Notiziario








Le due culture

Viviamo un momento di fusioni di ambiti disciplinari, che ci costringe a ripercorrere all'indietro una lunga e tortuosa strada di divisioni delle discipline "madri". Le Università si ricorderanno certamente il periodo, protrattosi per molto, in cui il processo più evidente era stato quello della scomposizione di una disciplina in tutta una serie di sottoaree che, pur dotate di un loro contenuto, potevano avere un senso per specialisti, ma poco ne avevano ai fini formativi. Clamoroso fu l'ampliamento del ventaglio didattico in ogni Facoltà, quando una disciplina, tradizionalmente insegnata da un solo docente, fu talmente suddivisa da generare plurimi  corsi d'insegnamento; si disse che quelli che un tempo erano soltanto i capitoli di libri che affrontavano una materia in maniera assolutamente unitaria, erano assurti a rango di disciplina autonoma.
Questo processo ha finito per mostrare alcuni scompensi sul piano  formativo; anche l'area della formazione universitaria agraria è stata influenzata da questa "specializzazione" culturale che anziché sottolineare i grandi temi portava, inevitabilmente, a dare rilevanza ai  dettagli. Come spesso accade, oggi si sta riflettendo su questi atteggiamenti e si stanno facendo passi indietro, aiutati anche dalla minor disponibilità di risorse finanziarie che ha costretto tutte le Istituzioni -e quindi anche quelle universitarie- a rimodulare le loro attività.
Quindi alcune fusioni disciplinari ormai le vediamo come buona cosa ed anzi più adatte ad una pedagogia che privilegi la formazione al posto della più semplice informazione.

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Consumo e tassazione dei terreni coltivati

Nel 1970, le terre coltivate (SAU) in Italia erano più di 18 milioni di ettari. Oggi si sono ridotte a meno di 13 milioni. Va aggiunta una ulteriore superficie di terreni agricoli, anche fertili, che gli agricoltori lasciano inutilizzati in quanto non riescono ad offrire redditi. D’altra parte, la nostra produzione agricola non è complessivamente sufficiente a soddisfare le esigenze nazionali ed il nostro Paese è sempre più costretto a colmare le carenze, con forti importazioni. Il Governo Monti ha recentemente approvato e poi già modificato un D.d.L. quadro per “frenare il consumo di terre coltivabili”. Ma non mancano ancora perplessità.
Come già dimostratosi con i criteri adottati per la conservazione del paesaggio agrario, non è né utile né possibile imporre agli agricoltori di coltivare i propri terreni anche quando non riescono più ad ottenerne un reddito. Prima di continuare sulla strada dei vincoli, occorrerebbe promuovere iniziative capaci di aiutare gli agricoltori a ridurre i costi e rendere remunerative le produzioni.
Un effetto del tutto opposto è stato invece determinato dagli attuali provvedimenti fiscali che hanno aggravato la situazione delle imprese agricole con la nuova imposizione patrimoniale IMU sui terreni e il contestuale aumento fiscale sui redditi, attraverso la rivalutazione del 15% dei parametri catastali, nonché con il divieto alle imprese agricole societarie di optare per una tassazione basata sui propri bilanci.

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Il rimboschimento naturale in Italia

In Italia, la Statistica Forestale del  1947 riportava  5.6 milioni di ettari  di boschi e ora (2005) l’Inventario Forestale  riporta  10,5 milioni di ettari.  La diversità di metodo rende impossibile seguire l’aumento delle singole coperture forestali e,  per seguire le cause del grande aumento bisogna andare per congetture.
Poco l’ effetto del rimboschimenti. Mettendo insieme le superfici attribuite alle specie esotiche e alle specie italiane presenti fuori dalle regioni di indigenato non si arriva a 400 mila ettari.  Forse c’è qualche cosa da aggiungere, ma certamente si è lontani da riempire  la differenza fra il 2005 e il 1947.  Per inciso,  la robinia, con 233 mila ettari, risulta la specie esotica  più diffusa in Italia, ma è anche noto che si tratta di una specie capace di diffusione spontanea.
L’effetto dell’espansione  spontanea  in campi o in castagneti da frutto in disuso è più evidente e suffragato anche da esempi macroscopici   come l’invasione  dell’acero montano e del frassino maggiore con altre  latifoglie  lungo le pendici marginali  delle Alpi e progresso del pino cembro nei pascoli abbandonati delle malghe.   Boschi di nuova formazione si individuano con sufficiente sicurezza  in tutti o quasi i 400 mila ettari che l’Inventario attribuisce agli arbusteti di clima temperato, a i betuleti, ecc.   I boschi del carpino nero,  ignorati dalla statistica del 1947, ora sarebbero  780 mila ettari, è facile, dunque che anche questa specie abbia conquistato  degli spazi.

