Notiziario




La Crisomela dei Viburni

Le larve e gli adulti rodono le foglie che appaiono scheletrite o bucherellate. Per il controllo demografico del Crisomelide, nelle aree in cui le condizioni termo-igrometriche sono particolarmente favorevoli al suo sviluppo, è preferibile coltivare, specie e varietà di Viburno meno suscettibili agli attacchi. Validi risultati si ottengono con la potatura e la distruzione dei rami in cui sono deposte le uova, entro il mese di marzo.

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La forma degli alberi

A ciascun uso è da millenni corrisposta una forma di albero. Quando, dal '700 in poi, si è iniziato a piantare alberi nelle strade cittadine è stata data loro una forma non naturale, adatta allo spazio a disposizione. Queste forme, dato che gli alberi sono vivi e si sviluppano, debbono essere corrette spesso per non danneggiare le piante con tagli su branche molto vecchie e questo è il problema che oggi si ha per mantenere gli alberi nelle forme che ci sono famigliari ma che oggi costano troppo per la manutenzione.

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L’euro e le sue problematiche in Italia

Dopo oltre mezzo secolo di fervente europeismo l’Italia si scopre improvvisamente di sentimenti opposti, in vista delle elezioni quasi tutti i partiti assumono toni critici sino a chiedere l’uscita dall’euro se non dalla stessa Europa. Si apre in ritardo un dibattito ineludibile sulla moneta unica. I rapporti monetari fra i paesi europei hanno una storia che si sviluppa nell’arco di oltre 60 anni. Dalla “Unità di conto” (Uce) il cui valore coincideva  con il dollaro american, in lire pari a 625, all’attuale euro che ne vale 1937,26, si è affermata la necessità di avere uno strumento per regolare i rapporti interni, per dare stabilità alla moneta e per affermare il ruolo dell’Europa nel contesto mondiale sottraendosi all’egemonia del dollaro.
La moneta comune sognata dai fondatori dell’Europa era considerata un passaggio indispensabile per conseguire l’unità politica del continente dopo quella economica. Fra le tante politiche comuni in agenda, aperta da quella agricola che rimane la più avanzata, si colloca quella economica e monetaria di cui essa è un indispensabile elemento. 
Gli stati membri di fronte all’alternativa fra approfondire l’Unione economica e monetaria per arrivare poi alla moneta o partire da questa facendo seguire le politiche necessarie, scelsero, con l’eccezione di Gran Bretagna e Danimarca la seconda strada. Oggi su 28 stati membri, soltanto 18 condividono l’euro, ma tutti partecipano alle regole monetarie comuni, compresa la gestione delle politiche europee di bilancio. 

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Si diffonde negli agrumeti siciliani la Coccinella cinese arlecchino

Gli adulti della Coccinella, che misurano da 5,5 a 8 mm, e le larve, oltre predare afidi e cocciniglie attaccano numerosi altri insetti tra i quali larve di Coccinellidi, Neurotteri e Ditteri predatori autoctoni di insetti nocivi. Da tale comportamento aggressivo dipende la sua pericolosità dal punto di vista ecologico.

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La filiera lattiero-casearia in Sicilia

I prodotti tipici e tradizionali costituiscono un settore di grande importanza per l’economia del sistema zootecnico, in quanto ciascun prodotto, sviluppatosi e affermatosi in rapporto a precisi ambiti territoriali e ambientali, contesti sociali ed economici, possiede anche un valore storico-culturale. Ad oggi, la maggiore criticità evidenziata per la filiera lattiero-casearia è la carenza di un sistema di certificazione univoco ed oggettivo, che garantisca il consumatore da possibili frodi.

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L’utilità di una moneta comune europea, vista già nell’ 800

Nel Libro dei Verbali delle Adunanze dei Georgofili  è riportato il testo di una Lettura svolta dal Socio Cav. Bartolomeo Cini il 3 marzo 1872 con il titolo “Della utilità di una moneta comune nei diversi Stati europei, e delle difficoltà che frappongono ad attuarla” [1].
Bartolomeo Cini (1809-1877), imprenditore e studioso di questioni economiche e finanziarie, analizzando la situazione del tempo, caratterizzata dall’alto costo del denaro, da potenti spinte speculative, dal forte impegno di capitale nelle imprese, confermò il principio che ai Governi spettava soltanto il compito di dare sicurezza al proprio popolo e individuò come primo importante correttivo l’introduzione di una moneta di conto “comune a tutti li Stati d’Europa”.

