi riferiti ai soli formaggi), il ruolo che essi esprimono per la sostenibilità economica delle aree rurali va ben oltre questi valori economici. In Italia, le aziende agricole e di trasformazione collegate a questi sistema certificato hanno superato le 80.000 unità, per un valore alla produzione vicino ai 7 miliardi di euro. 
La centralità del sistema Dop/Igp in Italia deriva dal fatto di rappresentare la principale destinazione per la produzione di suino pesante e latte vaccino, due tra le più importanti filiere zootecniche italiane. I formaggi Dop assorbono infatti la metà di tutto il latte vaccino prodotto, rappresentando altresì il 53% dell’export totale di formaggi, figurando tra i principali prodotti del “Made in Italy” conosciuto in tutto il mondo. 
In particolare, la quota dei prodotti Dop/Igp italiani che raggiunge i mercati extra-Ue è significativa, pari a circa il 48% dell’export in valore collegati a tali produzioni certificate. Tra questi, il principale paese di destinazione è rappresentato dagli Stati Uniti. 

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Testimonianze dell’agricoltura romana del I secolo: i materiali carbonizzati dall’eruzione di Pompei

Durante gli scavi delle città sepolte dall’eruzione vesuviana del 79 d. C., nel sito identificato come l’antica Oplonti, è stata dissepolta una considerevole quantità di resti carbonizzati di piante in eccellente stato di conservazione. È  quindi stato possibile, per la prima volta analizzare un consistente campione di piante non coltivate che crescevano nell’ambiente in epoca romana.

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Il complesso quadro normativo sulle agroenergie fra vecchie e nuove sfide

La regolazione delle agroenergie è contrassegnata dalla pluralità, dalla frammentarietà e dalla mutevolezza delle fonti normative multilivello: internazionali, europee e nazionali.

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Pipistrelli contro Mosca delle olive

Foraggiare negli oliveti implica la possibilità per i pipistrelli di influire (riducendole) sulle popolazioni di Ditteri fitofagi, come la mosca delle olive, Bactrocera oleae (Tephritidae), in buona parte responsabile, insieme ai cambiamenti climatici, del crollo della produzione 2014 dell’olio di oliva in Spagna e in Italia. A conferma di questa ipotesi si è visto che in altre zone i pipistrelli non frequentavano gli oliveti ed una possibile spiegazione potrebbe essere l’uso intensivo di antiparassitari, che avrebbero avuto su di loro un effetto dannoso, dovuto ai Ditteri avvelenati dai trattamenti chimici. Una singola applicazione all’anno di prodotti chimici insetticidi non ha invece influenzato l'attività sugli oliveti tradizionali. L'installazione di bat box negli oliveti potrebbe essere utile a contrastare lo sviluppo di fitofagi dannosi come Bactrocera oleae. In questo modo si attirano in maggior numero i pipistrelli che già cacciano in questi habitat, ed è ragionevole aspettarsi i risultati positivi raggiunti nella lotta a Chilo suppressalis nelle risaie spagnole del delta dell'Ebro. 
Ulteriori indagini potranno approfondire e chiarire meglio questi aspetti, anche attraverso sperimentazioni dedicate.

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Metagenomica: una nuova frontiera anche nello studio del suolo

