Notiziario




La cucina profumata con le erbe

Il tema delle erbe, (intese come profumi da utilizzare in cucina) è stato per lungo tempo trascurato, se non ignorato, dalla gastronomia essendone l’uso, nella preparazione dei piatti, meno praticato di quanto esse meritassero.

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Le api e l’impollinazione delle piante

L’impollinazione delle angiosperme è svolta principalmente dalle api. Esse hanno stabilito rapporti esclusivi con le piante, ricavandone nettare e polline necessari all’allevamento della prole e alla propria sopravvivenza. Il ruolo degli impollinatori è fondamentale per la sopravvivenza di gran parte della flora spontanea e coltivata e le rarefazioni delle popolazioni di api possono turbare gli equilibri vegetazionali.

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Aspetti economici e prospettive del comparto lattiero

Le principali caratteristiche attuali del comparto lattiero caseario mostrano una lieve inversione di tendenza rispetto al passato. Mentre prosegue la riduzione del numero di allevamenti bovini specializzati (-40% rispetto al 2005, oggi pari a poco più di 30.000 unità), il numero di bovine allevate, dopo significative progressive riduzioni, nell’ultimo anno è cresciuto dell’1% e anche le rese produttive sono in ripresa dopo la discesa del 2013. Nei primi sette mesi 2014 il latte consegnato è aumentato del 3%, interrompendo un decennio di stabilità, ma tale incremento appare nettamente inferiore a quanto si sta verificando nei maggiori paesi produttori dell’UE in preparazione alla fine del regime delle quote.
Al di là delle tendenze congiunturali, la lettura dei dati dell’ultimo decennio evidenzia un settore apparentemente «fermo»: le produzioni di latte e derivati sono stabili, i consumi interni in contrazione, mentre si registra un trend positivo delle esportazioni, ma con prezzi calanti nell’ultimo biennio.
La produzione di latte in Italia, ormai concentrata per più dell’80% nel nord, resta ampiamente insufficiente rispetto alle quantità consumate: il tasso di autoapprovvigionamento rimane costante al 67-68% e le importazioni coprono circa il 45% dei consumi interni. Tra il 2005 ed il 2013 è significativamente aumentata la quota di produzioni esportate (passate dal 25% al 35% sul totale del latte prodotto), compensando la pesante crisi che ha colpito i consumi delle famiglie e gli utilizzi per la ristorazione. Il calo degli acquisti è stato significativo soprattutto per latte alimentare e burro, ma nell’ultimo anno ha coinvolto anche i formaggi e gli yogurt.
Anche se i prezzi del latte alla stalla negli ultimi anni sono cresciuti in misura pari ai prezzi dei prodotti lattiero-caseari industriali e di quelli al consumo, contrariamente alle dinamiche di lungo periodo e sia pure con fasi alterne, la redditività degli allevamenti si è ridotta a causa dell’aumento rilevante dei costi di produzione.

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Un giardino medievale oggi

Presso il complesso architettonico detto Montioni  (foto di apertura), tipica “Casa da Signore” medioevale della campagna fiorentina con torre, una tipologia molto diffusa a partire dalla seconda metà del 1200, è stato intrapresa la ricostruzione di un giardino medievale privilegiando un approccio  di carattere agronomico, con lo scopo di compendiare i già numerosi contributi storici ed architettonici svolti sul tema. Dagli studi si percepisce che Montioni fra il 1200 e il 1400 abbia vissuto un periodo particolarmente florido, coincidente con quell’arco temporale nel quale avvenne un importante processo evolutivo dell’agricoltura ed un consistente aumento demografico, interrotti dalla peste del 1348. 

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Bioenergie a schema libero

È recente l’approvazione presso la Conferenza Stato-Regioni del“Piano di Settore per le Bioenergie – Le filiere bioenergetiche e l’agricoltura italiana”, prodotto dal MiPAAF tramite apposito Tavolo di Filiera.

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Il paesaggio di Pompei e dell'area vesuviana in epoca romana

La grande eruzione vesuviana del 79 d. C. ha determinato la conservazione fino ai giorni nostri di uno dei più grandi patrimoni archeologici dell’umanità; pochi sanno che in questa area è stato preservato anche quello che può essere definito come il più grande archivio di materiali botanici ed agronomici dell’antichità classica.

