Notiziario

Imprese e Paesaggio Agricolo

La reazione manifestata dai viticoltori toscani nei confronti della nuova Legge regionale di pianificazione territoriale merita ogni attenzione e apprezzamento. Non riguarda solo la viticoltura, ma tutta l’agricoltura che è fatta da imprese (piccole, medie o grandi che siano).
La invadente urbanizzazione e disastrosa cementificazione in atto nelle campagne dovrebbe già far riflettere sulla opportunità di affidare a valutazioni solo urbanistiche e alle decisioni dei sindaci l’imposizione di “prescrizioni” su qualsiasi scelta innovatrice e competitiva delle imprese agricole.
Dietro il paravento pretestuoso del paesaggio, si introducono possibilità di attuare miopi dirigismi ispirati a vecchie impostazioni burocratiche e, a volte, solo clientelari.

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Variabilità genetica e tipicità delle popolazioni di “Prosecco”

Il “Gruppo di Genetica" dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino, in collaborazione con i laboratori del CRA-VIT di Conegliano, ha condotto alcune ricerche sulla variabilità delle popolazioni del vitigno Prosecco, utilizzando metodologie molecolari innovative.

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Meccanizzazione agricola e gestione sostenibile del suolo

E’ ormai noto che la degradazione del suolo è da imputare per lo più a un uso non corretto dello stesso e a pratiche agricole non sempre sostenibili. Il compattamento del suolo, ad esempio, è ritenuto il principale processo di degradazione di un’area di 33 milioni di ha in Europa, nella quale il 32% e il 18% dei suoli sono ritenuti, rispettivamente, altamente e moderatamente vulnerabili. Purtroppo, a causa dell’uso di macchinari sempre più potenti e pesanti, il compattamento del suolo sembra destinato ad aumentare e, di conseguenza, i processi erosivi. 

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L'Africa e la corsa alla terra: lo statu quo è inaccettabile

La "gold rush" ottocentesca sembra oggi sostituita da una febbrile ricerca di terre da mettere a coltivazione che pervade varie aree del mondo, ma in particolare il continente africano. E' questo l'argomento al quale il numero di Luglio di National Geographic Italia, ha riservato un lungo servizio nell'ambito della serie, già precedentemente ricordata in queste News, dedicata al Futuro del cibo; servizio più lungo dei precedenti e con la solita eccezionale documentazione fotografica. L'Africa è a un punto di svolta e la rivista analizza in particolare il caso del Mozambico, dove alcune grandi compagnie, con la compiacenza dei governi, favorirebbero forti investimenti stranieri a discapito degli agricoltori locali. Tutto ciò viene vissuto come un momento decisivo dell'agricoltura globale, ovvero la trasformazione dell'Africa subsahariana, da area marginale a nuova terra promessa. D'altra parte l'Africa è ancora una delle poche aree del pianeta dove vi sono milioni di ettari di terra pressoché incolta e grande disponibilità di acqua; ma in quel continente una "rivoluzione verde" non è mai avvenuta e quindi le rese unitarie sono ancora fortemente al di sotto delle medie mondiali. I guai endemici dell'Africa, a lungo rappresentati da assenza o quasi di infrastrutture, da mercati molto deboli, da governi instabili, guerre continue, mancato accesso al credito, si sono solo recentemente attenuati e ora, sia la Banca Mondiale sia vari paesi hanno cominciato a investire in agricoltura. D'altra parte sarà proprio qui che si realizzerà nei prossimi 40 anni quel salto demografico che porterà la popolazione dell'Africa subsahariana a oltre due miliardi di persone dal miliardo attuale, contribuendo così massicciamente al problema dell'alimentazione globale. La rivista affronta il problema di chi sarà il soggetto primo di questa rinascita agricola: i piccoli agricoltori o le multinazionali. In altre parole, se lo sviluppo di questo continente ha bisogno di enormi capitali privati, non si configurerà un nuovo "imperialismo agricolo"? Molti esperti di sviluppo agricolo ritengono che adeguate infrastrutture e tecnologie potrebbero aiutare molto il continente solo in caso in cui si arrivi a una stretta collaborazione tra i grandi progetti e i piccoli coltivatori. Focalizzando sul Mozambico, J.K. Bourne, autore del servizio, mette in risalto che l'accordo raggiunto dal governo di quel paese, con Brasile e Giappone, prevede la coltivazione industriale di soia su 14 milioni di ettari (ricordiamo che tale superficie è superiore a quella che l'intera Italia destina alle coltivazioni). A fronte di questi accordi, vi sono iniziative che rappresentano un' alternativa alla produzione su vasta scala, tramite la consegna, a ciascun contadino, di 5 ettari di soia in modo da consentire loro di non perdere la terra e guadagnare a sufficienza; i contadini ricevono anche periodiche visite da parte di tecnici per i vari aspetti agronomici e gestionali. Continuando in queste esemplificazioni, l'articolo ricorda anche il bananeto impiantato nei dintorni di Maputo, che ha ormai raggiunto i 1400 ettari di superfice ed è di un solo proprietario. Ma ciò che colpisce di più è la fine del servizio: dove dopo aver ripetuto che gli esperti FAO ritengono indispensabile l'immissione massiccia di capitali privati e tecnologie per riuscire a dare cibo ai due miliardi di persone in più che nel 2050 si aggiungeranno agli attuali, si dà voce a contadini africani in evidente condizione di povertà, che praticano ancora un' agricoltura primordiale, per sapere se accetterebbero di lavorare in una grande fattoria. 

