Noi siamo quel che mangiamo o quello che i microbi intestinali ci permet-tono di essere? Perché dopo i trattamenti antibiotici possiamo sentirci stanchi o indeboliti? Perché alcuni alimenti ci danno benessere con soddisfazione, gioia e altri provocano malessere o tristezza? L’alimentazione umana (e degli animali) deve coprire solo i fabbisogni dell’organismo o anche quelli del microbismo intestinale e in quale misura? A queste e a tante altre domande possiamo dare una risposta considerando che il corpo umano non è un'isola ordinatamente autosufficiente, ma un ecosistema super-complesso che contiene trilioni di batteri e altri microrganismi che formano un microbiota (o microbioma) che popola pelle, bocca, organi sessuali e specialmente l’apparato digerente.
Il microbiota è un ecosistema vario, dinamico e in relazione mutualistica, trasmesso al neonato dalla madre e che si stabilisce durante il primo anno di vita mentre nel resto della vita subisce trasferimenti tra i componenti della comunità. Il microbiota protegge dagli agenti patogeni, nell’intestino metabolizza i complessi lipidici e polisaccaridici rendendoli digeribili, neutralizza farmaci e agenti cancerogeni, modula la motilità intestinale e influenza molti parametri fisiologici, incluse le funzioni cognitive come l'apprendimento, la memoria e i processi decisionali con una complessa segnalazione bidirezionale tra il tratto gastrointestinale e il cervello, dando origine a un asse intestino-vago-cervello. Questo asse è vitale per il mantenimento dell'omeostasi, è coinvolto nell'eziologia di diverse disfunzioni, disturbi metabolici e mentali contribuendo anche a spiegare le sensazioni che originano dai cambiamenti del microbiota intestinale indotti dagli antibiotici o da taluni alimenti.
Spesso parliamo senza pensare al significato delle parole che usiamo. Ad esempio ci sono termini con il prefisso ”eco” che abbondano nel nostro vocabolario e in quello delle pubblicità, della televisione, nei nomi di comuni prodotti commerciali. Perché ciò che ricorda la parola ecologia va di moda, migliora la vendibilità dei prodotti, fa sentire più a posto la coscienza dei consumatori, la nostra coscienza. Accanto ad “eco” c’è la parola “bio”, anche questa passepartout per la commercializzazione e la coscienza collettiva.
Ma cosa significano queste parole? Eco viene da oikos, che vuol dire casa, abitazione (anche patria), lo sappiamo tutti ma quando e quanto ci si ferma a pensare che l’ecologia parla di casa nostra? E che l’ambiente, etimologicamente, è tutto ciò che ci circonda? Anche ciò che non vediamo non percepiamo. Evidentemente non ci riflettiamo abbastanza. Siamo presi dal sistema. Ed il sistema cos’è? Dal greco sunistemi: raccogliere, mettere insieme, quindi un “eco” che tiene insieme elementi bio e non bio. Nella frenesia della corsa che domina la nostra vita, le nostre giornate, le nostre ore su questa terra, abbiamo perso il senso delle parole che usiamo, che, già di per sé, ci aiuterebbe a vivere in modo più consapevole.
Oggi, protagonista delle cronache e della politica (da polis) è l’economia, dal greco: eco=casa, cioè la casa in cui abitiamo, l’insediamento in cui viviamo, il pianeta che ci ospita + nomia da nomos, nomoi = le leggi, le norme che regolano la casa, a partire dalla nostra casa, anche la casa che ospita tutti noi: il mondo, il pianeta terra. Eco-nomia ed eco-logia hanno una radice comune, eppure sembra impossibile perché economia ed ecologia sono continuamente in antitesi. Nel governare la propria dimora (economia) dovremmo farlo anche attraverso regole che rispettino la dimora stessa (ecologia) e gli ecosistemi che la compongono. Quando è avvenuta questa separazione tra economia ed ecologia?
