Notiziario











Intelligenza del microbiota intestinale

Noi siamo quel che mangiamo o quello che i microbi intestinali ci permet-tono di essere? Perché dopo i trattamenti antibiotici possiamo sentirci stanchi o indeboliti? Perché alcuni alimenti ci danno benessere con soddisfazione, gioia e altri provocano malessere o tristezza? L’alimentazione umana (e degli animali) deve coprire solo i fabbisogni dell’organismo o anche quelli del microbismo intestinale e in quale misura? A queste e a tante altre domande possiamo dare una risposta considerando che il corpo umano non è un'isola ordinatamente autosufficiente, ma un ecosistema super-complesso che contiene trilioni di batteri e altri microrganismi che formano un microbiota (o microbioma) che popola pelle, bocca, organi sessuali e specialmente l’apparato digerente. 
Il microbiota è un ecosistema vario, dinamico e in relazione mutualistica, trasmesso al neonato dalla madre e che si stabilisce durante il primo anno di vita mentre nel resto della vita subisce trasferimenti tra i componenti della comunità. Il microbiota protegge dagli agenti patogeni, nell’intestino metabolizza i complessi lipidici e polisaccaridici rendendoli digeribili, neutralizza farmaci e agenti cancerogeni, modula la motilità intestinale e influenza molti parametri fisiologici, incluse le funzioni cognitive come l'apprendimento, la memoria e i processi decisionali con una complessa segnalazione bidirezionale tra il tratto gastrointestinale e il cervello, dando origine a un asse intestino-vago-cervello. Questo asse è vitale per il mantenimento dell'omeostasi, è coinvolto nell'eziologia di diverse disfunzioni, disturbi metabolici e mentali contribuendo anche a spiegare le sensazioni che originano dai cambiamenti del microbiota intestinale indotti dagli antibiotici o da taluni alimenti.

Leggi


Paesaggi interrotti-ecosistemi interrotti

Spesso parliamo senza pensare al significato delle parole che usiamo. Ad esempio ci sono termini con il prefisso ”eco” che abbondano nel nostro vocabolario e in quello delle pubblicità, della televisione, nei nomi di comuni prodotti commerciali. Perché ciò che ricorda la parola ecologia va di moda, migliora la vendibilità dei prodotti, fa sentire più a posto la coscienza dei consumatori, la nostra coscienza. Accanto ad “eco” c’è la parola “bio”, anche questa passepartout per la commercializzazione e la coscienza collettiva.
Ma cosa significano queste parole? Eco viene da oikos, che vuol dire casa, abitazione (anche patria), lo sappiamo tutti ma quando e quanto ci si ferma a pensare che l’ecologia parla di casa nostra? E che l’ambiente, etimologicamente, è tutto ciò che ci circonda? Anche ciò che non vediamo non percepiamo. Evidentemente non ci riflettiamo abbastanza. Siamo presi dal sistema. Ed il sistema cos’è? Dal greco sunistemi: raccogliere, mettere insieme, quindi un “eco” che tiene insieme elementi bio e non bio. Nella frenesia della corsa che domina la nostra vita, le nostre giornate, le nostre ore su questa terra, abbiamo perso il senso delle parole che usiamo, che, già di per sé, ci aiuterebbe a vivere in modo più consapevole.
Oggi, protagonista delle cronache e della politica (da polis) è l’economia, dal greco: eco=casa, cioè la casa in cui abitiamo, l’insediamento in cui viviamo, il pianeta che ci ospita + nomia da nomosnomoi = le leggi, le norme che regolano la casa, a partire dalla nostra casa, anche la casa che ospita tutti noi: il mondo, il pianeta terra. Eco-nomia ed eco-logia hanno una radice comune, eppure sembra impossibile perché economia ed ecologia sono continuamente in antitesi. Nel governare la propria dimora (economia) dovremmo farlo anche attraverso regole che rispettino la dimora stessa (ecologia) e gli ecosistemi che la compongono. Quando è avvenuta questa separazione tra economia ed ecologia? 