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Efficienza delle trattrici agricole e soluzioni ibride

L’innovazione è radicale e richiede competenze ed esperienze non ancora presenti nell’ambito dei costruttori di trattrici agricole. Sono, pertanto, prevedibili e auspicabili accordi di collaborazione, o di partnership fra i grandi players mondiali dei mondi agricolo e automobilistico che potranno cambiare il quadro della produzione delle macchine agricole. 

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Il Canestrato pugliese

La storia del Canestrato è legata alle razze ovine insediate da secoli nelle zone meno fertili della Puglia; rappresenta la tradizione tramandata dalla transumanza delle greggi Gentili di Puglia dalle pianure del Tavoliere alle montagne dell'Abruzzo, dove stanziavano in estate ed i pastori vi confezionavano le fiscelle, cioè i canestri di giunco dai quali ha preso il nome. Giustino Fortunato raccomandava “Se tu puoi pecora bella in estate alla Maiella e d’inverno a Pantanella” (nel foggiano). Pane e cacio è una antica abitudine dei pastori, che utilizzavano i formaggi come merce di scambio con le genti dei campi ed i pescatori. Fino alla fine dell’800, i pastori preparavano il Canestrato con il latte che si produceva al piano da dicembre a maggio, ma particolarmente gustosi sono i formaggi maggenghi (legna e formaggio, mese di maggio) che assicurano anche un importante ruolo salutistico. 

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Gli alberi in città valgono molto di più di quanto costano

Gli alberi sono il bene principale delle nostre città. Questa affermazione può sembrare ovvia ma, mentre i costi di gestione e gli eventuali danni attribuiti agli alberi sono ampiamente noti, i benefici che essi forniscono sono spesso poco conosciuti o sottostimati. 
Negli ultimi anni il numero di alberi in molte città è generalmente diminuito, in particolare con la perdita di spazi aperti di proprietà privata. In uno scenario di cambiamento climatico, è preoccupante che gli spazi aperti pubblici e privati siano minacciati dalla “riqualificazione urbana” e dallo sviluppo, che mettono a rischio la sostenibilità a lungo termine. In molte di queste situazioni non vi è sufficiente spazio (sia per l’espansione della chioma, sia, soprattutto, per la sviluppo di un adeguato apparato radicale) per l'impianto di alberi di grandi dimensioni e così le opportunità per massimizzare il ruolo della vegetazione nel migliorare l'effetto isola di calore, stoccare la CO2, abbattere la concentrazione d’inquinanti (specialmente PMx), ridurre la velocità del vento, proteggere gli edifici e, conseguentemente, ridurre il consumo di energia, sono notevolmente ridotte. Non solo: la regolazione del clima, la gestione delle piogge violente, la purificazione dell’acqua e l’incremento della biodiversità ne risulterebbero penalizzate.
È perciò naturale interrogarsi non solo riguardo alla fattibilità economica di certe politiche di sviluppo, se così le possiamo chiamare, ma anche sulla loro sostenibilità ambientale a lungo termine. Gli alberi forniscono, infatti, numerosi servizi economici ed ecologici per la società. Si tratta di servizi ecosistemici che giustificano l’investimento di risorse come il lavoro, l'energia e l'acqua; questi servizi sono i contributi diretti e indiretti degli ecosistemi al benessere umano e sostengono direttamente o indirettamente la nostra sopravvivenza e la qualità della vita. 