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Boschi toscani e legname da lavoro. Per quale industria e per quali mercati?

In Toscana i boschi hanno un’importante collocazione agricola, occupando 1/3 della SAU. La filiera bosco-legno toscana è  “binomiale”, cioè ad una relativa abbondanza di dati sul bosco a monte (l’offerta potenziale di legname grezzo) si contrappone una conoscenza assai più carente degli operatori a valle (la domanda reale) 

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Stessa biodiversità degli organismi diffusi in campi di mais convenzionali o transgenici

L’avvento delle piante transgeniche (OGM) ha sollevato diverse preoccupazioni che riguardano, ad esempio, la possibilità che la modifica arbitraria dell’uomo possa avere ripercussioni negative sulla biodiversità. Poiché alcuni OGM sono stati progettati per resistere ad alcune classi d’insetti il rischio è che questi organismi possano compromettere l’abbondanza di insetti non target. Fermo restando che tale rischio si presenta anche utilizzando i normali insetticidi presenti sul mercato è importante valutare il possibile impatto ambientale degli OGM sull’ambiente e sugli ecosistemi. Per questo motivo un recente articolo pubblicato sulla rivista Environmental Entomology ("Comparative Diversity of Arthropods on Bt Maize and Non-Bt Maize in two Different Cropping Systems in South Africa") ha analizzato la presenza e abbondanza di artropodi su campi di mais in Sud Africa, confrontando i dati raccolti su campi convenzionali e transgenici. L’OGM in questione era il mais bt, coltura ingegnerizzata che contiene una tossina batterica, innocua per l’uomo, in grado di uccidere specifiche classi di insetti dannosi, come la Piralide.

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Il ruolo della ricerca nell’olivicoltura spagnola

Con oltre 2.5 milioni di ettari di oliveti e una produzione media annua prossima a 1.5 milioni di tonnellate di olio (rispettivamente il 25% delle superfici coltivate e il 45% della produzione nel mondo), attualmente la Spagna non ha rivali in questo settore produttivo. Nonostante l’olivicoltura spagnola tragga dai suddetti numeri larga parte della forza per dominare il mercato dell’olio di oliva, sempre più agguerrita si rivela però la competizione sul mercato globale. Paesi del Nord Africa (Tunisia e Marocco in particolare)  hanno da tempo avviato le azioni necessarie per migliorare sensibilmente lo standard qualitativo dei relativi prodotti, riuscendo a mantenere bassi i prezzi, attraverso il contenimento del costo della manodopera. Nuovi Paesi produttori (America del Nord e del Sud, Australia) mirano invece a soddisfare la pur modesta, ma crescente, domanda interna e ad affermarsi sul mercato internazionale facendo affidamento su aziende di estensione compatibile con elevati livelli di meccanizzazione, per limitare i costi di produzione. 
Il contesto sopra delineato ha da tempo stimolato i ricercatori spagnoli, che fanno capo a diverse istituzione scientifiche, a sviluppare nuovi modelli olivicoli per le diverse realtà agronomiche del Paese, altamente produttivi e con elevato grado di meccanizzazione della raccolta e della potatura, e ciò anche a costo di ridurre drasticamente le varietà diffuse in coltura. 

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Nuove tecnologie a supporto della gestione razionale dell’irrigazione

Il prodotto del progetto, presentato dal partenariato costituito da due PMI, SysMan di Mesagne (BR) e  DyrectaLab di Conversano (BA), e due enti di ricerca, CIHEAM-IAMB e Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari (CNR-ISPA), ha riguardato un nuovo sistema di supporto decisionale (DSS) per la gestione dell’irrigazione, che integra modelli previsionali e di bilancio idrico, sensori per il monitoraggio continuo del sistema suolo – pianta - atmosfera e sistemi per l’automazione e/o il controllo remoto degli impianti di distribuzione idrica.

