L’ortofrutta al tavolo Mise-ICE non ha mai messo piede. Il tavolo al ministero agricolo ha partorito solo un impegno sul catasto frutticolo e nulla più (a proposito com’è finita? chi gestirà la nascita del catasto frutta? Anche qui porto delle nebbie). Poi anche di questo tavolo si sono perse le tracce. Perché? Per svogliatezza o perché, più semplicemente, nessuno lo ha sollecitato seriamente?
Fin dall’antichità lo zafferano ha gli usi più disparati e serve per profumare, tingere tessuti, dipingere, curare malattie, colorare alimenti e insaporire vivande e ancora oggi è la più preziosa delle spezie che ai nostri giorni ha un prezzo simile a quello dell’oro, dai quaranta ai quarantacinque Euro al grammo!
Per oltre un millennio le indigene api nere siciliane (Apis mellifera siciliana) sono state allevate all’interno di arnie orizzontali, realizzate dagli stessi apicoltori assemblando porzioni di fusti di ferula. Un centinaio di tali arnie venivano collocate insieme, in luoghi asciutti, sotto tettoie, delimitate da muri perimetrali a secco, coperte con fasci di stoppie di frumento, o con canne e tegole. La parete posteriore dell’apiario era esposta a nord, e quella anteriore a sud-est, per scaldare gli alveari sin dalle prime ore del mattino. Tale esposizione era raccomandata anche da Plinio, Columella e da Varrone.
Negli scenari urbani che molti prospettano per il futuro, la presenza di zone verdi e di spazi che richiamino un concetto di “naturalità”, può svolgere un ruolo fondamentale per il miglioramento della qualità della vita e per il raggiungimento di una soglia minima di benessere per l’essere umano per il quale è divenuta imperiosa la necessità di rigenerare sia il corpo, sia lo spirito. Infatti, della nostra vita quotidiana di abitanti di grandi città, che cosa possiamo dire di più accettabile e scontato, se non che la viviamo con acuto affanno, senza la necessaria serenità e dedicando limitatissimo tempo alla meditazione?
L’olfatto e la vista sono i primi sensi che guidano nella scelta e nella valutazione della carne e per questo gli studi che mirano al riconoscimento dei meccanismi di formazione delle sostanze aromatizzanti volatili delle carni e alla determinazione della loro influenza sul gusto sono di grande importanza. Inoltre i consumatori stanno diventando esigenti nella scelta della carne e dei prodotti a base di carne basandosi su qualità, freschezza e igiene e tra i fattori di qualità molto importanti sono la marmorizzazione (tessuti adiposi intramuscolari), la consistenza, il colore, la tenerezza e soprattutto il sapore e le caratteristiche aromatiche che sono rilevate prima e durante la masticazione.
L’aroma della carne è percepito attraverso le narici e quando la carne è posta in bocca e masticata e i composti aromatici volatili sono trasferiti attraverso la faringe ai recettori olfattivi (aroma retronasale) che costituisce circa l’ottanta per cento della sensazione gustolfattiva, come ognuno può costatare quando perde il senso dell’olfatto per un raffreddore. Tutti i componenti degli aromi volatili sono organici, hanno un basso peso molecolare e le strutture chimiche delle classi di aromi volatili sono molto diverse tra cui aldeidi, chetoni, idrocarburi, pirazine, acidi, esteri, alcoli, composti contenenti azoto e zolfo e altri composti eterociclici con differenze nelle strutture chimiche anche la loro volatilità molto diverse.
La carne cruda ha poco aroma e un sapore simile al sangue con differenze tra le diverse specie animali. Gli aromi più intensi si hanno nelle carni degli animali selvatici e, a parte i fattori genetici, dipendono dal metodo di alimentazione dell’animale, dalla qualità e dal tipo di foraggio, dalla frollatura e dal muscolo (taglio) della carne.