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Erwinia pyrifoliae: nuovo patogeno su fragola riscontrato in Olanda

Nel corso della tarda primavera del 2013, in diverse località dell’Olanda, sono state rinvenute piante di fragola (Fragaria x ananassa cv. Elsanta) presentanti intensi imbrunimenti su frutti immaturi, sul calice e sul peduncolo. Nessun sintomo per contro era presente sulle foglie, mentre alterazioni del colore sono state osservate all’interno dei giovani frutti che si presentavano con i tessuti imbruniti e nerastri nella zona esterna e aree brillanti al centro. I frutti colpiti arrestavano il loro sviluppo e risultavano spesso deformati. E’ stato osservato il rilascio di essudato batterico sulla superficie di giovani frutti e del loro peduncolo. 
In certi casi questi sintomi compromettevano significativamente la produzione con perdite di prodotto che potevano arrivare fino al 40%. 

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Valorizzazione della vitivinicoltura del Consorzio di Montecucco

Alla metà degli anni Novanta del secolo ormai trascorso, la richiesta di vino rosso di qualità a livello internazionale, anche sotto l’effetto del cosiddetto «paradosso francese» ha fatto da traino per rilevanti investimenti nel settore vitivinicolo, favorendo l’ampliamento delle superfici a vigneto. Il fenomeno non ha interessato soltanto le zone tradizionalmente più note (Chianti, Chianti Classico, Brunello di Montalcino e Nobile di Montepulciano), ma anche altre a Denominazione di Origine (Bolgheri, Val di Cornia, Morellino di Scansano, Capalbio, Montecucco, Sovana, Monteregio di Massa Marittima, Montescudaio, Cortona) «grazie al trasferimento dei diritti di impianto e alle superfici concesse dal REG . CEE 1493/99 e ad una serie di investimenti che ha permesso la realizzazione di vigneti e di cantine private anche di grandi dimensioni» (Loreti Scalabrelli 2007). Nell’arco di quella decade risalgono infatti quindici nuove denominazioni, tra le quali ben cinque appartengono alla provincia di Grosseto (Monteregio di Massa Marittima, Ansonica Costa dell’Argentario, Sovana, Capalbio e Montecucco) e quattro a quella di Siena (Sant’Antimo, San Gimignano, Orcia e Terra di Casole) (Barzagli 2007).
È in questo contesto che si colloca la Denominazione “Montecucco”, che comprende nella propria zona di produzione parte del territorio amministrativo dei comuni di Cinigiano, Civitella Paganico, Campagnatico, Castel del Piano, Roccalbegna, Arcidosso e Seggiano (Grosseto). Già DOC nel 1998, oggi il “Montecucco” si presenta con una ampliata gamma di DO, che comprendono anche il riconoscimento DOCG (2011): Sangiovese e Sangiovese Riserva (DOCG); Rosso e Rosso Riserva, Vermentino, Bianco, Rosato, Vin Santo, Vin Santo Occhio di Pernice (DOC). 

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Gli spazi verdi nelle domus pompeiane

Originariamente, nella società romana, le abitazioni potevano presentare uno spazio verde costituito da un modesto hortus, situato alle spalle del tablino e delimitato verso l’esterno da un alto muro perimetrale, utilizzato per la coltivazione di prodotti necessari al vitto giornaliero.  
In seguito l’hortus, per la sempre maggior influenza della cultura ellenistica legata al progressivo espandersi di Roma nel Mediterraneo occidentale ed orientale, perse l’iniziale valore utilitaristico per le esigenze quotidiane della famiglia trasformandosi, grazie alla coltivazione di arbusti e fiori a scopo  decorativo, in un’area verde che completava ed arricchiva esteticamente l’abitazione. Il cambiamento della destinazione di uso, da hortus a giardino, si lega anche ad un processo di dilatazione dello spazio verde che assume una forma rettangolare  delimitata, completamente o in parte a seconda del censo del proprietario, da un porticato colonnato (peristilio) su cui si aprivano gli ambienti di soggiorno e di rappresentanza.
Lo spiccato gusto decorativo della società vesuviana del I secolo d.C. è testimoniato dalla moda di arricchire gli spazi verdi delle case con elementi scultorei e con sofisticati ed articolati giochi d’acqua, sapientemente inseriti nella geometria delle aiuole, con una chiara ed evidente volontà di imitare nelle abitazioni urbane i parchi delle grandiose e lussuose ville suburbane che fin dall’epoca tardo repubblicana costituivano uno status symbol di ricchi e potenti.