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Quelle mistificazioni sugli OGM

Riportiamo un estratto dell’articolo pubblicato sul quotidiano la Repubblica di mercoledì 9 aprile 2014, a firma di Elena Cattaneo, senatrice a vita e docente di biotecnologie all’Università di Milano, e Gilberto Corbellini, storico della medicina ed esperto di bioetica, docente alla Sapienza di Roma.

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La filiera del riso dal campo al post-raccolta

Di questo straordinario cereale non si butta nulla.  Potrebbe essere questa la premessa e la conclusione iniziando dalla paglia, principale residuo della coltivazione in campo, a basso costo, biodegradabile e perfettamente isolante, utilizzabile con calce, argilla e legno per costruire una struttura edilizia ad impatto ed emissione zero. Il progetto, nato a Biella, è stato premiato dal museo Guggenheim durante la fase conclusiva di "100 Urban Trends", mostra sulle tendenze globali più interessanti in ambito urbanistico e architettonico, che si è chiusa a New York il gennaio scorso. 
Con la lavorazione del risone si scartano numerose frazioni tra cui la lolla (il tegumento del seme, ottenuto durante la prima parte del processo che termina con la produzione del riso sbramato o integrale) e la pula (comprendente pericarpo, germe e strato aleuronico dell’endosperma, asportati meccanicamente con la “sbiancatura”). Entrambe hanno un elevato potenziale come materia grezza per la produzione di composti bioattivi e ingredienti da utilizzare nel settore agricolo, alimentare, mangimistico, cosmetico, nutraceutico e farmaceutico.

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Produrre di più con meno risorse energetiche

La produzione agricola – e quella del cibo in particolare -  dovrà aumentare significativamente  nei prossimi decenni per far fronte a tre esigenze fondamentali: a) soddisfare la domanda della crescente popolazione mondiale, più urbanizzata e più esigente; b) sostenere l’offerta di alimenti per mantenerne bassi i prezzi e facilitare così l’accesso all’alimentazione delle popolazioni più povere; d) migliorare il reddito degli agricoltori ed elevare il livello di vita di tutti. Recenti studi della FAO stimano che nel 2050 la disponibilità di alimenti deve aumentare del 60% rispetto a quella attuale, sia aumentando la produzione, sia diminuendo sprechi e perdite. 
Negli ultimi 50 anni il sistema agricolo globale è riuscito a triplicare la produzione di alimenti, soddisfacendo la domanda alimentare della popolazione mondiale, che nello stesso periodo è raddoppiata. Questo spettacolare aumento delle produzioni  è dovuto solo in parte all’espansione della superficie agricola, ancor più alla intensificazione delle coltivazioni, accrescendo cioè l’uso dei fattori di produzione (acqua, fertilizzanti, energia, presidi fitosanitari e veterinari, lavoro). Questo modello produttivo riesce a soddisfare la domanda mondiale di alimenti, ma consuma le risorse naturali su cui si basa – terra, acqua, suolo e biodiversità – ad un ritmo superiore alla loro capacità naturale di rigenerazione e non è quindi sostenibile nel lungo termine. In alcune aree del mondo è già evidente il degrado ambientale causato da pratiche non sostenibili, quali sovrapascolamento, monocoltura, abuso di fertilizzanti, antibiotici e fitofarmaci, non corretta gestione dell’irrigazione.
Bisogna pertanto promuovere sistemi agricoli capaci di produrre di più, consumando meno risorse naturali.

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Un ovoparassitoide della Bega del garofano

La Bega del garofano, Cacoecimorpha pronubana (Ubner), è una delle specie di Tortricidi più comuni nel bacino del Mediterraneo dove vive su numerose piante erbacee e arboree, sia spontanee che coltivate; Le larve sono particolarmente nocive alle coltivazioni di garofano sia in pieno campo che in ambiente protetto. Il lepidottero, che è attualmente inserito nella lista A2 dell’EPPO, è frequente su varie piante ornamentali, in aree urbane, e su olivo al quale, tuttavia, non arreca danni significatvi.