Leggi


L’agricoltura italiana di fronte alle sfide della sostenibilità.

Il convegno su “Quale agricoltura per nutrire l’umanità e salvaguardare il pianeta”, che si è svolto all’Università Cattolica del Sacro Cuore (Piacenza) lo scorso maggio, ha avuto come centro di discussione il ruolo passato, attuale e futuro dell’agricoltura, nel soddisfare il fabbisogno alimentare della popolazione mondiale e le conseguenti sfide per produrre più cibo salvaguardando al contempo l’ambiente. 
Nel corso della storia, il settore agricolo è andato incontro a molti progressi legati al mutamento delle esigenze alimentari di una popolazione mondiale in continuo evolversi. Grazie alla Rivoluzione verde, ultimo in ordine di tempo, si è affrontata una crisi umanitaria imminente dovuta a una rapida crescita demografica che non è stata accompagnata da un altrettanto rapido incremento della produzione agricola globale. iI progressi hanno riguardato soprattutto il campo della meccanizzazione, del miglioramento genetico e dell’uso di prodotti di sintesi. Oggi siamo di fronte a una nuova sfida per l’agricoltura, in quanto si stima che nel 2050 la popolazione mondiale salirà di oltre 10 miliardi, e che, rispetto al 2013, si avrà un aumento del 50% della domanda di cibo.
I progressi ottenuti in campo agricolo sono stati possibili grazie sia alla ricerca e al trasferimento dell’innovazione, sia agli agricoltori che hanno applicato le conoscenze derivanti dalla ricerca. Ciò ha permesso negli ultimi cinquant’anni di triplicare la produzione agricola e di passare dal 35% del 1970 di popolazione mondiale al di sotto della soglia di sufficienza alimentare, al 10% di oggi. Tuttavia, nonostante attualmente sia possibile fornire 2500 kcal/pro-capite giornaliere all’intera popolazione globale, 821 milioni di persone sono sottonutrite, 2 miliardi sono sovrappeso e 2 miliardi presentano deficienze alimentari. 
L’evolversi della popolazione mondiale porterà nuove esigenze alimentari. Ad esempio si assisterà a un aumento della popolazione anziana e di quella istruita e a un aumento del reddito pro-capite, tutti fattori che comportano la richiesta non più di alimenti classificabili di sussistenza, ma di cibi trasformati e non di base come zuccheri, carne e latte etc. Non da ultimo si assisterà sempre di più, alla progressiva migrazione della popolazione dalle aree rurali alla città, con conseguente spopolamento delle campagne. Dal 1990 al 2016 si è assistito un aumento di suolo urbanizzato pari a circa 570 mila ettari con conseguenti modifiche del tipico paesaggio rurale italiano a “mosaico”, in cui campagna e città creavano una rete sociale ed economica di vantaggi reciproci e dove l’agricoltore svolgeva un ruolo fondamentale come custode e modellatore del territorio. In questo nuovo contesto, la figura dell’agricoltore assume un ruolo marginale e sempre di più la campagna sembra essere gestita da altre professionalità e non da chi la lavora da sempre. 

Leggi


10 anni di informazione “made in Georgofili”

Esce oggi in una nuova veste più moderna il nostro notiziario di informazione, “Georgofili INFO”, che in dieci anni si è guadagnato la fiducia di un numero sempre crescente di lettori.

Abbiamo mantenuto il colore verde della testata perché lo abbiamo ritenuto caratterizzante del mondo georgofilo. Anche la struttura e l’organizzazione delle notizie è rimasta sostanzialmente la stessa che ci ha premiato in tutti questi anni: in primo piano gli articoli a firma dei nostri Accademici e nel notiziario le segnalazioni delle notizie a nostro avviso più interessanti, anche per la discussione, riprese da agenzie di informazione o altre testate (sempre citate come fonte).

Il nuovo sito si definisce in gergo informatico “responsive”, ovvero è più facilmente fruibile da telefono e tablet, strumenti che quando abbiamo iniziato non erano certo diffusi come oggi.