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Il benessere animale e la qualità delle produzioni

I rapporti tra l’uomo e gli animali domestici si sono evoluti nel tempo dall’allevamento transumante all’estensivo, all’intensivo, all’industriale con o senza terra, divenendo nel tempo sempre più stretti e ponendo sempre maggiori problemi alle relazioni tra l’uomo e l’animale ed al loro reciproco benessere. Oggi, con le sempre maggiori esigenze di prodotti di origine animale, la domanda che ci dobbiamo porre è: sottomettiamo il benessere dell’animale a quello dell’uomo interessandoci solo alle sue capacità produttive quantitative e qualitative oppure pensiamo all’animale come essere vivente e anteponiamo il suo benessere alle nostre esigenze?
Il benessere è legato ai desideri - quello che si vorrebbe avere - o ai bisogni - quello che necessita -? Per l’uomo, il benessere è: libertà dai bisogni primari, dai disagi, dalle preoccupazioni e dalle guerre. L’ordine può cambiare secondo gli individui ed i compromessi sono possibili ma limitati soprattutto per la libertà dalla fame. L’uomo, come tutti gli animali, ricerca innanzitutto il proprio benessere: aumento delle risorse disponibili attraverso la maggior produzione e gli scambi o con l’emigrazione alla ricerca di maggiori risorse. Per l’animale il benessere coincide con l’assenza di condizioni sfavorevoli e la presenza di condizioni favorevoli ad un corretto rapporto con l’ambiente e con l’uomo. 
Secondo il Farm Animal Welfare Council (Regno Unito) le libertà fondamentali degli animali possono essere così riassunte: libertà dalla paura e dall’angoscia; dalla fame e dalla sete; dal disagio fisico; dai traumi e dalle malattie; dalla paura e dagli stress; dall’annullamento del comportamento normale della propria specie; dalla modifica permanente del genoma.

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Piante officinali ed aromi nella storia dei popoli

In passato con il termine “farmaco” si intendeva tutto ciò che fosse in grado di far guarire; potevano essere sostanze vegetali, animali, minerali o scongiuri, formule magiche, amuleti, ecc., l’essenziale era sfuggire alla morte. Questo portò alla nascita di numerose pratiche fantasiose che solo oggi possono dirsi quasi del tutto abbandonate. A proposito dei vegetali molto nota è la teoria delle “segnature”, che legava l’efficacia medicamentosa della pianta alla sua forma esteriore; Hepatica nobilis(FOTO), perché ha le foglie lobate con la pagina inferiore rosso vinaccia, si pensava fosse utile per curare il fegato, e così via. Naturalmente nell’ambito di queste congerie di multiformi credenze ed informazioni la “ragione”, man mano, riusciva a comprendere ciò che oggettivamente poteva essere di utilità al malato.
Nel mondo mediterraneo le più antiche informazioni sull’uso di piante come farmaci sono legate agli Egizi, ma anche presso le genti del Tigri e dell’Eufrate, gli Indiani ed i popoli  dell’estremo oriente è ben documentato l’uso delle erbe officinali.
Nell’antichità classica è in Grecia che prende forma l’arte del guarire; Ippocrate (V sec. a.C.) ne fu il principale artefice. Dal mondo greco l’impiego delle specie vegetali nella terapia passò a quello romano, dove l’erboristeria era ritenuta una scienza. Dioscoride (I sec. d.C.) nella sua “materia medica” tratta ben 600 semplici diversi, per lo più di natura vegetale.

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Il sostegno dei redditi nella Legge agraria degli USA

L’Agricultural Act of 2014, approvato a inizio anno, costituisce la legge fondamentale di indirizzo e sostegno dell’agricoltura degli USA. Resterà in vigore fino al 2018 o fino a quando non sarà adottata una nuova legge.

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I formaggi siciliani di tradizione

I formaggi tipici di tradizione sono ottenuti seguendo tecniche di caseificazione, tramandate nei secoli da generazione in generazione nell’effettivo rispetto delle produzioni naturali strettamente connesse al territorio di origine.

