Nel bacino del Mediterraneo sono oltre una quarantina gli insetti
fitofagi le cui popolazioni possono esprimere una dannosità, talvolta
economica, nei confronti di singole piante e di coltivazioni di fico, Ficus carica
L., 1753 (Moraceae). I soli coleotteri xilofagi, principalmente
afferenti alle famiglie dei Cerambycidae, Bostrychidae e Curculionidae,
ammontano a poco meno di 20 specie di cui circa la metà appartengono ai
cerambicidi.
Per i sensi ci accorgiamo della loro importanza quando li perdiamo o anche solo se diminuisce la loro efficacia, come dimostra la diffusione degli occhiali per la vista e degli apparecchi acustici per l’udito. Per il senso del gusto ce ne siamo accorti nella recente epidemia da coronavirus, quando questo virus migra attraverso le terminazioni nervose olfattive e raggiunge i centri orbitali frontali determinando la diminuzione fino alla perdita dell’olfatto e dei sapori, anche in soggetti positivi al tampone e in assenza di altri sintomi di malattia. L’epitelio olfattivo ospita anche terminazioni del nervo trigemino attraverso le quali il virus sembra raggiungere il cervello portando alla ribalta l’importanza della via trigeminale del gusto.
Il processo di programmazione della PAC in corso a livello italiano, da chiudersi entro la fine del corrente anno, è finalizzato a disegnare le future politiche agricole dal 2023 al 2027. È un appuntamento decisivo che segue il negoziato di alto livello conclusosi a Bruxelles, tra Commissione, Consiglio e Parlamento europei, alla fine dello scorso mese di giugno, con il varo della riforma post 2022.
In questo momento, tutti i rappresentanti istituzionali ed i portatori di interesse sono impegnati alla definizione del Piano strategico nazionale (PSN) che non è solo un’operazione per ripartire i fondi europei disponibili e le risorse aggiuntive nazionali, tra Regioni, Province autonome, settori produttivi ed interventi di politica agraria.
La definizione del PSN rappresenta soprattutto una possibilità - che non si ripeterà per i prossimi 5 anni - di formulare scelte strategiche lungimiranti e tali da affrontare i problemi dell’agricoltura italiana e cercare di risolverli con interventi mirati e con un calibrato utilizzo delle risorse finanziarie.
Le scelte della Spagna
La Spagna è un più avanti rispetto all’Italia ed ha già completato la predisposizione del PSN, compiendo scelte puntuali e dettagliate che ora sono al vaglio del partenariato.
In particolare, per l’olio d’oliva è stato deciso di attivare gli interventi settoriali, ma limitandone l’applicazione ai soli oliveti tradizionali.
A tale iniziativa sarà dedicato lo 0,6% della dotazione del massimale finanziario disponibile per i pagamenti diretti che, in Spagna, ammontano a 4,9 miliardi di euro per anno (il 36% in più rispetto all’Italia che può contare di un budget di 3,63 miliardi). Pertanto ci sarà una dotazione di 30 milioni di euro per anno durante l’intero quinquennio 2023-2027.
Saranno le organizzazioni dei produttori (OP) a gestire i fondi, attraverso dei programmi operativi pluriennali da loro elaborati ed approvati da parte delle autorità competenti nazionali. Le azioni da finanziare e le modalità per spendere le risorse dovranno mirare a tre obiettivi generali come: il miglioramento della competitività, l’ammodernamento dei criteri di gestione aziendale, la riduzione dei costi di produzione. Ad essere destinatari di tali obiettivi sono esclusivamente le imprese olivicole con impianti tradizionali.
“La ricerca scientifica è il motore di sviluppo di ogni nazione”. Queste parole appartenevano al Prof. Michele Stanca, tristemente scomparso a marzo 2020 a causa del Covid-19, il quale ha rivestito per dieci anni il ruolo di Presidente della UNASA (Unione Nazionale delle Accademie delle Scienze applicate all’Agricoltura). A lui è stata dedicata l’inaugurazione dell’anno accademico 2021, che si è svolta lo scorso 29 settembre nella sede dell’Accademia dei Georgofili, proprio là dove l’UNASA fu fondata nell’ottobre del 2000 per volontà del Prof. Franco Scaramuzzi.