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Per tutelare veramente i reali paesaggi agricoli

Solo agli inizi del 2000 la nostra legislazione ha introdotto, con il Codice Urbani, anche una generalizzata “tutela del paesaggio agricolo”(fino ad allora giustamente esclusa). Ma quel Codice non parla e non chiede una “conservazione dello stato in essere" degli innumerevoli paesaggi delle nostre campagne. Tanto meno pretende di mantenerne per sempre inalterate le specie e le tecniche. Quelle direttive avrebbero meritato di essere subito interpretate correttamente, come intento di conservare la “destinazione d’uso” dei terreni agricoli, frenandone la continua riduzione e mantenendo utili coltivazioni, quale presupposto essenziale per averne i paesaggi. Certamente non poteva e non intendeva impedire agli imprenditori agricoli di continuare a operare con proprie libere scelte degli indirizzi produttivi, ai quali sono connessi costi e rischi a loro esclusivo carico. Solo così avrebbe senso e sarebbe possibile una “tutela dei paesaggi agricoli”, quale espressione di una agricoltura reale e attiva, che da millenni è stata sempre variabile nello spazio e nel tempo e che non potrà mai smettere di evolversi, con spirito imprenditoriale competitivo e sotto la spinta delle innovazioni offerte dai progressi scientifici, sempre più rapidi.
Sia quindi chiaro che, per conservare un reale paesaggio agricolo, bisognerebbe preservare tutti i terreni coltivabili finora rimasti e salvare la libera imprenditorialità degli agricoltori.
I comportamenti che il nostro Paese sta manifestando nei confronti della propria agricoltura appaiono invece incoerenti nei confronti dell’apprezzato e lungimirante richiamo di EXPO 2015 alla necessità di "nutrire il pianeta". Tutti sono chiamati a contribuire alla produzione degli alimenti indispensabili all'intera umanità e la cui unica fonte, fino a prova contraria, è l'agricoltura. Nessuno dovrebbe quindi sottrarsi a questo impegno, disattendendolo nel proprio Paese, anche attraverso l'applicazione, ad esempio, di assurdi interventi di pianificazione con la scusa di tutelare i paesaggi rurali. 

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Prospettive agricole OCSE-FAO 2014-2023

L’11 luglio u.s. è stato presentato il rapporto OCSE-FAO sulle prospettive agricole 2014-2023. I prezzi internazionali delle principali colture sono scesi significativamente rispetto ai livelli storici. Questa tendenza è, in gran parte, dovuta ai raccolti eccezionali dell’ultima campagna. All’opposto, i prezzi della carne e dei prodotti lattiero caseari hanno raggiunto livelli storicamente alti perché nel 2013, le produzioni non hanno soddisfatto le aspettative. 

