Notiziario







Patriottismo alimentare e il problema del prezzo giusto e remunerativo

Stiamo entrando in un mese decisivo per la lotta al virus con misure che saranno comunque  via via più stringenti e limitanti alla nostra libertà, mobilità e ai trasferimenti delle persone. Già si stanno delineando gli stili di acquisto che già abbiamo visto durante il  precedente lockdown. Stanno ripartendo alla grande gli acquisti nella Distribuzione moderna e le grandi catene si preparano alla battaglia dei prezzi. Ismea prevede, con la nuova ‘stretta’ su bar, ristoranti e alberghi, un arretramento della spesa per consumi alimentari fuori casa del 48% rispetto al 2019.

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Considerazioni e prospettive per le piantagioni da legno su terreni agricoli in Italia

La filiera dei prodotti a base di legno rappresenta una delle più rilevanti attività economiche del nostro Paese, con un fatturato annuo di oltre 40 miliardi di euro. Essa, peraltro, risulta fortemente dipendente dall’estero per l’approvvigionamento della materia prima, per oltre due terzi derivante da importazioni. Ciò è causa di numerose problematiche, quali la relativa fragilità dell’industria nazionale di trasformazione, sempre più legata dalle scelte di mercato di Paesi stranieri (wood insecurity), e il rischio di attività illegali di importazione basate su prezzi più competitivi e sulla distribuzione di materiale non gestito in termini di sostenibilità ambientale nelle zone di origine.

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Il futuro del pane: lieviti selezionati e farine speciali

In anni recenti abbiamo assistito ad un progressivo cambiamento dell’atteggiamento dei consumatori nei confronti del cibo, che viene maggiormente apprezzato quando può essere riferito a un territorio particolare e a un modo di produzione specifico o tradizionale. E il pane non fa eccezione. Abbiamo pani a denominazione di origine protetta (DOP), come il pane di Altamura in Puglia, la pagnotta del Dittaino in Sicilia, il pane Toscano, ma anche pani a indicazione geografica protetta (IGP), come il Pane casareccio di Genzano nel Lazio e il Pane di Matera in Basilicata. A livello regionale, solo in Toscana troviamo ben 12 diversi pani denominati PAT (prodotti agroalimentari tradizionali), dalla Bozza di Prato ai pani di Altopascio e di Montegemoli, al pane di patate della Garfagnana. Tali pani sono spesso prodotti utilizzando quello che viene definito “lievito madre” o “impasto acido”, in inglese "sourdough", che è rappresentato da complesse comunità di lieviti e batteri lattici che, insieme al tipo di acqua e di farina, conferiscono al prodotto caratteristiche sensoriali e nutritive uniche. I lieviti più frequentemente isolati dagli impasti acidi sono rappresentati non solo da Saccharomyces cerevisiae, il lievito utilizzato a livello globale per la produzione di pane, ma anche da specie appartenenti ad altri generi, quali Kazachstania humilis, Wickerhamomyces anomalus, Torulaspora delbrueckii, Kazachstania exigua, Pichia kudriavzevii e Candida glabrata.
Le diverse specie e i diversi ceppi all’interno di ciascuna specie di lievito possiedono varie caratteristiche metaboliche che conferiscono particolari proprietà al pane prodotto: alcuni sono capaci di sintetizzare amminoacidi essenziali e vitamine, come tiamina, vitamina E e folati, altri producono esopolisaccaridi prebiotici e composti bioattivi come polifenoli, acidi organici ed enzimi. Tale biodiversità metabolica è stata oggetto di ricerche condotte nei laboratori di Microbiologia Agraria dell’Università di Pisa, al fine di individuare i lieviti più efficienti dal punto di vista funzionale, per la produzione di pane ad alto valore salutistico. 139 lieviti, isolati da vari tipi di cibi e bevande fermentati, sono stati caratterizzati e selezionati sulla base delle loro proprietà protecnologiche, funzionali e molecolari, attraverso screening in vitro e in vivo. Una prima selezione ha permesso di individuare 39 lieviti con elevata attività antiossidante e una notevole capacità di degradare i fitati, composti antinutrizionali contenuti nelle farine, rendendo così disponibili preziosi elementi minerali come calcio, ferro, zinco e magnesio.