Il Presidente dei Georgofili Massimo Vincenzini nel suo saluto introduttivo, oltre al ricordo commosso per Michele Stanca, ha sottolineato che l’UNASA è divenuta ormai “maggiorenne” ed è pertanto necessario che si ponga oggi nuovi e più ambiziosi obiettivi, anche alla luce dei recenti problemi globali legati all’ambiente e ai cambiamenti climatici.
E’ seguito il discorso del Prof. Pietro Piccarolo, Presidente Facente Funzione di UNASA dopo la scomparsa di Stanca. Anch’egli commosso dal ricordo dell’amico e collega, ha ripercorso brevemente le tappe della storia dell’UNASA e l’importante motivazione della sua costituzione, ossia la necessità di fare sinergia da parte delle varie accademie impegnate nella ricerca per lo sviluppo tecnico, economico e sociale e creare quindi un collegamento permanente, dei comuni programmi di attività e soprattutto costituire un’interfaccia unica a livello nazionale, europeo ed internazionale. Al momento della creazione, aderivano ad UNASA 14 istituzioni. Oggi sono 21, dopo che nel 2011 UNASA si è data un nuovo statuto con un proprio comitato esecutivo ed un collegio di revisori dei conti. Piccarolo ha inoltre ricordato il lavoro instancabile di Michele Stanca per divulgare le innovazioni scientifiche nel mondo rurale, promuovere la passione per la ricerca nei giovani e cercare una linea comune di azione tra tutte le istituzioni dedite alla “Science for Farming”, affinché l’agricoltura rimanesse al centro delle scelte politiche mondiali. Proprio grazie alla loro posizione super partes, ha dichiarato Piccarolo, le Accademie hanno pieno titolo di farsi ascoltare sia a livello istituzionale che da parte dell’opinione pubblica.
La lectio magistralis è stata svolta con straordinaria chiarezza ed efficacia dal Professore Mario Enrico Pè della Scuola Sant’Anna di Pisa, sul tema: “Forbici molecolari e miglioramento genetico, strumento necessario (fondamentale) per l’agricoltura italiana”. Dopo di lui, il Direttore CRA-CER di Foggia, Nicola Pecchioni, ha portato il suo ricordo del Prof. Stanca, della sua grande umanità, della sua cultura e del suo entusiasmo nello studio della genetica agraria. In particolare è stata evidenziata la sua volontà di trasmettere la passione per la ricerca ai giovani.
La cerimonia di inaugurazione si è conclusa infatti con la consegna di due premi nel settore del miglioramento genetico delle piante di interesse agrario, intitolati a Michele Stanca e rivolti a giovani ricercatori. La commissione giudicatrice nominata dalla SIGA (Società Italiana Genetica Agraria) ha decretato vincitori, per questa edizione, la dott.ssa Francesca Taranto, con uno studio sul miglioramento genetico del frumento duro negli ultimi 150 anni pubblicato nel 2020 su “Frontieres in Genetics”, e il dott. Francesco Olivieri con uno studio sui meccanismi molecolari per la tolleranza allo stress da caldo nel pomodoro, pubblicato su “Genes” nel 2020. Era presente alla cerimonia la vedova del Prof. Stanca, la quale ha consegnato personalmente i premi ai due ricercatori, ricordando come uno degli ultimi pensieri del marito fosse rivolto ai suoi studenti.
Il progresso è un concetto che nelle società evolute dovrebbe essere quotidianamente perseguito attraverso l’avanzamento della cultura, delle conoscenze scientifiche e tecnologiche, dell’organizzazione sociale, affinché sia possibile procurare all’umanità il raggiungimento del “benessere”, uno stato che coinvolge tutti gli aspetti dell'essere umano e del pianeta, e caratterizza la qualità della vita di ogni singola persona all’interno di una comunità di persone.
Il progresso della società prospera se il dibattito scientifico, che nasce e si sviluppa nelle Accademie, riesce a mantenere la posizione autorevole che deve essere tributata alla conoscenza, fondamento affinché le scelte politiche, orientate allo sviluppo sociale, economico e sostenibile delle nazioni, siano prese con “responsabilità”, cioè rispondendo ai cittadini delle conseguenze delle decisioni assunte.
La legittimazione democratica dell’Unione europea si fonda sui principi di sussidiarietà e di proporzionalità, in base ai quali le decisioni devono essere prese a livello più vicino possibile ai cittadini, basti ricordare che l’art. 174 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea recita quanto segue: “Per promuovere uno sviluppo armonioso dell'insieme dell'Unione, questa sviluppa e prosegue la propria azione intesa a realizzare il rafforzamento della sua coesione economica, sociale e territoriale”.
