Notiziario





Il sostegno dei redditi nella Legge agraria degli USA

L’Agricultural Act of 2014, approvato a inizio anno, costituisce la legge fondamentale di indirizzo e sostegno dell’agricoltura degli USA. Resterà in vigore fino al 2018 o fino a quando non sarà adottata una nuova legge.

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I formaggi siciliani di tradizione

I formaggi tipici di tradizione sono ottenuti seguendo tecniche di caseificazione, tramandate nei secoli da generazione in generazione nell’effettivo rispetto delle produzioni naturali strettamente connesse al territorio di origine.

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Le piante officinali e aromatiche

Le piante medicinali e aromatiche hanno da sempre svolto un ruolo di primaria importanza nelle medicine tradizionali e nell’alimentazione di tutti i popoli. 
Il termine piante officinali deriva da una tradizione storica del nostro paese e fa riferimento all’“officina o opificina”, con il significato di “laboratorio”, dove le piante venivano sottoposte a varie lavorazioni in modo da renderle utilizzabili per scopi diversi. Con questa dizione in pratica si intende un insieme di specie vegetali molto eterogeneo, che comprende, in base alle principali destinazioni d’uso, le piante medicinali, aromatiche e da profumo, ai sensi della legge n.99 del 6 gennaio 1931 tuttora vigente. Recentemente il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali ha promosso e pubblicato, anche in accordo con il Ministero della Salute,  un piano di settore sulla filiera delle piante officinali (2014-2016) e istituito un tavolo tecnico permanente con l’intenzione di promuovere e valorizzare la crescita e lo sviluppo di questo settore, un tempo considerato di nicchia. Di particolare interesse è infatti l’impiego delle piante officinali nel settore degli integratori alimentari, i cosiddetti Botanicals, per gli effetti di tipo fisiologico che manifestano.

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PIT toscano: ragione e buon senso

Gli indirizzi politico-economici della UE e del Governo Renzi puntano concordemente sulla crescita, attraverso lo sviluppo delle imprese produttive capaci di innovarsi e rendersi più competitive sui mercati. Anche il Governatore della Regione Toscana, Enrico Rossi, ha espresso giustamente l’intento di concentrare le risorse disponibili per l’agricoltura sulle imprese dinamiche capaci di innovare processi e prodotti. Tutti sembrerebbero essere quindi concordi su questi indirizzi, ma il ponderoso testo del PIT, usando una pretestuosa interpretazione del “Codice Urbani” e ritenendo doverosa una insostenibile tutela del paesaggio agricolo, ha mostrato di perseguire intenti che produrrebbero effetti opposti. 
Le numerose e giuste reazioni avviate dagli imprenditori del settore vitivinicolo in realtà rispecchiano una protesta di tutto il mondo agricolo contro l’imposizione di ulteriori vincoli, controlli e autorizzazioni che, oltre a comportare un deleterio incremento di burocrazia, sprechi di tempo e costi, rendono più fertili i substrati sui quali prosperano clientelismi e corruzione. 
Nel settore agricolo, al PIT basterebbero poche pagine per esprimere le linee guida di interventi regionali tesi ad assicurare il rispetto di pochi punti essenziali e condivisi, quali:
- un’attenta conservazione di quanto ormai rimane della SAU (superficie agricola utilizzabile);
- suggerire e assecondare sviluppi strutturali dei territori, ma nel totale rispetto delle libere scelte delle imprese, salvo casi eccezionali, evidenziati e vagliati singolarmente. 