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No, agricoltura e allevamenti non consumano un’Italia e mezza all’anno

Non ci saremmo occupati di una analisi pubblicata su un blog senza essere passata al vaglio della comunità scientifica, se non fosse balzata alle cronache nazionali veicolato dall’ormai onnipresente Greenpeace (si veda l’articolo: https://espresso.repubblica.it/inchieste/2020/10/15/news/agricoltura-e-allevamenti-non-sono-sostenibili-ogni-anno-consumano-un-italia-e-mezza-1.354532).
Ma è bene farlo, sempre nell’ottica di contrastare una disinformazione dilagante.

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Se i mirtilli stimolano il sistema immunitario dei polli, possono difendere anche noi?

Dal 29 settembre scorso è disponibile on line un articolo pubblicato dalla rivista Poultry Science dal titolo: “Organic cranberry pomace and its ethanolic extractives as feed supplement in broiler: impacts on serum immunoglobulin titers, liver and bursal immunity”, autori Quail Das et al. dell’università di Guelph, Canada. Il lavoro è stato condotto su polli da carne ed ha riguardato le risposte del loro sistema immunitario alla somministrazione del pastazzo di mirtilli rossi e del suo estratto alcolico nel mangime a diversi livelli di concentrazione.

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A lezione di tutela ambientale, forestale e agroalimentare

Presso il Centro di Eccellenza per le Stability Police Units (CoESPU) di Vicenza, nato dopo l’accorpamento del Corpo Forestale dello Stato con l’Arma dei Carabinieri, è stata istituita una Cattedra di “Polizia per la Tutela Ambientale, Forestale e Agroalimentare”.   La nuova disciplina ha arricchito ulteriormente l’offerta formativa del Centro, che svolge attività formativa addestrativa a favore di personale di polizia, civile e militare, proveniente da ogni continente.
L’attività della Cattedra si estrinseca nella predisposizione, formulazione e somministrazione di lezioni di “consapevolezza ambientale” durante i diversi corsi che hanno luogo al CoESPU, rispettando e applicando i principi dell’andragogia. La didattica si arricchisce e si integra con una parallela e costante analisi della dottrina e dei suoi sviluppi in materia ambientale che possono poi diventare oggetto di divulgazione.
Lo studio delle politiche ambientali consente innanzitutto di capire quali indirizzi le organizzazioni internazionali considerino prioritari e strategici: si fa riferimento in primis alle Nazioni Unite che, nell’ultimo decennio, hanno saputo elevare qualitativamente in maniera esemplare la propria performance ambientale. Dalla situazione di fine millennio scorso, nella quale l’impronta ambientale della complessa macchina delle Nazioni Unite produceva un inquinamento annuo pari a quello della città di Londra, sono stati fatti consistenti passi avanti.
Nel codice di condotta dei “caschi blu” (forze internazionali di pace delle NU) è stata inserita la regola che recita: “Mostra rispetto e promuovi l’ambiente – compresa flora e fauna- del Paese che ti ospita”. Frase semplice ma ricca di significato, il “mostrare rispetto” è la traduzione del basico principio “Do no harm”, non fare danni. Il “promuovere”conferisce invece all’azione delle forze ONU una valenza di ben più ampio respiro: promuovere significa infatti rendersi protagonisti di un atteggiamento proattivo, ponendo in essere concrete azioni di tutela e salvaguardia dell’ambiente.
L’evoluzione, in seno alle Nazioni Unite e alle sue articolazioni, è assolutamente singolare e di valore: dalla priorità individuata nella mitigazione dell’impatto e nella diminuzione dell’inquinamento creato da ogni attività condotta (dal Palazzo di Vetro alle basi di Missione nelle aree più remote e fragili del globo) il concetto è stato ulteriormente elaborato: l’ambiente richiede ad ogni operatore di essere responsabile delle sue azioni e delle conseguenze derivate, coinvolgendo direttamente quindi anche la sfera personale oltre a quella professionale.