Quindi la premessa al tema che tratterò coinvolge la relazione tra scienza e politica, e il rapporto progresso dell’Unione Europea e sviluppo armonioso delle nazioni.
È noto che il 21 maggio 2020 la Commissione europea ha presentato la "Strategia Farm to Fork", uno dei pilatri del Green Deal europeo, che mira a rendere il sistema di produzione alimentare in Europa sostenibile lungo tutta la catena produttiva dal campo alla tavola, per rafforzarne la resilienza e la capacità di garantire la sicurezza dell’approvvigionamento.
Nell'ambito della "Strategia Farm to Fork", la Commissione Europea ha inteso proporre un sistema di etichettatura nutrizionale obbligatoria armonizzato a livello UE, che dovrebbe essere adottato entro la fine del 2022. L’argomento è attualmente nell’occhio del ciclone dell’informazione generando preoccupanti fratture tra le nazioni e all’interno degli stessi stati poiché si tratta di “informazioni rivolte ai consumatori” in grado di influenzare le scelte di acquisto e di decidere la vita e la morte di intere filiere se lo standard che sarà scelto non sarà scevro da conflitti di interesse tra scienza, sistemi economici e politica.
Siamo abituati a pensare all’India come a un paese in cui le vacche sono
considerate intoccabili, in quanto sacre e, pertanto, la notizia che
l’allevamento di bovine da latte Bhagyalakshmi, nello stato di
Maharashtra ha raggiunto il traguardo di oltre 50 litri di latte
prodotto al giorno per vacca, un po’ ci stupisce, considerando che la
media nazionale è poco più di 10 litri
Molti
fattori sono coinvolti nel declino della fertilità maschile e sono stati fatti grandi
sforzi per salvare la spermatogenesi, ma con pochi progressi nel
miglioramento della qualità dello sperma. Inoltre è stato sottovalutato
il ruolo dell’alimentazione sul quale recentemente hanno richiamato
l’attenzione ricercatori cinesi coinvolgendo, diciamo subito in senso
positivo e di possibile contrasto al calo degli spermatozoi, le castagne
e aprendo un nuovo scenario sul ruolo degli alimenti nella infertilità
maschile.
Il Dott. Ruggero Mazzili, nelle sue chiarissime relazioni, ama spesso
ripetere un concetto che, personalmente, ritengo validissimo e mai
tramontabile, nonostante tutte le agricolture “puntate” (Agricoltura3.0,
4.0, ecc.).
Mazzili così si esprime: “Per effettuare un buon esame del suolo occorrono 1) Mani per toccarlo; 2) Occhi per guardarlo; 3) Testa per capirlo; 4) Gambe e fiato per perlustrarlo”.
La
scienza della fertilizzazione ha visto negli ultimi anni un
intensificarsi di lavori scientifici nel settore della nutrizione
vegetale, in particolare nei riguardi di prodotti e formulati
“innovativi”, spesso indicati come biostimolanti. La ricerca “affannata”
da parte delle società di produzione, ma anche di molti ricercatori, ha
fatto spesso dimenticare che l’agricoltore e il tecnico di molte
aziende, non “super-evolute” dal punto di vista tecnologico, hanno
ancora bisogno di sistemi e mezzi tecnici semplici e facilmente
applicabili.
Questo non significa rifiutare la ricerca e le sue
“produzioni”, ma ci ricorda che l’Italia agricola è fatta ancora di una
moltitudine di piccole aziende con esigenze molto diverse da quelle
“evolute” dal punto di vista tecnologico. Anche queste hanno però il
“sacrosanto” diritto di essere seguite ed aiutate dal punto di vista
tecnico, a maggior ragione oggi che vengono man mano a scomparire i
servizi di assistenza tecnica regionali.
Sicuramente le analisi del
terreno, quelle fogliari, peziolari, ecc., insieme alle innovazioni dei
prodotti e delle tecniche di distribuzione, rappresentano una solida
base tecnico-scientifica su cui far affidamento per stilare corretti
piani di fertilizzazione, ma non deve cadere in secondo piano la
conoscenza diretta dell’appezzamento, della coltura e delle pratiche
agronomiche messe in atto dall’agricoltore.
