Pubblichiamo l'intervista di Matteo Bernardelli a Daniela Toccaceli, ricercatrice di Innovazione organizzativa dell’agricoltura e dello sviluppo rurale all’Università di Firenze e direttore del Centro studi sull’organizzazione economica dell’agricoltura dell’Accademia dei Georgofili.
In questo periodo di grande preoccupazione ricorre sovente e talvolta in
toni lugubri, sui social, giornali, radio e tv la domanda su quale sarà
il nostro futuro, cosa cambierà, ecc. Purtroppo, questa nuova dolorosa
emergenza non cancella, anzi si aggiunge a quelle che già avevamo, come
ad esempio, tanto per citarne una che, non solo interagisce fortemente
con l’attività agricola ma che, da più parti, si ritiene in qualche modo
anche correlata con quello che ci sta succedendo: i cambiamenti
climatici.
La pandemia che ci ha travolto ci ha prepotentemente reso più
consapevoli che un cambiamento nel nostro modo di vivere è
imprescindibile. Le persone stanno diventando sempre più coscienti del
fatto che importanti mutamenti sociali, economici e ambientali sono
necessari e, per questo, spingono perché vengano attuate azioni al
riguardo.
Lo sviluppo degli ultimi decenni ha determinato
un’eccessiva pressione ambientale, ma ha anche portato straordinari
miglioramenti riguardo all’aspettativa di vita in tutto il mondo e,
anche grazie alle tecnologie digitali, l’umanità ha ora a disposizione
un’arma in più per poter dare una risposta efficace alle sfide che
l’attendono in questo secolo: da un lato l’aumento della produzione di
cibo, il fabbisogno di energia e di acqua potabile per tutti e
dall’altro la necessità di ridurre gli sprechi e le emissioni lungo
tutte le filiere produttive.
Questa trasformazione digitale pilotata
dalla tecnologia di internet applicata alle cose di uso quotidiano
rappresenterà un cambiamento senza precedenti nella storia dell’umanità,
con impatti ancora non completamente conosciuti.
Anche nella città
“verde” del futuro, l’uso delle tecnologie digitali, l’Internet of
Things (IoT) e l’uso di strumentazioni in grado di fornirci risposte in
tempo reale riguardo alle condizioni fisiologiche, sanitarie e
strutturali delle piante, saranno un fondamentale strumento gestionale e
potranno
aiutare in quelle che saranno le scelte pianificatorie,
progettuali e realizzative delle nuove aree verdi. Non c’è dubbio che Il
cambiamento e l’innovazione, attraverso il collaudo e l’avanzamento di
nuovi modelli, sono stati determinanti nel progresso umano e devono
esserlo anche adesso.
La “crescita verde” (e di conseguenza
sostenibile) è stata proposta come un modo promettente per affrontare la
necessità di trovare un equilibrio e, in questo contesto, è
fondamentale pensare a uno sviluppo che non può che essere “olistico”,
che includa cioè la sostenibilità ecologica ed economica, l’equa
distribuzione e l’uso efficiente ed efficace delle risorse.
Viviamo giorni cupi, mentre procede inesorabile l’avanzata del
coronavirus e il mondo intero sembra fermarsi chiudendosi in se stesso.
Un’informazione martellante non giova alla comprensione di un fenomeno
primordiale che colpisce una società che si riteneva al riparo da questo
genere di eventi. Crescono anche le preoccupazioni per l ’economia che
risente di questa colossale frenata. Cifre e previsioni si diffondono e
si sovrappongono. Sarà una crisi diversa dall’ultima, in prevalenza
finanziaria, mentre questa è reale, cioè nei fatti.
Occorre produrre
materie prime agricole, trasformarle, distribuirle, tutte attività che
non possono fermarsi. Per la ripartenza dell’economia, cessata l’azione
del virus, serve agire sul comparto agricolo-alimentare.
Due
questioni importanti per capire: a) quali sono o possono essere le
conseguenze della pandemia sul comparto, b) come assicurargli una
ripresa rapida, quando l’attenzione generale sarà concentrata sul resto
dell’economia e della società e non su chi ci avrà traghettati vivi
oltre la crisi.