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Drosophila suzukii: finalmente un motivo di speranza per contenerne la dannosità

La speranza di un prossimo graduale ridimensionamento del problema sembra abbia trovato la luce grazie ai risultati di ricerche bio-ecologiche, svolte dalla Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige in collaborazione con l’Università dell’Oregon (USA)

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Il progetto RHEA per la distribuzione mirata di agrofarmaci: risultati e acquisizioni

Negli ultimi anni si stanno sempre più diffondendo e sviluppando nuove tecnologie che aiutano a gestire in maniera precisa sia le superfici agricole che quelle forestali. Queste innovazioni vengono normalmente incluse all’interno del concetto più ampio di “Agricoltura di Precisione”, che consiste nella gestione agronomica differenziata del terreno considerandone la variabilità spaziale. Inoltre l’impiego di sistemi autonomi (robot) costituisce un ulteriore passo avanti nell’ambito di questa tendenza ad una automatizzazione dell’agricoltura, per cui è ipotizzabile prevedere che in un prossimo futuro nel settore della meccanizzazione agricola si assisterà a una vera e propria rivoluzione, supportata da macchine di questo tipo. 
In questo contesto, dal 2010 al 2014, è stato realizzato un progetto di ricerca denominato RHEA (Robot Fleets for Higly Effective Agriculture and Forestry Management), finanziato nell’ambito del Settimo Programma Quadro dell’UE. 

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Nuove importanti scoperte sul genoma del frumento, grazie a ricercatori italiani

Il Consorzio Internazionale Sequenziamento Genoma Frumenti, di cui fa parte il Progetto italiano "MAPPA Fisica del Cromosoma 5A", finanziato interamente dal MiPAAF, ha prodotto risultati di alta qualità scientifica. 
Pochi giorni fa la prestigiosa rivista SCIENCE ha pubblicato il lavoro, riservando anche la copertina, "A chromosome-based sequence of the exaploid bread wheat (Triticum aestivum) genome" che rappresenta la prima bozza della sequenza del genoma del frumento tenero, realizzata attraverso la separazione ed il parziale sequenziamento di ciascuno dei 21 cromosomi.
Il frumento ha un genoma con una dimensione pari a cinque volte il genoma umano e a quaranta volte quello del riso. Diversi gruppi, a livello mondiale, hanno partecipato alla ricerca, e tra questi quattro ricercatori CRA - Faccioli, Colaiacovo, Stanca, Cattivelli - hanno contribuito alla scoperta di piccole molecole di RNA -microRNA- capaci di regolare l'espressione di geni di interesse agronomico.
Questo lavoro contiene nuove scoperte sulla struttura, sull’organizzazione e sull’evoluzione del genoma della specie più coltivata al mondo, descrivendo i geni del frumento e la loro distribuzione sui cromosomi e fornendo inoltre indicazioni per sviluppare un numero - di fatto illimitato - di marcatori molecolari, che sono lo strumento fondamentale per accelerare il miglioramento genetico del frumento.

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Non nel nome della scienza!

Riportiamo il testo della lettera che è stata inviata pochi giorni fa al Senato da parte di un nutrito gruppo di Accademie e Società Scientifiche (tra cui anche i Georgofili), in rappresentanza di circa 20.000 ricercatori, in occasione della discussione del DDL 1541 per la conversione in legge del decreto Campolibero.

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Una proposta di legge quadro per la protezione e gestione sostenibile del suolo

Il 13 Maggio u.s. è stata presentata presso l’Aula dei Gruppi Parlamentari di Via di Campo Marzio a Roma, con il patrocinio del Senato della Repubblica, il disegno di legge quadro (ddl 1181) per la protezione e la gestione sostenibile del suolo, promosso dall’Associazione Italiana Società Scientifiche Agrarie (AISSA) e che ha visto il forte coinvolgimento della Società Italiana di Pedologia (SIPE) e della Società Italiana della Scienza del Suolo (SISS).

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Produzioni animali e problemi etici

La domanda è: dobbiamo orientarci verso le esigenze dell’uomo o verso quelle dell’animale? 
Le teorie sul rapporto uomo-animale sono tre:
- principio antropologico (ego-centrismo): promozione e difesa della vita e della salute dell’uomo 
- principio ecologico (eco-centrismo): salvaguardia dell’equilibrio ambientale 
- principio biologico (bio-centrismo): salvaguardia della diversità biologica e del benessere animale
Tutte le società si sono fondate e si fondano sull’egoismo: ricerca delle condizioni ottimali per la propria sopravvivenza. In carenza di risorse primarie non si dà attenzione al benessere animale; solo dopo aver assicurato questo obbiettivo vi è spazio per l’altruismo sincero, salvaguardia dell’ambiente e benessere animale, o di comodo, ambiente e benessere animale che assicurino prodotti di qualità migliore. Sia per l’uomo che per l’animale la prima domanda che ci poniamo è: il benessere è legato ai desideri (quello che vorremmo avere) o ai bisogni(quello che ci necessita)? Per l’uomo, il benessere è libertà dai bisogni primari (dalla fame), dai disagi e dalle preoccupazioni, dalle guerre. 
Vi sono conflitti tra benessere dell’uomo e benessere dell’animale? 