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Sistemi agricoli ad Alto Valore Naturale: tutela della biodiversità e sviluppo rurale

In Italia si conta una forte presenza di sistemi agricoli ad Alto Valore Naturale (AVN), diffusi soprattutto nei territori collinari dove la meccanizzazione è più difficoltosa. Tra questi sistemi, gli usi del suolo prevalenti in Sardegna sono legati ai modelli agro-silvo-pastorali di tipo estensivo e alle colture arboree, specialmente all’olivicoltura tradizionale. Misure di sostegno per le AVN sono già operanti in diversi paesi europei, mentre in Italia solo ora se ne prevede l’inserimento nella pianificazione sostenibile dei territori rurali e nel rispetto degli specifici tratti culturali e tradizionali delle eterogenee realtà del paesaggio agrario italiano. 

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Il riso, una storia lunga 8 mila anni

La ricerca internazionale traccia la storia evolutiva del riso e riporta a circa 8.200 anni fa le origini della pianta che fu coltivata prima in Cina e poi in India. Un team internazionale di studiosi, usando la tecnica chiamata “orologio molecolare” è giunta a stabilire che le due sub specie più importanti di riso asiatico, Oryza sativa indica e Oryza sativa japonica, hanno un’unica origine a causa della stretta relazione genetica che le caratterizza. E’ stato accertato che la domesticazione a scopo agricolo avvenne circa 8-9000 anni fa per prima nella valle del fiume Yangtze, in Cina, e che solo in seguito, circa 3.900 anni fa, i semi furono portati in India. La separazione tra le due sub specie avvenne nella regione del Gange, in seguito a spostamenti di commercianti e agricoltori migranti. Finora un diverso modello basato sulla origine di una singola specie aveva invece fatto ritenere che le due sub specie fossero state sviluppate separatamente e in diverse parti della Asia dalla originaria e selvatica Oryza rufipogon (Molecular evidence for a single evolutionary origin of domesticated rice. PNAS, 2011). Tra le Graminacee, il riso è la specie dotata del genoma più piccolo e di recente la mappa genica è stata completata da un gruppo di ricercatori di 10 Paesi coordinati dal Giappone.
La coltivazione del riso in Polesine e nel Ferrarese risale alla fine del XV secolo, ma è dalla metà del ‘700 che diventa dominante nel Delta del Po per espandersi ulteriormente nell‘800, producendo profondi cambiamenti nel paesaggio. Declina nel ‘900 a favore del mais e della barbabietola da zucchero, ma da alcuni decenni ha registrato un nuovo rilancio.

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Scienza, comunicazione e politica: una questione molto intrigata

Si può dire che i mezzi di comunicazione, in Italia, fanno la loro parte così come i ricercatori fanno la loro. Qualche problema nasce quando i risultati dell'attività scientifica possono essere direttamente applicati a specifiche attività oppure danno spiegazioni circa le condizioni del nostro pianeta. Mi vengono in mente, nel primo caso, gli OGM e l'interminabile dibattito fra favorevoli e contrari, e i cambiamenti climatici globali, nel secondo caso. Sono entrambi argomenti spinosi che hanno dato luogo (e continueranno a dare luogo) a dispute furiose tra fautori e detrattori, tra negazionisti e sostenitori.
Sulla questione abbiamo letto molto, ed è stato anche detto molto da parte dei Georgofili. Verrebbe voglia di sottrarsi a questi dibattiti tanto accesi quanto, talora, inconcludenti. Si tratta però di fatti importanti, che incidono quotidianamente sulla vita di tutti noi; pertanto è inevitabile continuare a partecipare a questo difficile confronto.
Il problema non è limitato all'Italia, ma è avvertito, se pur con vari accenti, in tutto il mondo; recentemente la rivista Nature (vol. 506, issue 7489 del 28 Febbraio 2014) ha riportato il parere di un illustre ecologo del cambiamento globale, Simon Lewis dell'Università di Leeds, su di un tema che condiziona le nostre vite: le inclemenze del tempo e le loro cause. Lewis già in altre occasioni ha preso posizioni non allineate (vedi:Nature 468, 7; 2010), ma in questo caso ciò che più mi ha interessato è la sua convinzione che il dibattito corrente, su questo argomento come su altri, soffra di un pasticcio fatto di risposte sbagliate a domande magari ben formulate. In buona sostanza, non è possibile che ad una domanda che richiede una valutazione scientifica, si risponda con una posizione politica o con un orientamento della pubblica opinione influenzata dai "media".

