Alla metà degli anni Novanta del secolo ormai trascorso, la richiesta di vino rosso di qualità a livello internazionale, anche sotto l’effetto del cosiddetto «paradosso francese» ha fatto da traino per rilevanti investimenti nel settore vitivinicolo, favorendo l’ampliamento delle superfici a vigneto. Il fenomeno non ha interessato soltanto le zone tradizionalmente più note (Chianti, Chianti Classico, Brunello di Montalcino e Nobile di Montepulciano), ma anche altre a Denominazione di Origine (Bolgheri, Val di Cornia, Morellino di Scansano, Capalbio, Montecucco, Sovana, Monteregio di Massa Marittima, Montescudaio, Cortona) «grazie al trasferimento dei diritti di impianto e alle superfici concesse dal REG . CEE 1493/99 e ad una serie di investimenti che ha permesso la realizzazione di vigneti e di cantine private anche di grandi dimensioni» (Loreti Scalabrelli 2007). Nell’arco di quella decade risalgono infatti quindici nuove denominazioni, tra le quali ben cinque appartengono alla provincia di Grosseto (Monteregio di Massa Marittima, Ansonica Costa dell’Argentario, Sovana, Capalbio e Montecucco) e quattro a quella di Siena (Sant’Antimo, San Gimignano, Orcia e Terra di Casole) (Barzagli 2007).
È in questo contesto che si colloca la Denominazione “Montecucco”, che comprende nella propria zona di produzione parte del territorio amministrativo dei comuni di Cinigiano, Civitella Paganico, Campagnatico, Castel del Piano, Roccalbegna, Arcidosso e Seggiano (Grosseto). Già DOC nel 1998, oggi il “Montecucco” si presenta con una ampliata gamma di DO, che comprendono anche il riconoscimento DOCG (2011): Sangiovese e Sangiovese Riserva (DOCG); Rosso e Rosso Riserva, Vermentino, Bianco, Rosato, Vin Santo, Vin Santo Occhio di Pernice (DOC).
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