Fatta eccezione per la bistecca alla tartara, l'uomo civilizzato preferisce che la carne sia stata esposta a un certo grado di calore (cottura) che provoca cambiamenti che riguardano la tenerezza, il contenuto di acqua, il colore, la dimensione e la forma, il sapore e l’aroma. Le caratteristiche aromatiche delle carni cotte hanno una grande importanza nella valutazione della qualità della carne, nell'accettazione e nelle preferenze dei consumatori. Il sapore dell'aroma delle carni cotte deriva da componenti aromatici volatili che scaturiscono da reazioni termicamente indotte che si verificano durante la cottura attraverso: A) reazione di Maillard di aminoacidi o peptidi con zuccheri riducenti; B) ossidazione dei lipidi, C) interazione tra prodotti di reazione di Maillard con prodotti lipidici ossidati; D) degradazione delle vitamine e in particolare della tiamina (vitamina B1).
Gran parte delle caratteristiche aromatiche della carne che si sviluppano durante la cottura derivano da una complessa interazione di precursori che generano circa un migliaio di composti aromatici volatili. Tra i fattori che influenzano gli aromi della carne cotta i lipidi hanno una grande importanza, tuttavia va notato che quantità significative di acidi grassi insaturi nella carne e nei prodotti a base di carne, usati per motivi di salute, possono avere influenze negative sul suo aroma perché i prodotti di decomposizione di questi acidi grassi più volatili influenzano i sapori della carne interagendo con la reazione di Maillard e riducendo la quantità di composti aromatici carnosi come i tiofeni. Il sapore e gli aromi delle carni cotte in gran parte dipendono anche dalla quantità e dal tipo di calore applicato e per questo il sapore e l’aroma di un pezzo di carne cotta al calore umido come un lesso o un bollito non è ovviamente lo stesso di quello risultante da una carne stufata, grigliata o fritta cotta al calore secco e a temperature elevata.
In questi giorni si è parlato dei danni che la tempesta di vento ha causato su una parte della pineta della Feniglia e dei mancati diradamenti previsti dal Piano di gestione elaborato per questa foresta nel 2005, da chi scrive e dal prof. Marziliano. In effetti le carenze degli interventi colturali risalgono a epoche ben più lontane.
I lavori di rimboschimento della Feniglia iniziarono nel 1911 ad opera dello Stato che aveva acquistato questa lingua di terra per ragioni idrogeologiche. Era accaduto infatti che il Comune di Orbetello nel 1804 aveva venduto la Feniglia ad alcuni privati che, in meno di un secolo, l’avevano quasi del tutto denudata dalla vegetazione (la Legge Serpieri R.D.3267/23 non ancora era stata scritta!!). Ciò aveva provocato la desertificazione della Feniglia e fenomeni di inpaludamento della laguna di Orbetello, dovuti con ogni probabilità al trasporto della sabbia ad opera del vento e del ruscellamento idrico, con serio pregiudizio per la salute degli abitanti (impaludamento voleva dire rischio di contrarre la malaria) e le attività economiche legate alla pesca.
Per questo motivo il Ministero LL.PP. procedette all’esproprio, mentre il rimboschimento fu affidato al Corpo Forestale dello Stato. Dato che i lavori furono iniziati nel 1911 e ultimati nel 1950, i soprassuoli più vecchi hanno superato i 100 anni mentre i più giovani ne hanno circa 70. L’esame del progetto rappresenta un manuale per il rimboschimento delle dune.
Il primo Piano di assestamento (C. Volpini 1950) individuò una fascia di protezione con Pino marittimo, Pino domestico, Ginepro e varie latifoglie a ridosso della fascia costiera, una compresa di Pino domestico per la produzione di pinoli (circa 320 ettari su 474 ha).
La gestione della Feniglia da parte dell’Ispettore Pepe, avvenuta prima dell’ultimo conflitto mondiale, ebbe le dovute cure colturali (sfolli e diradamenti) secondo gli studi e le conoscenze dell’epoca sulla coltivazione del Pino domestico per la produzione di pinoli. Mi piace ricordare la monografia di Biondi e Righini del 1910 che, per le pinete costiere della Toscana destinate alla produzione di pinoli, partendo da oltre 3500 piante per ettaro, prevedeva potature, sfolli e diradamenti che a 30 anni circa avrebbero dovuto portare la densità a circa 100 piante per ettaro (densità quasi definitiva). Lo stesso Pepe secondo una sperimentazione dettagliatamente documentata a 25-27 anni aveva, con frequenti diradamenti, ridotto il numero di piante a circa 250 piante per ettaro e 30 cm di diametro a m 1,30 dal colletto. Questo stesso Autore, nel valutare i risultati delle Sue esperienze, concluse raccomandando una selezione ancora più intensa allo scopo di stimolare maggiormente l’accrescimento del Pino domestico.