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Il giardino mediterraneo di Villa Larocca a Bari

La profonda connessione dell’arte del giardinaggio con le esigenze spirituali e materiali dell’essere umano fa comprendere quanto importante sia stata la sua funzione in tutti i tempi; i giardini hanno portato bellezza, tranquillità e riposo a coloro che cercano momenti di pausa dall’affannosa vita moderna.

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Mal di euro? No, di debiti

«Il principale problema italiano è l'enorme debito pubblico continuamente cresciuto in questo mezzo secolo. Ripercorrere la sua storia permette di superare  luoghi comuni e meglio individuare cause ed effetti. 
Alla fine degli anni Ottanta il debito pubblico italiano era  di circa 590 miliardi di euro (per semplicità di confronto ho trasformato tutti i dati in euro). Alla fine degli anni Novanta era più del doppio, circa 1.280 miliardi di euro. Alla fine del primo decennio degli anni Duemila ha raggiunto i 1.770 miliardi di euro. Ora il debito pubblico italiano ha "sfondato" quota "duemila" ed ha raggiunto circa i 2.070 miliardi sempre di euro. 
Negli anni Ottanta (in presenza della lira) il tasso di sconto (e conseguentemente il costo del denaro) era molto alto: nel 1980 del 16,5%, nel 1981 addirittura del 19%, nell'82 del 18% e così via riducendosi sensibilmente fino al 13,5% del 1989, rimanendo, però, per tutto il decennio ben sopra il 10%.
Gli anni Novanta, sempre con la lira, si sono aperti con il tasso di sconto al 12,5%, per salire progressivamente al 15% nel 1992 e rimanere sopra al 10% fino all'estate 1993 quando il governo Ciampi iniziò ad assumere la moneta unica europea come obiettivo strategico. Il tasso di sconto sostanzialmente calava man mano ci si avvicinava alla piena realizzazione del Mercato unico europeo e della moneta unica, raggiungendo, a fine anni Novanta, addirittura soltanto il 3%.

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Ruolo, organizzazione e obiettivi nel futuro dei Georgofili

I molteplici ruoli svolti dall'Accademia dei Georgofili sono stati sempre dedicati ai tanti settori comunque legati all’agricoltura. Si può però parlare anche di un unico grande ruolo: quello di stimolare, raccogliere e discutere nuove conoscenze e idee, nonché formulare aggiornate sintesi da divulgare e offrire soprattutto all’attenzione di coloro ai quali spettano le valutazioni, le scelte e le decisioni. 
Marco Tabarrini, già nel 1851 (Atti dei Georgofili, Vol. XXVII) sottolineava come la nostra Accademia si fosse impegnata a salvaguardare la sintesi di tutte le conoscenze, indicandola come "una bella caratteristica del sapere italico", capace di far discendere dall'insieme delle varie scienze una "verità intelleggibile". Tabarrini scriveva: "Questo accordo di studi diversi, coordinati al fine supremo della pubblica utilità che è l'antica divisa della nostra Accademia, credo che sia uno dei suoi vanti più nobili"
Non siamo capaci di indovinare quale sarà il futuro. Non sappiamo, ad esempio, se e quando la Scienza insegnerà all'Industria come produrre cibi sintetici per sostituire quelli che tutt'ora ci fornisce soltanto l'agricoltura. Siamo però in grado di prevedere che le produzioni alimentari primarie fra poche decine di anni saranno insufficienti a soddisfare le crescenti esigenze di una popolazione mondiale che continua ad aumentare rapidamente. Non siamo in grado neppure di immaginare le grandi cose che la Scienza presto scoprirà, dal mondo dell'infinitamente piccolo a quello dell’infinitamente grande. Sappiamo solo che le nuove acquisizioni continueranno a crescere a ritmi esponenziali. 