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Le piante officinali e aromatiche

Le piante medicinali e aromatiche hanno da sempre svolto un ruolo di primaria importanza nelle medicine tradizionali e nell’alimentazione di tutti i popoli. 
Il termine piante officinali deriva da una tradizione storica del nostro paese e fa riferimento all’“officina o opificina”, con il significato di “laboratorio”, dove le piante venivano sottoposte a varie lavorazioni in modo da renderle utilizzabili per scopi diversi. Con questa dizione in pratica si intende un insieme di specie vegetali molto eterogeneo, che comprende, in base alle principali destinazioni d’uso, le piante medicinali, aromatiche e da profumo, ai sensi della legge n.99 del 6 gennaio 1931 tuttora vigente. Recentemente il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali ha promosso e pubblicato, anche in accordo con il Ministero della Salute,  un piano di settore sulla filiera delle piante officinali (2014-2016) e istituito un tavolo tecnico permanente con l’intenzione di promuovere e valorizzare la crescita e lo sviluppo di questo settore, un tempo considerato di nicchia. Di particolare interesse è infatti l’impiego delle piante officinali nel settore degli integratori alimentari, i cosiddetti Botanicals, per gli effetti di tipo fisiologico che manifestano.

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PIT toscano: ragione e buon senso

Gli indirizzi politico-economici della UE e del Governo Renzi puntano concordemente sulla crescita, attraverso lo sviluppo delle imprese produttive capaci di innovarsi e rendersi più competitive sui mercati. Anche il Governatore della Regione Toscana, Enrico Rossi, ha espresso giustamente l’intento di concentrare le risorse disponibili per l’agricoltura sulle imprese dinamiche capaci di innovare processi e prodotti. Tutti sembrerebbero essere quindi concordi su questi indirizzi, ma il ponderoso testo del PIT, usando una pretestuosa interpretazione del “Codice Urbani” e ritenendo doverosa una insostenibile tutela del paesaggio agricolo, ha mostrato di perseguire intenti che produrrebbero effetti opposti. 
Le numerose e giuste reazioni avviate dagli imprenditori del settore vitivinicolo in realtà rispecchiano una protesta di tutto il mondo agricolo contro l’imposizione di ulteriori vincoli, controlli e autorizzazioni che, oltre a comportare un deleterio incremento di burocrazia, sprechi di tempo e costi, rendono più fertili i substrati sui quali prosperano clientelismi e corruzione. 
Nel settore agricolo, al PIT basterebbero poche pagine per esprimere le linee guida di interventi regionali tesi ad assicurare il rispetto di pochi punti essenziali e condivisi, quali:
- un’attenta conservazione di quanto ormai rimane della SAU (superficie agricola utilizzabile);
- suggerire e assecondare sviluppi strutturali dei territori, ma nel totale rispetto delle libere scelte delle imprese, salvo casi eccezionali, evidenziati e vagliati singolarmente. 

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Un invadente xilofago

Nell’ultimo quinquennio sono progressivamente aumentate, in Sicilia, le segnalazioni di danni a piante arboree causati dal Coleottero BostrichideApate monachus Fabr. La specie, ampiamente diffusa nell’Africa sud-sahariana, è stata introdotta nel Bacino mediterraneo, in alcune aree asiatiche e dell’oceano indiano; inoltre è nota per i danni arrecati a piante di Melia in Eritrea e a Cuba, nonché a piante di Tamarix in Israele. In Italia è segnalata in Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna; in quest’ultima isola, dove ha causato frequenti danni su albicocco, agrumi, vite, pesco, melo, pero ed eucalipto, è stata oggetto di studi fin dalla metà del secolo scorso. In Sicilia orientale è stata rilevata la presenza di gallerie e di adulti su piante di olivo, agrumi, mandorlo e vite in precarie condizioni vegetative. Le femmine del coleottero ovidepongono su essenze spontanee della macchia mediterranea (mirto, lentisco, erica, cisto, ecc.) a spese delle quali le larve, di norma, completano lo sviluppo 32-36 mesi; tuttavia, in condizioni ottimali (vegetazione spontanea percorsa da incendi, notevole disponibilità di legno morto, elevate temperature e siccità nel periodo primaverile-estivo) lo stadio pupale può essere raggiunto anche in 2-4 mesi. Sulle piante ospiti spontanee le infestazioni larvali passano di norma inosservate.