La Duna Feniglia è stata catalogata tra i biotopi di rilevante interesse vegetazionale da parte della Società Botanica Italiana; la Commissione per la Conservazione della Natura del CNR l’ha classificata tra i biotopi caratteristici della Macchia mediterranea; successivamente la Feniglia è stata iscritta nel libro nazionale dei boschi da seme. Con D.M. 26/7/1971 la Duna Feniglia è stata classificata tra le “riserve forestali di protezione per il suolo sabbioso e per le condizioni edafiche”.
Il succursalismo non riguarda soltanto la ristorazione di massa, ad esempio Mc Donald, o l’alta moda, ma ora anche la gastronomia dove stiamo assistendo alla nascita di una nuova generazione di "ristoranti seriali", come talvolta sono chiamati. Il succursalismo gastronomico che si sta diffondendo soprattutto per opera dei francesi sembra essere trascurato dagli italiani, mentre dovrebbe meritare una speciale attenzione anche per i riflessi che ha sulle produzioni alimentari e in particolare quelle tipiche.
La coltivazione del bergamotto (Citrus bergamia Risso & Poit) e la produzione della sua essenza, costituiscono da oltre due secoli, un raro momento di imprenditorialità agricola di respiro internazionale per la Calabria. Lo sviluppo di questa coltura, com’è noto, è legata all’invenzione in Germania dell’”aqua mirabilis” (in seguito denominata acqua di Colonia in ricordo della città dove venne prodotta per la prima volta) da parte di un emigrante italiano, che la ideò e ne ottenne il brevetto negli anni a cavallo del 1700. Ben presto l’essenza del bergamotto diventa l’ingrediente più prezioso e ricercato per la preparazione dei più prestigiosi profumi destinati all’aristocrazia ed alla borghesia internazionale. Nascono così, intorno alla metà del 1700, i primi bergamotteti nei giardini di alcune delle famiglie più abbienti di Reggio Calabria.
Una sintesi dell’evoluzione intervenuta negli ultimi decenni in ordine alle problematiche che hanno coinvolto anche l’agricoltura nonché degli sviluppi che sono sotto i nostri occhi può efficacemente esprimersi mediante il ricorso a tre espressioni, ormai entrate nel gergo comune: food safety, food security e sustainable agriculture.
La prima espressione food safety riassume efficacemente la questione apparsa in maniera significativa sulla scena della politica economica e del diritto dai primi anni del nuovo secolo a partire dalla singolare occasione rappresentata in Europa dalla vicenda della c.d. mucca pazza. In un momento storico in cui sembrava che la fame nel mondo fosse in via di superamento, l’attenzione della politica agricola si è spostata dai prodotti agricoli, in quanto tali, agli alimenti, al fine di fornire un’adeguata tutela della salute dei consumatori di alimenti che pur sempre ed in larga maggioranza sono basati su prodotti agricoli. Sulla base di questo trend, accanto al tradizionale diritto agrario, concentrato sul fenomeno produttivo e sui mercati delle materie prime e indirizzato alla tutela dei produttori agricoli, quali agenti insostituibili nella realizzazione della produzione agricola di base, si è sviluppato il diritto alimentare indirizzato fondamentalmente alla tutela degli interessi dei consumatori finali dei prodotti alimentari.
La seconda espressione food security segna, viceversa, la drammatica riscoperta del problema relativo all’ inadeguatezza della offerta agricola alla luce della domanda alimentare del pianeta. Tale riscoperta, intervenuta a seguito della crisi mondiale del 2008, continua a sussistere in considerazione dello scarto tra l’attuale produzione agricola mondiale ed il fabbisogno globale alimentare che si prevede necessario per i prossimi decenni. In questa prospettiva, sono apparsi sempre più indispensabili il rilancio fondamentale del diritto agrario, quale diritto della produzione primaria, e, al tempo stesso, la riaffermazione circa l’eccezionalità del settore agricolo rispetto all’applicazione indifferenziata anche ad esso dei paradigmi neo-liberali tuttora dominanti negli altri settori dell’economia.