Speriamo dunque che i nostri lettori apprezzino questo cambiamento, che noi preferiamo considerare piuttosto una crescita e un aggiornamento per fornire un’informazione sempre più tempestiva ed efficace, nello spirito della divulgazione e del dibattito che ha sempre contraddistinto i 266 anni di storia dell’Accademia.

Grazie a tutti e … continuate a leggerci!


Leggi









Caporalato e competitività

Si può competere con chi paga la manodopera 1 euro all’ora (Marocco)? Ovviamente no. Si può competere con chi la paga a 6,8 euro/ora (Spagna) mentre noi la paghiamo 11,1 euro? Quasi impossibile, infatti il gap tra il nostro export e quello spagnolo si è allargato a dismisura e la forbice continua a crescere. Si aggiunga poi che un addetto in Spagna costa 4000 euro in meno all’anno di oneri fiscali e previdenziali. E si aggiunga che non solo Spagna ma anche Paesi come Germania e Olanda ci fanno concorrenza in dumping in campo fiscale, previdenziale e ambientale. In pratica ci facciamo del male tra noi europei.

Leggi


Gorgonzola, formaggio sicuro

Non si conosce con esattezza il periodo della nascita del formaggio Gorgonzola ma si hanno soltanto leggende che ne datano l’origine all'anno 879, anche se sembra non contenesse venature colorate prima dell'XI secolo. Tracce storiche si hanno solo a partire dal XV secolo nella cittadina di Gorgonzola, nei pressi di Milano. Sull’origine di questo formaggio erborinato, come per altri formaggi dello stesso tipo, vi è la leggenda del mandriano che trova gradevole un formaggio molle (stracchino) prodotto con il latte di vacche stanche o stracche per la transumanza o perché a fine lattazione, un formaggio che casualmente pre senta efflorescenze verdastre formatesi a contatto con fieno in fermentazione.

Leggi


Immagini della natura attraverso l’Atlantico. L’impatto visivo del Nuovo Mondo

La scoperta del Nuovo Mondo sortì un immediato impatto in Europa già dalla fine del XV secolo, come testimoniato da una serie di opere e opuscoli, alcuni dei quali redatti anche dallo stesso Cristoforo Colombo.
In questo cruciale fenomeno storico, un ruolo significativo è giocato dalle immagini: carte geografiche, mappe, figure di nativi, ma, soprattutto, tavole dedicate ad una flora e a una fauna tanto diverse prodotte dagli stessi esploratori, che ben presto ritennero opportuno valersi di artisti specializzati per attestare quella sorprendente realtà naturale. A questi corpora di immagini opera di Europei, vanno accostati quelli eseguiti da artisti locali (tlacuilos), che innescano il cruciale problema della recezione di una “incognita” natura da parte del Vecchio Mondo.
Una eccezionale e precoce testimonianza delle piante americane è offerta dai festoni affrescati da Giovanni da Udine nella Loggia raffaellesca di “Amore e Psiche” nella romana Villa Farnesina (1517), dove si possono ammirare immagini del granturco (Zea Mays) e di alcune cucurbitacee (Cucurbita pepo).
Già a partire dalla prima metà del XVI secolo inizia in tutta Europa ad imporsi una nuova e più mirata attenzione alla natura che si concretizza nella produzione di immagini nelle quali il reperto botanico o zoologico appare “decontestualizzato”, isolato dal luogo fisico, per offrirsi all’analisi in tutta la sua “oggettività”, frutto di una precisa raffigurazione mimetica.
Contemporaneamente, complice la straordinaria invenzione della stampa, vedono la luce opere di botanica medica e di zoologia che si distinguevano profondamente dagli erbari e dai bestiari medievali.  Si trattava di veri e propri trattati che preludevano alle pubblicazioni scientifiche, tra i quali quelli dedicati alla botanica di Otto Brunfels, Leonhart Fuchs, Pietro Andrea Mattioli e la storia degli animali di Konrad Gessner, tutti testi corredati da un ricco apparto iconografico che supportava la descrizione scritta nella comprensione di forme e fenomeni. 