Col termine “Metagenomica” s’intende l’analisi diretta del DNA totale estratto da un campione ambientale. Quest’analisi ha lo scopo non solo di definire i genomi di tutti gli abitanti microbici di un certo ambiente ma anche le loro funzioni potenziali. La caratterizzazione e l’analisi dei genomi microbici del suolo è, attualmente, l’approccio scientificamente più avanzato per poterne studiare le funzioni e sfruttarne le potenzialità applicative (fertilità, cicli biogeochimici, biorisanamento, produzione di nuovi antibiotici, ecc.). Finora la metagenomica è stata applicata ad ambienti relativamente semplici o particolarmente specializzati (es. acque di mare, apparato gastro-intestinale umano, ecc.); tuttavia lo sviluppo delle nuove tecnologie di sequenziamento (NGS) rende adesso possibile anche il completo sequenziamento del metagenoma del suolo che, da un punto di vista microbiologico, è certamente l’ambiente più complesso. 
La conoscenza del metagenoma del suolo aprirà la strada alla comprensione del ruolo dei microrganismi nella funzionalità del suolo stesso e nei suoi processi, nella sua fertilità e sostenibilità, permettendo di affrontare in modo scientifico fenomeni come l’impoverimento e l’erosione del suolo che minacciano vaste aree coltivabili del pianeta. E’, infatti, ampiamente riconosciuto che l’intensificarsi dei processi produttivi in agricoltura ha causato una perdita di biodiversità microbica del suolo e che i maggiori processi di degradazione sono riconducibili ad una drastica riduzione di attività biologica. 
Ma per quanto tecnologicamente possibile, il sequenziamento del metagenoma del suolo richiederà comunque uno sforzo scientifico ed economico notevole se si pensa che in un grammo di terreno sono presenti miliardi di microrganismi appartenenti a qualche migliaia di specie diverse.

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Le conoscenze botaniche degli antichi Romani attraverso l’analisi delle fonti letterarie

Le principali fonti di informazione sulle conoscenze botaniche degli antichi Romani sono rappresentate dalla letteratura botanica e da evidenze archeologiche. Le ricerche sui resti delle piante presenti nelle aree archeologiche e sulle rappresentazioni iconografiche hanno consentito di pervenire ad indicazioni certe su quali siano le specie conosciute in epoca romana.

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Uomini che amano le piante

Chi sono gli uomini che amano le piante?  Ce lo spiega il georgofilo Stefano Mancuso, scienziato di fama mondiale per i suoi studi sulla sensibilità delle piante e sulla neurobiologia vegetale, nel suo ultimo libro:“Uomini che amano le piante” (ed. Giunti). Una carrellata su dodici grandi protagonisti del passato, non solo botanici di professione ma anche genetisti, filosofi, scrittori ed esploratori: da Mendel a Darwin, da Carver a Leonardo, da Rousseau a Goethe. Che cosa hanno in comune? 

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A proposito di palme da datteri “killer”

A 10 anni dall’introduzione in Italia del Punteruolo rosso, il numero di esemplari di palme delle Canarie è destinato a una ulteriore notevole riduzione in assenza di periodici e costosi trattamenti fitosanitari, poiché la specie, Phoenix canariensis, non oppone alcuna resistenza agli attacchi dell’asiatico coleottero con il quale è stata costituita una artificiosa “nuova associazione”; per contro, sulle altre specie di palme più diffuse nelle aree urbane italiane (Palma da datteri, Washingtonie e Syagrus), sono da temere le infestazioni soprattutto su esemplari vetusti e in precarie condizioni vegetative a causa della loro età, di attacchi parassitari e/o delle difficili condizioni pedoclimatiche, ben diverse da quelle delle loro aree di origine, in cui sono costrette a vegetare.