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Un invadente xilofago

Nell’ultimo quinquennio sono progressivamente aumentate, in Sicilia, le segnalazioni di danni a piante arboree causati dal Coleottero BostrichideApate monachus Fabr. La specie, ampiamente diffusa nell’Africa sud-sahariana, è stata introdotta nel Bacino mediterraneo, in alcune aree asiatiche e dell’oceano indiano; inoltre è nota per i danni arrecati a piante di Melia in Eritrea e a Cuba, nonché a piante di Tamarix in Israele. In Italia è segnalata in Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna; in quest’ultima isola, dove ha causato frequenti danni su albicocco, agrumi, vite, pesco, melo, pero ed eucalipto, è stata oggetto di studi fin dalla metà del secolo scorso. In Sicilia orientale è stata rilevata la presenza di gallerie e di adulti su piante di olivo, agrumi, mandorlo e vite in precarie condizioni vegetative. Le femmine del coleottero ovidepongono su essenze spontanee della macchia mediterranea (mirto, lentisco, erica, cisto, ecc.) a spese delle quali le larve, di norma, completano lo sviluppo 32-36 mesi; tuttavia, in condizioni ottimali (vegetazione spontanea percorsa da incendi, notevole disponibilità di legno morto, elevate temperature e siccità nel periodo primaverile-estivo) lo stadio pupale può essere raggiunto anche in 2-4 mesi. Sulle piante ospiti spontanee le infestazioni larvali passano di norma inosservate.

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Potenzialità di riduzione di gas serra dalle risaie

E’ ormai evidente che una reale protezione dell’ambiente si attua a partire da una corretta gestione del suolo. E’ altrettanto noto che una delle emergenze ambientali è rappresentata dall’aumento della concentrazione dei gas serra nell’atmosfera e, quindi, anche l’agricoltura è chiamata a contribuire al contenimento di tali emissioni. I principali gas ad effetto serra emessi dagli ecosistemi agricoli sono l’anidride carbonica (CO2), il metano (CH4) e il protossido di azoto (N2O), che contribuiscono rispettivamente per il 60, 15 e il 5 %, al riscaldamento globale. 
Fra le attività agricole, la coltivazione del riso è causa del 18 % delle emissioni antropogeniche di CH4, prodotto in condizioni di sommersione dalla decomposizione anaerobica della sostanza organica ad opera di microorganismi metanogeni. Recenti studi, tendenti anche a mettere a punto una metodologia per la misura di tali emissioni basata su un protocollo internazionale proposto dall’Università di Davis (California, USA) che prevede il campionamento periodico dei flussi in pieno campo mediante camere chiuse e la successiva analisi gascomatografica, hanno evidenziato che differenti pratiche di gestione idrica dei campi coltivati a riso possono portare a forti differenze nella quantità e nella qualità delle emissioni gassose. 

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POLITICA AGRARIA CERCASI

A fine luglio l’invio a Bruxelles del documento dell’Italia sulle scelte nazionali per l’applicazione della nuova Pac in vigore fino al 2020 ha concluso una fase caratterizzata da discussioni a non finire fra i diversi protagonisti  di ciò che resta della politica agricola italiana. Ora si attendono le parti applicative su cui si sono riaperte le antiche divisioni, ma bisogna fare in fretta, perché mentre a Roma si discute, in tutte le nostre campagne incombono scelte necessariamente legate alla nuova Pac in vigore dal 1° gennaio 2015.
Fra le novità della riforma spicca la facoltà concessa agli stati membri di una certa dose di autonomia su alcuni aspetti applicativi. Questa concessione, che non è la rinazionalizzazione della Pac, non certifica la maturità della Pac, ma è la drammatica prova che l’ampliamento del numero degli stati membri sta conducendo alla paralisi anche la più antica e avanzata politica comune europea. La delega è una deludente ammissione di impotenza. Va in scena  per quella agricola quello che è il dramma di tutte le politiche europee, a partire dalla più rilevante quella economica e monetaria rappresentata dall’euro: il conflitto sempre più acuto fra gli interessi nazionali e quelli sovranazionali
Con la Pac siamo alla quinta tappa, non l’ultima, di un percorso iniziato da 22 anni per passare dal modello della fine degli anni ’50 a quello degli anni’90 che nasce già vecchio perché, di fatto, tiene solo parzialmente conto dei cambiamenti dello scenario agricolo mondiale.

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Malattia del Pinot grigio

Una nuova malattia della vite, denominata provvisoriamente “malattia del Pinot grigio”, è stata recentemente portata all’attenzione del mondo scientifico e degli operatori del settore. 