Molte aziende si affidano
a consulenti capaci ed esperti nella realizzazione di piani di
concimazione, ma sono ancora molte quelle che agiscono senza nessuna
base o concetto scientifico, e si muovono in modo empirico, spesso con
notevoli dispendi finanziari e riflessi negativi sull’ambiente.
Diversi
sono stati i tentativi per cercare di dare indicazioni pratiche sulla
concimazione delle colture, in particolare quelli messi in atto per
redigere i “bilanci di concimazione” per i disciplinari di produzione
integrata, complessi sistemi di calcolo che dovrebbero servire a
razionalizzare l’uso dei concimi, perfezionando dosi, epoche e modalità
di applicazione.
Sabato 18 settembre nel primo pomeriggio, appena chiusi i lavori del G20 dell’agricoltura in Palazzo Vecchio, una delegazione della FAO, comprendente il Direttore Generale Qu Dongyu e il Vicedirettore Maurizio Martina, è stata in visita all’Accademia dei Georgofili. Erano accompagnati dal Sindaco Dario Nardella e dall’Assessore alla Cultura e relazioni internazionali, Tommaso Sacchi.
Qu Dongyu ha chiesto informazioni sulla storia e l’attività attuale dell’Accademia dei Georgofili, esprimendo il proprio apprezzamento. E’ rimasto molto colpito dal fatto che, come testimoniato dagli Atti dell’Accademia, già nel 1948 e poi ancora nel 1953, i Georgofili collaborarono con la FAO per organizzare a Firenze una riunione internazionale di esperti in conservazione del suolo, cui intervenne personalmente l’allora Direttore della FAO, Norris Dodd. Qu Dongyu si è quindi dichiarato aperto a studiare per il futuro nuove forme di collaborazione con l’Accademia dei Georgofili.
Il Presidente Massimo Vincenzini ha donato in segno di amicizia al Direttore Generale della FAO la medaglia dei Georgofili, ricevendo in cambio un cartiglio in cinese mandarino con una scritta sull’agricoltura che recita:
Amare e studiare l'agricoltura
Gioia immensa
Messaggio lasciato nell'anno del bue da parte di Agenzia delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura
D.G. Qu Dongyu
La visita del Direttore Generale della FAO all’Accademia dei Georgofili è stato un prezioso riconoscimento per l’attività svolta dall’Accademia, ad altissimo livello scientifico e da ben 268 anni. Tra l’altro, nelle sue dichiarazioni conclusive al G20, Qu Dongyu ha evidenziato proprio quelle stesse tematiche che sono state affrontate dal 6 al 15 settembre, negli incontri precedenti il G20 organizzati dai Georgofili: lo sviluppo sostenibile dell'agricoltura, il ruolo delle nuove tecnologie, la sicurezza alimentare globale, la tutela del suolo, i rischi legati ai cambiamenti climatici, il verde come fonte di benessere. Non a caso le riforme promosse dalla FAO sotto la sua stessa guida, tra cui un nuovo Quadro strategico per il 2022-2031, ruotano attorno a quattro pilastri di miglioramento (i cosiddetti "Four Betters") che sono una produzione migliore, una nutrizione migliore, un ambiente migliore e una vita migliore.
Quando gli esseri umani inventarono e diffusero nel mondo l’agricoltura non solo cambiarono le loro abitudini alimentari, ma introdussero anche nuovi stili di vita. L’affollamento nelle capanne e il vivere fianco a fianco con gli animali, ovini, bovini, suini, ecc. ed i loro escrementi, deve aver favorito il passaggio dagli animali all’uomo e la diffusione tra gli uomini di ondate di germi patogeni e quindi di malattie. Uno studio sul DNA antico, pubblicato su eLife, suggerisce che, nel corso dei millenni, l'evoluzione ha favorito i geni che hanno rallentato la risposta immunitaria a patogeni, frenando una reazione infiammatoria iperallerta che potrebbe essere più mortale del patogeno stesso.
L'agricoltura rappresenta il settore a più elevato indice infortunistico, anche superiore a quello dell'edilizia, come peraltro evidenziato nel Piano Nazionale di Prevenzione 2014-2018 adottato dal Ministero della salute e approvato in sede di Conferenza Stato-Regioni il 13 novembre 2014.