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I terreni agricoli e l’IMU

Il particolare legame che unisce l’uomo alla terra fa sì che questa non possa considerarsi un bene come tutti gli altri e che ogni intervento che si attua sui rapporti che la riguardano susciti un interesse molto elevato. Fra le ragioni alla base di questa situazione si collocano l’irriproducibilità, e quindi la sua assoluta limitatezza, l’esclusività del possesso, la formazione del fenomeno della rendita sulla nuda terra, la  produzione di beni insostituibili nell’alimentazione. A ciò si aggiunge il fenomeno alla base delle teorie dei Fisiocrati e cioè che essa produce  ricchezza “nuova” dalle risorse naturali.  Nel momento in cui, sotto l’incalzare della crisi, il quadro normativo che la riguarda viene modificato, bisogna considerare che la terra nel mondo e in Italia ha sorretto l’aumento della popolazione e dei consumi, legato all’effetto demografico e all’effetto reddito.
Dopo la seconda guerra mondiale il tasso di crescita dei rendimenti produttivi ha superato quello dei consumi favorendo un miglioramento  dello stato alimentare del mondo grazie  agli incrementi di produttività  derivanti dallo sviluppo scientifico e tecnologico. Dai primi anni 2000 questo equilibrio sembra essersi guastato e la crisi ha accentuato questa realtà. La riduzione degli stock provocata dal rallentamento della produttività è stata esaltata dalla speculazione finanziaria che ha fatto crescere la volatilità e travolto la recente apertura dei mercati spingendo verso un ritorno al protezionismo e a politiche contraddittorie.
In Italia si assiste ad un aumento del carico fiscale sulla terra, in particolare attraverso l’Imu, come se fosse considerata esclusivamente sotto il profilo patrimoniale, trascurando gli investimenti incorporati in essa nei secoli e la finalizzazione produttiva. Allo stesso tempo la proposta di vincolare all’uso agricolo i terreni in base alla destinazione urbanistica, trascurando l’esatta coincidenza con l’uso produttivo, e di fatto impedendone la mobilità, rappresenta un intervento negativo e che costringe a mantenere a coltura le terre meno produttive oltre i limiti della convenienza economica. L’insieme di queste misure è contraddittorio, oltre che discutibile sotto molti aspetti. Un’analisi economica dell’aumento della tassazione indica che esso agisce incrementando i costi e quindi con un effetto di riduzione dell’offerta e di aumento dei prezzi, il contrario di ciò che servirebbe nell’attuale crisi, provocando altresì un allargamento del deficit della bilancia agricola e alimentare.

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Lotta contro le tignole delle derrate alimentari senza insetticidi chimici

La produzione delle materie prime agricole è stata già da tempo interessata da un processo di evoluzione che ha consentito l’applicazione su larga scala di metodiche ecocompatibili.
Analogamente ci si deve attendere che il processo di conservazione e trasformazione post raccolta avvenga con gli stessi criteri.
La necessità di questa impostazione è chiaramente emersa in occasione del IX Simposio su “La difesa antiparassitaria nelle industrie alimentari e la protezione degli alimenti” che si è svolto a Piacenza presso l’Università Cattolica nel settembre u.s.
Contributi che rispecchiano l’esigenza di un approccio ecologico alla produzione delle derrate e la trasformazione di materie prime nel post raccolta, sono stati presentati in diverse sessioni.
Un lavoro che scaturisce da esperienze pluriennali ed affronta la sostenibilità sia ambientale, sia sociale nel comparto agroalimentare, con riferimenti anche agli standard ISO attualmente già disponibili.
La sessione “Ricerche di nuovi mezzi chimici” si inserisce in un settore molto delicato della protezione degli alimenti, quello dell’utilizzo di prodotti antiparassitari che sempre più tendono ad essere rispettosi dell’ambiente e soprattutto ad essere tali da ridurre al minimo i rischi che comportano alla salute del consumatore.
Un approccio molto interessante è quello che studia l’utilizzo di prodotti naturali. Al simposio sono state presentate ricerche che hanno verificato l’efficacia dell’attività insetticida di estratti di piante come Scrophularia canina (FOTO). I risultati sono considerati molto promettenti.