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Giù le mani dall’agricoltura

Il  piano paesaggistico della Toscana è ormai pronto, dopo un lungo travaglio, e proprio domani scade il termine ultimo per le osservazioni. E’ un documento di 3mila pagine in cui si raccomanda di conservare le antiche colture e, soprattutto, non provvedere  a nuovi sbancamenti per vigneti. La Regione si sente in dovere di intervenire per il fatto che sostiene economicamente l’agricoltura e quindi giudica necessario fornire delle indicazioni. E tuttavia, quel piano solleva molte perplessità anche all’interno della Giunta regionale, senza parlare delle dure critiche mosse da associazioni di coltivatori di opposte sponde politiche e anche da sindaci e assessori. Ma quello che a noi interessa è il giudizio degli storici e di coloro che hanno fatto dell’agricoltura una materia di studio e di ricerca. Ebbene, tutti loro si ribellano all’idea che l’agricoltura debba essere studiata a tavolino non con lo scopo di produrre e dare lavoro, ma piuttosto gradevolezze estetiche, trasformando i contadini in giardinieri. Senza agricoltura non si mangia, dicono chiaro e tondo. E dunque “lasciateci lavorare”, specie in questo periodo di crisi. E non dimentichiamo, soprattutto, che le colline fiorentine, così come le senesi, sono così belle perché abitate e trasformate nei secoli dall’uomo e non certo per  loro “natura”.

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La degenerazione della PAC e la crisi dell’agricoltura europea

All’epoca della stesura del Trattato istitutivo della Comunità economica europea si ritenne opportuno riservare un trattamento differenziato al settore primario rispetto a quello secondario e terziario; infatti, per questi ultimi la previsione era sostanzialmente solo quella di garantire la libera concorrenza e di impedire la creazione di monopoli e di posizioni dominanti che abusassero dei loro vantaggi, nel settore agricolo si stabilì che non  si potessero lasciare dipendere dal libero gioco del mercato i redditi gli agricoltori, numerosi e deboli, oltre che produttori di beni assoggettati al così detto “doppio rischio”, cioè del mercato e del clima.
A causa di tale convinzione il titolo sull’agricoltura del Trattato di Roma fu formulato prevedendo interventi al fine di “incrementare la produttività  dell’agricoltura”, “assicurare così un tenore di vita equo alla popolazione agricola”, “stabilizzare i mercati”, “garantire la sicurezza degli approvvigionamenti” e  “assicurare prezzi ragionevoli nelle consegne ai consumatori” (art. 39 del Trattato CEE). In definitiva, si convenne sull’idea che il settore primario fosse, come ancora è, diverso dagli altri settori produttivi.

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Imbarazzante e inusuale quesito entomologico

Fin da tempi remoti l’uomo ha trovato in vari organismi animali, e in particolare negli insetti, dei formidabili competitori nella conquista di risorse alimentari e per contrastarli, in mancanza di adeguate conoscenze e di validi mezzi di lotta, ricorreva a pratiche magiche o invocava la protezione divina. Nelle religioni politeiste molte divinità assicuravano la protezione contro tali ricorrenti calamità. Il dio Mardok, adorato da Assiri e Babilonesi, era rappresentato sotto forma di mosca o di cavalletta (due dei principali flagelli dell’epoca). L’amuleto del dio Horus proteggeva gli Egizi  da tutti i leoni del deserto, tutti i coccodrilli del fiume, tutti i vermi sia quelli che mordono, sia quelli che pungono. Più “concretamente” alcuni esperti dell’epoca consigliavano di usare il grasso di uccelli insettivori per proteggersi da mosche e vespe. I Greci adoravano Apollo Sminteo (distruttore di roditori) e Parnopio; a quest’ultimo il grande Fidia eresse, a sue spese, una statua di bronzo in ringraziamento dei miracoli compiuti contro le invasioni di locuste. 