Basti in proposito riprendere i dati dell’osservatorio, istituito da INAIL e Coordinamento delle Regioni nel quadro dei piani di prevenzione, sugli infortuni nel settore agricolo o forestale, che ricomprende tutti gli infortuni che avvengono ai lavoratori agricoli ivi compresi coloro, e non sono pochi, che svolgono attività agricola a titolo professionale non prevalente o a titolo hobbistico. Tali dati evidenziano che ogni anno il numero di eventi infortunistici mortali che coinvolgono gli operatori addetti alla guida del trattore è superiore alle 120 unità, senza significativi cenni di riduzione.
Si tratta di una cifra importante, senza pari per altre macchine inquadrate dalla normativa come pericolose, ben superiore tra l’altro al dato degli infortuni mortali riconosciuti da INAIL, proprio per la presenza numerosa di figure non assicurate, e che configura una vera e propria emergenza sanitaria.
Il pericolo più grave a cui è esposto l’operatore alla guida del trattore è rappresentato dal capovolgimento per sovraccarico, per sforzo eccessivo di traino, manovre brusche, eccessiva pendenza del terreno, ecc.
A protezione le disposizioni legislative e regolamentari stabiliscono l’obbligo di installazione dei seguenti apprestamenti tecnici:
• struttura installata sul trattore allo scopo di evitare o limitare i rischi in caso di capovolgimento (ROPS – Roll Over Protective Structure);
• dispositivo che trattiene l’operatore al posto di guida (cintura di sicurezza).
Il principio è quello di trattenere l’operatore all’interno di un «volume di sicurezza» per evitare il rischio che questo resti schiacciato tra il trattore e il suolo. L’obbligo di installazione dei suddetti dispositivi si applica ai trattori di nuova costruzione e retroattivamente a quelli già in servizio.
Lunedì 13 settembre alle 11.30 è stata inaugurata, alla Presenza del Sindaco Dario Nardella e degli Assessori Martini e Sacchi, una scultura che sostituirà la pianta di olivo all’angolo tra via Lambertesca e via dei Georgofili.
La pianta, che vi era stato posta nel 1996 al termine dei lavori di restauro della torre che ospita la sede accademica, a memoria delle vittime innocenti della terribile bomba del 27 maggio 1993, era infatti ormai sofferente, nonostante le tre sostituzioni nell’arco di 25 anni. A questo problema è venuta in soccorso la generosità dell’artista Andrea Roggi il quale, sollecitato da Oliva Scaramuzzi e dal Presidente Massimo Vincenzini, ha fatto dono alla città di Firenze di una sua bellissima opera, intitolata “Albero della Pace”, che raffigura proprio una pianta di olivo che affonda le radici nel mondo e ha il tronco costituito dalle figure intrecciate di un uomo e una donna, le cui braccia protese verso il cielo diventano rami. L’Albero della Pace è una scultura di bronzo con base in travertino. L’opera, alta 4,40 metri, è stata realizzata con la tecnica della fusione a cera persa, fusione dinamica e patina a fuoco, e si tratta di un pezzo unico.
La cerimonia è stata aperta dallo squillo delle chiarine, poi ha preso la parola l’Assessore alla Toponomastica Alessandro Martini il quale ha ringraziato l’Artista e gli ideatori di questa iniziativa, sottolineando che, a 25 anni dalla ricostruzione, Firenze è viva più che mai e guarda al futuro.
Poi è intervenuto il Sindaco Nardella, ricordando che la mafia scelse di colpire un simbolo della cultura, come Firenze, per colpire nel cuore il popolo italiano ma è proprio nella cultura e nella bellezza, nella loro forma di comunicazione universale, che si può trovare l’antidoto alla violenza.
Alla cerimonia era presente anche il presidente dell’Associazione Familiari delle Vittime della strage dei Georgofili, Luigi Dainelli, che ha ringraziato tutti, evidenziando il valore simbolico dell’olivo come albero della pace.
Il Presidente dei Georgofili, Massimo Vincenzini, ha sottolineato che “l’intento è quello di promuovere la cultura della memoria in questo luogo, rinnovando l’impegno a condannare tutti gli atti di violenza, ovunque siano commessi. Il monumento del Maestro Andrea Roggi, collocato in questo luogo, assume un valore altamente simbolico e trasmette un forte messaggio di speranza per un mondo migliore e ricco di propositi e slanci positivi, come quello che ha animato il prof. Franco Scaramuzzi, indimenticato Presidente dell’Accademia, nella ricostruzione della sede accademica dopo la tragica bomba, assassina e devastatrice. Memoria del passato e fiducia in un futuro migliore fusi insieme nell’Albero della Pace del Maestro Roggi, al quale va la piena gratitudine dell’Accademia”.