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Potenzialità di riduzione di gas serra dalle risaie

E’ ormai evidente che una reale protezione dell’ambiente si attua a partire da una corretta gestione del suolo. E’ altrettanto noto che una delle emergenze ambientali è rappresentata dall’aumento della concentrazione dei gas serra nell’atmosfera e, quindi, anche l’agricoltura è chiamata a contribuire al contenimento di tali emissioni. I principali gas ad effetto serra emessi dagli ecosistemi agricoli sono l’anidride carbonica (CO2), il metano (CH4) e il protossido di azoto (N2O), che contribuiscono rispettivamente per il 60, 15 e il 5 %, al riscaldamento globale. 
Fra le attività agricole, la coltivazione del riso è causa del 18 % delle emissioni antropogeniche di CH4, prodotto in condizioni di sommersione dalla decomposizione anaerobica della sostanza organica ad opera di microorganismi metanogeni. Recenti studi, tendenti anche a mettere a punto una metodologia per la misura di tali emissioni basata su un protocollo internazionale proposto dall’Università di Davis (California, USA) che prevede il campionamento periodico dei flussi in pieno campo mediante camere chiuse e la successiva analisi gascomatografica, hanno evidenziato che differenti pratiche di gestione idrica dei campi coltivati a riso possono portare a forti differenze nella quantità e nella qualità delle emissioni gassose. 

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POLITICA AGRARIA CERCASI

A fine luglio l’invio a Bruxelles del documento dell’Italia sulle scelte nazionali per l’applicazione della nuova Pac in vigore fino al 2020 ha concluso una fase caratterizzata da discussioni a non finire fra i diversi protagonisti  di ciò che resta della politica agricola italiana. Ora si attendono le parti applicative su cui si sono riaperte le antiche divisioni, ma bisogna fare in fretta, perché mentre a Roma si discute, in tutte le nostre campagne incombono scelte necessariamente legate alla nuova Pac in vigore dal 1° gennaio 2015.
Fra le novità della riforma spicca la facoltà concessa agli stati membri di una certa dose di autonomia su alcuni aspetti applicativi. Questa concessione, che non è la rinazionalizzazione della Pac, non certifica la maturità della Pac, ma è la drammatica prova che l’ampliamento del numero degli stati membri sta conducendo alla paralisi anche la più antica e avanzata politica comune europea. La delega è una deludente ammissione di impotenza. Va in scena  per quella agricola quello che è il dramma di tutte le politiche europee, a partire dalla più rilevante quella economica e monetaria rappresentata dall’euro: il conflitto sempre più acuto fra gli interessi nazionali e quelli sovranazionali
Con la Pac siamo alla quinta tappa, non l’ultima, di un percorso iniziato da 22 anni per passare dal modello della fine degli anni ’50 a quello degli anni’90 che nasce già vecchio perché, di fatto, tiene solo parzialmente conto dei cambiamenti dello scenario agricolo mondiale.

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Malattia del Pinot grigio

Una nuova malattia della vite, denominata provvisoriamente “malattia del Pinot grigio”, è stata recentemente portata all’attenzione del mondo scientifico e degli operatori del settore. 

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Giù le mani dall’agricoltura

Il  piano paesaggistico della Toscana è ormai pronto, dopo un lungo travaglio, e proprio domani scade il termine ultimo per le osservazioni. E’ un documento di 3mila pagine in cui si raccomanda di conservare le antiche colture e, soprattutto, non provvedere  a nuovi sbancamenti per vigneti. La Regione si sente in dovere di intervenire per il fatto che sostiene economicamente l’agricoltura e quindi giudica necessario fornire delle indicazioni. E tuttavia, quel piano solleva molte perplessità anche all’interno della Giunta regionale, senza parlare delle dure critiche mosse da associazioni di coltivatori di opposte sponde politiche e anche da sindaci e assessori. Ma quello che a noi interessa è il giudizio degli storici e di coloro che hanno fatto dell’agricoltura una materia di studio e di ricerca. Ebbene, tutti loro si ribellano all’idea che l’agricoltura debba essere studiata a tavolino non con lo scopo di produrre e dare lavoro, ma piuttosto gradevolezze estetiche, trasformando i contadini in giardinieri. Senza agricoltura non si mangia, dicono chiaro e tondo. E dunque “lasciateci lavorare”, specie in questo periodo di crisi. E non dimentichiamo, soprattutto, che le colline fiorentine, così come le senesi, sono così belle perché abitate e trasformate nei secoli dall’uomo e non certo per  loro “natura”.