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Il verde urbano come alleato nella lotta al global change

L’anidride carbonica è la principale esternalità derivante dalle attività umane e, nonostante una flessione registrata in Europa  (soprattutto conseguenza della crisi) la sua emissione è, a livello mondiale, in costante aumento negli ultimi decenni. L’uso sempre crescente e globalizzato dei combustibili fossili, che, per esempio, nel 2009 ha determinato l’emissione di quasi 33 Gt di CO2, insieme alla deforestazione hanno aumentato del 25% negli ultimi 150 anni la concentrazione di diossido di carbonio atmosferico, il principale dei gas serra. In accordo con quanto la modellistica sul cambiamento climatico aveva previsto, questi cambiamenti nella composizione dei gas hanno contribuito al processo di innalzamento della temperatura media terrestre e, nelle aree mediterranee, a una contemporanea riduzione della piovosità e sostanziali cambiamenti nella sua distribuzione e frequenza.
Le linee guida nella lotta al cambiamento climatico sono tuttora dettate dal Protocollo di Kyoto che prevede, tra l’altro, l’attuazione di misure agro-forestali quali la riforestazione e la gestione sostenibile delle foreste e, più in generale, di tutte le aree a verde. Le aree verdi in ambiente urbano risultano particolarmente efficaci per questo scopo poiché, oltre alla riduzione diretta dell’anidride carbonica e di altri gas serra (es. NO2) mediante assorbimento e assimilazione fogliare, sono in grado di innescare, indirettamente, un feedback positivo che porta al miglioramento del microclima e, di conseguenza, alla riduzione dell’uso dei combustibili fossili per il condizionamento estivo e per il riscaldamento invernale delle abitazioni.

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Il credito agrario ieri, oggi, domani

Pronunciando a Firenze, a Palazzo Vecchio, la prolusione all’inaugurazione del 261° Anno Accademico dell’Accademia dei Georgofili, il Presidente dell’Associazione Bancaria Italiana, Antonio Patuelli, ha affrontato le tematiche del credito agrario e ha affermato fra l’altro che i finanziamenti bancari all’agricoltura in vigenza della vecchia legge bancaria crebbero dai 4 milioni di Euro del 1981 ai 20 milioni di Euro dei primi anni Novanta.
Dopo il Testo Unico del 1993 è cresciuto progressivamente il credito all’agricoltura fino ai circa 44 milioni di Euro del 2012 e del 2013, i massimi storici, di fronte ai quali le sofferenze sono ora attestate a circa il 10%, un livello elevato, ma inferiore a quello degli ultimi anni della precedente legislazione.
Marginale è, invece, divenuto l’ammontare del credito agevolato all’agricoltura sceso nel 2009 sotto il miliardo di Euro e attestato nel 2012 e 2013 a poco più di soli 500 milioni di Euro.

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Crisi e "rivoluzioni" tecnologiche. Capisaldi del futuro: lavoro, capitale, conoscenza

All’ inaugurazione del 261° Anno Accademico dei Georgofili, il Presidente Franco Scaramuzzi ha ritenuto doveroso dedicare la sua relazione annuale alla crisi che stiamo attraversando. Ha innanzitutto evidenziato che si tratta ormai di un lungo periodo di depressione e recessione nel quale si sono intrecciate diverse concause (politiche, economiche, sociali, ideologiche, morali, ecc.) ed anche forti cambiamenti prodotti da grandi innovazioni tecnologiche. Un'insieme di fattori ai quali dobbiamo l'attuale situazione, con disoccupazione, nuova povertà e disorientamento. 
Scaramuzzi ha quindi esaminato singolarmente tre elementi (lavoro, capitale, conoscenza) che appaiono come capisaldi determinanti per l'auspicata ripresa e crescita. Ha ricordato come il capitale investito nelle macchine abbia sostituito il lavoro, per ridurre la fatica, incrementava la produttività, la competitività, i redditi e i salari. Analoghi risultati continuano a essere ottenuti con l’uso di nuove tecnologie (basti pensare alla introduzione della comunicazione digitale). Comunque l'odierna situazione non è solo il risultato di una crisi transitoria, ma anche di cambiamenti permanenti che destabilizzano il mondo tradizionale del lavoro. Altre nuove tecnologie stanno sviluppandosi e molte diverranno irrinunciabili. Pertanto, è indispensabile creare al più presto nuovi posti di lavoro tradizionali per far fronte all'emergenza, ma allo stesso tempo adeguare la formazione dei giovani e riqualificare i meno giovani con aggiornamenti continui. Sarà necessario modificare anche i vecchi concetti del posto di lavoro "fisso" (di "ruolo"), inteso come invariato e garantito a vita. Nella dinamicità dei cambiamenti, non si deve neppure dimenticare che il lavoro è per tutti un dovere, prima ancora che un diritto.