Oliva Scaramuzzi promotrice dell’iniziativa in memoria del padre Franco (come scritto sulla targa posta sul basamento dell’opera), ha espresso il proprio commosso e sentito ringraziamento verso tutti coloro che hanno reso possibile questa inaugurazione, convinta che in un periodo di assoluto ritorno alla vita, come questo odierno, sia importante rinnovare l'energia e la passione che suo padre, il prof. Scaramuzzi, aveva messo nella ricostruzione. “Si vive finché la memoria ci ricorda”, ha concluso.
Secondo Claude Lévi-Strauss (1908 – 2009) animali e vegetali non diventano cibi in quanto «buoni da mangiare» ma perché «buoni da pensare». Non siamo più quello che mangiamo, ma quello che vorremmo essere e come gli animali che gli antichi sacrificavano agli dei dovevano essere perfetti, così è anche per noi oggi, nuovi divinità del moderno consumismo, i cibi che desideriamo devono essere senza macchia, belli e non brutti, perché non servono tanto a soddisfare i bisogni del corpo o i capricci della gola, quanto a nutrire il nostro immaginario, a quietare la nostra coscienza, ad avvicinarci all'immagine edulcorata che coltiviamo di noi stessi.
Mi viene chiesto un commento sul contenuto dell’articolo di Alessandro Sala, comparso pochi giorni fa sul Corriere della Sera: “L’appello dei veterinari a Draghi: no al divieto di usare antibiotici, a rischio animali e persone. Lettera al premier, al ministro Speranza e al presidente dell’Europarlamento Sassoli: Non scientifico lo stop alle cure antimicrobiche in veterinaria, così si mette in pericolo anche la sicurezza alimentare” .
Cerchiamo di capire di cosa stiamo parlando.
Sono ancora ben impresse nella mente le immagini trasmesse dai mezzi di comunicazione di massa circa i drammatici incendi di questa estate che hanno devastato il patrimonio forestale in vaste aree del nostro Paese. Sono ormai a tutti noti i danni provocati all’ambiente da questi incendi a cui, purtroppo, seguono irrimediabilmente forti perdite di suolo per erosione.
Fra le principali cause di degradazione dei suoli forestali è del tutto evidente, infatti, che gli incendi rappresentano i più rilevanti sistemi di degradazione la cui conseguenza, fra l’altro, è l'insorgere di fenomeni di erosione idrica, diffusa e incanalata, costituendo una forte minaccia rispetto alla funzione di protezione idrologica. Il passaggio di incendi, oltre che innescare fenomeni erosivi, causa forti alterazioni anche delle proprietà chimiche dei suoli, in particolare sulla sostanza organica e delle proprietà biologiche, in quanto distrugge gli esseri viventi alla superficie del suolo, alterando fortemente l'attività microbica.
La sostanza organica può, infatti, avere una duplice azione e cioè quella di assorbire acqua, ma talvolta ha anche proprietà idrofobiche che limitano l’infiltrazione dell’acqua.
Lunedì 6 settembre 2021, nel pomeriggio, ha avuto inizio la serie di incontri tecnico-scientifici organizzati dall’Accademia dei Georgofili in attesa del prossimo G20 dell’agricoltura a Firenze. I lavori sono stati aperti dal Presidente Massimo Vincenzini.
Dopo i saluti istituzionali del Sindaco Dario Nardella, del Presidente della Regione Toscana Eugenio Giani e del Vicedirettore della FAO Maurizio Martina, si è svolto il convegno “Alcuni traguardi per l’agricoltura del futuro”, coordinato dai professori Dario Casati e Gianluca Brunori.
Il Sindaco ha voluto sottolineare l’importanza di coinvolgere le comunità locali ed accogliere le istanze che giungono dalla società civile per affrontare le odierne sfide globali. In questo senso è fondamentale, secondo Nardella, il ruolo dell’Accademia dei Georgofili che è al tempo stesso istituzione internazionale e attore del territorio fiorentino. Grato per il lavoro svolto da tutti gli Accademici, il Sindaco ha espresso l’augurio che i frutti di questa settimana di incontri scientifici possano subito essere raccolti, per dimostrare il grande patrimonio presente nella città di Firenze e condividerlo nel mondo come strumento formidabile di emancipazione. Anche Eugenio Giani ha ricordato il ruolo storico dei Georgofili per lo sviluppo di agricoltura e innovazione, ruolo ancor più importante oggi dal momento che la ripresa dell’Italia post pandemia è in gran parte guidata dal settore agroalimentare.