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I Cinesi possono, gli Italiani no

La vicenda del Made in Italy o, meglio, del Made in Veneto, nel Lazio o in Molise, e l’atteggiamento della Commissione dell’Unione europea
richiedono qualche parola di commento e, se lo si consente, un
suggerimento, tanto più credibile perché proviene da chi ha da sempre
sostenuto che non è ragionevole, al di là delle DOP, IGP e dei tanti altri
segni distintivi riconosciuti dal diritto dell’UE, creare nuove indicazioni
d’origine; ed in linea astratta sono ancora convinto che questa sia la
soluzione giusta.
Ma il mondo non finisce ai confini europei, né l’Unione ha la forza
giuridica – e certo neppure quella diplomatica, per tacer d’altro – per far valere le sue ragioni; e così si assiste a un pullulare di marchi,
marchietti, bandierine tricolori, paesaggi napoletani e millanta altri segni
distintivi utilizzati da cinesi, nordcoreani, giapponesi, thailandesi e così
via – sono compresi anche, ed in prima linea, gli statunitensi – che
lasciano credere ai consumatori di tutto il mondo che comprando quei
prodotti, si mangi e beva “italiano”, ma anche si vesta e si usino auto
“italiane” grazie allo sfoggio, addirittura, di nomi propri di persona italiani
applicati ad una berlina prodotta in estremo oriente.
Se in questo ultimo caso il richiamo è subdolo, ma non completo, dato che la casa produttrice dell’autoveicolo è palesemente orientale – si sfrutta solo la nomea che Ferrari, Lamborghini, Alfa Romeo hanno o hanno avuto nel mondo – nel caso dei cibi l’inganno è molto più efficace, poiché la somma delle informazioni fornite in etichetta lasciano credere una origine che non c’è, o, quanto meno, richiamano uno stile di vita che è italiano anche grazie ai suoi alimenti, ma che italiano non è.

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2012: anno nero per il Fagiolo di Lamon

I prodotti tipici con produzioni locali non ancora industrializzate rappresentano una risorsa di rilevante importanza economica, ambientale e soprattutto culturale.
Il fagiolo di Lamon, IGP, coltivato da secoli nella provincia di Belluno, secondo rigorose tradizioni che sono state inserite nel disciplinare di produzione, è certamente un esempio tra i più conosciuti ed è apprezzato ben oltre i confini regionali e nazionali.

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Il ficodindia e la mosca della frutta

Il ficodindia, Opuntia ficus indica, è stato introdotto, alla fine del ‘500, dall’America in Italia dagli Spagnoli allo scopo di allevare la Cocciniglia del carminio (Dactylopius coccus) dalla cui emolinfa si ottiene un pregiato colorante naturale. La Cocciniglia non si è acclimatata nei nostri ambienti mentre la sua pianta ospite si è ampiamente diffusa divenendo uno degli elementi più caratteristici del paesaggio siciliano. Le bacche spinose, di colore bianco, giallo o rosso, delle tre varietà coltivate, un tempo destinate prevalentemente ai mercati locali, trovano attualmente sempre più ampi consensi anche nei mercati internazionali. Pregiati sono i frutti, denominati “bastardoni” o “scozzolati”, ottenuti dalla seconda fioritura indotta con la eliminazione meccanica della prima fioritura dalla quale derivano i meno pregiati frutti “agostani” o “latini”. La polifaga Mosca mediterranea della frutta (Ceratitis capitata), che infesta i frutti di oltre 250 specie vegetali, nel periodo di maturazione dei “bastardoni”, raggiunge le più alte densità di popolazione e gli adulti si trasferiscono in massa sulle piante di ficodindia, soprattutto in prossimità di pescheti, ovvero di piante di kaki o di fico.

