Notiziario








La cucina nei fumetti

Dalla più profonda antichità i bambini hanno conosciuto la preparazione degli alimenti vivendo in cucina, fino a quando non sono arrivati i fumetti e poi i cartoni animati del cinema e della televisione.

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I semi di Cannabis nell’alimentazione delle ovaiole? Come saranno le uova?

La giornalista freeelance Natalie Berkhout ci informa dalle pagine di “All About Feed” che negli Stati Uniti è stata inoltrata a chi di competenza la richiesta per l’approvazione dell’impiego dei semi e pannelli di Cannabis indica come ingrediente dei mangimi. Una volta approvata la richiesta, i semi ed i pannelli potranno essere legalmente usati come mangime commerciale per le galline ovaiole.

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La foresta urbana, strumento di equità sociale

Nella scorsa primavera, con l'attenuarsi delle restrizioni sul Coronavirus in tutto il mondo, molti di noi si sono riversati nei parchi per una passeggiata rigenerante, per prendere un po’ d’aria fresca ma, soprattutto, per riprendere quel contatto, anche solo visivo, con la natura.
Ritemprarsi nella natura rappresenta una necessità per «staccare», anche se temporaneamente, dal ritmo e dalle condizioni in cui conduciamo le nostre vite alle quali gli stili di vita della società contemporanea impongono ritmi pressanti. Già nel Seicento, il matematico, fisico, filosofo e teologo francese Pascal (cui è stata intitolata l’unità di misura della pressione) scriveva: «Quando mi sono messo talvolta a considerare le diverse agitazioni degli esseri umani e i pericoli e le pene a cui si espongono (…) ho scoperto che tutta l’infelicità degli esseri umani deriva da una sola cosa e cioè non saper restarsene tranquilli in una stanza…». Nel nostro caso potremmo dire «tranquilli in un parco».
Quante volte abbiamo infatti pensato o parlato, o udito parlare e letto delle problematiche «urbane» e dei possibili rimedi ai mali, concludendo, invariabilmente, che essi rappresentano logiche conseguenze o inevitabili concomitanze di situazioni da cui, tuttavia, otteniamo molti vantaggi? Quante volte, dunque, tutto ciò ci è parso praticamente irrimediabile?
Tuttavia, soprattutto nelle grandi città con periferie trasformate in dormitori privi di servizi e aree per svago, le condizioni di vita, non solo socioeconomiche, potrebbero influenzare notevolmente i paesaggi che le persone trovano durante queste passeggiate, in particolare la quantità di verde che è probabile che vedano e della quale possono realmente fruire.
La correlazione tra copertura arborea urbana e reddito è ben documentata nelle città di tutto il mondo. Questo è spesso il sottoprodotto della disuguaglianza storica: le decisioni sulle infrastrutture prese decenni fa, comprese quelle sulla creazione di aree verdi, hanno beneficiato (ingiustamente) soprattutto i quartieri ricchi. Ciò continua ad avere un impatto sui servizi forniti oggi ed è un fattore di «disequità economica e sociale attuale e futura (chiedo scusa per l’uso di questo neologismo, ma non è lo stesso di disuguaglianza, spesso usato al suo posto). In questo contesto assumono rilevanza le «foreste urbane» per i vantaggi che esse forniscono alle persone, il che significa che la loro presenza o assenza può contribuire creare effetti diversi in termini di salute, ricchezza e benessere generale.

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Cuoci-pasta ecosostenibile


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Napoleone Bonaparte a tavola in Italia

Napoleone Bonaparte (1769 – 1821), del quale il 5 maggio 2021 si celebra i bicentenario della morte celebrata anche da Alessandro Manzoni con Il Cinque maggio, dal celebre inizio Ei fu… studiato dagli studenti di un tempo, è noto per le sue gesta militari e per i suoi interventi politici che influenzano gli stili di vita e la gastronomia, anche se da parte sua, nel periodo nel quale è console (1804) ama ripetere: Se volete mangiar bene, pranzate con il secondo Console, se volete mangiare molto, pranzate con il terzo Console, se volete mangiare in fretta, pranzate con me. Napoleone non è un buongustaio, ma un commensale sbrigativo, rapido e disattento che dedica al cibo non più di quindici o venti minuti, preferisce piatti semplici, non gradisce i lunghi e complessi pranzi alla francese.