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Produzione e commercio mondiale di oli di oliva nel 2013-2014

Il Consiglio Oleicolo Internazionale ha presentato le stime relative all’ultimo anno. 
La produzione mondiale sarebbe cresciuta a 3,1 milioni di tonnellate (dai 2,4 dell’anno precedente). La sola Spagna registrerebbe un incremento del 187%, non solo per un più favorevole andamento climatico, ma anche per un aumento delle superfici coltivate a olivo ( 2,5 milioni di ettari, di cui 600 mila irrigati), con impianti fortemente intensivi, ad alta produttività e bassi costi. L’Italia avrebbe invece ridotto la propria produzione del 16%. 
prezzi medi sono quasi ovunque calati. L’offerta spagnola ha condizionato i mercati. In Italia gli oli di oliva extravergini a fine maggio avrebbero registrato prezzi medi di 3,6 €/Kg, quando in Spagna erano di 2 €/Kg e in Tunisia di 2,3 €/Kg. 
Gli scambi commerciali mondiali di oli di oliva si sarebbero ridotti, mentre le giacenze sarebbero invece aumentate del 17%.
Le importazioni sarebbero diminuite quasi ovunque: del 28% in Cina, del 12% in Brasile, del 7,9% in Australia, del 7% negli USA, del 4% nel Canada.
Si richiama l’attenzione su queste stime perché inducono a fare doverose riflessioni, anche generali sulla evoluzione della olivicoltura mondiale. 

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Gian Piero Maracchi è il nuovo Presidente dell’Accademia dei Georgofili

Gian Piero Maracchi è il nuovo Presidente dell’Accademia dei Georgofili. Il risultato delle elezioni è emerso oggi pomeriggio nel corso di un’ Assemblea generale del Corpo accademico. Maracchi, già Vicepresidente dei Georgofili, diventa così il ventunesimo Presidente e subentra a Franco Scaramuzzi, che ha dato le dimissioni il mese scorso dopo 28 anni di guida dell’Accademia.
Climatologo di fama internazionale, molto noto al pubblico, Maracchi è Professore Emerito di Agrometeorologia e Climatologia della Università di Firenze ed ha pubblicato oltre 450 lavori scientifici su qualificate riviste nazionali ed internazionali e numerosi libri. Ha svolto e svolge tutt’ora importanti incarichi, sia a livello scientifico che manageriale, quali: Fondatore e Direttore dell’Istituto di Biometeorologia del CNR, Segretario Scientifico del Comitato nazionale di Consulenza per le Scienze Agrarie del CNR, Fondatore  e Responsabile del Master in Meteorologia e Climatologia Applicate della Università di Firenze, Fondatore e Direttore del Regional Meteorological Training Centre della World Meteorological Organisation (Ginevra), Membro del Consiglio Scientifico del Piano Spaziale Italiano, Delegato Italiano per i Programmi dell’Ambiente della DG-XII - U.E (Bruxelles), Promotore e Presidente della Fondazione per il Clima e la Sostenibilità, Fondatore e Presidente dell’Osservatorio dei Mestieri d’Arte delle Fondazioni Bancarie della Toscana, Fondatore e Presidente del Laboratorio per la meteorologia e la sostenibilità ambientale - LAMMA, Presidente dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze.