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Risorse alimentari e OGM

I limiti dello sviluppo sociale ed economico, che nei primi anni ’70 erano stimati in 100 anni, sono stati allontanati dai progressi dell’Agricoltura che è ancora suscettibile di espansione e in grado di portare nuovi contributi al superamento della fame nel mondo. I deficit di risorse alimentari hanno incoraggiato tentativi di incremento della produzione attraverso la messa a coltura di nuove terre e i metodi intensivi di coltivazione a forte impatto ambientale (uso massiccio di fertilizzanti e antiparassitari); le sempre maggiori conoscenze nell’ingegneria genetica, hanno anche stimolato la ricerca di organismi più produttivi, più resistenti ai patogeni e che meglio utilizzano i nutrienti del terreno, mimando, con modifiche mirate del DNA, i processi che avvengono in natura (organizzazione del pool genico per selezione o incrocio). Si possono infatti trasferire sequenze geniche anche tra specie molto distanti, a dimostrazione di come il loro linguaggio sia universale; gli organismi condividono larga parte del loro corredo genetico, tanto da permetterci di capire come funzionano alcuni geni umani attraverso lo studio dei loro corrispondenti nel topo o nel lievito di birra.
Negli ultimi 30-40 anni, le tecnologie transgeniche del DNA ricombinante hanno permesso di disporre, in breve tempo e con minori costi, di farmaci, approcci diagnostici e terapeutici e di creare nuove popolazioni vegetali, animali e microbiche. Nel mondo sono oltre 3000 le piante GM coltivate soprattutto in Stati Uniti, Canada, Cina, India, Brasile, Argentina, Messico, Australia, Filippine, Sud Africa, che vanno da pomodoro a frumento, mais, orzo, patata, cotone, tabacco, pisello, melanzana, peperone, lattuga, cavolo, cicoria, barbabietola, soia, colza e foraggiere varie, melo, ciliegio, melone, fragole, olivo, papaia, ecc. Negli Stati Uniti oltre il 70% della soia e del cotone è coltivato con varietà resistenti agli erbicidi che hanno comportato aumenti di produzione e riduzione dei costi di diserbo. In Cina sono stati approvati 262 OGM vegetali, animali e microrganismi, mentre l’India ottiene da semi OGM oltre il 90% della propria produzione di cotone.

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Storia di fame e di carestie: studi, ricerche e “mezzi per rimediarvi” (Secoli XVIII_XX)”

Oggi, dove la fame sembra quasi scongiurata, questi documenti del passato che non volevano dar solo mostra di erudizione ma erano soprattutto propositivi, dovrebbero sospingere a riflessioni in virtù delle quali recuperare le sane abitudini dei tempi andati (ma non così lontani) del riciclo e del riuso.

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La Mosca delle olive sempre in agguato negli oliveti

Delle circa 100 specie fitofaghe viventi sull’olivo, controllate da alcune centinaia di specie antagoniste, solo la carpofaga Mosca delle olive (Bactrocera oleae (Rossi) è di primaria importanza, soprattutto nelle cosiddette zone pandacie litorali, a clima mite, ove vegetano piante di grandi dimensioni, di cv diverse e olivi selvatici, dove l’insetto riesce a svolgere fino a 7 generazioni annuali; mentre nelle zone merodacieinterne, o di alta collina, ne compie 1-2 a causa delle basse temperature e dell’assenza di olive nel corso dell’intero anno; in tali zone sverna da pupa nel terreno e gli adulti sfarfallano da dicembre ad aprile. Nelle zone a clima mite gli adulti, che si alimentano di melata, di essudati zuccherini e polline di varie piante, sono presenti nel corso dell’intero anno e possono svernare anche in siti distanti dagli oliveti. A partire da giugno-luglio le femmine ovidepongono nelle nuove olive, che sono recettive alle punture fertili quando il loro contenuto in olio è di circa il 2% (rispetto alla sostanza secca), fase che coincide, in pratica, con l’indurimento del nocciolo. Gli adulti, capaci di coprire in volo fino a 10 Km in un giorno, in primavera possono portarsi in volo dalle zone litorali a quelle collinari più interne, alla ricerca di drupe.

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"Un mondo che non ha confini"

Il Prof. Franco Scaramuzzi è stato insignito dal Presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, della medaglia d’oro “Pegaso”, con una dettagliata presentazione dei meriti acquisiti attraverso le sue attività nel mondo della ricerca scientifica. 
Nei pur ristretti limiti di una breve cerimonia, Scaramuzzi ha ringraziato esprimendo una sintesi di concetti e considerazioni che meritano di essere meditati. Ha saputo anche concludere richiamando i meriti e i valori della famiglia.
Riteniamo opportuno offrire a tutti i lettori il testo di questo significativo intervento.