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Prodotti alimentari. Scomparsi i redditi per gli agricoltori

Il problema generale e più urgente da risolvere per la nostra attuale agricoltura è rappresentato dalla difficoltà di conseguire un reddito sufficiente a sopravvivere. Lo stesso Ministro Catania ha recentemente riconosciuto che questa è oggi la battaglia prioritaria da vincere. Nessuno può pretendere che gli agricoltori continuino a svolgere i loro vari ed importanti ruoli multifunzionali di interesse pubblico (non soltanto produttivi), senza trarne un reddito proporzionato al proprio impegno. Né si può pretendere, a queste condizioni, un ritorno al lavoro dei campi, neppure di coloro che lo avevano lasciato per migrare nei centri industriali e che oggi si ritrovano disoccupati.
Un’importante iniziativa è stata avviata dalla UE per concordare e realizzare una organizzazione regolamentata dalle filiere agro industriali. Si pensa che il valore aggiunto finale dell’intera filiera possa essere distribuito in modo più equo, per riequilibrare i redditi di tutti gli addetti alle diverse imprese che la compongono, appunto dal campo al consumatore. Cito questa iniziativa, solo come un esempio di ciò che una lungimirante visione del futuro dovrebbe suggerire a tutte le componenti delle filiere.
Naturalmente, si dovrebbero cercare anche altri possibili interventi immediati, a cominciare da una revisione delle imposizioni fiscali insostenibili, quali l’IMU sui terreni coltivati, come se fossero beni patrimoniali da rendita, anziché strumenti indispensabili per conseguire un reddito da lavoro produttivo.
Tutto ciò dipende dall’atteggiamento che il mondo politico riserverà all’agricoltura e dalla nostra capacità di far capire l’importanza strategica del settore, destinata a crescere nel prossimo futuro globale.

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Gli insetti utili in agrumicoltura

Delle oltre 180 specie di cocciniglie segnalate su agrumi, alcune sono dannose in molte aree di coltivazione. Circa venti sono quelle presenti in Italia, ma il loro numero è destinato ad aumentare per l’accidentale introduzione di specie esotiche sia originarie dell’area d’indigenato degli agrumi che da altri ambienti in cui i Citrus sono stati diffusi.

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Cambiamenti climatici e zootecnia

Il bacino del Mediterraneo è considerato una delle zone maggiormente vulnerabili ai cambiamenti climatici e, in assenza di strategie di mitigazione e adattamento, subirà gli effetti più pesanti del riscaldamento globale dell’atmosfera.
Numerose ricerche hanno peraltro già stabilito che in Europa la stagione primaverile-estiva si è allungata, oltre ad essersi anticipata di 2,5 giorni rispetto al passato e questo determina degli effetti anche sulle attività agropastorali ed in particolare sulla zooteecnia. Le temperature elevate infatti influenzano negativamente sia l’attività produttiva che le performance riproduttive, soprattutto degli animali di grande mole come bovini e suini, in quanto una buona parte dell’energia derivante dagli alimenti viene spesa per mantenere costante la temperatura corporea e non viene, quindi, destinata alle altre attività (produzione di latte, accrescimento, gravidanza, ingrassamento etc.).
Esistono peraltro molti indici biometeorologici che possono essere utilizzati per valutare gli effetti del caldo sul bestiame e tra di essi il più utilizzato è il Temperature Humidity Index (THI) che combina i valori di umidità e temperatura per fornire delle scale di rischio. Studi recenti evidenziano come nel 2040 si registrerà un deciso incremento di tale indice sulle regioni che si affacciano sul mediterraneo, in particolare Francia meridionale, Italia, Spagna e Grecia ma tale aumento riguarderà anche parte dell’Europa Centrale.

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Ulteriori conoscenze di base su Pseudomonas syringae pv. actinidiae (PSA)

Da una collaborazione tra il Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura (C.R.A.) -Unità di ricerca per la Frutticoltura di Caserta (Milena Petriccione, Ilaria Di Cecco, Marco Scortichini) e il Consiglio Nazionale delle Ricerche -I.S.P.A.A.M di Napoli (Simona Arena, Andrea Scaloni), è stato recentemente pubblicato sul prestigioso Journal of Proteomics un importante studio di base sull’interazione tra Pseudomonas syringae pv. actinidiae (PSA), agente causale del “cancro batterico” del kiwi, e la pianta-ospite (Actinidia chinensis).