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Terre di Toscana: Pistoia e dintorni

Fino al 30 aprile 2014, presso la sede dell’Accademia dei Georgofili è allestita una mostra storico-documentaria sul territorio pistoiese. Ingresso libero, dal lunedì al venerdì, ore 15-18.

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Produzione e produttività

Negli ultimi cinquanta anni, la produzione agricola è più che triplicata in volume; l’aumento della produttività ha reso possibile un maggiore apporto di cibo a prezzi contenuti. 
Nella prima metà di questo XXI secolo la domanda globale di cibo, di alimenti per il bestiame e di fibre tessili crescerà del 70 per cento. L’evoluzione della domanda per la produzione di biocarburanti accrescerà i margini d’incertezza. 
Che fare? La FAO afferma che, per soddisfare questa domanda, gli agricoltori avranno bisogno di nuove tecnologie. Produrre di più con meno terra e meno forza lavoro. 
Una delle condizioni per un duraturo e stabile equilibrio tra domanda e offerta di cibo è promuovere la crescita della produttività.
Negli ultimi cinquanta anni, la produzione agricola globale è cresciuta del 2,2 per cento per anno. La maggiore crescita si ha negli anni ’60-’70 (2,8 per cento) grazie all’intensificazione della produttività, con la “Rivoluzione verde”.
Nell’ultimo decennio, sono rallentati il processo d’intensificazione e la messa a cultura di nuove terre (0,7 %), ma è aumentata la produttività dei fattori (1,8 %). L’aumento dell’efficienza e della produttività dei fattori ha contribuito per oltre il 75% alla crescita della produzione agricola globale. 
La produttività totale dei fattori cresce, in media d’anno, del 4% nelle regioni del Nord e Sud Europa, del 3% nelle altre. Per tutto il periodo, la crescita è stata guidata dal progresso tecnico, con una caduta generalizzata dell’efficienza tecnica negli anni 2002-2003.  Nel periodo successivo è cresciuta l’importanza dell’efficienza nell’uso dei fattori. Le imprese agricole, soprattutto negli anni della crisi, hanno investito meno in innovazione. 

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Martedì 25 marzo 2014: inaugurazione del 261° Anno Accademico

Mancano ormai pochi giorni alla Inaugurazione del 261° Anno Accademico dei Georgofili,  che si svolgerà martedì 25 marzo 2014 alle ore 11, nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio a Firenze.

La relazione annuale del Presidente Franco Scaramuzzi sarà dedicata a Crisi e “rivoluzioni” tecnologiche, per evidenziare le molteplici concause (politiche, morali, economiche) che hanno concorso a determinare l’ormai lunga depressione e recessione, insieme a forti innovazioni tecnologiche. Nell’attuale, complessa e confusa realtà si soffermerà su tre capisaldi determinanti per il nostro futuro: lavoro, capitale e conoscenza. 
L’autorevole prolusione dell’Accademico Antonio Patuelli approfondirà il tema del credito agrario, uno dei maggiori problemi dell’attuale fase di recessione.
Nel corso della cerimonia saranno consegnati il Premio Antico Fattore, il Premio Donato Matassino e il Premio Prosperitati Publicae Augendae.

L’ingresso è libero al pubblico. 

Sul sito di Agrapress è possibile leggere un’intervista di Letizia Martirano a Franco Scaramuzzi, che anticipa alcuni temi della sua relazione. 

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