Leggi


Debiti veri e mezzi di pagamento di fantasia: i minibot

Con la moneta non si scherza, non si può scherzare. Lo sapevano tanto bene gli antichi romani che avevano affidato a Giunone soprannominata “Moneta” la funzione, come dice il soprannome, di consigliera, ammonitrice in relazione alla moneta. Accadde, così si racconta, al tempo della guerra contro Pirro. I Romani avrebbero chiesto un consiglio temendo che il denaro non fosse sufficiente. A seguito del consiglio ricevuto e ritenuto molto saggio, le affidarono la nuova funzione e decisero di battere moneta nel suo tempio in Campidoglio.
La moneta ha sempre avuto un peso rilevante nei comportamenti umani e già in questa leggenda troviamo due aspetti che sono ancora oggi alla base della sua natura: a) il fatto che la moneta riporti simboli che si richiamano all’immagine concreta di colui, in genere il signore, il principe, lo stato, che la emette e ne garantisce il valore; b) la riconoscibilità che ne permette la circolazione e l’accettazione negli scambi. A questi due requisiti se ne aggiunge un terzo, di crescente importanza a mano a mano che si allentava, sino a scomparire, il legame fra il valore intrinseco della moneta e il valore convenzionale dichiarato sulle monete o sulle banconote e cioè il cosiddetto potere liberatorio della moneta ufficiale emessa da un’autorità riconosciuta. Cioè il fatto che nelle transazioni di ogni genere la moneta sana i debiti, si scambia con beni o servizi, non può essere rifiutata perché è garantita appunto da chi la emette e, per così dire, letteralmente “ci mette la faccia” con immagini, simboli, scritte declaratorie, come nelle banconote in lire prima della sostituzione con l’euro. Con questo il passaggio verso l’astrazione è stato massimo perché è emesso non da uno stato ma da una banca centrale ed ha valore e circolazione con tutti i requisiti sopraddetti in una ventina di Paesi europei, oltre ad entrare nelle riserve monetarie di Stati ed organismi internazionali e ad essere scambiata con tutte le monete più importanti.
Da Giunone Moneta alla Banca Centrale Europea gli elementi di fondo sono gli stessi. Per questo sorprende la strana storia dei cosiddetti minibot e della loro ventilata emissione da parte dello Stato per pagare i debiti della Pubblica Amministrazione. Strana perché: a) l’esistenza di una moneta ufficiale esclude l’emissione di una nuova forma di moneta diversa ed è proibita; b) se le Amministrazioni hanno il denaro per pagare non si capisce a che scopo stampare questi minibot che comunque hanno un costo non indifferente per il conio e la distribuzione con i necessari criteri di sicurezza e garanzia, c) l’emissione di “buoni” presuppone una copertura di cassa per il momento in cui chi li riceve vorrà convertirli in beni, servizi o cambiarli in euro, che rimane l’unica moneta legale, ma se ci fosse la copertura l’operazione sarebbe superflua, d) a fronte di debiti che si presuppongono di importi elevati, i minibot verrebbero emessi in tagli molto piccoli corrispondenti a quelli delle banconote in euro creando un inutile duplicato e una forte confusione, e) i minibot incontrerebbero problemi per il potere liberatorio. Possiamo immaginare che i creditori delle Amministrazioni pubbliche siano di fatto costretti ad accettare (ma non è semplice farlo), ma lo stesso non si può dire per la conversione in euro per pagare creditori, dipendenti, fornitori. Forse potrebbero essere scontati in banca, ma perdendoci.

Leggi









La dieta mediterranea e il sistema alimentare mondiale

Abbiamo tutti letto o, comunque, sentito dire che la cosiddetta “dieta mediterranea” è stata riconosciuta come una delle più salubri al mondo, alla luce dei risultati di seri studi scientifici, facilmente accessibili in internet. La maggiore aspettativa di vita, le minori incidenze di obesità, di malattie cardiovascolari e tumori ne sono la dimostrazione, tanto che il 16 novembre del 2010 l’UNESCO ha iscritto la dieta mediterranea nella lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità.