Il convegno su “Quale agricoltura per nutrire l’umanità e salvaguardare il pianeta”, che si è svolto all’Università Cattolica del Sacro Cuore (Piacenza) lo scorso maggio, ha avuto come centro di discussione il ruolo passato, attuale e futuro dell’agricoltura, nel soddisfare il fabbisogno alimentare della popolazione mondiale e le conseguenti sfide per produrre più cibo salvaguardando al contempo l’ambiente.
Nel corso della storia, il settore agricolo è andato incontro a molti progressi legati al mutamento delle esigenze alimentari di una popolazione mondiale in continuo evolversi. Grazie alla Rivoluzione verde, ultimo in ordine di tempo, si è affrontata una crisi umanitaria imminente dovuta a una rapida crescita demografica che non è stata accompagnata da un altrettanto rapido incremento della produzione agricola globale. iI progressi hanno riguardato soprattutto il campo della meccanizzazione, del miglioramento genetico e dell’uso di prodotti di sintesi. Oggi siamo di fronte a una nuova sfida per l’agricoltura, in quanto si stima che nel 2050 la popolazione mondiale salirà di oltre 10 miliardi, e che, rispetto al 2013, si avrà un aumento del 50% della domanda di cibo.
I progressi ottenuti in campo agricolo sono stati possibili grazie sia alla ricerca e al trasferimento dell’innovazione, sia agli agricoltori che hanno applicato le conoscenze derivanti dalla ricerca. Ciò ha permesso negli ultimi cinquant’anni di triplicare la produzione agricola e di passare dal 35% del 1970 di popolazione mondiale al di sotto della soglia di sufficienza alimentare, al 10% di oggi. Tuttavia, nonostante attualmente sia possibile fornire 2500 kcal/pro-capite giornaliere all’intera popolazione globale, 821 milioni di persone sono sottonutrite, 2 miliardi sono sovrappeso e 2 miliardi presentano deficienze alimentari.
L’evolversi della popolazione mondiale porterà nuove esigenze alimentari. Ad esempio si assisterà a un aumento della popolazione anziana e di quella istruita e a un aumento del reddito pro-capite, tutti fattori che comportano la richiesta non più di alimenti classificabili di sussistenza, ma di cibi trasformati e non di base come zuccheri, carne e latte etc. Non da ultimo si assisterà sempre di più, alla progressiva migrazione della popolazione dalle aree rurali alla città, con conseguente spopolamento delle campagne. Dal 1990 al 2016 si è assistito un aumento di suolo urbanizzato pari a circa 570 mila ettari con conseguenti modifiche del tipico paesaggio rurale italiano a “mosaico”, in cui campagna e città creavano una rete sociale ed economica di vantaggi reciproci e dove l’agricoltore svolgeva un ruolo fondamentale come custode e modellatore del territorio. In questo nuovo contesto, la figura dell’agricoltore assume un ruolo marginale e sempre di più la campagna sembra essere gestita da altre professionalità e non da chi la lavora da sempre.
Esce oggi in una nuova veste più moderna il nostro notiziario di informazione, “Georgofili INFO”, che in dieci anni si è guadagnato la fiducia di un numero sempre crescente di lettori.
Abbiamo mantenuto il colore verde della testata perché lo abbiamo ritenuto caratterizzante del mondo georgofilo. Anche la struttura e l’organizzazione delle notizie è rimasta sostanzialmente la stessa che ci ha premiato in tutti questi anni: in primo piano gli articoli a firma dei nostri Accademici e nel notiziario le segnalazioni delle notizie a nostro avviso più interessanti, anche per la discussione, riprese da agenzie di informazione o altre testate (sempre citate come fonte).
Il nuovo sito si definisce in gergo informatico “responsive”, ovvero è più facilmente fruibile da telefono e tablet, strumenti che quando abbiamo iniziato non erano certo diffusi come oggi.
Speriamo dunque che i nostri lettori apprezzino questo cambiamento, che noi preferiamo considerare piuttosto una crescita e un aggiornamento per fornire un’informazione sempre più tempestiva ed efficace, nello spirito della divulgazione e del dibattito che ha sempre contraddistinto i 266 anni di storia dell’Accademia.
Grazie a tutti e … continuate a leggerci!