“Il raggiungimento dell’obiettivo di produrre meglio consumando meno ha bisogno di scelte politiche importanti che accolgano tutti gli strumenti offerti dalla tecnologia e dalla scienza. E’ necessario un nuovo equilibrio nei modelli di sviluppo che risponda alla sostenibilità globale”. Queste alcune delle parole con cui il vicedirettore della FAO, Maurizio Martina, ha salutato con un videomessaggio l’evento inaugurale dei Georgofili in attesa del G20 dell’Agricoltura a Firenze.
Un saluto molto gradito, quello di Martina, che evidenzia da un lato l’importanza di questi incontri tecnico-scientifici dei Georgofili per offrire strumenti ai decisori politici riuniti nel capoluogo toscano i prossimi giorni, dall’altro il lungo legame tra FAO e Georgofili, che risale già al secondo dopoguerra, quando fu creata l’organizzazione internazionale per cibo e agricoltura. Nel settembre 1948, infatti, la FAO organizzò un ciclo di riunioni sul problema della conservazione del suolo. Come sede per queste riunioni furono scelti “i locali di cotesta illustre e benemerita Accademia”, come scriveva la rappresentante italiana della FAO all’allora Presidente dei Georgofili. Nonostante le difficoltà delle comunicazioni che ancora ostacolavano le relazioni tra i vari Paesi, si poterono incontrare a Firenze presso i Georgofili i rappresentanti americani, quelli di molti stati europei (Belgio, Francia, Norvegia, Olanda, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Svizzera) e persino dell’Asia (Cipro, Israele) e dell’Africa (Africa Settentrionale Francese e Congo Belga). Fu proprio in questa occasione, alla cui sessione inaugurale tenne un discorso il Direttore Generale della FAO Norris Dodd, che i vari esperti di suolo si aggiornarono reciprocamente sulle proprie conoscenze tecnico-scientifiche e si crearono i presupposti per una collaborazione internazionale.
Agli antichi era noto che l’origano, erba calda e secca, è adatta a contrastare tutto ciò che è contrario, cioè il freddo e l’umido o che si manifesta ed è causato quando attorno a noi è freddo e umido.
L'aroma particolarmente potente, piccante e forte di questa pianta aromatica bene esprime la sua grande capacità antibatterica, adatta appunto a “sgominare i bacilli molesti”. Il nome origano è formato da due parole: òros = monte + ganào = io mi compiaccio. Il significato del suo nome = “gioia, meraviglia, delizia della montagna” allude alla bontà, alla delicata leggiadria di questa pianta e alla leggenda della sua origine secondo cui fu Venere, la dea della bellezza e dell'amore, a farlo nascere e crescere abbondante nei suoi giardini e alle pendici del monte Olimpo.
L'azoto è l'elemento costitutivo di aminoacidi, proteine, clorofilla, fenilpropanoidi, ecc. Le piante possono assorbire principalmente l'azoto come nitrato (NO3-) o come ammonio (NH4+); l'assorbimento totale consiste solitamente in una combinazione di queste due forme.
Lo ione nitrico può essere ridotto in forma ammoniacale nelle radici, oppure direttamente traslocato nella parte aerea, dove viene ridotto. L’azoto ammoniacale, sia esso proveniente dalla riduzione assimilatoria dei nitrati, sia assorbito direttamente come tale dalle piante, viene convertito in azoto organico grazie a una reazione enzimatica catalizzata dalla glutammina sintetasi.