Triestino di origine, dal 1933 al 1938, Greatti trascorse i suoi giorni a
Ponza subendo anche la detenzione nel carcere duro di Poggioreale.
L’isolamento, il carcere, l’amore impedito, l’attesa non scoraggiarono
in lui la volontà, la speranza e il desiderio di scrivere e studiare.
Tutt’altro.
L’Accademia conserva nel suo Archivio una breve ma significativa corrispondenza di Umberto Greatti.
Il
17 aprile 1935 scriveva la sua prima cartolina postale al segretario
dell’Accademia dei Georgofili: poche righe vergate in una bella e
ordinata grafia, nelle quali esprimeva il desiderio di divenire
“agronomo” .
Non c’entra niente l’acqua con il virus! No, anzi c’entra eccome; fra le
pressanti raccomandazioni che ci vengono rivolte in questa drammatica
situazione c’è proprio quella di lavarsi bene le mani spesso e per
questo occorre che l’acqua sia pulita e di ottima qualità ma ci
ricordiamo anche che prima, nei periodi di preoccupante siccità, si
raccomandava di non sprecare l’acqua. Quindi l’acqua non è solo
importante ma è fondamentale!
Mai come adesso percepiamo come la salute e il benessere siano aspetti
di vitale importanza e che, di conseguenza, la progettazione degli
edifici dove vivremo in futuro, ma dove già trascorriamo il 90% della
nostra giornata, dovrà essere incentrata sulle persone.
Nei prossimi
10 giorni (almeno) molti di noi dovranno rimanere nelle proprie
abitazioni e coloro che lavoreranno potranno spostarsi solo da casa al
luogo di lavoro e limitare al massimo le relazioni sociali. Ci mancherà
il contatto con le persone e soprattutto dovremmo fare i conti anche con
la Sick Building Syndrome (SBS) o sindrome da edificio malato.
Chiaramente con la terminologia “edificio malato” non si intende
l’edificio, ma le persone che vi risiedono.
Il trascorrere troppo
tempo all’interno di ambienti costruiti può infatti determinare agli
occupanti tutta una serie di fenomeni che appaiono legati al tempo
passato in un edificio, ma senza che possano essere identificate cause
specifiche o malattie. È una raccolta di fattori che possono influenzare
negativamente sia la salute fisica, sia anche il nostro benessere
psichico, perché il corpo umano è un sistema biologico interattivo e le
due condizioni sono strettamente collegate.
Praticamente la SBS si
manifesta attraverso una combinazione di sintomi correlati alla
permanenza nell’edificio stesso quali: l’irritazione della pelle e delle
mucose, il mal di testa, l’affaticamento psichico, la difficoltà di
concentrazione. Caratteristico della Sick Building Syndrome è che la
maggior parte dei sintomi svanisce o si attenua fortemente
allontanandosi "dall’edificio malato".
A questo dovremmo contrapporre, nella progettazione degli edifici del futuro, il WELL Building STANDARD, cioè la certificazione che aiuta a prevenire queste problematiche.
Mentre
i concetti di edifici intelligenti, “smart” e sostenibili hanno
guadagnato una notevole attenzione negli ultimi decenni, vi è ora una
crescente attenzione alla progettazione di edifici “sani” (healthy). Non
c’è un'unica formula, poiché qualsiasi approccio alla progettazione di
edifici relativi che abbia come obiettivi la salute e il benessere
dipende da diversi fattori interagenti.
Cosa possiamo fare infatti
per migliorare la qualità degli ambienti di edifici già costruiti anni
fa, con standard completamente diversi?