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Il protocollo FAO per monitorare la gestione sostenibile del suolo

Molte autorevoli istituzioni e società scientifiche internazionali e nazionali, tra cui l’Associazione Italiana delle Società Scientifiche Agrarie (AISSA), indicano nell’ intensificazione sostenibile una possibile risposta alle crescenti necessità agroalimentari di una popolazione mondiale in aumento e all’esigenza di diminuire l’impatto ambientale delle produzioni agricole e forestali. L’intensificazione sostenibile ha l’obiettivo di incrementare le produzioni riducendo gli impatti ambientali dei processi coinvolti, al fine di elevare il livello di sostenibilità dell’agricoltura ed aiutare da un lato la sostenibilità economica delle imprese e dall’altro la salvaguardia dell’ambiente.
Le innovazioni che vengono proposte nei diversi settori produttivi sono molteplici ed hanno tutte bisogno di confrontarsi con degli indicatori di sostenibilità semplici e significativi.
Per quanto riguarda gli indicatori pedologici, la FAO ha recentemente pubblicato un protocollo di riferimento per il monitoraggio di alcune qualità del suolo sensibili ai cambiamenti di gestione (http://www.fao.org/fileadmin/user_upload//GSP/SSM/SSM_Protocol_EN_006.pdf). Il documento, realizzato con il contributo di molti esperti anche italiani, prosegue l’impegno della Global Soil Partnership per favorire la conservazione del suolo e si pone in continuità con le “Linee guida volontarie sulla gestione sostenibile del suolo”, anch’esse pubblicate dalla FAO (http://www.fao.org/3/i6874it/I6874IT.pdf).
Il protocollo costituisce uno strumento pratico e applicativo per valutare i reali effetti sul suolo degli interventi attuati in campo agricolo per implementare tecniche di intensificazione sostenibile, come il miglioramento dei sistemi produttivi, l'innovazione e l’implementazione di nuove tecnologie, il ripristino degli ecosistemi e il sequestro del carbonio. In concreto, il protocollo fornisce indicatori chiave e una serie di strumenti per valutare le funzioni del suolo in base alle sue proprietà fisiche, chimiche e biologiche. Le variazioni dei valori degli indicatori dovrebbero consentire un primo giudizio sull’efficacia delle pratiche introdotte.

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Quattro “i” meno una

Stiamo attraversando un periodo in cui le prospettive si confondono e la stessa vita quotidiana propone riflessioni su questioni che sembravano accantonate. Commentando un incontro organizzato dalla Società Agraria di Lombardia sul tema “Quale agricoltura dopo il coronavirus?” sottolineavo il ruolo che quattro concetti tutti caratterizzati dall’iniziare appunto per “i” –ovvero “impresa”, “innovazione”, “intensificazione sostenibile” ed “informazione”- avrebbero avuto (o dovuto avere) per assicurare una sollecita ripresa. Anche più di recente, presentando la ristampa anastatica dello storico volume “Quaranta quintali di latte per anno e per vacca” le stesse considerazioni si sono presentate con una aggiunta. Ovvero che vi è un pericolo da cui dobbiamo guardarci, se vogliamo davvero riconquistare la normalità, le prospettive di sviluppo e le stesse libertà fondamentali, rappresentato da un altro concetto che inizia per “i”: l’ideologia, che coi suoi pregiudizi, con le sue affermazioni apodittiche, coi suoi “voli pindarici” e con le sue elucubrazioni spesso avulse dalla realtà e contrarie al buonsenso rischia di determinare guasti anche peggiori e più duraturi di quelli procurati dalle  avversità.
Il pericolo rappresentato dalle derive ideologiche, antiscientifiche, tecnofobiche e persino “pauperistiche” incombe da tempo sul futuro e sull’esistenza stessa della nostra agricoltura. La delicatissima fase politica che stiamo attraversando, con la concomitanza di numerosi processi decisionali (dalla definizione della Politica Agricola Comunitaria per i prossimi anni, alla sua declinazione a livello nazionale con il PSN, passando per le applicazioni normative derivanti da discusse e discutibili indicazioni “strategiche”, come quelle contenute nella comunicazione “Farm to Fork”) rendono particolarmente insidioso il rischio che l’ideologia prevalga e si imponga laddove servirebbero serietà, razionalità, competenza e  pragmatismo.
Le dinamiche che caratterizzano il quadro di politica agraria italiana (al quale la parziale “rinazionalizzazione” delle politiche europee delega importanti momenti decisionali) portano alla nostra attenzione le vicende legate alla formazione del nuovo governo, tra cui si segnalano l’istituzione di un non meglio definito “ministero per la transizione ecologica” e l’assegnazione al sen. Patuanelli della poltrona di titolare del MIPAAF.