Leggi


Effetto della razza nel determinismo della termotolleranza: il caso della Bruna Italiana

Dagli anni ’60 è stato sancito nell’ambito accademico-scientifico un effetto della razza rispetto alla sensibilità a condizioni climatiche sfavorevoli, con particolare riferimento a microclimi caratterizzati da temperature ambientali e umidità relative elevate.

Leggi


Lo spessore della storia. I Georgofili e la conoscenza del mondo.

Ildebrando Imberciadori invitava i giovani a recarsi negli archivi e sfogliare documenti e studiarli, invitava ad avvicinarvisi con l’occhio della mente e con quello del cuore, con acume, sensibilità, intelligenza poiché dietro ad ogni parola, ad ogni frase, ad un intero documento si apre un universo che non riguarda solo chi lo ha redatto, ma coinvolge un mondo molto più ampio e suggerisce una storia fatta di persone, di circostanze, di luoghi, in sostanza ci restituisce la Storia.
Ed è lì il luogo dove stanno le nostre radici. Imberciadori paragonava il sapere a un albero che fa vedere di sé tronco e chioma e questo potrebbe rappresentare l’oggi: ricco, variegato, molteplice e forse anche solido come può esserlo il tronco di un albero. Ma ci sono anche le profonde, diffuse radici che “agganciano” il suolo e sono esse che rendono l’albero variegato e molteplice nei suoi rami e nelle sue foglie e lo rendono ancor oggi vivo.
Ecco, affondare gli occhi e la mente nelle nostre radici è come affondare le mani nella terra e sentirne scorrere la vita che lega il piccolo seme di ieri all’albero di oggi.
Sì, la storia ha spessore.
Lo scriviamo convinte nuovamente, dopo aver affrontato in Accademia un'altra indagine volta a sviluppare una riflessione sui Georgofili e la conoscenza del mondo. E’ il titolo e il programma di una mostra che è aperta fino al 22 luglio nella sede accademica e che si pone come momento preliminare di un più ampio e dettagliato approfondimento, cui sarà dato sviluppo nel prossimo futuro.
Venire a contatto con il mondo. Oggi sembra quasi che ne siamo spaventati, pensiamo più ai problemi che questo comporta che non alla curiosità e all’arricchimento che potrebbero derivarne. Non era così per gli uomini del secolo dei Lumi, ed ecco perché questo nostro lavoro è risultato affascinante: fra Sette e Ottocento (termini entro i quali si colloca questo nostro primo segmento) il mondo incuriosiva per quello che avrebbe potuto apportare in termini di utilità e di progresso alla Toscana granducale e non solo.

Leggi


Se il Cavaliere Bianco non risponde

Il fatto ha trovato una discreta eco nei mezzi di comunicazione: alla fine di maggio Lactalis, il gruppo lattiero caseario francese più grande del mondo, primo anche in Italia dove controlla circa un terzo della produzione, ha acquistato dal fondo inglese Charterhouse Capital Partners che ne controllava l’80%, la Nuova Castelli, un’impresa produttrice e distributrice di formaggi fondata nel 1892. La Castelli, nota nel suo settore, forse poco conosciuta dal grande pubblico, produce e commercializza anche Parmigiano Reggiano, oltre che Gorgonzola ed altri prodotti caseari a denominazione protetta e non. Nel 2018 con un migliaio di dipendenti ha fatturato 460 milioni di euro che realizza per il 70% sui mercati esteri sia esportando sia producendo direttamente con imprese acquisite in passato.
L’operazione è importante per le dimensioni dei protagonisti, per il futuro della Castelli e per il ruolo di Lactalis in Italia che ne risulta rafforzato.
La notizia ha dato esca ad un dibattito piuttosto vivace, ma limitato. Infatti si è concentrato su due questioni intrecciate: l’acquisizione di Castelli da parte di un’impresa straniera e la presenza fra le attività di quest’ultima di produzione e commercializzazione di Parmigiano Reggiano.
Il fulcro della discussione è stata la classica giaculatoria rispolverata quando un’impresa straniera ne compera una italiana: impedirne a tutti i costi la cessione, non passi lo straniero!  Questi, per un assurdo nazionalismo che nulla ha a che vedere con l’amore per il proprio paese, è considerato un “predone”, come titola un noto settimanale. A ciò si è aggiunta la violenta reazione alla “svendita” del Parmigiano di una parte del mondo agricolo. Lo stesso Ministro dell’Agricoltura avrebbe dichiarato, nel clima concitato delle prime reazioni, “faremo di tutto per tutelare l’agroalimentare italiano” promettendo una difesa “senza se e senza ma del Parmigiano”.