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Il kiwi in Calabria: le problematiche del post-raccolta

Il successo dell’Actinidia nella piana di Gioia Tauro, in sostituzione degli agrumi, è stato determinato prevalentemente da tre fattori: la crisi economica dell’agrumicoltura locale, l’alta redditività della coltura ed i pochi trattamenti antiparassitari a cui è sottoposta. In provincia di Reggio Calabria l’Actinidia diventa, così, una delle principali specie da frutto, per superficie e produzione. La diffusione dell’actinidia è stata caratterizzata dall’adozione delle stesse tecniche colturali adottate negli ambienti dove già si era affermata, in zone in  situazioni pedo-climatiche differenti da quella calabrese. E’ stato necessario studiare  il comportamento vegeto-produttivo, in particolare modo nella Piana di Gioia Tauro, adeguando le tecniche colturali alla risposta nella zona in parola. 

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Insetti produttori di melata e insetti utili

Una fonte alimentare per molti insetti utili nonché, importante materia prima per la produzione di miele, è rappresentata da una sostanza ricca di zuccheri nota come melata. Molte piante, in particolari condizioni climatiche, possono produrre melata fisiologica; ma ben più abbondante è quella che deriva dall’attività trofica e di escrezione di numerose specie di insetti

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Occorre coraggio per combattere ignoranza e pregiudizio

Il problema di fondo non è quello degli OGM, o per lo meno non è quello il punto principale. A monte il vero dramma è la mancanza di fiducia nel metodo scientifico, la sostanziale diffidenza verso la ricerca e i seri criteri di analisi. E’ questo che ha bloccato da decenni la ricerca genetica in agricoltura. Vi è però ancora modo di rimediare e di aprire alla ricerca. Tutto il mondo agricolo e gli studiosi devono con coraggio opporsi e combattere l’incultura generalizzata. E’ tardi? Riusciranno? E’ anche da questo che sapremo se il nostro Paese riuscirà a riaversi e l’agricoltura a vendere anche oltre al mercatino del paesello.

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Sugli aiuti accoppiati ha vinto lo “spezzatino”

Cinque mesi di grandi discussioni per scrivere l’aiuto accoppiato in Italia. Risultato? Il solito spezzatino «all’italiana». 
Non serve all’agricoltura, non serve allo sviluppo dell’economia del Paese.
Bisognava prendere due decisioni: la percentuale tra 0 e 15%; i settori ai cui destinare il sostegno.
Quale decisione è scaturita?
Un plafond di 426,8 milioni di euro, pari all’11% del massimale nazionale dei pagamenti diretti.
Un sostegno erogato in 17 misure e 12 settori: latte, carne bovina, ovicaprini, bufalini, soia, riso,
barbabietola, pomodoro da industria, grano duro, oleoproteaginose, proteiche, olio d’oliva.
Bene la scelta per la zootecnia e l’Italia «regione unica».
Ma a che servono 98 euro/ha al riso (22,6 milioni di euro per 230.000 ettari)? A che servono 65 euro/ha alla soia (10 milioni di euro per 150.000 ettari)? A che servono 50 euro/ha per il grano duro (59,7 milioni di euro per 1.150.000 ettari)? 
Servono a complicare la vita agli agricoltori, senza alcun beneficio per l’economia agroalimentare del Paese.
Cosa bisognava fare? Concentrare le risorse su pochi settori dove la produzione genera beni
pubblici, utili al Paese (occupazione e ambiente): latte in montagna, vacca nutrice, ovicaprini, olivo
paesaggistico, barbabietola e proteiche. Bastava il 5% del plafond.
Invece abbiamo un inutile spezzatino! I politici si riempiono la bocca di «semplificazione», poi aumentano sempre la burocrazia.

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Il seme della non-scienza in Europa

E’ un quadro allarmante per l’Europa, dove l’estrema precauzione istituzionale nei confronti di una tecnologia, posizione di per sé legittima, viene mantenuta a discapito del ragionamento scientifico, promuovendo falsità e generando panico nei confronti delle persone, in aperto contrasto con quanto l’Unione sostiene di voler fare in termini di cittadinanza scientifica. L’assurdità della situazione attuale, sottolineata da tutti i relatori, è che ci troviamo a che fare con una legislazione che non regolamenta un prodotto (colture modificate dall’uomo) ma solo uno dei possibili processi produttivi per ottenerlo che, ironia della sorte, è quello tecnologicamente più avanzato e sicuro, sia per l’uomo che per l’ambiente. I ricercatori di tutta la UE devono poi subire oltre al danno la beffa: nel sostenere le loro posizioni in materia di transgenici si devono vedere descritti dai loro oppositori come scienziati pazzi al soldo delle multinazionali, mentre al contrario iter approvativi così complessi e dispendiosi sono un ostacolo in primo luogo proprio per la ricerca pubblica, ma un vantaggio per i privati che si avvicinano così al monopolio. 

