L'agricoltura come strumento di manutenzione e valorizzazione del paesaggio. Nella Valle dei Tempi di Agrigento, il territorio dell'antica Akràgas, “la più bella città dei mortali” per Pindaro, oggi con i suoi quasi 1.400 ettari (di cui circa 800 demaniali) uno dei parchi archeologici e paesaggistici più rilevanti del Mediterraneo, questa finalità muove uno sfaccettato percorso di promozione legato a antiche produzioni. A cominciare da quelle più iconiche della Valle, l'olio e il vino.
A segnarlo e diversificarlo nel tempo è il progetto Diodoros, concepito 15 anni fa dalla società gestrice del Parco. Dopo gli stop dell'emergenza sanitaria, proprio in questi giorni l'iniziativa apre a ulteriori produzioni agricole all'insegna del combinato di qualità e storicità: dalle marmellate di arance e mandarini, ai limoni canditi e le polveri aromatizzanti ottenute dalle scorze delle arance, passando per le confetture di Fico d’India, le spezie (origano, rosmarino e zafferano), le lenticchie della Valle e le creme ottenute da pistacchi e da mandorle, altri frutti rappresentativi dell'area agrigentina.
Pronta a partire, da luglio, è altresì la produzione di tisane di fiori secchi di “ficodindia” mentre nelle prossime settimane sarà avviata la piantumazione di altri legumi, come la cicerchia, il cece sultano e la varietà nera del fagiolo Badda (presidio Slow Food), per la cui prima raccolta si dovrà però attendere il prossimo anno.
Nel cosiddetto ‘arborato misto' al cospetto dei monumenti dorici dedicati agli dei dell'Olimpo, colture come la vite e gli uliveti, insieme con i mandorleti, si combinano anche con i campi di grano, dove la mietitura parte in questi giorni. Un secolare scenario agreste magnificato da tanti viaggiatori del passato: dal geografo arabo Al-Idrisi, giunto a Girgenti (l'antico nome di Agrigento) nel 1138, il pittore Jean Houel alla fine del 1700 così come Wolfgang Goethe che al termine del suo Grand Tour italiano nel 1787 elencò con precisione la rotazione delle colture nella Valle, soffermandosi in particolare sulla raccolta della ‘tumenia', specie di grano a rapida maturazione.
Nell'area archeologia dei Templi il progetto Diodoros punta anzitutto anzitutto su vino e olio. Al vigneto di 3 ettari, impiantato nel 2006 sotto il Tempio di Giunone, se ne sono aggiunti altri due, per un totale di 6 ettari, vitati prevalentemente a Nero d'Avola e una piccola parte con vitigni di Nerello.
Una prospettiva del resto confortata dal fatto che negli ultimi anni almeno il 60% dei gadget portati a casa dai turisti in Italia riguarda proprio i prodotti del settore food.
Anche l'olio Diodoros costituisce una piccola realtà, da 4mila bottiglie annue. Ma è riuscita a innescare un circolo virtuoso di qualità e valorizzazione del prodotto: tra i piccoli 20 olivicoltori della Valle, 6 conferiscono le olive alla produzione veicolata da questo brand e hanno la garanzia di poterle vendere a un prezzo di almeno il 15% superiore rispetto a quello che spunterebbero se non partecipassero a questa rete.
Nel solco del progetto anche la produzione del miele è diventata centrale. Anche se Fino ad oggi l'obiettivo della salvaguardia del patrimonio genetico dell'ape nera è stato prioritario rispetto a quello della produzione mellifera, attualmente attestata sui 5 quintali annui.
da: ilSole24ore.com, 15/6/2021