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La pasta di grano duro dei Faraoni

In una tomba egiziana di circa quattromila anni fa vi è un’immagine che gli egittologi interpretano come la pasta sia prodotta impastando la farina con i piedi. Circa millecinquecento anni dopo gli Egiziani “lavorano la pasta con i piedi, l’argilla con le mani” afferma lo storico greco Erodoto (484 a. C. – 420 circa a. C.) nelle sue Storie (II, 36) che raccolgono digressioni su costumi dei popoli molto interessanti da un punto di vista antropologico e tra queste quella sull’Egitto a lui contemporaneo che per estensione e quantità di dettagli costituisce quasi un libro a parte.
La consuetudine egiziana di lavorare la pasta di farina con i piedi è molto antica e presente nell’Egitto del Medio Regno (2055 a. C. – 1790 a. C.) come dimostra una delle immagini che decorano la tomba di Antefoker visir durante il regno del re Amenemhat I e del suo successore Sesostri I della XII dinastia, che organizza una spedizione verso il Paese di Punt e che ha un concreto ruolo nelle campagne militari di riconquista della Nubia (Davies N., Gardiner A. H. – The Tomb of Antefoker – Egypt Exploration Society, London, G. Allen and Unwi, 1929).

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Non bastano gli alberi per rendere una città vivibile

Sull’onda del cosiddetto  “green new deal” si moltiplicano le iniziative per piantare alberi nelle nostre città, contornate da grande seguito mediatico.
Sia chiaro, il verde è importante, specie se arboreo, e contribuisce certamente alla cattura delle polveri sottili e al raffrescamento durante i periodi più caldi, oltre ad apportare indubbi benefici di tipo psicologico e ricreativo.
Ma non è altrettanto evidente che sia sufficiente la messa a dimora di un albero per rendere piacevole un luogo.

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Lobby anti-alcol e vino: il possibile ruolo (a favore del vino) della sostenibilità