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Le alberate stradali

l cambiamento climatico, con un’intensificazione degli eventi estremi, sta causando numerose cadute di alberi e ha portato all’attenzione non solo dei tecnici e delle municipalità, ma anche dei cittadini, il problema della gestione alberature vetuste presenti nelle nostre aree urbane. È questa una tematica spinosa che, in alcuni casi, deve essere affrontata in modo purtroppo inderogabile e deve essere gestita non solo tecnicamente, ma anche ponendo attenzione all’aspetto comunicativo che assume un’importanza fondamentale per governare le problematiche e venire incontro alle aspettative e alle richieste della cittadinanza. 
Gli alberi sono sempre caduti. Ci sono testimonianze scritte, disegni e poi foto di alberi “schiantati” anche nel passato. Quello che è cambiato è il livello di rischio, poiché sono aumentati i potenziali target. È sostanziale capire la differenza fra pericolo e rischio: per pericolo si intende una proprietà o qualità intrinseca di un determinato fattore avente il potenziale di causare danni. Invece, il rischio riguarda la probabilità che sia raggiunto il limite potenziale di danno nelle condizioni di impiego, o di esposizione, di un determinato fattore. Quindi, il pericolo implica una condizione oggettiva e la certezza che si verifichi un evento avverso, mentre il rischio implica solo la possibilità che si verifichi tale evento avverso.
Detto questo, è doveroso sottolineare l’importanza “storica” e ambientale di alcuni individui (gli alberi creano un “mesoambiente” molto ombreggiato che mitiga notevolmente la temperatura estiva), per cui la rimozione di interi filari o gruppi di piante e il loro successivo reimpianto non appare una soluzione percorribile per alberature storiche o che comunque connotino una certa parte della città.

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Agricoltura “Paesaggistica”

L’urbanizzazione ha di fatto invaso - e in buona parte cementificato - le nostre campagne. I disastrosi effetti (riduzione della superficie coltivata, alluvioni e frane, decadenza ambientale e paesaggistica, ecc.), sono molto evidenti in quelle aree che nelle mappe di un tempo venivano definite "verdi" o "agricole" e che oggi vengono invece significativamente chiamate "aperte". Una visione panoramica dall’alto ormai difficilmente consente di individuare neppure le due aree (“agricole” e “rurali”) che gli interventi della PAC oggi intenderebbero distinguere fra loro, usando termini di origine latina e già da tempo ormai considerati sinonimi.
Molti si sono qualificati difensori, pianificatori e conservatori del paesaggio, sia delle aree "agricole" che di quelle “rurali”. Si è coniato anche il nuovo termine di “ruralisti” per coloro che si dedicherebbero a questa specifica professione. Di recente si è cominciato a parlare, come se nulla fosse, anche di “agricoltura paesaggistica”, fingendo di ignorare che i paesaggi agricoli sono sempre stati mutevoli negli anni e cangianti nelle stagioni, con continue evoluzioni attraverso i millenni. Oggi, invertendo l’ordine dei due termini “agricoltura” e “paesaggio” e la loro non reciproca aggettivazione, qualcuno pensa forse di poter sottintendere qualcosa che non ha il coraggio di esprimere chiaramente. 