Desidero innanzitutto esprimere viva e profonda gratitudine al Governatore Enrico Rossi per avermi conferito la “Medaglia d’oro Pegaso” istituita dalla Regione Toscana quale riconoscimento che onora chi lo riceve. Ringrazio sentitamente tutte le Autorità toscane che hanno voluto partecipare a questa Cerimonia e tanti colleghi e amici presenti. 
E’ il primo “Pegaso” che viene assegnato per meriti acquisiti nel mondo della ricerca scientifica, rinnovando quanto avveniva già nella Toscana Granducale, con le attività dei Georgofili. 
Sembrerebbe quindi offrirsi anche un certo senso di continuità storica. 
Ripercorrendo appunto la storia degli ultimi tre secoli e riflettendo attentamente, potremmo già scoprire come molti progressi sociali e crescite del benessere siano stati spesso determinati dalle acquisizioni (certe e ripetibili) della Scienza, più che dall’evolversi delle ideologie e della politica.

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La cucina profumata con le erbe

Il tema delle erbe, (intese come profumi da utilizzare in cucina) è stato per lungo tempo trascurato, se non ignorato, dalla gastronomia essendone l’uso, nella preparazione dei piatti, meno praticato di quanto esse meritassero.

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Le api e l’impollinazione delle piante

L’impollinazione delle angiosperme è svolta principalmente dalle api. Esse hanno stabilito rapporti esclusivi con le piante, ricavandone nettare e polline necessari all’allevamento della prole e alla propria sopravvivenza. Il ruolo degli impollinatori è fondamentale per la sopravvivenza di gran parte della flora spontanea e coltivata e le rarefazioni delle popolazioni di api possono turbare gli equilibri vegetazionali.

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Aspetti economici e prospettive del comparto lattiero

Le principali caratteristiche attuali del comparto lattiero caseario mostrano una lieve inversione di tendenza rispetto al passato. Mentre prosegue la riduzione del numero di allevamenti bovini specializzati (-40% rispetto al 2005, oggi pari a poco più di 30.000 unità), il numero di bovine allevate, dopo significative progressive riduzioni, nell’ultimo anno è cresciuto dell’1% e anche le rese produttive sono in ripresa dopo la discesa del 2013. Nei primi sette mesi 2014 il latte consegnato è aumentato del 3%, interrompendo un decennio di stabilità, ma tale incremento appare nettamente inferiore a quanto si sta verificando nei maggiori paesi produttori dell’UE in preparazione alla fine del regime delle quote.
Al di là delle tendenze congiunturali, la lettura dei dati dell’ultimo decennio evidenzia un settore apparentemente «fermo»: le produzioni di latte e derivati sono stabili, i consumi interni in contrazione, mentre si registra un trend positivo delle esportazioni, ma con prezzi calanti nell’ultimo biennio.
La produzione di latte in Italia, ormai concentrata per più dell’80% nel nord, resta ampiamente insufficiente rispetto alle quantità consumate: il tasso di autoapprovvigionamento rimane costante al 67-68% e le importazioni coprono circa il 45% dei consumi interni. Tra il 2005 ed il 2013 è significativamente aumentata la quota di produzioni esportate (passate dal 25% al 35% sul totale del latte prodotto), compensando la pesante crisi che ha colpito i consumi delle famiglie e gli utilizzi per la ristorazione. Il calo degli acquisti è stato significativo soprattutto per latte alimentare e burro, ma nell’ultimo anno ha coinvolto anche i formaggi e gli yogurt.
Anche se i prezzi del latte alla stalla negli ultimi anni sono cresciuti in misura pari ai prezzi dei prodotti lattiero-caseari industriali e di quelli al consumo, contrariamente alle dinamiche di lungo periodo e sia pure con fasi alterne, la redditività degli allevamenti si è ridotta a causa dell’aumento rilevante dei costi di produzione.

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Un giardino medievale oggi

Presso il complesso architettonico detto Montioni  (foto di apertura), tipica “Casa da Signore” medioevale della campagna fiorentina con torre, una tipologia molto diffusa a partire dalla seconda metà del 1200, è stato intrapresa la ricostruzione di un giardino medievale privilegiando un approccio  di carattere agronomico, con lo scopo di compendiare i già numerosi contributi storici ed architettonici svolti sul tema. Dagli studi si percepisce che Montioni fra il 1200 e il 1400 abbia vissuto un periodo particolarmente florido, coincidente con quell’arco temporale nel quale avvenne un importante processo evolutivo dell’agricoltura ed un consistente aumento demografico, interrotti dalla peste del 1348. 