Leggi










Farfalle e Api

La sparuta minoranza, delle oltre 115.000 specie note, di Lepidotteri, che contraggono rapporti, più o meno diretti, con le api mellifere, possono essere distinte in: nocive, occasionali e in specie i cui nomi scientifici fanno riferimento alle api. E’ utile per l’apicoltore riconoscere le specie dannose per distinguerle da quelle occasionali o del tutto innocue per l’apicoltura.

Leggi


“Rischi ambientali e cambiamenti climatici: vento e fuoco in rapporto alla gestione forestale e del verde urbano”. Conclusioni del Convegno dell’8 maggio.

“Non bisogna sprecare mai le opportunità offerte da una grande crisi”, come il caso della tempesta VAIA ha dimostrato anche nel nostro Paese, ovvero che l’aumento di energia del sistema atmosferico, legato ai cambiamenti climatici, possa avere impatti devastanti sugli ecosistemi come è purtroppo frequente in Europa centro-settentrionale.

Leggi


Una mappa genomica dell'adattamento ai cambiamenti climatici nelle razze bovine del Mediterraneo

I territori delle Nazioni frontaliere del Mar Mediterraneo sono interessati dal cambiamento climatico già in atto anche a livello globale.  I sistemi zootecnici delle diverse aree geografiche dovranno affrontare varie sollecitazioni, quali: i) Lo stress termico, che influenzerà pesantemente sia le capacità riproduttive (per via maschile e femminile), che quelle produttive, e farà aumentare la richiesta di disponibilità idrica in tutte le fasi della filiera produttiva. ii) La diffusione di agenti patogeni che possono esporre il bestiame a nuove e più aggressive malattie che oggi si manifestano solo in aree geograficamente limitate. La capacità adattativa degli animali in produzione zootecnica costituisce un fattore di primaria importanza, da considerare non solo nella gestione delle nuove tecnologie di allevamento ma anche nell’impostazione degli obiettivi dei futuri programmi di miglioramento genetico. I meccanismi genetici delle caratteristiche adattative sono in gran parte sconosciuti, ed il loro studio diretto non è semplice. Un modo per comprendere le capacità di adattamento è quello di identificare i geni alla base delle caratteristiche fenotipiche delle popolazioni già adesso ben adattate al loro ambiente di origine. Questo obiettivo può essere raggiunto attraverso lo studio della variabilità genetica delle specie animali e delle “impronte genetiche” presenti nel loro genoma attribuibili alla selezione di tipo ambientale.

Leggi


Quando è il prodotto stesso a confermarti la sua identità.