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La degenerazione della PAC e la crisi dell’agricoltura europea

All’epoca della stesura del Trattato istitutivo della Comunità economica europea si ritenne opportuno riservare un trattamento differenziato al settore primario rispetto a quello secondario e terziario; infatti, per questi ultimi la previsione era sostanzialmente solo quella di garantire la libera concorrenza e di impedire la creazione di monopoli e di posizioni dominanti che abusassero dei loro vantaggi, nel settore agricolo si stabilì che non  si potessero lasciare dipendere dal libero gioco del mercato i redditi gli agricoltori, numerosi e deboli, oltre che produttori di beni assoggettati al così detto “doppio rischio”, cioè del mercato e del clima.
A causa di tale convinzione il titolo sull’agricoltura del Trattato di Roma fu formulato prevedendo interventi al fine di “incrementare la produttività  dell’agricoltura”, “assicurare così un tenore di vita equo alla popolazione agricola”, “stabilizzare i mercati”, “garantire la sicurezza degli approvvigionamenti” e  “assicurare prezzi ragionevoli nelle consegne ai consumatori” (art. 39 del Trattato CEE). In definitiva, si convenne sull’idea che il settore primario fosse, come ancora è, diverso dagli altri settori produttivi.

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Imbarazzante e inusuale quesito entomologico

Fin da tempi remoti l’uomo ha trovato in vari organismi animali, e in particolare negli insetti, dei formidabili competitori nella conquista di risorse alimentari e per contrastarli, in mancanza di adeguate conoscenze e di validi mezzi di lotta, ricorreva a pratiche magiche o invocava la protezione divina. Nelle religioni politeiste molte divinità assicuravano la protezione contro tali ricorrenti calamità. Il dio Mardok, adorato da Assiri e Babilonesi, era rappresentato sotto forma di mosca o di cavalletta (due dei principali flagelli dell’epoca). L’amuleto del dio Horus proteggeva gli Egizi  da tutti i leoni del deserto, tutti i coccodrilli del fiume, tutti i vermi sia quelli che mordono, sia quelli che pungono. Più “concretamente” alcuni esperti dell’epoca consigliavano di usare il grasso di uccelli insettivori per proteggersi da mosche e vespe. I Greci adoravano Apollo Sminteo (distruttore di roditori) e Parnopio; a quest’ultimo il grande Fidia eresse, a sue spese, una statua di bronzo in ringraziamento dei miracoli compiuti contro le invasioni di locuste. 

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Innovazioni nell’architettura delle trattrici agricole

L’architettura delle trattrici agricole risale agli anni ’20, gli albori della meccanizzazione agricola, ed è rimasta sostanzialmente inalterata.
In pratica la trattrice agricola è un triciclo che appoggia sulle 2 ruote posteriori e sulla cerniera anteriore. La trave è ottenuta dal blocco motore, dalla scatola della trasmissione e del differenziale. E’ sicuramente robusta grazie alle dimensioni generose dei componenti e ha assolto finora egregiamente alle esigenze del sistema agricolo e a quelle costruttive e di economicità dei costruttori.
Rare sono e sono state le eccezioni a questo schema: alcune macchine specifiche per la foraggicoltura alpina (Aebi, Reform … ma già quest’ultima nel momento in cui decide di realizzare macchine più versatili, adatte per l’intero ventaglio delle operazioni agricole, passa allo schema tradizionale). Lo stesso percorso venne seguito da Pavesi, genio della meccanica agraria, che dopo aver realizzato nel 1916 le P2 e P4 a telaio snodato e ruote isodiametriche, pietra miliare dell’ingegneria agraria, poi riprese dai costruttori americani negli anni ’70, nel progettare i trattorini Motomeccanica Balilla, opta per la soluzione a trave longitudinale appoggiata su 3 punti.

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La Qualità attraverso la filiera alimentare per la garanzia della sicurezza e della soddisfazione del consumatore.

