Due sono i grandi pregi degli scritti della senatrice, Elena Cattaneo professoressa di farmacologia all’Università di Milano. I concetti da lei illustrati sono in primo luogo, espressi in modo molto chiaro e ovviamente, in secondo luogo e soprattutto, “scientificamente sicuri”. Gli argomenti che tratta in questa pubblicazione toccano un ampio ventaglio di saperi. Ci limitiamo a quelli più strettamente connessi con l’attività agricola e l’alimentazione. Così a pag. 102 l’autrice, dopo aver premesso che molti prodotti «bio» in Italia hanno un prezzo doppio, talora anche triplo, rispetto a quelli ordinari, precisa che l’enunciazione commerciale che tali prodotti siano preziosi per combattere malattie e inquinamento solitamente è solo una “favola … molto ben confezionata”. Aggiunge poi che uno studio recente molto approfondito su 500 alimenti confezionati e no, conferma questa sua asserzione quando nella conclusione si dichiara che “la certificazione «biologica» non può essere considerata un’indicazione di migliore qualità nutrizionale”. Sottolinea successivamente al riguardo che anche “le linee di indirizzo nazionale per la ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica del Ministero della Salute affermano che il cibo da coltivazione biologica, non ha un miglior profilo nutrizionale e non è quindi più salutare rispetto a prodotti non coltivati secondo tale metodo”. La senatrice infine prosegue: “Se qualcuno si illudesse che per produrre cibi «bio» almeno non si usino pesticidi, rimarrebbe deluso: anche le coltivazioni biologiche se ne avvalgono, e il fatto che non siano di “sintesi” non serve a renderli meno pericolosi per l’uomo e l’ambiente”, ciò perché l’essere di sintesi non implica di per sé che un prodotto sia nocivo. Più avanti conclude lamentando “il rischio che le famiglie con limitate capacità di spesa possano credere nella «favola» che solo chi compra «bio» abbia a cuore la salute dei propri figli e la tutela dell’ambiente”, e quindi si sottopongano inutilmente al pagamento del sovrapprezzo proprio degli alimenti biologici. A pag. 98, infatti, ricorda che anche l’agricoltura biologica fa uso di pesticidi e tra questi anche quelli che inquinano il terreno con un metallo pesante molto più dannoso del glifosato… il rame! Questo è il componente dei pesticidi bio «naturali» più antichi e più utilizzati sebbene sia un metallo pesante che inquina molto di più, e sia molto più dannoso per uomini e animali di alcuni prodotti di sintesi, con funzioni analoghe. Le evidenze scientifiche, infatti, oltre a dimostrare la sua tossicità ne evidenziano la persistenza nel suolo per tempo indefinito.
Ma le incredibili follie elencate dalla nostra senatrice “armata dalla scienza” non si limitano a quelle che abbiamo qui sopra riportato. Ne indica altre ancora più gravi ed inspiegabili, la peggiore è costituita (pag. 95) ”dall’insieme delle norme che impediscono agli scienziati di studiare e agli imprenditori di coltivare piante geneticamente migliorate in base all’inconcepibile assunto che il modificare le strutture genetiche naturali costituisca una specie di «sacrilegio», dimenticando, se veniamo condotti in quest’ordine religioso di idee, che nella Bibbia, nel libro del Genesi si legge (1,28 e sgg.): “Crescete e moltiplicatevi, popolate la Terra ed assoggettatevela, … signoreggiate …”. E qui vengono indicati animali e vegetali. Quindi è chiaro che l’assoggettare, il signoreggiare comprende certamente trattamenti quali gli innesti, la potatura e via via sino alle modifiche genetiche. Del resto, se si innesta ad esempio un pero su un cotogno, di fatto si sostituisce artificialmente la parte superiore del cotogno con la parte superiore di un pero, il che è certo più rilevante di una “modifica”. L’ignorare le succitate precisazioni della Bibbia ha comportato la sua erronea interpretazione e quindi il rifiutare appunto le modifiche genetiche. Si pensi al folle errore, della non accettazione delle mele cisgenetiche del prof. Silviero Sansavini, resistenti alla ticchiolatura un fungo responsabile della più grave malattia di questo frutto. Nel 2002 il Ministero ne vietò la sperimentazione … con l’unico esito di regalare a Olanda e Svizzera la coltivazione di questa varietà”, mentre noi dovevamo continuare a combattere la ticchiolatura con i pesticidi. La Cattaneo prosegue sottolineando il fatto che il prof. Eddo Rugini dovette buttare letteralmente al rogo le sue piante di kiwi, ciliegi, ulivi, pomodori, geneticamente modificate in modo da resistere a parassiti, che quindi avrebbero evitato ai nostri coltivatori l’impiego dei relativi antiparassitari, o alla siccità. In conclusione, queste follie ci fanno capire che, causa la grassa ignoranza in ambito biologico del mondo che conta nel nostro Paese, viene bloccata una delle principali vie maestre del progresso in agricoltura, quella genetica.
Concludiamo ricordando che nel 2014 il Museo di Storia dell’Agricoltura dell’Università di Milano ha assegnato alla Cattaneo il Diploma di Merito generalmente indicato in ambito agronomico come “Diploma Galileo”, perché solitamente con esso viene onorato chi si è distinto nella difesa della buona agricoltura contro le mode nefaste della pseudo-agricoltura.
Elena Cattaneo, Armati di scienza, pp. 158, Raffaello Cortina Editore, Milano 2021, 13,00 euro