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Innovazioni nell’architettura delle trattrici agricole

L’architettura delle trattrici agricole risale agli anni ’20, gli albori della meccanizzazione agricola, ed è rimasta sostanzialmente inalterata.
In pratica la trattrice agricola è un triciclo che appoggia sulle 2 ruote posteriori e sulla cerniera anteriore. La trave è ottenuta dal blocco motore, dalla scatola della trasmissione e del differenziale. E’ sicuramente robusta grazie alle dimensioni generose dei componenti e ha assolto finora egregiamente alle esigenze del sistema agricolo e a quelle costruttive e di economicità dei costruttori.
Rare sono e sono state le eccezioni a questo schema: alcune macchine specifiche per la foraggicoltura alpina (Aebi, Reform … ma già quest’ultima nel momento in cui decide di realizzare macchine più versatili, adatte per l’intero ventaglio delle operazioni agricole, passa allo schema tradizionale). Lo stesso percorso venne seguito da Pavesi, genio della meccanica agraria, che dopo aver realizzato nel 1916 le P2 e P4 a telaio snodato e ruote isodiametriche, pietra miliare dell’ingegneria agraria, poi riprese dai costruttori americani negli anni ’70, nel progettare i trattorini Motomeccanica Balilla, opta per la soluzione a trave longitudinale appoggiata su 3 punti.

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La Qualità attraverso la filiera alimentare per la garanzia della sicurezza e della soddisfazione del consumatore.

Parlare di Qualità alimentare al giorno d’oggi è quanto mai attuale, anche se, essendo un tema molto ampio, si rischia di generalizzarlo e quindi banalizzarlo.
Studiosi e ricercatori hanno classificato numerosi tipi di Qualità, ma l’ISO (International Standard Organization) ne ha classificati 5: Percepita, Progettata, Realizzata, Attesa e Comparata.
La Qualità e la Sicurezza Alimentare sono spesso visti come dei prerequisiti scontati.
In un mondo che va verso la globalizzazione da un lato e dall’altro deve affrontare ricorrenti crisi economiche, è necessario invece porre la massima attenzione per  garantire e assicurare i consumatori offrendo loro prodotti sicuri, buoni  e sostenibili.
Le aziende alimentari devono ogni giorno fronteggiare e gestire attraverso tutta la filiera alimentare, rischi che vengono  prevenuti, gestiti, minimizzati e annullati solo grazie ai più severi e rigorosi  controlli che vengono poi certificati da enti di terza parte.

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Scelte “politiche” e finanziamenti per la ricerca

A volte i problemi non derivano da mancanza di soldi, ma da scelte sbagliate sulla loro utilizzazione.

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Il pecorino Toscano e Sardo, due esperienze a confronto

Gli studi condotti sugli animali e sull’uomo hanno dimostrato che il consumo costante dei pecorini toscano e sardo ottenuti da pecore al pascolo provoca una significativa riduzione della colesterolemia e un abbassamento di importanti fattori pro-infiammatori. 

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Il carbone è ancora una fonte energetica essenziale per il futuro ma un pericolo per l’ambiente e la salute

La prospettiva di ulteriore crescita deve preoccupare, in quanto non va dimenticato che, oggi, dal consumo di carbone deriva oltre il 44% delle emissioni totali di gas serra. Oltre agli effetti sul cambiamento climatico, l’inquinamento atmosferico, secondo l’ultimo rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità  (Oms), provoca ogni anno nel mondo la morte di sette milioni di persone. C’è quindi da augurarsi che a guidare le scelte energetiche dei singoli paesi non sia la sola ragione economica. Scelte che dovrebbero portare, non solo al divieto di costruire nuove centrali a carbone, ma anche allo spegnimento di quelle ritenute pericolose per la salute e per l’ ambiente.
In proposito, si richiama ciò che è avvenuto a Savona, dove il gip, nel marzo di quest’anno, ha disposto il sequestro della centrale elettrica a carbone Tirreno Power di Vado Ligure (foto), in attività da 30 anni. Il gip ha richiesto lo spegnimento delle due unità alimentate a carbone, ciascuna da 330 MW di potenza, con un’ordinanza che fa riferimento al nesso di casualità tra le emissioni, le morti e le patologie. Tale nesso è negato dall’azienda che sostiene la tesi della mancanza di prove. Per contro, Amministratori locali e Comitati di cittadini, da anni denunciano l’inquinamento provocato dalla centrale e le sue ricadute nefaste sulla salute dei cittadini.