Se la sostenibilità era un tempo considerato un valore aggiunto, ora è un parametro imprescindibile di competitività e responsabilità sociale per le aziende. Lo chiedono gli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile SDG (Sustainable Development Goals) definiti dall'Organizzazione delle Nazioni Unite e lo chiedono i consumatori sempre più attenti e consapevoli nelle scelte d'acquisto.
Per garantire sostenibilità e trasparenza è indispensabile gestire la tracciabilità dei prodotti in maniera sicura. La possibilità di risalire al produttore o alla casa manifatturiera permette ai vari stakeholder, incluso il consumatore finale, di fare considerazioni riguardo alla sicurezza del prodotto, l’autenticità, e l'etica verificando, ad esempio, che la produzione dei beni non avvenga con processi che inquinano l’ambiente o dove i diritti dei lavoratori non siano salvaguardati.
La maggior parte dei metodi di tracciabilità oggi utilizzati è fisicamente separata dal prodotto, basti pensare alle certificazioni, alla blockchain o ai codici a barra ed etichette applicati esclusivamente sull’imballaggio o sul prodotto finito. Questi sistemi in cui, il flusso fisico dei prodotti lungo la filiera e quello dei dati riguardanti i prodotti sono disaccoppiati, possono facilitare potenziali manomissioni e alterazioni. Per risolvere il problema della tracciabilità è dunque necessario ricongiungere il flusso fisico dei prodotti e quello dei dati riguardanti i prodotti.
Haelixa è un’azienda Svizzera nata in seno al Politecnico di Zurigo (ETH Zurich) che ha messo in pratica questa idea. L’innovativa tecnologia di Haelixa è in grado di garantire l'intera tracciabilità della filiera di produzione e di trasformazione dei prodotti rendendoli identificabili dal materiale grezzo sino al prodotto finito. La tecnologia ideata da Haelixa utilizza dei traccianti che sono nebulizzati o diversamente applicati direttamente sul materiale, ad esempio sul cotone grezzo, fornendo un identificativo personalizzato per ogni produttore, azienda manifatturiera o lotto.
Il tracciante si compone di sequenze di DNA incapsulate all'interno di particelle che lo proteggono da alterazioni e lo rendono duraturo. Il DNA, o acido desossiribonucleico, si compone di catene di unità (quattro diverse) la cui sequenza codifica l'informazione genetica di ogni essere vivente. Utilizzando delle sequenze di DNA sintetizzate in laboratorio, che non codificano però alcuna informazione genetica, l’azienda genera una “etichetta” univoca per ciascun prodotto o lotto individuale. L'etichetta è facile da identificare tramite convenzionali tecniche bio-analitiche diffuse in campi più disparati come le analisi cliniche e forensi. In ogni momento e in ogni luogo si può eseguire una lettura del codice utilizzando un dispositivo portatile e quindi poter verificare la provenienza, l'intero ciclo produttivo e l’autenticità del prodotto. I traccianti sono innocui, non alterano i prodotti e sono introdotti in quantità infinitesimali.

Leggi


Cambiamenti climatici e presenza di micotossine nei foraggi

Il cambiamento climatico è un tema complesso e rappresenta forse la principale sfida che la società mondiale dovrà affrontare nel prossimo futuro. Il progressivo aumento delle temperature (con stime per il 2050 di un incremento di 1,3-1,8 °C della media mondiale e di 2-3 °C di quella del sud dell’Europa), la riduzione delle risorse idriche disponibili (con drastici cali delle precipitazioni medie annue in termini di frequenza e intensità), il deterioramento qualitativo delle acque (ad esempio, progressiva salinizzazione delle falde, tossicità da metalli pesanti) e i crescenti problemi legati all’inquinamento dell’aria stanno causando ingenti danni in termini quali-quantitativi alle coltivazioni per la produzione di cibo, foraggio e mangimi. Alla luce di questa situazione, è necessario conoscere in che modo questo fenomeno incida sulle colture e sulle loro interazioni con agenti biotici. A tal proposito, il tradizionale “triangolo della malattia” (forma schematica per indicare i rapporti tra ospite suscettibile, patogeno virulento e condizioni ambientali favorevoli) può subire sostanziali modifiche, in particolare in relazione alla pressione che la componente “ambiente” può esercitare sul ciclo biologico della coltura (e di conseguenza sulla resa), oltre che sullo sviluppo e sul processo infettivo del patogeno stesso.
Numerosi studi confermano il ruolo determinante dell’ambiente (e più in generale del clima) nel definire la velocità di diffusione di una malattia nello spazio e nel tempo predisponendo, inoltre, nuovi ospiti all’attacco di microrganismi. Recentemente, particolare attenzione è stata rivolta al possibile impatto del cambiamento climatico sulla riproduzione e sulla crescita di alcuni funghi saprofiti e sulla conseguente produzione di micotossine. Queste sostanze sono metaboliti secondari di specie o ceppi differenti appartenenti alla stessa specie microbica; esse possono essere classificate, seppur in presenza di strutture chimiche estremamente eterogenee, in: aflatossine (prodotte soprattutto da Aspergillus spp.), fumosinine, zearalenone e tricoteceni (da Fusarium spp.). In letteratura, è noto che in specifiche aree geografiche e in presenza di particolari condizioni di temperatura e umidità (rispettivamente 15-40 °C e 70-99%), questi miceti proliferano in colture (principalmente di cereali) destinate alla produzione di alimenti e mangimi, sia in pieno campo che nelle successive fasi. In pre-raccolta, giocano ruoli-chiave (i) l’andamento climatico, (ii) il tipo di successioni effettuate, (iii) la scelta varietale, (iv) la suscettibilità della coltura, (v) la presenza di stress biotici (ad esempio l’infestazione da parte di larve di Ostrinia nubilalis su mais favorisce gli attacchi di Fusarium e Aspergillus), e (v) le strategie di difesa messe in atto. Durante la raccolta, la conservazione, la trasformazione e la movimentazione, sono importanti altri fattori, quali epoca e modalità di raccolta, fase di maturazione, metodo di stoccaggio, presenza di cariossidi lesionate, grado di umidità delle granaglie.