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Ripensare le città attorno agli alberi

Sono passati 25 anni da quando il futurologo George Gilder sentenziò: “…Le città sono un avanzo lasciatoci dall’era industriale”. Analizzando le potenzialità di Internet (che si stava rapidamente diffondendo, anche se era ancora limitata a una piccola percentuale della popolazione mondiale) Gilder riteneva che la Rete avrebbe annullato le distanze rendendo obsolete le città. La storia degli ultimi anni ha invece mostrato una tendenza opposta: i grandi agglomerati urbani sono cresciuti e stanno crescendo in modo talvolta incontrollabile. Di conseguenza una porzione sempre maggiore della popolazione si sta spostando nelle grandi città del pianeta. Internet non ha svuotato di senso le città, anzi le tecnologie digitali hanno invaso le strade e i quartieri arricchendoli di nuovi servizi e creando un nuovo modo di vivere i centri abitati in cui il verde dovrà essere l’attore principale e non venire relegato a ruoli da comparsa.
Occorre, quindi, agire velocemente per questo nuovo “urbanismo verde” (Green Urbanism). Negli ultimi trentacinque anni circa, è emerso un dibattito internazionale sulla teoria delle eco-città e si è sviluppato un campo di ricerca rilevante sul futuro dell’urbanistica e della città stessa che è, per definizione, interdisciplinare; richiede la collaborazione di paesaggisti, agronomi e forestali, ingegneri, urbanisti, ecologi, pianificatori dei trasporti, fisici, psicologi, sociologi, economisti e altri specialisti, sulla base della specificità dei luoghi. Alla base di questo approccio c’è lo sforzo per ridurre al minimo l’uso di energia, acqua e materiali in ogni fase del ciclo di vita della città o del distretto, massimizzandone efficienza ed efficacia, inclusa l’energia incorporata nell’estrazione e nel trasporto dei materiali, la loro fabbricazione, il loro assemblaggio negli edifici e, infine, la facilità e il valore del loro riciclaggio quando la vita di un singolo edificio è finita.
Però non abbiamo molto tempo ed è necessario bilanciare la velocità del processo decisionale (in genere lento) con la necessità di agire in tempi relativamente brevi e affrontare questioni molto difficili. Quali sono gli aspetti della società che dovrebbero essere maggiormente considerati? Cosa è giusto ed equo? Chi saranno coloro i cui interessi saranno soddisfatti prima?
In queste città del futuro la conservazione degli spazi verdi attuali e la progettazione di nuovi avranno un ruolo vitale per migliorare, ad esempio, la gestione delle precipitazioni (sempre più concentrate e caratterizzate da violenti episodi) e la qualità dell’aria. Dovranno anche aiutare a combattere l’effetto isola di calore urbana e a migliorare la salute.

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Diffusi ingiallimenti fogliari nell’olivicoltura italiana

Dal punto di vista fitopatologico l’olivo risulta interessato da una significativa e complessa varietà di specie dannose. Un’analisi recente (J. Del Morale De La Vega; J. Del Moral Martinez, 2018) descrive più 345 artropodi e microrganismi interessanti la coltura.
Negli ultimi anni, nei diversi areali olivicoli  italiani, sono sempre più numerose le segnalazioni di diffusi ingiallimenti fogliari, spesso non riconducibili ad agenti patogeni. Di seguito si analizzano le possibili cause, evidenziando, in molti casi, l’origine abiotica del fenomeno.

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A tavola con Michelangelo

Nell’anno 1518 Michelangelo Buonarroti è a Firenze impegnato per il progetto per la facciata della basilica di San Lorenzo e nel retro di una lettera oggi conservata a Firenze nel Museo Casa Buonarroti Michelangelo e datata 18 marzo, in periodo di quaresima, scrive tre menù di magro corredandoli di schizzi illustrativi.