Una delle più gravi minacce che il mondo del vino sta subendo, a livello internazionale,  è il  potere crescente della lobby anti-alcol, che non distingue tra il vino e le altre  bevande alcoliche  e che considera  il vino  solo come fonte di alcol  e quindi dannoso per la salute umana, indipendentemente dalla dose. Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha da tempo in agenda il discorso relativo all’alcol che assieme al tabacco è nella lista dei composti  associati alle malattie non trasmissibili  e che indica anche alcune strategie da adottare per prevenire quelle malattie, come ad esempio  l’aumento della  tassazione,  restrizioni alla vendita, divieto di pubblicità.  Ci sono però altre voci, positive per il vino, che provengono sia dal mondo scientifico che dalla società, come ad esempio quella dell’associazione Wine in Moderation  che lancia un messaggio molto semplice: l’abuso di alcol  è dannoso per la salute umana, ma un consumo  moderato e consapevole di vino (per una persona sana) è positivo sia per il corpo che per la mente. Anche l’Unione Europea ha nel mirino il vino, oggetto di attenzione per quanto riguarda l’indicazione degli ingredienti in  etichetta, prodromo, secondo alcuni (ex il CEEV – Comité Européen des Enterprises Vins) di possibili azioni ostili come gli health-warnings, similmente a quelli a carico delle sigarette. Il già citato CEEV cerca di reagire a questi attacchi, ma per arginare il problema è necessario che si crei un ambiente, un modo di pensare  favorevole  al consumo consapevole di vino, che questo cioè diventi conventional wisdom; bisogna riuscire a dimostrare cioè che un mondo senza vino (come vorrebbero taluni) sarebbe peggiore di un mondo col vino. Penso che ci siano due strategie principali per raggiungere quell’obiettivo:  la prima è enfatizzare il ruolo culturale del vino, visto che condivide la storia di una parte dell’umanità da millenni e che è fortemente radicato  nel vissuto di molte nazioni. Il vino è un prodotto affascinante, non solo per l’aspetto edonistico del sorseggiarne un calice, ma anche per gli aspetti immateriali e le emozioni che suscita in chi lo degusta; è ricco di significati a volte contraddittori tra loro, come scienza ed arte, storia e leggenda, sacro e profano.  Gli aspetti salutistici  sono importanti, ma da considerarsi come effetti collaterali positivi e non come motivo principale per il suo consumo. Chi può avere dunque il coraggio di combattere un prodotto culturale?  La seconda è di connotare  il vino come campione della sostenibilità, e qui c’è ancora molto da fare, ma è uno stimolo per accelerare  questo percorso virtuoso (della sostenibilità).

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Le piante pallide

Il numero 27 (5) – 2020 della rivista Global Change Biology (Wiley) pubblica un "opinion paper" firmato da Lorenzo Genesio (IBE-CNR), Roberto Bassi (Univ.Verona) e Franco Miglietta (Accademia dei Georgofili e IBE-CNR) dal titolo “Plants with less chlorophyll: A global change perspective”.
L'articolo discute di un tema nuovo ma che è già molto discusso in ambito accademico: nuove piante a basso contenuto di clorofilla (pale-green) possono diventare uno strumento per coniugare produzioni agricole e azioni di mitigazione del cambiamento climatico. Il ragionamento è paradossalmente semplice anche se non del tutto intuitivo. Si gioca su due fronti: le piante-pallide riflettono di più la luce solare e possono, se sono ben costruite, contribuire ad aumentare le rese colturali.

Ma andiamo con ordine.

Superfici più riflettenti per ridurre il riscaldamento globale

Tutti sappiamo che l'energia primaria di cui dispone il nostro pianeta arriva con la luce del sole. Ma non è altrettanto chiaro a tutti che la temperatura media alla superficie della terra dipende da un complesso bilancio fra la quota di energia che viene riflessa dal nostro pianeta e quella che, una volta assorbita, viene riemessa sotto forma di calore. Calore che poi resta in parte “intrappolato” dai cosiddetti gas ad effetto serra nell’atmosfera. Per capire questo “bilancio energetico” basta rifarsi alla nostra esperienza diretta: quando indossiamo abiti scuri sotto il sole estivo soffriamo molto più il caldo di quando invece indossiamo abiti più chiari. Ciò che i nostri occhi percepiscono come “colore scuro” altro non è che il risultato di un maggior assorbimento della luce da parte dei pigmenti che colorano l'abito che indossiamo. Il colore chiaro si ottiene invece quando molta luce è riflessa. E così come fa un abito scuro le piante con molta clorofilla assorbono molta energia luminosa, ne convertono solo una piccola frazione in zuccheri attraverso la fotosintesi e riemettono il resto come calore. Le piante a basso contenuto di clorofilla (che abbiamo già sopranominato “pallide”) riflettono invece una frazione più elevata di radiazione solare, ne assorbono meno e di conseguenza emettono meno calore.
E da qui prende le mosse l’idea discussa nell’Opinion paper: se coltivassimo specie più “riflettenti” potremmo contrastare, pur solo in parte, l’effetto globale di riscaldamento dovuto all’aumento dell’effetto serra.