L’espressione sustainable agriculture individua in maniera efficace la linea fondamentale di politica economica e di diritto agrario in cui nel nostro immediato futuro devono collocarsi le scelte pur sempre importanti indirizzate al perseguimento tanto della food safety quanto della food security.
Il caso dell’ex Ilva di Taranto, bruscamente al centro dell’attenzione
della politica e dell’opinione pubblica, mentre scriviamo è ancora
lontano da una soluzione accettabile. In questi giorni la sostanza del
problema è nascosta, sopraffatta dall’infinità di parole spese per una
narrazione che non è propedeutica a nessuna soluzione concreta a breve
termine. Temiamo che si aprirà una complessa contesa giuridica che,
qualunque ne sia l’esito, segnerà la fine di uno dei maggiori impianti
del continente.
Al di là delle polemiche prontamente sviluppatesi ci
sembra che il caso metta in evidenza due questioni generali. La prima
consiste nel fatto che da più parti torna ad echeggiare un ritornello
che pensavamo fosse ormai scomparso e dimenticato: l’invocazione di un
pronto intervento di statalizzazione/nazionalizzazione dell’impresa da
parte dell’Italia come garanzia del ristabilirsi di una situazione di
funzionamento dell’impresa che sia efficace e cioè che consenta di
conseguire gli scopi che la scelta politica si propone. La seconda è
proprio la definizione di questi scopi che vengono ridotti
all’alternativa fra proseguire nella produzione a qualsiasi costo,
materiale e morale, oppure, all’opposto, chiudere l’impianto al fine
della salute degli abitanti e dell’ambiente locale abbinando a ciò opere
di disinquinamento, riqualificazione dell’area, avviamento di non
meglio definite attività “green” secondo una linea politica che sembra
trovare crescente consenso.
Quella delle nazionalizzazioni sembrava
una strada ormai, e per sempre, abbandonata. Reca con sé l’amaro sapore
di soluzioni di guerra, di autarchia, di politiche nazionaliste
inefficienti ed inefficaci. Nel nostro paese ha condotto ad un’economia
fortemente infiltrata dalla politica e dalla pressione di gruppi e
settori. Raramente ha condotto a risultati economicamente positivi,
scaricando i costi sul bilancio dello Stato e cioè, in ultima analisi,
sui redditi dei cittadini. Alla base vi è la convinzione che lo Stato
riesca a fare meglio dei privati nella produzione e vendita di beni e
servizi. Sappiamo che non è così, tanto che dopo svariati decenni dalla
nascita dell’Iri abbiamo proceduto a privatizzare le imprese pubbliche,
scoprendo che quelle più redditizie operavano in settori regolati dallo
Stato, mentre stentavano a sopravvivere quelle messe sul mercato.
In un’antichità arrivata fin quasi ai nostri giorni, il maiale era sacrificato tra Santa Lucia (13 dicembre) e Sant’Antonio (17 gennaio) per dare lustro con le sue carni alle feste di fine d’anno e di carnevale; e un proverbio diceva che a lavarsi i piedi si sta bene un giorno, a sposarsi un mese e sacrificando un maiale un anno. Sacrificare un maiale domestico che ha convissuto con la famiglia umana comportava un’intensa ritualità officiata da un magister o maestro esperto, competente, e abile e dal termine maestro derivano le voci dialettali settentrionali di masalèn, masalìn, masìn, masèr, massarìn, mazén di chi è maestro, il più grande di tutti, nel sacrificio del maiale, mentre nell’Italia centrale prevale il termine di norcino che fin dal Medioevo raffina la sua arte alla scuola dei chirurghi di Norcia.
In Italia i gelsomini ospitano poche specie di insetti fitofagi in grado di causare alterazioni; diffuso è il Diaspino Aspidiotus nerii, responsabile di ingiallimenti delle foglie che superano la soglia di attenzione ma che, raramente, interessano tutta la chioma. Nel 2012 è stata segnalata in Campania la presenza del Tingide di origine asiatica Corythauma ayyari (Drake) e rinvenuto successivamente nel Lazio, in Sicilia e in Sardegna. Nel bacino del Mediterraneo, è stato segnalato in Israele, nel 2004, e successivamente in Francia, nella penisola Iberica, Grecia, Malta e Tunisia. Più recentemente è stata intercettata nel Principato di Monaco e in Siria. Si ritiene quindi che il Tingide sia in fase espansiva nell’area mediterranea.