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Avversità climatiche: una lotta impari per gli agricoltori

Che le produzioni agricole siano sempre state condizionate dagli andamenti climatici è noto fin da che modo è mondo ed è tanto più vero ora in virtù dei cambiamenti climatici in atto che si possono sintetizzare, in estrema sintesi, con l’alternarsi di periodi piovosi con precipitazioni che tendono a intensificarsi (violenti nubifragi) e a distribuirsi su un numero minore di giorni e di lunghi periodi di siccità.
Gli effetti più drammatici di queste anomalie climatiche finiscono per aggravare proprio la situazione di quei settori produttivi più in difficoltà come, ad esempio, l’olivicoltura che proprio in questo periodo ci si appresta alla raccolta delle olive, con un certo anticipo rispetto alla tradizione, un po' per scelta per ottenere un prodotto migliore, un po' per la naturale anticipazione della maturazione in seguito ai cambiamenti climatici, appunto.

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Chiamare carne, hamburger e salsicce prodotti di origine vegetale è circonvenzione di consumatore?

Se è vero che l’abito non fa il monaco, è altrettanto vero che se incontro per strada qualcuno vestito da monaco penso che lo sia veramente. E sono portato a crederlo anche se sulla tonaca esibisce un cartellino con su scritto in piccolo “bada che non sono un monaco”. Su questo banale principio di saggezza comune si è basata la battaglia che l’associazione europea degli allevatori ha portato in Parlamento Europeo per la corretta etichettatura dei prodotti simil-carne a base vegetale. Il 23 ottobre scorso il supremo organo collegiale dell’Unione si è espresso con voto non vincolante sulla denominazione di carne e derivati (hamburger, salami, ecc..) di prodotti di origine vegetale.  L’iniziativa è nata sulla scorta di una decisione della Corte di Giustizia Europea che nel giugno 2017, con sentenza sulla causa C-422/16, aveva rilevato che “i prodotti puramente vegetali non possono, in linea di principio, essere commercializzati con denominazioni, come «latte», «crema di latteo panna», «burro», «formaggio» e «yogurt», che il diritto dell’Unione (Regolamento UE n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre   2013, recante organizzazione comune  dei  mercati  dei  prodotti  agricoli) riserva ai prodotti di origine animale. Ciò vale anche nel caso in cui tali denominazioni siano completate da indicazioni esplicative o descrittive che indicano l’origine vegetale del prodotto in questione, salvo le eccezioni  espressamente  previste”.
Gli emendamenti al Reg. 1308/2013 (https://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2013:347:0671:0854:it:PDF ) sottoposti al vaglio del Consiglio erano tre: a) il 165, che prevedeva la prescrizione per cui i “nomi che rientrano nell'articolo 17 del Regolamento (UE) n. 1169/2011 e che sono attualmente utilizzati per prodotti con basi e preparazioni di carne sono riservati esclusivamente a prodotti contenenti carne, in particolare nel caso delle denominazioni bistecca, salsiccia, cotoletta,  hamburger e burger”; b) il 264, che recitava “i nomi così come i termini e denominazioni di vendita relativi a carni che vengono utilizzati per denotare carni, tagli di carne e prodotti a base di carne secondo Articolo 17 del regolamento (UE) nº 1169/2011 sono riservati esclusivamente alle parti commestibili di animali e ai prodotti contenenti carne”; c) il 275, che proponeva la sostituzione integrale dell’art. 78 del reg. 1308/2013, introducendo il dettato per cui “oltre agli standard di marketing applicabili, se del caso, le definizioni tagli e tagli di vendita di cui all'allegato VII si applicano a settori o prodotti carne bovina, carni ovine, vino, latte e prodotti lattiero-caseari destinati al consumo umano, carne di pollame,  uova, grassi da spalmare destinati consumo umano, olio d'oliva e olive da tavola, carne di maiale, carne di capra, carne di cavallo,  carne di coniglio”.
Dopo due giorni di intensa discussione, i tre emendamenti sono stati respinti con le seguenti votazioni: 165, 379 contro / 284 a favore; 264, 399 contro / 243 a favore-; 275, 524 contro/110 a favore.