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La risicoltura italiana e il problema delle resistenze agli erbicidi

Il 26 gennaio 2021 si è tenuto l'evento online intitolato "Le resistenze agli erbicidi nelle risaie" in cui è stato presentato il progetto Epiresistenze. L'incontro ha permesso di far luce su questo nuovo meccanismo di resistenza e sulla sua importanza per l'efficace gestione delle malerbe nei campi di riso.

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Prospettive future per la sostenibilità delle produzioni animali

Se l’obiettivo da raggiungere è la sostenibilità delle produzioni animali, dobbiamo puntare su ingredienti alimentari innovativi, sulla digitalizzazione, su nuove tecniche di preparazione degli alimenti e tecnologie di alimentazione, che contribuiscano a ridurne l’impatto sull’ambiente.

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Sostanze naturali: un tesoro non del tutto svelato per il trattamento della Covid 19

L’umanità non è nuova ad emergenze sanitarie come quella da coronavirus in corso. Eppure, ne avvertiamo tutta l’eccezionalità. Ha stravolto il nostro modo di vivere. Ci ha costretti a cambiare le nostre abitudini, imponendoci comportamenti e modalità di interazione sociale che rappresentano una vera e propria svolta culturale dai profondi significati antropologici e dalle immense ricadute psicologiche ed economiche. Eccezionale è sicuramente lo sforzo collettivo di tante comunità scientifiche che a livello globale stanno cooperando per sconfiggere la malattia.
Una malattia generata da un virus dell’ampia famiglia dei coronavirus, il SARS-COV2, scoperto alla fine del 2019 e così definito in quanto simile al già noto SARS-COV (severe acute respiratory syndrome coronavirus). L’infezione da SARS-COV2 è stata, dunque, denominata dalla World Health Organization ‘COVID-19’ dall’inglese COronaVIrus Disease 2019.
Grandi speranze sono riposte nel vaccino che ci si augura possa garantire un’immunità di massa. Non tutti, purtroppo, potranno beneficiarne, come i soggetti già infetti o allergici, gli immuno-depressi o, ancora, le donne in gravidanza e attualmente i ragazzi al di sotto dei 16 anni per mancanza di studi sperimentali. Inoltre, il virus può mutare e mutare in maniera tale da compromettere l’efficacia del vaccino stesso. Ne consegue che la ricerca farmacologica finalizzata a mettere a punto delle terapie antivirali rimane una priorità. La necessità di avere farmaci prontamente disponibili ha infuso nuova linfa vitale al drug repurposing (riposizionamento dei farmaci), una strategia che consiste nell’indentificare farmaci già approvati e commercializzati da usare per nuovi scopi terapeutici, evitando in tal modo i lunghi stadi necessari per lo sviluppo di un nuovo agente terapeutico. Alla luce di tali considerazioni e in virtù di una consolidata tendenza verso i rimedi naturali, le sostanze naturali biologicamente attive sono subito emerse come un ricco arsenale a cui ispirarsi per il trattamento della COVID-19.

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Meno infortuni in agricoltura nel 2020