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L'urbanistica, la pianificazione e il paesaggio agrario

L’ Accademia dei Georgofili ha aperto un serio dibattito sul paesaggio “toscano”, sui problemi della sua conservazione e sulla libera imprenditorialità della olivicoltura e della viticoltura. Meritoriamente, da anni ha promosso incontri di studio specialistici sul problema, ponendo a confronto gli addetti ai lavori e i tecnici preposti alla redazione dei “piani strutturali” e dei “regolamenti urbanistici”. 
Per avvicinarci responsabilmente al problema, tenendo lontano approssimazione professionale ed emotività, credo che occorra riandare alla radice del contendere. Radice che, purtroppo, si è dimenticato, sta anche nella querelle sul distinguo disciplinare (e ideologico) tra urbanistica e pianificazione urbanistica. Già alla fine degli anni Settanta, nelle facoltà di architettura, si profilò e poi si determinò un allontanamento dall'insegnamento dell'urbanistica quale disciplina che studiava la formazione, la trasformazione e il funzionamento dei centri abitati, proponendone il rinnovamento e la crescita. La progressiva politicizzazione della materia – propria di quegli anni – introdusse la pianificazione, come “centralizzazione delle scelte strategiche del sistema economico”; concetto traslato, tout court, al territorio, da cui la “pianificazione territoriale” di cui si caratterizza l'ultimo PIT (Piano di indirizzo territoriale) della Toscana, di cui si discute in questi giorni.

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Utilità di coesione e partecipazione nella governance territoriale

Il massimo sarebbe arrivare a forme moderne di governance territoriale, dove le decisioni maturano in un contesto decisionale allargato e consapevole, senza per questo che siano disconosciute le sedi istituzionali deputate. Il “trucco” starebbe nella forza della coesione che sottende alle decisioni prese e agli indirizzi imboccati.

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La grande guerra e l’agricoltura

Si moltiplicano le manifestazioni – trasmissioni radiofoniche e televisive, articoli sui quotidiani, visite commemorative, ecc – in occasione del centenario dell’inizio della grande guerra, in cui l’Italia nel 1914 non era ancora entrata.
L’attenzione va, giustamente, agli aspetti militari, ai caduti, agli atti di eroismo, alla politica, ai rapporti tra stati, ecc. Assente è stato finora l’aspetto agricolo ed alimentare.

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Il Caciocavallo

Il Caciocavallo, prodotto in gran parte dell’Italia Meridionale, è un formaggio di grande pregio che alcuni gourmand ritengono tra i migliori d’Italia. Ha antiche tradizioni nelle regioni del Regno delle Due Sicilie ciascuna delle quali oggi lo reclama come suo; lo stretto legame con le risorse ambientali dei paesaggi nei quali è realizzato costituisce parte integrante della qualità percepita (soggettiva). Gli aromi e i sapori variano con il territorio e le tipologie rispecchiano le tradizioni dell’area di provenienza; il Caciocavallo podolico in Puglia e Basilicata, ilCaciocavallo Ragusano e quello di Godrano in Sicilia, ilCaciocavallo Silano in Calabria e Campania, il Caciocavallo di Agnone nel Molise. L’origine è attribuita a pastori mongoli che lo preparavano con latte di cavalla, ma il nome ha derivazioni incerte; per taluni origina dal kashcavaal degli slavi, ma è più plausibile l’ipotesi che lo collega all’usanza di legare due forme del formaggio ed appenderle "a cavallo" di una trave. Anche la lavorazione ha la sua parte: più bravo il casaro, più buono è il caciocavallo.
E’ ottenuto con il latte dei bovini autoctoni allevati in condizioni e con tecnologie vicine alla condizione naturale (a sistema estensivo); riconosciuto DOP nel 1996, è poco usato in cucina, ma è eccellente a tavola a fine pasto o per antipasti ed aperitivi, mitigandone la forza con miele o marmellate. Il sapore, delicato nel fresco, più intenso e piccante nello stagionato, deriva dalle essenze del pascolo trasferite nel latte, ma anche dal caglio conservato con bucce di aranci o limoni. 