Leggi


Il clima che cambia

Il cambiamento climatico rappresenta una sfida fondamentale per l'umanità in quanto influenza profondamente il modo in cui viviamo sul pianeta Terra. Tutte le attività umane sono influenzate dalla variabilità climatica, dovuta sia a fattori naturali (cambiamenti dei cicli naturali dei meccanismi atmosferici ed oceanici) sia alle attività antropiche (emissione di gas che producono l’effetto serra in atmosfera).
Per sua natura il cambiamento climatico ha un carattere estremamente eterogeneo sia da un punto di vista geografico che temporale, producendo effetti misurabili attraverso indicatori fisici come l'innalzamento del livello del mare, l'aumento del contenuto di calore degli oceani, la diminuzione della copertura di neve e ghiaccio (sia marino che terrestre) e l'aumento della frequenza di giornate con temperature molto elevate e piogge molto intense (IPCC, 2014a). Tra queste caratteristiche, gli eventi estremi sono ampiamente rilevanti per valutare gli impatti e definire le opzioni di resilienza in una specifica regione geografica al cambiamento climatico.
La fase di un più vigoroso riscaldamento planetario è iniziata inequivocabilmente negli anni '50 ed ha subito un'accelerazione dagli anni '80. Questo aumento termico ha influito sia sulla temperatura media mensile, e sui valori stagionali, che sugli eventi meteo-climatici estremi alterando significativamente anche il ciclo idrologico su gran parte del Pianeta.
Date queste peculiarità, per affrontare e sostenere efficacemente gli impatti negativi bisogna quindi identificare i fattori climatici locali chiave per l'area geografica di interesse, le forzanti remote ed impiegare un approccio multidisciplinare.
Negli ultimi decenni sono state prodotte solide conoscenze scientifiche che forniscono informazioni importanti che possono essere utilizzate per supportare i processi decisionali. La comunità scientifica ha infatti compiuto uno sforzo per migliorare la conoscenza scientifica dei meccanismi fondamentali del sistema climatico della Terra, nonché delle implicazioni e degli impatti dei cambiamenti climatici. Una parte di questo sforzo è stato fatto per identificare le nuove azioni per mitigare le tendenze delle emissioni di gas serra antropogeniche. Altri sforzi si sono invece concentrati sull'individuazione di nuove azioni per l’adattamento ai cambiamenti sia osservati che previsti nel futuro (IPCC, 2013, 2014a, 2014b).
Tuttavia, sono necessari ulteriori strumenti di supporto alle decisioni ed anche una comprensione dei processi cognitivi associati alle percezioni ai cambiamenti climatici per utilizzare queste conoscenze pienamente trasformando così la società in modo resiliente.

Leggi