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L'Accademia per il post COVID19 (e per gli agricoltori)

Sono trascorsi sei mesi da quando l'Accademia ha deciso di avviare un servizio per gli agricoltori, in particolare per quelli le cui aziende sono di dimensioni classificate come piccole e medie, nel difficile periodo del "post Covid19" segnato da emergenze di varia natura. L'agricoltura era stata esonerata, per ovvie ragioni, dal blocco delle attività produttive nel periodo Marzo-Maggio del corrente anno, ma, come  risulta in tutti i rapporti sulla agricoltura italiana, necessitava - e necessita - di una forte spinta innovativa affinché riesca a superare il doppio ostacolo della critica situazione socio-economica e di quella ambientale.
Il Presidente dell'Accademia dei Georgofili, a seguito dell'impossibilità di continuare la notevole attività convegnistica dell'Accademia, ebbe l'accortezza di avviare un programma di informazioni on-line sul sito dell'Accademia - chiamato "Antologia" - specificamente mirato alla diffusione di innovazioni, messe a punto nei vari centri di studio e immediatamente disponibili per la pratica applicazione. Si è trattato normalmente di brevi (2-5 pagine) ma esaurienti descrizioni delle proposte.
Parallelamente si dava vita ad un'altra iniziativa - chiamata "Altri contributi" - che inseriva, nel sito, documenti di maggiore estensione tendenti a fare il punto su aspetti fondamentali dell'agricoltura.  
Questa idea si basava sulla fiducia che vari colleghi, sparsi in centri di ricerca italiani appartenenti a varie Amministrazioni e a maggioranza Accademici, si rendessero disponibili per questo lavoro. Per l'arduo periodo che l'Italia stava attraversando, tale disponibilità era tutt'altro che scontata. Il risultato è stato invece quasi commovente: la comunità scientifica agraria italiana ha risposto con una dedizione straordinaria.

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Missione Terra: il suolo al centro del Green Deal europeo

L’Unione Europea ha recentemente pubblicato un importante documento prodotto dalla Commissione di esperti per la salute del suolo e del cibo che mette il suolo al centro dell’attenzione e delle azioni da intraprendere per realizzare gli obiettivi di sviluppo sostenibile posti dal Green Deal. Ricordo che Il Green Deal europeo prevede di intraprendere una serie di iniziative politiche volte a promuovere l'uso efficiente delle risorse passando a un'economia pulita e circolare, ripristinare la biodiversità e ridurre l'inquinamento.

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La sfida per la digitalizzazione rurale sostenibile

Come ha messo in luce il recente rapporto sulla digitalizzazione in Europa l’Italia mostra un grave ritardo nel processo di trasformazione digitale. Il nostro paese si colloca al quart’ultimo posto nei valori dell’indicatore, che rispecchia non tanto un basso livello di copertura, quanto un pessimo livello di competenze e di un limitato utilizzo di servizi digitali. Solo il 74% degli italiani usa abitualmente Internet, e l’utilizzo di servizi pubblici digitali è scarso. Anche le imprese italiane presentano ritardi nell'utilizzo di tecnologie come il cloud, i big data e il commercio elettronico.

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Genome editing e aiuti alimentari, due premi Nobel rilevanti per l’agricoltura del XXI secolo