L’analisi della Coldiretti fatta sulla base dei dati Inail ha evidenziato che, su base annua, gli infortuni sul lavoro in agricoltura denunciati nel 2020 (26.287), sono diminuiti del 19,6% rispetto al 2019 (32.692). Si tratta cioè di una riduzione di ben 6.405 infortuni mai registrata in maniera così rilevante negli anni passati. Infatti, negli ultimi dieci anni, le variazioni massime registrate sono state dell’ordine del 3,5%. Significativo e in controtendenza rispetto agli altri comparti è stato il calo degli infortuni mortali che, su base annua, si è ridotto di 38 unità passando da 151 a 113 infortuni (riduzione del 25%). Anche in questo caso una riduzione mai registrata in modo così rilevante.
I risultati di questa analisi sono di buon auspicio in quanto segnalano un calo infortunistico nettamente superiore rispetto al trend degli ultimi anni. Tuttavia, su circa un milione di occupati nel settore agricolo, 26.287 denunce di infortunio e 113 denunce di infortuni mortali, a cui vanno aggiunte circa 12.000 denunce di malattie professionali, sono dati ancora troppo elevati. Inoltre il risultato di un solo anno non consente di considerare l’entità di questa riduzione come una tendenza destinata a mantenersi nel futuro. Le ragioni del calo infortunistico infatti possono essere diverse: può avere influito una maggiore prevenzione, come pure un miglioramento delle pratiche colturali e un ammodernamento delle attrezzature, ma certamente non va dimenticato che l’attività produttiva del 2020 è stata pesantemente condizionata dal Covid-19, pur tenendo presente che le denunce di infortunio da Covid-19 registrate dall’Inail nel 2020 non hanno superato lo 0,3% dei contagi.

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Insetticoltura, nuova zootecnia

Un diretto uso alimentare di insetti e anche di loro preparazioni (farine ecc.) non è facilmente accettato dalla nostra cultura occidentale ma prevedibile è una nuova zootecnia degli insetti da usare in alimentazione animale, che si affianca a quella tradizionale della bachicoltura e dell’apicultura. Non dimenticando che gli insetti sono ciò che mangiano, prima di usarli in alimentazione di animali che producono carne, latte e uova anche loro bisogna essere sicuri che siano allevati e alimentati con matrici non a rischio.

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L’accessibilità alla risorsa acqua

L’acqua è, come noto, elemento fondamentale per la vita dell’uomo ed ha permesso i processi di coltivazione e allevamento.
Un tema, peraltro, importante è quello dell’accessibilità a tale risorsa. Accessibilità (e cioè facoltà di accedere, avvicinarsi e disporre di tale risorsa) che può essere analizzato sotto diversi aspetti.
Innanzitutto l’accesso economico, e cioè la possibilità di approvvigionarsi della risorsa acqua in termini  sostenibili da parte delle popolazioni, evitando anche gli sprechi dovuti alle perdite nelle condotte di distribuzione.
Vi è poi l’accessibilità politica e sociale, legata alle difficoltà di accesso dovute alle guerre o alle tensioni tra stati (si pensi alla Turchia, Siria ed Iraq per i bacini del Tigri e dell’Eufrate), alle diseguaglianze sociali e ai problemi delle reti di approvvigionamento e smaltimento.
Importante è poi l’accessibilità fisica che si incrocia con l’accessibilità emozionale: pensiamo al fascino che riveste per i bambini l’elemento acqua e l’impulso che provano le persone di avvicinarsi a tale risorsa lungo i fiumi e gli specchi d’acqua; tale esigenza di rapporto stretto con la risorsa acqua ha stimolato e favorito tutti i processi di rivalutazione e rigenerazione dei cosiddetti “waterfront” in tutto il mondo. L’accessibilità cerimoniale è poi testimoniata dalla presenza dell’elemento acqua in tutte le rappresentazioni scenografiche dell’antichità.
Di grande attualità appare l’accessibilità trasportistica, legata all’utilizzo delle vie d’acqua anche in termini ludici e diportistici.
L’accessibilità sanitaria sicura è poi tema fondamentale per le popolazioni, accesso sicuro che rimane problematico in molti paesi. Non si dimentichi, poi, il tema dell’accesso fisico sicuro all’elemento, che se è per noi europei tema scontato, così non è per molte popolazioni, dove l’accesso all’acqua può essere pericoloso per la presenza di rettili (i contadini del Myanmar devono guardarsi dai serpenti velenosi nelle zone umide) o insidie di tipo biologico (parassiti degli ambienti lacustri).

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