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Maltempo a Napoli devasta l’orto botanico: aperta sottoscrizione

A Portici (Napoli), dopo il violento nubifragio che ha colpito la zona la scorsa settimana, si lavora per ripristinare lo stato dei luoghi nell’Orto Botanico del Dipartimento di Agraria dove piante rare e pregiate, provenienti da tutto il mondo, sono state gravemente danneggiate e, in alcuni casi, sono andate distrutte. Il direttore Riccardo Motti ha lanciato un appello: ”Chiunque lo desideri può effettuare una sottoscrizione con la causale ‘Ricostruiamo l’Orto Botanico di Portici’ al codice Iban IT71F 0101040090100000300047”. 

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Il vivaismo pistoiese tra innovazione, mercato e territorio

Questo successo ha origini lontane, da quando nel XVIII secolo i contadini pistoiesi, a latere delle coltivazioni tradizionali, si dilettavano a produrre per i giardini dei signori di città, piante note, ma anche piante di origine esotica.

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Fauna ungulata e vincolismo ambientale

Le popolazioni  di animali selvatici si sono fatte più numerose  e hanno preso  a sconfinare abbondantemente nei terreni dei privati danneggiando le colture. Non è più questione di danni da risarcire singolarmente; ma si tratta danneggiamenti continui  e ripetuti che condizionano non più un singolo raccolto, ma tutto il pacifico esercizio del diritto di proprietà. Lo Stato, fidando sull’equilibrio biologico, ha introdotto il lupo;  ma il lupo, da bravo lupo, si è messo a puntualmente a mangiare le pecore aggiungendo danno su danno.  Le Regioni, invece, agiscono in un modo un pochino più concreto erogando contributi per la  realizzazione di recinzioni e di altre opere di difesa.  
Non si considera mai la possibilità di ridurre i numero  con interventi venatori adeguatamente regolamentati; la fauna selvatica, infatti, è intoccabile perché è il veicolo più spettacolare ed emotivo della propaganda per la protezione della natura; è lo stesso motivo per cui si scoraggia il taglio di alberi fosse pure per diradamento.

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Dalle catastrofiche alluvioni alle drammatiche siccità: la gestione delle risorse idriche rappresenta la sfida del secolo

Al di là delle varie opinioni e ipotesi sulla natura dei cambiamenti climatici, è evidente  che gli effetti di alcuni di questi cambiamenti sono tangibili e i loro effetti sul suolo sono talvolta eclatanti come, ad esempio, l’aumento documentato della frequenza con cui si verificano eventi piovosi di forte intensità concentrati in un breve periodo con conseguente aumento dei rischi erosivi. Si è verificato cioè un aumento dell’aggressività delle piogge nei confronti della superficie del terreno. Proprio per questo e anche a causa della gestione non sempre corretta del territorio, l’erosione rimane il principale aspetto della degradazione del suolo e supera mediamente di 30 volte il tasso di sostenibilità (erosione tollerabile) e ci sono pochissimi studi a livello Italiano ma anche Europeo sulla stima del danno economico causato in seguito alla perdita di questa risorsa. 
Il non corretto uso del suolo non è solo legato alle attività agricole ma anche e soprattutto alle attività extra agricole. Oltre alle situazioni eclatanti di palese deturpazione del paesaggio o di opere realizzate senza la minima valutazione di impatto o di rispetto di una pianificazione territoriale, è evidente che stiamo assistendo ad un preoccupante “consumo di suolo” cioè ad una sua  impermeabilizzazione (sealing). E’ intuitivo che, in occasione di eventi piovosi eccezionali, in conseguenza, come sopra accennato, dei cambiamenti climatici, la massa d’acqua che trova un ambiente impermeabilizzato non ha la possibilità di drenare e quindi si gonfia formando masse idriche, arricchite dai sedimenti asportati per erosione del suolo, sempre più consistenti che nel loro moto turbolento e impetuoso causano i disastri a cui troppo spesso assistiamo. Si impone, quindi, una pianificazione dell’uso del territorio che, partendo dalla completa conoscenza dei tipi di suolo, tenga conto degli impatti che determinati usi dello stesso possono causare sull’ambiente, con particolare attenzione proprio ai processi idrologici e ai rapporti acqua-suolo. Sono numerosi gli esempi in cui la realizzazione di particolari infrastrutture ha sconvolto gli equilibri idrologici di un territorio.

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