Le abitudini alimentari delle popolazioni e dei singoli dipendono da molteplici fattori geografici, climatici, culturali, ideologici e religiosi che sono difficili da modificare, ma potrebbero essere riconsiderati in una prospettiva “ecologica”. Numerosi riferimenti bibliografici confermano che la destinazione di superfici agrarie per la coltivazione di specie vegetali o in alternativa per l’allevamento del bestiame e di piccoli animali, ha un grande impatto sul consumo di territorio e sulla sua sostenibilità. La FAO definisce dieta “sostenibile” quella nutrizionalmente adeguata, sicura, culturalmente accettabile, ma che consente anche il risparmio e/o l’ottimizzazione delle risorse naturali e umane. Questo aspetto può essere misurato attraverso il ciclo di vita (Life Cycle Assessment, LCA) dell’impronta del carbonio dovuta agli alimenti, ed espresso come emissione di gas serra (Green-House Gas Emission, GHGE), con un contributo della filiera alimentare (produzione agricola, trasformazione degli alimenti, trasporto, distribuzione, stoccaggio, preparazione dei cibi e smaltimento dei rifiuti) che può variare dal 15% al 30% delle GHGEs globali. E’ opinione comune che la produzione di alimenti di origine vegetale abbia un minore impatto ambientale, se paragonata a quella che include anche alimenti di origine animale. Tuttavia, alcuni dati pubblicati recentemente mettono in discussione questa credenza dimostrando che la sostituzione della carne rossa con quantità di vegetali e frutta, equivalenti in termini calorici, determina un netto incremento nell’emissione di gas serra. L’alimento vegetale associato con i più bassi valori di GHGEs sarebbe in realtà lo zucchero, evidenziando quindi la limitatezza e la discutibilità di tale approccio! Una recente rilettura dei risultati propone di associare alla GHGE degli alimenti anche la loro energia ed il contenuto in nutrienti, in particolare in relazione alla qualità biologica delle proteine. E’ così possibile proporre modelli alimentari in grado di bilanciare corretta alimentazione e ridotto GHGE, senza però eliminare carni e prodotti di origine animale, storicamente e culturalmente considerati alimenti ricchi di proteine ad elevato valore biologico.
The sustainable diet
The eating behaviors of populations and individuals depend on multiple geographic, climatic, cultural, ideological and religious factors that are difficult to change, but may be reconsidered in an "ecological" perspective. As reported by FAO, a “sustainable” diet should be nutritionally adequate, safe, culturally acceptable, but also it should allow and/or to optimize natural and human resources. A measure of the environmental impact of food production is its carbon footprint evaluated as greenhouse gas emission (GHGEs), with the contribution of the food chain ranging from 15% to 30% of total global GHGEs. In this regard, sugar has the lowest GHGEs. In addition, the common belief that plant-based diet is more ecofriendly than one of food of animal origin may be discussed on the basis of GHGEs net increase due to the replacement of meat with isocaloric amounts of vegetables and fruit. In brief the environmental impact of foods needs to be linked to nutrient density and in particular to the biological value of proteins. Therefore a “sustainable” diet could be proposed without the need to abolish food of animal origin which is an important source of essential nutrients.