La dieta mediterranea rappresenta un modello alimentare al quale vengono
riconosciuti una serie di effetti benefici per la salute umana che
spaziano dalla riduzione del rischio di mortalità generale alla
prevenzione delle malattie cardiovascolari e coronariche, delle malattie
oncologiche, del diabete e delle malattie neurodegenerative. Parte di
queste proprietà risiedono nella presenza di molecole bioattive negli
alimenti che stanno alla base della dieta mediterranea. Tra i più noti
composti bioattivi, i composti fenolici sono una classe di molecole
dotate di comprovate attività biologiche che risulta largamente diffusa
nella frutta, nella verdura e nelle bevande di origine vegetale.
L’idrossitirosolo
e il tirosolo sono composti fenolici i ampiamente studiati per le loro
proprietà salutistiche. L’idrossitirosolo in particolare, rappresenta
uno dei più potenti antiossidanti assunti nella dieta a cui vengono
riconosciute proprietà antiradicaliche, cardioprotettive,
antimicrobiche, antidiabetiche e neuroprotettive. Tra gli alimenti
cardine della dieta mediterranea, l’olio di oliva rappresenta la
principale fonte di idrossitirosolo e dei suoi derivati. In particolare,
l’idrossitirosolo si ritrova nelle foglie e nei frutti dell’olivo e,
conseguentemente, nell’olio, nei quale compare a seguito dell’idrolisi
dell’oleuropeina, molecola responsabile del gusto amaro dalle comprovate
proprietà nutraceutiche. A fronte di queste attività biologiche, dal
2011 l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) raccomanda
l’ingestione di 5 mg di idrossitirosolo e dei suoi derivati presenti
nell’olio d’oliva su base giornaliera e, nel 2017, lo ha riconosciuto
quale nuovo ingrediente alimentare impiegabile per l’arricchimento degli
oli di pesce, degli oli vegetali e delle margarine.
L’altra fonte
di idrossitirosolo è rappresentata dal vino. Sebbene le bevande
caratterizzate da un tenore superiore a 1,2 % di alcol non possano
riportare in etichetta indicazioni di carattere salutistico, negli
ultimi 30 anni numerosi studi scientifici hanno suggerito l’esistenza di
una relazione tra moderato e regolare consumo di vino ed effetti
benefici per la salute umana. Anche in questo caso, tali proprietà sono
attribuite alla complessa varietà di molecole bioattive presenti nella
matrice.
Sebbene gran parte delle sostanze bioattive presenti nel
vino sia di origine vegetale, composti fenolici in particolare, anche i
microrganismi sono capaci di arricchire il vino in sostanze dotate di
attività biologica. Tra i diversi microorganismi presenti durante il
processo di vinificazione, i lieviti rivestono un ruolo fondamentale
essendo i diretti responsabili della fermentazione alcolica. Tuttavia,
il loro ruolo non si esaurisce solamente nella conversione degli
zuccheri in etanolo. Al contrario, i loro peculiari pattern metabolici
sono in grado di influenzare direttamente la composizione dei vini con
evidenti risvolti sia in termini sensoriali che in termini di accumulo
di molecole bioattive di origine microbica.
Stiamo vivendo giorni difficili, avvolti in una cappa grigia di dolore,
di ansia, di incertezza su presente e futuro. Su tutto incombe la
presenza di questo famigerato coronavirus, resa più terribile dal fatto
che sappiamo molto poco, quasi nulla, di lui e del suo modo di agire.
Siamo gravati da un insopportabile rumore di fondo generato
dall’incombente e onnipresente informazione: televisioni, giornali,
chiacchiere a ruota libera diffuse a macchia d’olio. Un subisso di
messaggi, in parte grevi e deprimenti, in parte spiritosi per sollevare
il morale con un sorriso, in parte spunto di riflessioni e
suggerimenti.