Il 2020, che a buon diritto può essere classificato come un annus horribilis, in considerazione degli effetti dolorosi e preoccupanti che ha causato e sta causando a tutti noi e che sta determinando situazioni critiche al comparto agro-alimentare nazionale e mondiale, ha visto l’assegnazione di due premi Nobel che, per motivi diversi ma complementari, hanno una grande rilevanza per l’agricoltura. Il premio Nobel per la Chimica è stato attribuito alla francese Emmanuelle Charpentier e alla statunitense Jennifer A. Doudna, due ricercatrici che, studiando i meccanismi molecolari di difesa dei batteri da infezioni causate da virus (batteriofagi) hanno consentito di sviluppare il metodo chiamato genome editing. Con questa denominazione si richiama il processo di revisione di un testo scritto, nel caso specifico la sequenza di DNA. Il metodo di genome editing prevede la rottura delle eliche del DNA e per questo motivo ci si riferisce spesso all’immagine di forbici molecolari. La grande innovazione del genome editing sta nella precisione e relativa semplicità del sistema che è ben sintetizzata nelle parole del comunicato del Comitato Nobel che riporta: “tali forbici consentono di modificare il DNA di animali, piante e microrganismi con una precisione estremamente alta. Questa tecnologia sta avendo un impatto rivoluzionario sulle scienze della vita”. In un’occasione precedente su “Georgofili Info” ho avuto modo di sottolineare come l’applicazione del genome editing possa costituire uno strumento rivoluzionario nel miglioramento genetico – breeding – delle specie di interesse agrario. Attraverso interventi mirati su porzioni note del genoma vegetale è e sarà possibile sviluppare nuove varietà che siano funzionali all’agricoltura del XXI secolo, ovvero produttive, in grado di utilizzare al meglio le risorse, che diano prodotti di elevata qualità sia per il consumo diretto sia per la trasformazione, in definitiva per un’agricoltura più sostenibile, produttiva nelle diverse condizioni di coltivazione, in grado di rispondere agli effetti dei cambiamenti climatici in atto, che salvaguardi e valorizzi l’agrobiodiversità. Le modificazioni prodotte attraverso l’applicazione del genome editing sono in larga misura equivalenti a quelle determinate dai processi naturali di mutazione spontanea, che forniscono la variabilità genetica sulla quale agisce l’evoluzione, con il grande vantaggio, in questo caso, di essere mirate e non casuali. Per questo motivo la Società Italiana di Genetica Agraria – SIGA – ha proposto di definire il genome editing una delle Tecnologie di Evoluzione Assistita ovvero TEA.

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L’Accademia Svedese delle Scienze si tinge di rosa e premia il "genome editing"

Quando, il 9 febbraio 2018, ebbi la fortuna di ascoltare Emmanuelle Charpentier raccontare, durante una conferenza all’Accademia dei Lincei a Roma, la storia della CRISPR-Cas9 che lei stessa definì “a game changer in genetic engineering” continuavo a chiedermi quando le avrebbero assegnato il premio Nobel. O meglio, se mai avremmo assistito al conferimento di quel premio - che popola i sogni di tutti i ricercatori - alle due donne che, a distanza di migliaia di chilometri l’una dall’altra, hanno spiegato al mondo come l’evoluzione avesse fornito a un batterio lo strumento per ritoccare, potenzialmente, il genoma di qualsiasi organismo.
Sono trascorsi altri due anni da quella conferenza di Roma, durante i quali abbiamo assistito allo “scandalo scientifico” delle gemelline cinesi e visto la Comunità Europea prendere una posizione molto chiara - ma tutta da rivedere – contro l’impiego di questa tecnica.
Alla fine, la scorsa settimana, l'Accademia Svedese delle Scienze ha assegnato il premio Nobel per la Chimica a Emmanuelle Charpentier e a Jennifer Doudna per la loro ricerca sull’editing genomico. Questo premio non solo rimarrà nella storia perché condiviso solo tra due donne, ma soprattutto perché assegnato a una ricerca relativamente giovane (era l’anno 2015 quando le riviste Nature e Science definirono la CRISPR come la scoperta dell’anno), a differenza della ormai radicata consuetudine di conferire il prestigioso riconoscimento a ricerche iniziate decenni prima.
Dal 2015 le riviste scientifiche sono state letteralmente invase da articoli in cui questa tecnica è stata adattata al fine di ritoccare il genoma di organismi diversi. Al di là delle potenzialità applicative nell’uomo per la cura di molte malattie con basi genetiche, e delle loro complicate implicazioni etiche, la CRISPR è uno strumento rivoluzionario anche in agricoltura.

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