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Libero accesso al DNA del riso: un aiuto per sfamare il mondo

Lo scorso 25 maggio era la giornata mondiale degli “affamati”, quasi un miliardo di persone che ancora oggi non dispongono di cibo in quantità e qualità sufficiente. È proprio in questo giorno che sono state rese disponibili le sequenze di DNA di circa 3000 varietà diverse di riso, provenienti da 89 Stati diversi.
Il progetto che ha portato questo risultato si chiama “3000 Rice Genome” ed è il frutto della collaborazione di importanti accademie e istituti del Sud-Est asiatico come l’Istituto Internazionale di Ricerca sul Riso (IRRI), che conserva i semi di tutte le linee sequenziate. Questo sforzo immenso, finanziato dal Ministero di scienza e tecnologia cinese e della Fondazione di Bill Gates, ha permesso di individuare più di 18 milioni di polimorfismi, ovvero piccolissime differenze genetiche, ai quali potrebbero corrispondere delle caratteristiche interessanti. 
L’obiettivo dell’iniziativa, infatti, è quella di utilizzare ogni informazione ricavata dalla genetica per migliorare pratiche agricole e colture come il riso, alimento principale di circa metà della popolazione mondiale.
Il primo sequenziamento del riso è stato a metà degli anni 2000, ma pochi sono stati i miglioramenti delle tecniche agricole e delle varietà di riso perché molti geni interessanti sono presenti solo in alcune varietà tradizionali e un singolo genoma non permette di trovare tutta la diversità genetica del riso. 
La recente scoperta è invece di importanza fondamentale se si ricorda che, dato l’incessante aumento della popolazione e il cambiamento climatico, sarà necessario un aumento di produzione di circa il 25% da qui al 2030, selezionando e creando piante che possano resistere alla siccità. Una delle chiavi per affrontare queste sfide è scoprire quale parte di DNA permetterebbe alla pianta di sopravvivere alle alte temperature. L'accesso ai dati di 3.000 genomi aumenterà enormemente le potenzialità dei programmi di miglioramento delle piante per superare gli ostacoli per l’umanità nel prossimo futuro. 

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Imprese e Paesaggio Agricolo

La reazione manifestata dai viticoltori toscani nei confronti della nuova Legge regionale di pianificazione territoriale merita ogni attenzione e apprezzamento. Non riguarda solo la viticoltura, ma tutta l’agricoltura che è fatta da imprese (piccole, medie o grandi che siano).
La invadente urbanizzazione e disastrosa cementificazione in atto nelle campagne dovrebbe già far riflettere sulla opportunità di affidare a valutazioni solo urbanistiche e alle decisioni dei sindaci l’imposizione di “prescrizioni” su qualsiasi scelta innovatrice e competitiva delle imprese agricole.
Dietro il paravento pretestuoso del paesaggio, si introducono possibilità di attuare miopi dirigismi ispirati a vecchie impostazioni burocratiche e, a volte, solo clientelari.

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Variabilità genetica e tipicità delle popolazioni di “Prosecco”

Il “Gruppo di Genetica" dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino, in collaborazione con i laboratori del CRA-VIT di Conegliano, ha condotto alcune ricerche sulla variabilità delle popolazioni del vitigno Prosecco, utilizzando metodologie molecolari innovative.

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Meccanizzazione agricola e gestione sostenibile del suolo

E’ ormai noto che la degradazione del suolo è da imputare per lo più a un uso non corretto dello stesso e a pratiche agricole non sempre sostenibili. Il compattamento del suolo, ad esempio, è ritenuto il principale processo di degradazione di un’area di 33 milioni di ha in Europa, nella quale il 32% e il 18% dei suoli sono ritenuti, rispettivamente, altamente e moderatamente vulnerabili. Purtroppo, a causa dell’uso di macchinari sempre più potenti e pesanti, il compattamento del suolo sembra destinato ad aumentare e, di conseguenza, i processi erosivi. 