Fra questi ultimi serpeggia una sorta di rivolta nei
confronti di una persecuzione, forse solo presunta, nei confronti
dell’Italia e degli Italiani. Chiediamoci perché e guardiamo già al
dopo. I messaggi sono un modo per rincuorare tutti, compresi quelli che
scrivono, unendoli a difesa della nostra Italia, nella ribellione verso
gli ingiustificabili persecutori, prima i cinesi poi l’Europa, non ben
definita ma immancabile. La proposta comune è un invito all’unione, a
rafforzarsi reciprocamente, a riscoprire le antiche virtù, a ricordare i
grandi meriti del nostro popolo. Spesso chiusa dall’esortazione a
comprare solo alimentari italiani, prodotti da aziende italiane,
evitando quelli esteri, di frequente “pessime imitazioni” dei nostri,
nella convinzione che noi si abbia il meglio di tutto. Così facendo si
sosterrebbe la nostra vacillante economia e si vivrebbe meglio. Insomma
il messaggio parte dalla difesa dell’Italia e dei suoi prodotti e si
conclude con la convinzione che “così possiamo farcela”.
L’esortazione
ha risvolti psicologici importanti, ma, per evitare reazioni
controproducenti di fronte alla realtà, occorre aggiustare il tiro.
Con il termine di erbe aromatiche, si fa riferimento a piante ricche in
oli essenziali capaci di sprigionare odori ed aromi molto intensi, già
conosciute, e largamente impiegate, fin dai tempi dei Sumeri e
protagoniste di una vivace riscoperta negli ultimi anni.
Esse trovano
largo impiego in svariati settori quali quello erboristico,
farmaceutico, cosmetico, ma è senza alcun dubbio nel settore alimentare
che vedono la loro massima espressione di utilizzo come condimenti di
pietanze ed alimenti che, grazie a loro, riescono a esprimere,
ai massimi livelli, tutto il loro potenziale.
In questi tempi di rinnovato interesse verso il benessere animale nei
suoi molteplici aspetti, c’è chi si chiede che cosa sia il “debeccaggio”
dei pulcini destinati a diventare galline ovaiole e perché viene
praticato.
Come tutti sappiamo il ventunesimo secolo è, e sempre più sarà, il
“secolo urbano” poiché, a livello globale, più di 2 miliardi di persone
arriveranno nelle città. Questa rapida urbanizzazione non ha precedenti
nella storia umana e, nel 2050, la stragrande maggioranza dell'umanità
vivrà in aree urbane. Eppure, in questo momento di "trionfo della
città”, esse devono affrontare molte sfide importanti, dalla creazione e
mantenimento di posti di lavoro, alla fornitura di servizi alla
cittadinanza, alla salvaguardia delle risorse ambientali urbane, alla
protezione dei propri residenti dalla criminalità e dalla violenza,
tanto per citarne alcuni. Ma, soprattutto, dovranno garantire condizioni
di salubrità ambientali.
In questo momento, la sfida più importante
è sicuramente quella che ci viene posta dal COVID-19 e l'inquinamento
atmosferico potrebbe essere un comune denominatore per i paesi in cui,
al momento, il virus sta avendo gli effetti più devastanti.
Alcuni
scienziati stanno infatti sollevando la questione di un potenziale
legame tra l'esposizione a lungo termine all'inquinamento atmosferico e
la capacità polmonare compromessa, che a sua volta potrebbe aumentare la
probabilità che un individuo sviluppi una forma grave di COVID-19.
Questo legame è stato ipotizzato in una nota pubblicata sul British Medical Journal,
rivista medica di elevato impatto scientifico (Impact Factor 27.604)
pubblicata con cadenza settimanale dalla British Medical Association,
secondo la quale esiste un denominatore comune nella maggior parte dei
paesi e delle aree di ciascun paese con gravi casi di grave infezione da
COVID-19: Cina, Corea del Sud, Iran e Italia settentrionale. Questo
fattore di rischio condiviso è l'inquinamento atmosferico.
È infatti
ampiamente documentato che l'inquinamento atmosferico è una delle
principali cause di morbilità e mortalità nell'uomo a livello globale e
può aumentare il rischio di numerose malattie non solo del sistema
respiratorio, ma anche di quelle cardiovascolari. Pertanto, negli ultimi
anni, l'associazione tra inquinamento atmosferico e malattie o decessi,
in particolare malattie respiratorie, è diventata un importante punto
di riferimento per la ricerca sulla salute pubblica.