Parlare di Qualità alimentare al giorno d’oggi è quanto mai attuale, anche se, essendo un tema molto ampio, si rischia di generalizzarlo e quindi banalizzarlo.
Studiosi e ricercatori hanno classificato numerosi tipi di Qualità, ma l’ISO (International Standard Organization) ne ha classificati 5: Percepita, Progettata, Realizzata, Attesa e Comparata.
La Qualità e la Sicurezza Alimentare sono spesso visti come dei prerequisiti scontati.
In un mondo che va verso la globalizzazione da un lato e dall’altro deve affrontare ricorrenti crisi economiche, è necessario invece porre la massima attenzione per  garantire e assicurare i consumatori offrendo loro prodotti sicuri, buoni  e sostenibili.
Le aziende alimentari devono ogni giorno fronteggiare e gestire attraverso tutta la filiera alimentare, rischi che vengono  prevenuti, gestiti, minimizzati e annullati solo grazie ai più severi e rigorosi  controlli che vengono poi certificati da enti di terza parte.

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Scelte “politiche” e finanziamenti per la ricerca

A volte i problemi non derivano da mancanza di soldi, ma da scelte sbagliate sulla loro utilizzazione.

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Il pecorino Toscano e Sardo, due esperienze a confronto

Gli studi condotti sugli animali e sull’uomo hanno dimostrato che il consumo costante dei pecorini toscano e sardo ottenuti da pecore al pascolo provoca una significativa riduzione della colesterolemia e un abbassamento di importanti fattori pro-infiammatori. 

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Il carbone è ancora una fonte energetica essenziale per il futuro ma un pericolo per l’ambiente e la salute

La prospettiva di ulteriore crescita deve preoccupare, in quanto non va dimenticato che, oggi, dal consumo di carbone deriva oltre il 44% delle emissioni totali di gas serra. Oltre agli effetti sul cambiamento climatico, l’inquinamento atmosferico, secondo l’ultimo rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità  (Oms), provoca ogni anno nel mondo la morte di sette milioni di persone. C’è quindi da augurarsi che a guidare le scelte energetiche dei singoli paesi non sia la sola ragione economica. Scelte che dovrebbero portare, non solo al divieto di costruire nuove centrali a carbone, ma anche allo spegnimento di quelle ritenute pericolose per la salute e per l’ ambiente.
In proposito, si richiama ciò che è avvenuto a Savona, dove il gip, nel marzo di quest’anno, ha disposto il sequestro della centrale elettrica a carbone Tirreno Power di Vado Ligure (foto), in attività da 30 anni. Il gip ha richiesto lo spegnimento delle due unità alimentate a carbone, ciascuna da 330 MW di potenza, con un’ordinanza che fa riferimento al nesso di casualità tra le emissioni, le morti e le patologie. Tale nesso è negato dall’azienda che sostiene la tesi della mancanza di prove. Per contro, Amministratori locali e Comitati di cittadini, da anni denunciano l’inquinamento provocato dalla centrale e le sue ricadute nefaste sulla salute dei cittadini.

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L'urbanistica, la pianificazione e il paesaggio agrario

L’ Accademia dei Georgofili ha aperto un serio dibattito sul paesaggio “toscano”, sui problemi della sua conservazione e sulla libera imprenditorialità della olivicoltura e della viticoltura. Meritoriamente, da anni ha promosso incontri di studio specialistici sul problema, ponendo a confronto gli addetti ai lavori e i tecnici preposti alla redazione dei “piani strutturali” e dei “regolamenti urbanistici”. 
Per avvicinarci responsabilmente al problema, tenendo lontano approssimazione professionale ed emotività, credo che occorra riandare alla radice del contendere. Radice che, purtroppo, si è dimenticato, sta anche nella querelle sul distinguo disciplinare (e ideologico) tra urbanistica e pianificazione urbanistica. Già alla fine degli anni Settanta, nelle facoltà di architettura, si profilò e poi si determinò un allontanamento dall'insegnamento dell'urbanistica quale disciplina che studiava la formazione, la trasformazione e il funzionamento dei centri abitati, proponendone il rinnovamento e la crescita. La progressiva politicizzazione della materia – propria di quegli anni – introdusse la pianificazione, come “centralizzazione delle scelte strategiche del sistema economico”; concetto traslato, tout court, al territorio, da cui la “pianificazione territoriale” di cui si caratterizza l'ultimo PIT (Piano di indirizzo territoriale) della Toscana, di cui si discute in questi giorni.

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