Ci crediamo uomini liberi, ma siamo in realtà condizionati, consapevoli o no, da molte forze di varia natura, non solo di carattere economico, ma anche sociali, psicologiche e, soprattutto, politiche.
Una delle maggiori armi per influenzare le opinioni del pubblico e per orientarlo verso certi atteggiamenti e verso certe scelte sono, come ben sappiamo, i cosiddetti mezzi di comunicazione di massa, cioè quelli che una volta erano la radio, i giornali (per chi sapeva leggere) e la televisione (in epoche più recenti) e adesso sono principalmente internet e i social network.
Questi potenti mezzi di persuasione e di propaganda costituiscono nella nostra società attuale grossi strumenti di potere in mano a gruppi economici e politici o agli stessi governi, che ne fanno l’uso che ritengono migliore allo scopo di piegare il pubblico alla propria volontà e ai propri interessi, facendogli dimenticare che, forse, i problemi sono altri.
Ho scritto questo lungo preambolo perché il bombardamento mediatico di pochi mesi fa per ricordarci i 50 anni che ricorrono dallo sbarco sulla Luna mi ha fatto ricordare, come a moltissimi, dove ero quella sera. Me lo ricordo benissimo, avevo 6 anni, ero a casa dei miei nonni, con genitori e qualche zio a vedere quello che all’epoca non riuscivo a percepire come qualcosa di straordinario. E lo era, allora come adesso.
La stampa ha poi rilanciato notizie riguardanti progetti volti a portare l’uomo sulla Luna, su Marte e persino più in là, non più per qualche minuto, ma per viverci permanentemente.
L’ambizione dell’uomo non conosce ostacoli e, per il futuro, si progetta di alterare l’atmosfera di Marte o il clima di Venere per renderli abitabili, di far nostre le risorse minerarie probabilmente presenti su questi pianeti.
Ma, forse, invece di pensare di colonizzare la Luna o Marte, dovremmo prima pensare di preservare il pianeta in cui abitiamo e, quindi, salvare noi stessi e coloro che ci seguiranno. Non dico che non si debbano perseguire queste strade che non sappiamo ancora dove ci porteranno, anzi. Altrimenti contraddirei la mia voglia di ricerca.
Nel 2000, nell’ambito di un progetto di ricerca sui fruttiferi tropicali e subtropicali, in un impianto di Avocado, cv Hass, alle pendici dell’Etna, è stata riscontrata una elevata infestazione del Tripide delle serre Heliothrips haemorroidalis. Attacca un gran numero di piante spontanee e coltivate, con preferenza per Viburno, Ficus, Azalee, Croton, Limone, Avocado, The, Passiflora, Caffè, Cacao, Cotone, Cola, Mango, Palme da cocco e da datteri.
Seguendo l'attuale tendenza dell'urbanizzazione globale e la crescente attrazione delle città per le famiglie, gli ambienti urbani stanno diventando i contesti principali in cui le nuove generazioni di bambini cresceranno e prospereranno. Questa rapida urbanizzazione ha una serie di effetti tra cui una tendenza in crescita in cui non solo i giovani professionisti urbani scelgono di trasferirsi nelle aree urbane, ma anche, come detto, le famiglie. Le Nazioni Unite stimano che, a seguito della continua urbanizzazione della popolazione umana, entro il 2025 il 60% dei bambini del mondo vivrà in città.
Ciò che è indicativo è che per milioni di futuri nati i contorni della vita quotidiana e delle esperienze saranno modellati dagli ambienti urbani e ciò ha rinnovato l'interesse per la vita dei bambini nelle città nei settori delle scienze sociali, della pianificazione e progettazione e ha accolto con favore diverse prospettive di sviluppo nel vasto campo degli ambienti urbani a misura di bambino.
Tuttavia, ciò implica di affrontare diverse sfide, poiché crescere nelle città porta preoccupazioni legate a condizioni di vita sana e sicura, alla presenza di spazi ricreativi, ai trasporti, alla povertà urbana, ecc. Le città a misura di bambino devono tener conto del ruolo delle abitazioni, dei trasporti, delle reti comunitarie, del gioco, della governance e, soprattutto, della presenza di aree verdi, come prerequisiti importanti per vivere in città. Con l'ampliamento della portata degli studi sui bambini nell'ambito delle scienze sociali, l'analisi urbana è essenziale per migliorare la comprensione contestuale dei problemi e dei bisogni contemporanei dei bambini nella città; in particolare la pianificazione e la progettazione di nuove aree urbane (soprattutto nei paesi in via di sviluppo) e le loro influenze sulla vita quotidiana dei bambini.