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L'Africa e la corsa alla terra: lo statu quo è inaccettabile

La "gold rush" ottocentesca sembra oggi sostituita da una febbrile ricerca di terre da mettere a coltivazione che pervade varie aree del mondo, ma in particolare il continente africano. E' questo l'argomento al quale il numero di Luglio di National Geographic Italia, ha riservato un lungo servizio nell'ambito della serie, già precedentemente ricordata in queste News, dedicata al Futuro del cibo; servizio più lungo dei precedenti e con la solita eccezionale documentazione fotografica. L'Africa è a un punto di svolta e la rivista analizza in particolare il caso del Mozambico, dove alcune grandi compagnie, con la compiacenza dei governi, favorirebbero forti investimenti stranieri a discapito degli agricoltori locali. Tutto ciò viene vissuto come un momento decisivo dell'agricoltura globale, ovvero la trasformazione dell'Africa subsahariana, da area marginale a nuova terra promessa. D'altra parte l'Africa è ancora una delle poche aree del pianeta dove vi sono milioni di ettari di terra pressoché incolta e grande disponibilità di acqua; ma in quel continente una "rivoluzione verde" non è mai avvenuta e quindi le rese unitarie sono ancora fortemente al di sotto delle medie mondiali. I guai endemici dell'Africa, a lungo rappresentati da assenza o quasi di infrastrutture, da mercati molto deboli, da governi instabili, guerre continue, mancato accesso al credito, si sono solo recentemente attenuati e ora, sia la Banca Mondiale sia vari paesi hanno cominciato a investire in agricoltura. D'altra parte sarà proprio qui che si realizzerà nei prossimi 40 anni quel salto demografico che porterà la popolazione dell'Africa subsahariana a oltre due miliardi di persone dal miliardo attuale, contribuendo così massicciamente al problema dell'alimentazione globale. La rivista affronta il problema di chi sarà il soggetto primo di questa rinascita agricola: i piccoli agricoltori o le multinazionali. In altre parole, se lo sviluppo di questo continente ha bisogno di enormi capitali privati, non si configurerà un nuovo "imperialismo agricolo"? Molti esperti di sviluppo agricolo ritengono che adeguate infrastrutture e tecnologie potrebbero aiutare molto il continente solo in caso in cui si arrivi a una stretta collaborazione tra i grandi progetti e i piccoli coltivatori. Focalizzando sul Mozambico, J.K. Bourne, autore del servizio, mette in risalto che l'accordo raggiunto dal governo di quel paese, con Brasile e Giappone, prevede la coltivazione industriale di soia su 14 milioni di ettari (ricordiamo che tale superficie è superiore a quella che l'intera Italia destina alle coltivazioni). A fronte di questi accordi, vi sono iniziative che rappresentano un' alternativa alla produzione su vasta scala, tramite la consegna, a ciascun contadino, di 5 ettari di soia in modo da consentire loro di non perdere la terra e guadagnare a sufficienza; i contadini ricevono anche periodiche visite da parte di tecnici per i vari aspetti agronomici e gestionali. Continuando in queste esemplificazioni, l'articolo ricorda anche il bananeto impiantato nei dintorni di Maputo, che ha ormai raggiunto i 1400 ettari di superfice ed è di un solo proprietario. Ma ciò che colpisce di più è la fine del servizio: dove dopo aver ripetuto che gli esperti FAO ritengono indispensabile l'immissione massiccia di capitali privati e tecnologie per riuscire a dare cibo ai due miliardi di persone in più che nel 2050 si aggiungeranno agli attuali, si dà voce a contadini africani in evidente condizione di povertà, che praticano ancora un' agricoltura primordiale, per sapere se accetterebbero di lavorare in una grande fattoria. 

