Dalla ricerca dell’Università di Bari arriva la rucola a basso contenuto di nitrati. Un passo avanti importante nella direzione lanciata, due giorni fa, dalla Commissione Europea che punta, fra le altre cose, da qui al 2030, a ridurre del 50% l’uso (e il rischio connesso) di pesticidi in agricoltura e del 20% quello di fertilizzanti.
“Abbiamo fatto dei test per abbassare il contenuto di nitrati della rucola che, di per sé, specie quella selvatica, è un’iper-accumulatrice di questi ioni, usando lo spettro blu e lo spettro rosso della luce LED. I risultati hanno dimostrato che attraverso lo spettro rosso possiamo ridurre il contenuto dei nitrati nella rucola anche di tre volte rispetto alla coltivazione con uso della luce senza selezione degli spettri”. Parole di Angelo Signore, ricercatore in orticoltura all’Università di Bari (nonché curatore della pubblicazione realizzata in collaborazione con la Scuola di agricoltura dell’Università di Reading nel Regno Unito, con il Dipartimento britannico di Scienze dell’alimentazione e l’Università di Ghent in Belgio.
I risultati della ricerca sono stati appena pubblicati sulla rivista Frontiers in Plant Science. Lo studio è stato condotto su due tipi di rucola: la cosiddetta ‘ruchetta selvatica’ (Diplotaxis tenuifolia) e la cosiddetta ‘rucola coltivata’ (Eruca sativa). La ruchetta coltivata si è dimostrata molto più reattiva alla sollecitazione dello spettro rosso raggiungendo risultati migliori ma l’obiettivo naturalmente è ridurre i residui in entrambe le varietà posto che quella selvatica è considerata più verace e più interessante al sapore, caratterizzato da una maggiore piccantezza.
“Per ottimizzare i risultati – precisa Signore – l’uso della luce andrebbe poi integrato con altri tipi di approcci come ad esempio, una corretta concimazione azotata, oppure, nelle colture idroponiche, togliendo la soluzione nutritiva tre giorni prima della raccolta e sostituendola con acqua”. Un risultato ulteriore, ma non secondario, a cui ha condotto la ricerca, è il fatto che usando la luce rossa, la rucola produce più glucosinati che sono composti utili per la salute perché, ad esempio, capaci di contrastare in via preventiva, attraverso un’alimentazione sana, malattie di tipo degenerativo come il cancro. La luce rossa ha dimostrato di farne produrre di più soprattutto nella ruchetta selvatica.
“Tuttavia non bisogna lasciare le colture alla sola esposizione della luce rossa perché si rischia quella che è conosciuta come ‘red light syndrome’, ossia ‘sindrome da luce rossa’, che provoca uno stress alla pianta poiché cresce in maniera non armonica, aumenta il contenuto della sostanza secca, con foglie ripiegate su se stesse e margini non seghettati ma tesi. La ricerca proseguirà con l’uso della luce rossa anche in fase di post-raccolta, sottoponendo il prodotto a fasci di luce rossa anche dopo la coltivazione, per verificare se la concentrazione di nitrati potrebbe diminuire ulteriormente”.
Da www.freshcutnews, 22/5/2020