È perciò fondamentale la creazione di comunità a misura di bambino e la costruzione o la rigenerazione di quartieri, città e regioni vitali e con un forte senso di appartenenza. Sebbene la pianificazione “per i bambini” non sia una materia nuova ed esista un corpus crescente di ricerche sullo sviluppo di comunità a misura di bambino, la gran parte della produzione scientifica si è concentrata però sull'affrontare le sfide nei quartieri per bambini, mentre la ricerca sul ruolo degli strumenti di progettazione e pianificazione per migliorare le pratiche relative alle comunità a misura di bambino non è ancora del tutto sviluppata.
Il vino è un alimento e oggi prevalentemente un piacere nel quale si combinano diversi sentimenti, ma nella Roma antica c'è il vino della cena, della medicina, della religione e della seduzione. Il vino della cena è permesso a uomini e donne in misure e regole diverse come il vino medicinale, mentre il vino legato alle cerimonie religiose è concesso agli uomini che devono officiarle. Nella Roma repubblicana e fino ai primi secoli della nostra era vige lo Ius osculi che dà all'uomo e soprattutto al pater familias la facoltà di baciare una propria congiunta per accertare se avesse bevuto o meno del vino perché alle donne, per una legge che Dionigi di Alicarnasso fa risalire a Romolo, è interdetto il consumo del vino, un ultimo residuo di un'antica società matriarcale prima della sua sostituzione con il modello patriarcale che storicamente conosciamo. A Roma vige anche il vino della seduzione suscitatore di emozioni d’amore che nell’età di Augusto (44 a. C. – 14 d. C.) affascina i poeti da Tibullo, Properzio, Ovidio e Orazio, senza dimenticare Virgilio e poeti minori quali Lucano, Giovenale, Silio Italico, e Stazio.
Il periodo imperiale coincide con la massima produzione e diffusione dei vini prodotti in Italia e a Roma arrivano quelli più famosi di ogni parte dell’impero da Taso, Cos, Lesbo, Sicione, Cipro, Telmeso, Tripoli d’Asia, Beyrut libanese, Sebennys egiziana. Diversi scrittori latini si occupano di agricoltura scrivendo della vite e del vino: Marco Porcio Catone (234 a. C. – 149 a. C. ) nel De agri cultura si ferma a parlare delle manipolazioni del vino, Marco Terenzio Varrone (116 a. C. – 27 a. C.) nel De re rustica (37 – 36 a. C.) dettagliatamente considera la vite, l’uva e il vino, Lucio Giunio Moderato Columella (4 d. C. – 70 d. C.) scrive il De re rustica un trattato poetico di enologia e Gaio Plinio Secondo o Plinio il Vecchio (23 d. C. – 79 d. C.) dedica al vino un’intera sezione del XIV libro della Naturalis historia considerandolo un elemento che contribuisce in modo fondamentale all’economia romana. Sono i poeti elegiaci che abbinano il vino all’amore, ritenendolo un elemento indispensabile per accendere la passione durante gli incontri amorosi soprattutto al di fuori della cerchia familiare, divenendo un complice per sedurre una donna, eludere le ansie e vincere i timori che precedono un incontro amoroso, con diversi atteggiamenti come studiato dal letterato Prof. Aldo Luisi che nei suoi studi ha particolarmente indagato questo aspetto dai quali si ricava anche quanto segue.
Per Albio Tibullo (54 a. C. – 19 a. C.) tra i maggiori esponenti dell’elegia erotica il vino è capace di lenire ogni dolore amoroso: Adde merum vinoque novos compesce dolores / occupet ut fessi lumina victa sopor, / neu quisquam multo percussum tempora Baccho / excitet, infelix dum requiescit amor (versa ancora vino schietto e col vino caccia i recenti dolori, perché il sonno vinca e chiuda gli occhi di chi è stanco di piangere: nessun svegli l’uomo che ha la testa stordita per il troppo vino, finché l’amore infelice si quieti).