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Gli alberi in città valgono molto di più di quanto costano

Gli alberi sono il bene principale delle nostre città. Questa affermazione può sembrare ovvia ma, mentre i costi di gestione e gli eventuali danni attribuiti agli alberi sono ampiamente noti, i benefici che essi forniscono sono spesso poco conosciuti o sottostimati. 
Negli ultimi anni il numero di alberi in molte città è generalmente diminuito, in particolare con la perdita di spazi aperti di proprietà privata. In uno scenario di cambiamento climatico, è preoccupante che gli spazi aperti pubblici e privati siano minacciati dalla “riqualificazione urbana” e dallo sviluppo, che mettono a rischio la sostenibilità a lungo termine. In molte di queste situazioni non vi è sufficiente spazio (sia per l’espansione della chioma, sia, soprattutto, per la sviluppo di un adeguato apparato radicale) per l'impianto di alberi di grandi dimensioni e così le opportunità per massimizzare il ruolo della vegetazione nel migliorare l'effetto isola di calore, stoccare la CO2, abbattere la concentrazione d’inquinanti (specialmente PMx), ridurre la velocità del vento, proteggere gli edifici e, conseguentemente, ridurre il consumo di energia, sono notevolmente ridotte. Non solo: la regolazione del clima, la gestione delle piogge violente, la purificazione dell’acqua e l’incremento della biodiversità ne risulterebbero penalizzate.
È perciò naturale interrogarsi non solo riguardo alla fattibilità economica di certe politiche di sviluppo, se così le possiamo chiamare, ma anche sulla loro sostenibilità ambientale a lungo termine. Gli alberi forniscono, infatti, numerosi servizi economici ed ecologici per la società. Si tratta di servizi ecosistemici che giustificano l’investimento di risorse come il lavoro, l'energia e l'acqua; questi servizi sono i contributi diretti e indiretti degli ecosistemi al benessere umano e sostengono direttamente o indirettamente la nostra sopravvivenza e la qualità della vita. 

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Per tutelare veramente i reali paesaggi agricoli

Solo agli inizi del 2000 la nostra legislazione ha introdotto, con il Codice Urbani, anche una generalizzata “tutela del paesaggio agricolo”(fino ad allora giustamente esclusa). Ma quel Codice non parla e non chiede una “conservazione dello stato in essere" degli innumerevoli paesaggi delle nostre campagne. Tanto meno pretende di mantenerne per sempre inalterate le specie e le tecniche. Quelle direttive avrebbero meritato di essere subito interpretate correttamente, come intento di conservare la “destinazione d’uso” dei terreni agricoli, frenandone la continua riduzione e mantenendo utili coltivazioni, quale presupposto essenziale per averne i paesaggi. Certamente non poteva e non intendeva impedire agli imprenditori agricoli di continuare a operare con proprie libere scelte degli indirizzi produttivi, ai quali sono connessi costi e rischi a loro esclusivo carico. Solo così avrebbe senso e sarebbe possibile una “tutela dei paesaggi agricoli”, quale espressione di una agricoltura reale e attiva, che da millenni è stata sempre variabile nello spazio e nel tempo e che non potrà mai smettere di evolversi, con spirito imprenditoriale competitivo e sotto la spinta delle innovazioni offerte dai progressi scientifici, sempre più rapidi.
Sia quindi chiaro che, per conservare un reale paesaggio agricolo, bisognerebbe preservare tutti i terreni coltivabili finora rimasti e salvare la libera imprenditorialità degli agricoltori.
I comportamenti che il nostro Paese sta manifestando nei confronti della propria agricoltura appaiono invece incoerenti nei confronti dell’apprezzato e lungimirante richiamo di EXPO 2015 alla necessità di "nutrire il pianeta". Tutti sono chiamati a contribuire alla produzione degli alimenti indispensabili all'intera umanità e la cui unica fonte, fino a prova contraria, è l'agricoltura. Nessuno dovrebbe quindi sottrarsi a questo impegno, disattendendolo nel proprio Paese, anche attraverso l'applicazione, ad esempio, di assurdi interventi di pianificazione con la scusa di tutelare i paesaggi rurali. 

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