Unilever, il più grande gruppo alimentare e il maggior produttore di gelati al mondo, ha acquistato in Italia Grom, una piccola azienda molto interessante e in rapida crescita. Con un fatturato attorno ai 27 milioni di euro, circa 600 dipendenti e oltre 60 negozi di proprietà in Italia e all’estero l’azienda, nata da un’idea dei due soci fondatori nel 2003, si è conquistata uno spazio particolare nel mercato nazionale con un’immagine vincente. L’idea di fondo è la produzione di gelati “come quelli di una volta”, la riscoperta della produzione artigianale, l’impiego di materie prime naturali e in parte biologiche da quando Grom ha comperato un’azienda frutticola.
I fondatori sono poi stati affiancati, con quote minori, da soci esteri e da Illy, con il 5%, sino alla recente cessione a Unilever. La notorietà del marchio Grom e il passaggio ad una multinazionale come Unilever hanno attivato il solito coro di chi lamenta la (s)vendita delle imprese italiane, salvo poi elogiare il percorso inverso delle nostre multinazionali alimentari come Barilla, Ferrero o Campari. La vicenda Grom si presta ad alcune pacate considerazioni.
Quanto è accaduto è praticamente la regola per gli spin off che hanno successo e che sono circa il 5% di quelli costituiti con tante speranze a partire dai risultati della ricerca o da idee imprenditoriali elaborate da giovani che, come i soci di Grom, compiono prima e meglio di altri, una scelta particolarmente promettente. Dunque, la vendita a Unilever in questo senso è il sigillo di un successo imprenditoriale.
La cessione di Grom non è un caso unico e può essere accostata ad altre due, la prima riguarda un’impresa alimentare italiana per molti aspetti simile, le Fattorie Scaldasole, la seconda un’impresa che negli Usa produce gelati, Ben & Jerry’s.
The lesson of the Grom/Unilever case
Unilever, the largest food group and ice-cream producer in the world, has bought a small but very interesting company in Italy, the rapidly growing Grom. The acquisition of Grom is not unique and can be compared to two other cases, the first concerning the Italian food company Fattorie Scaldasole, which is similar in many respects, and the second Ben & Jerry’s, a company that produces ice-cream in the USA. In both cases, the buyer has been a multinational company that, in the second example, is again Unilever. The three cases have characteristics in common: young successful businesses; clear messages in line with emerging trends; appeal to natural, preferably organic agricultural products, and artisanal production methods. Then reality hits: success leads to growth, critical mass is needed for the market, which is achieved or the buck is passed. Then big international players in the food industry come into play, with a clear-cut interest, buying already famous brands as “alternatives” to their own products in order to diversify their product lines and expand their market share covering all bases. The lesson is simple. The market is tough but it creates opportunities and offers room for growth. The events we have reported are clear proof that a company cannot survive if it shirks the market’s immutable demands even when they concern apparently alternative products and routes.
Leggi