Lo studio evidenzia, per la prima volta, quali proteine sono coinvolte durante l’infezione sistemica del batterio all’interno del ramo.

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Corsa alla terra

L’attuale crisi alimentare, con tre impennate dei prezzi in soli cinque anni, è un fenomeno complesso e a cui il mondo giunge impreparato e, sostanzialmente, con strumenti interpretativi ed operativi inadeguati. Ad una componente endogena al sistema agricolo mondiale e che trova la sua espressione più facilmente rilevabile negli squilibri fra domanda e offerta, si sovrappongono fatti e comportamenti che tendono ad offuscare i problemi di fondo per metterne in evidenza altri, incidenti sull’agricoltura, ma generati da fatti ad essa esterni.
Il fenomeno dell’accaparramento di terreni agricoli nei paesi del terzo mondo è evidente in particolare in Africa, dove paesi emergenti come la Cina, la Corea del Sud e paesi produttori di petrolio vincolano grandi estensioni di terre produttive, acquistandole o con contratti di lunga durata, per assicurarsi un’offerta alimentare dimensionata sui prevedibili fabbisogni a breve termine.  Un fenomeno che, insieme alla volatilità dei mercati ed alle incursioni della speculazione finanziaria, dà luogo ad interpretazioni contrastanti ma emette segnali inequivocabili.

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La ricerca genetica per la sicurezza alimentare

La Scienza genetica è impegnata a studiare e scoprire i meccanismi biologici con i quali gli organismi viventi si sono evoluti naturalmente, producendo quella ricca biodiversità della quale siamo lieti di poterci avvalere. Di fronte alla immanente esigenza di raddoppiare le complessive produzioni mondiali di alimenti, entro la metà di questo secolo, non possiamo rinunciare ad usare queste nuove conoscenze, cercando di imitare la natura, per creare al più presto nuovi organismi capaci di adattarsi ad ambienti pedoclimatici più difficili e di resistere alle avversità sanitarie, offrendo allo stesso tempo prodotti maggiori e migliori. Forse siamo già in ritardo per riuscire in tal modo a garantire per tempo la sicurezza alimentare globale.
I Paesi più lungimiranti, destinano alla ricerca scientifica maggiori investimenti. Nel nostro Paese, invece, anche i princìpi della “precauzionalità”, concettualmente ineccepibili, vengono applicati in modo inaccettabile. Questo è il caso degli OGM, nei confronti dei quali viene adottato un eccezionale ostracismo preconcetto, dichiaratamente mirato a impedirne comunque la coltivazione e giungendo persino a vietare la prosecuzione delle ricerche in corso. Tutto ciò sapendo bene che queste piante stanno ormai diffondendosi con successo in tutto il mondo, anche in Paesi europei a noi vicini, che importiamo e usiamo notevoli quantitativi di loro prodotti e che la Scienza, libera ed universale, continuerà comunque a progredire altrove, anche in questo settore della genetica, con lo sviluppo delle sue applicazioni tecnologiche, sempre sotto il razionale ed etico controllo “precauzionale”.
Ogni nuova acquisizione scientifica può essere considerata valida solo se ripetibile. Ha avuto molto risalto mediatico una recente ricerca francese (cfr. nota di Amedeo Alpi sull’ultimo numero di Georgofili.INFO del 24 ottobre u.s.) pur non avendo ancora questo requisito essenziale.

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Le macchine a vapore in agricoltura

La pentola a pressione di Denis Papin (1679) ha consentito di concepire le soluzioni meccaniche atte a utilizzare l'energia che si sviluppa nel passaggio di stato dalla fase liquida a vapore; è però allo scozzese James Watt che va il merito, dopo circa novanta anni, di avere ideato il motore a vapore. Motore che, nel corso del 1800 ha trovato applicazioni nel trasporto (su strada, per ferrovia e per acqua) e nell'industria (del tessile e delle fonderie)
In agricoltura l'800 è il secolo in cui si ha il graduale passaggio dal lavoro manuale e animale a quello meccanico fornito dall'energia del vapore, dando così l'avvio al processo di meccanizzazione agricola che si svilupperà nel secolo successivo, con altri sistemi di propulsione.

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OGM: sensazionalismo o ponderatezza?