Quando gli agricoltori messicani trovano pannocchie di mais con i chicchi grigi-nerastri che formano un tumore detto huitlacoche non le distruggono perché valgono più di quelle sane, avendo un gradevole e ricercato gusto nocciolato di tipo fungino con una infinità di applicazioni culinarie tanto da essere considerato un “tartufo messicano”. L’escrescenza o tumore di colore violaceo e poi nero che può raggiungere il diametro di 15-20 centimetri è dovuto allo sviluppo del fungo Ustilago maydis. In cucina l’huitlacoche ha un sapore che ben si accompagna a quello del formaggio e delle carni del chorizorizo, ma anche a quello delle cipolle, epazote erba simile al coriandolo e del peperoncino nei tacos, tamales quesadilla. Il consumo di mais infestato da Ustilago maydis sembra aver avuto origine nella cultura azteca e l’analisi delle feci degli antichi abitanti degli Utah mostra una for-e presenza di spore di Ustilago maydis facendo pensare che il fungo fosse intenzionalmente incluso nella dieta dei popoli Pueblo. Oggi le huitlacoche quesadillas sono disponibili in tutto il Messico centrale e meridionale e negli ultimi anni l'huitlacoche fresco è disponibile nei mercati di Città del Messico, mentre nei paesi dove vi è stata un’emigrazione messicana può essere acquistato in scatola nei mercati specializzati.
Nella quasi totalità dei paesi del mondo, Ustilago maydis Corda, 1842 (sinonimo Ustilago zeae) è considerato un fungo patogeno per il mais provocando la malattia in Italia nota come "carbone del mais". L’Ustilago maydis causa danni alle coltivazioni di mais e ogni anno il 3-4% dei raccolti di mais statunitensi sono distrutti a causa della presenza del fungo (il 2% su scala mondiale), ma nel XIX secolo la percentuale poteva raggiungere l’80%. La lotta contro il fungo si basa su pratiche agronomiche, raccolta e la distruzione dei giovani tumori prima che rilascino le spore nel terreno e su trattamenti del seme con fitofarmaci.
Di recente, l’uso alimentare che i messicani fanno del mais dove si è sviluppato Ustilago maydis ha dato avvio a una serie di ricerche sul mais parassitato e sul fungo.
A differenza di molti studi e di quanto i media vanno diffondendo che
considerano solo i gas climalteranti prodotti dalle attività zootecniche
sul cambiamento climatico nel contributo dato recentemente alle stampe
viene valutata la quantità di CO2 prodotta dagli animali e quella
equivalente derivante, nel corso di dieci anni, dal metano dell’attività
ruminale, ma anche quella fissata nei vegetali utilizzati per
l’alimentazione degli animali di allevamento.
Dall’elaborazione
effettuata emerge che in Italia la CO2 fissata dai vegetali, prodotti
sia in Italia sia all’estero, destinati all’alimentazione degli animali è
superiore di circa il 10% rispetto a quella equivalente emessa dagli
animali allevati e dalle attività zootecniche ad essi correlate. Ne
deriva che, contrariamente a quanto sostenuto da molti media, gli
animali di allevamento contribuiscono a ridurre la CO2 in atmosfera.
Sono
state quantificate le emissioni dovute alla respirazione e quelle
relative alle fermentazioni ruminali e alle deiezioni di tutti i capi
delle specie allevate in Italia, alla loro gestione e al loro
spandimento, comprese le deiezioni rilasciate dagli animali al pascolo. È
stata poi calcolata l’anidride carbonica (CO2) fissata dalle principali
colture di interesse zootecnico tramite il “Ciclo di Calvin-Benson” che
è stata sottratta dall’atmosfera. Da dati statistici si è risaliti alla
quantità di foraggi (ISTAT) e cereali (ASSALZOO), prodotti nel nostro
Paese e all’estero, impiegati in Italia.
Dalla quantità prodotta di
foraggi e cereali si è risaliti alla biomassa vegetativa tramite i vari
indici di raccolta, calcolando anche la parte ipogea lasciata al suolo
come residuo colturale. Si è tenuto conto, inoltre, delle emissioni che
provengono dalla coltivazione delle specie vegetali per la lavorazione
del terreno, la produzione di fertilizzanti e fitofarmaci,
l’elettricità, i combustibili e il funzionamento delle macchine.
Dai
risultati emersi, si può affermare che la zootecnia in Italia, escluse
le attività legate al trasporto e alla lavorazione di prodotti come
carne e latte, non contribuisce all'aumento delle emissioni di gas serra
in atmosfera, ma le diminuisce, anche se di poco, perché il saldo tra
le quantità di CO2eq prodotte dal bestiame e quelle fissate nel foraggio
utilizzato per la loro alimentazione è nettamente (+10%) a favore di
quest'ultima. Se gli alimenti per il bestiame non sono importati,
basterebbe aumentare la superficie adibita alla coltivazione di erba
medica di 2,6 volte per eguagliare l’equivalente di CO2 prodotta dagli
allevamenti e quelli fissati nel foraggio.