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Bioenergie a schema libero

È recente l’approvazione presso la Conferenza Stato-Regioni del“Piano di Settore per le Bioenergie – Le filiere bioenergetiche e l’agricoltura italiana”, prodotto dal MiPAAF tramite apposito Tavolo di Filiera.

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Il paesaggio di Pompei e dell'area vesuviana in epoca romana

La grande eruzione vesuviana del 79 d. C. ha determinato la conservazione fino ai giorni nostri di uno dei più grandi patrimoni archeologici dell’umanità; pochi sanno che in questa area è stato preservato anche quello che può essere definito come il più grande archivio di materiali botanici ed agronomici dell’antichità classica.

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Erwinia pyrifoliae: nuovo patogeno su fragola riscontrato in Olanda

Nel corso della tarda primavera del 2013, in diverse località dell’Olanda, sono state rinvenute piante di fragola (Fragaria x ananassa cv. Elsanta) presentanti intensi imbrunimenti su frutti immaturi, sul calice e sul peduncolo. Nessun sintomo per contro era presente sulle foglie, mentre alterazioni del colore sono state osservate all’interno dei giovani frutti che si presentavano con i tessuti imbruniti e nerastri nella zona esterna e aree brillanti al centro. I frutti colpiti arrestavano il loro sviluppo e risultavano spesso deformati. E’ stato osservato il rilascio di essudato batterico sulla superficie di giovani frutti e del loro peduncolo. 
In certi casi questi sintomi compromettevano significativamente la produzione con perdite di prodotto che potevano arrivare fino al 40%. 

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Valorizzazione della vitivinicoltura del Consorzio di Montecucco

Alla metà degli anni Novanta del secolo ormai trascorso, la richiesta di vino rosso di qualità a livello internazionale, anche sotto l’effetto del cosiddetto «paradosso francese» ha fatto da traino per rilevanti investimenti nel settore vitivinicolo, favorendo l’ampliamento delle superfici a vigneto. Il fenomeno non ha interessato soltanto le zone tradizionalmente più note (Chianti, Chianti Classico, Brunello di Montalcino e Nobile di Montepulciano), ma anche altre a Denominazione di Origine (Bolgheri, Val di Cornia, Morellino di Scansano, Capalbio, Montecucco, Sovana, Monteregio di Massa Marittima, Montescudaio, Cortona) «grazie al trasferimento dei diritti di impianto e alle superfici concesse dal REG . CEE 1493/99 e ad una serie di investimenti che ha permesso la realizzazione di vigneti e di cantine private anche di grandi dimensioni» (Loreti Scalabrelli 2007). Nell’arco di quella decade risalgono infatti quindici nuove denominazioni, tra le quali ben cinque appartengono alla provincia di Grosseto (Monteregio di Massa Marittima, Ansonica Costa dell’Argentario, Sovana, Capalbio e Montecucco) e quattro a quella di Siena (Sant’Antimo, San Gimignano, Orcia e Terra di Casole) (Barzagli 2007).
È in questo contesto che si colloca la Denominazione “Montecucco”, che comprende nella propria zona di produzione parte del territorio amministrativo dei comuni di Cinigiano, Civitella Paganico, Campagnatico, Castel del Piano, Roccalbegna, Arcidosso e Seggiano (Grosseto). Già DOC nel 1998, oggi il “Montecucco” si presenta con una ampliata gamma di DO, che comprendono anche il riconoscimento DOCG (2011): Sangiovese e Sangiovese Riserva (DOCG); Rosso e Rosso Riserva, Vermentino, Bianco, Rosato, Vin Santo, Vin Santo Occhio di Pernice (DOC). 

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