Talora "filtrare" la notizia con grande serietà, dovrebbe rappresentare la prima preoccupazione dei "media", ma non sempre le cose di questo mondo vanno nella maniera auspicata.
Infatti, durante le ultime settimane molte notizie, forse troppe, sono state fornite dai più diversi organi di comunicazione, circa la  sperimentazione effettuata da un gruppo francese sulla presunta tossicità di una pianta transgenica per il carattere della resistenza all'erbicida glifosate.
L'impatto di tali notizie sull'opinione pubblica di tutta Europa è stato enorme. Questa volta, però, c'è stata una immediata risposta da parte della comunità scientifica. L'autorità competente per l'Europa, l'EFSA, ha avviato una lunga procedura con la quale si ripromette di verificare ogni fase della sperimentazione francese, perché le prove eseguite hanno incredibili difetti sul piano procedurale.

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La produzione di alimenti primari

La nostra agricoltura continua a perdere consistenza e considerazione, senza che nessuno manifesti preoccupazione. Neppure per come potremo assicurarci il futuro approvvigionamento degli essenziali prodotti alimentari primari. Sottovalutare l’agricoltura è un errore che stanno commettendo in molti, non solo chi crede (per condivisibile fede nella Provvidenza) che gli alimenti primari nascano come funghi e siano sempre disponibili sul mercato mondiale.
La forte crisi, non soltanto economico-finanziaria, che stiamo attraversando coinvolge l’agricoltura così come tutte le attività produttive per le quali si sta cercando di riavviare una “crescita” del reddito, puntando sulla innovazione e la competitività. Ma le disattenzioni e le discriminazioni nei confronti specifici dell’agricoltura risalgono ormai a diversi decenni e continuano a persistere. Richiedono quindi un esame più profondo, che consideri anche le sue cause ideologico-politiche.
Nessuno può ignorare che, di fronte al previsto forte aumento della popolazione mondiale e delle sue esigenze nei prossimi decenni, la FAO ha autorevolmente evidenziato la necessità di raddoppiare l’attuale complessiva produzione mondiale di alimenti entro il 2050. Tutti i Paesi, nessuno escluso, sono quindi chiamati a tutelare almeno la propria attuale superficie agraria disponibile e incrementarne le produzioni unitarie. Allo stesso tempo, devono sentirsi eticamente impegnati a ridurre le proprie non indispensabili importazioni alimentari dal mercato globale, oltretutto inaffidabile ed inquinato da speculazioni, già dimostratesi capaci di generare perniciosi “tsunami” finanziari.

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Il pomodoro senza segreti

Il genoma del pomodoro coltivato e del suo antenato selvatico, Solanum pimpinellifolium, è stato sequenziato dal Tomato Genome Consortium (TGC), composto da un gruppo di oltre 300 scienziati provenienti da quattordici paesi che dopo circa nove anni di lavoro, e comunque in anticipo sui tempi programmati, ha svelato la mappa del suo Dna.  L’Italia ha fatto parte del TGC fin dalla sua fondazione (2003) e ha fornito un contributo fondamentale per la guida del progetto internazionale per la produzione e l’analisi dei dati di sequenza nonché la stesura del manoscritto.  Questo importante risultato avrà un grosso impatto nel miglioramento genetico di questa specie sia per quanto riguarda la produzione sia per quanto riguarda le resistenze agli stress.
L’ottenimento di nuove conoscenze nel settore della regolazione delle risposte della pianta di pomodoro a differenti stimoli ambientali, quali stress biotici (funghi, insetti, virus, ecc.) ed abiotici (siccità, alte temperature, ecc.), nonché la comprensione delle interazioni geniche che controllano la qualità, la maturazione e la conservazione della bacca, sono solo alcuni dei risultati che potranno essere conseguiti.
Il pomodoro rappresenta una specie molto importante per l’agricoltura nazionale e mondiale ed è, allo stesso tempo, anche una pianta modello per studi di genetica e genomica in quanto, appartenendo alla famiglia delle Solanacee (che comprende la patata, il peperone e la melanzana, ma anche piante ornamentali o medicinali come la petunia, il tabacco, la belladonna e la mandragola), consentirà di utilizzare la sequenza come riferimento per le altre Solanacee coltivate, per studi di genomica comparativa sia all’interno della famiglia sia con altre piante di interesse agronomico.

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