Notiziario











Alberi e società

Un albero si compone di  produttori di materia e di consumatori della materia prodotta. Da una parte ci sono le foglie che fanno la fotosintesi e fissano il carbonio, dall'altra parte stanno le radici, il fusto, i rami e gli organi di riproduzione che, respirando,  dissolvono il carbonio fissato emettendo CO2 . Anche le foglie respirano ed emettono la loro piccola parte di CO2.

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Il bello dell’Italia

Potrà sembrare paradossale ma per molto tempo pronunciare la parola Bellezza ha suscitato una sensazione strana, un po’ desueta, talvolta addirittura fastidiosa. Sembra, infatti, che nell’epoca dell’esteriorità, stiamo sottovalutando il suo significato più nobile e profondo. Dobbiamo avere il coraggio, l’impegno e la forza per restituire alla bellezza una “B” maiuscola perché aspirare al Bello fa bene ai rapporti sociali e persino all’economia del Paese. Un binomio valido ovunque ma in particolare per l’Italia, ed è senz’altro una questione morale oltre che cruciale per il nostro futuro.

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Canapa: presente e futuro prossimo

La canapa (Cannabis sativa L.) è originaria dell’Asia centrale ed è stata una delle prime piante (secondo alcuni, la prima in assoluto) coltivata dall’uomo nella sua triplice valenza di specie alimentare (semi), tessile (fibra) e medicinale/rituale (resina). La plasticità della pianta ha portato alla selezione di varietà in cui alcune di queste proprietà sono particolarmente spiccate, generalmente a discapito di altre. La multi-valenza della canapa ne ha decretato il successo presso tutte le civiltà del Vecchio Mondo e, a ragione dei suoi usi per la produzione di materiale nautico, fu una delle specie coltivate dai coloni europei nel Nuovo Mondo. In Europa, la canapa è stata coltivata come pianta da fibra, e le sue proprietà psicotrope sono state sostanzialmente sconosciute fino alla campagna Napoleonica in Egitto. Nella seconda metà dell’Ottocento, l’espansione coloniale in Nord-Africa, Medio Oriente e India portò ad una crescente disponibilità di resina psicotropa (hashish) nei principali paesi europei. Se da un lato questo innescò le prime ricerche moderne sulle proprietà farmacologiche della pianta, dall’altro gli effetti dannosi del consumo ricreazionale della canapa e dei suoi derivati (hashish, marijuana) portarono alla sua assimilazione ad altre droghe voluttuarie, sfociando infine in un proibizionismo che nella prima metà del Novecento distrusse gradualmente la filiera produttiva della pianta, non solo nei paesi occidentali e in USA, ma anche in Stati, come l’Egitto, grandi produttori di fibra di canapa. Le ragioni di questo accanimento legislativo non sono del tutto chiare e potrebbero essere collegate alla rilevanza economica crescente dei materiali tessili sintetici e, in campo agricolo, di colture quali il cotone e le essenze ligno-cellulosiche arboree.
Paradossalmente, lo status della canapa degenerò a quello di pianta psicotropa, con il completo offuscamento delle sue proprietà come pianta da fibra e pianta alimentare, mentre il suo potenziale medicinale fu sostanzialmente identificato con il profilo biologico del THC. Questo composto, insieme al suo prodotto di degradazione CBN, è il solo costituente psicotropo di un bouquet di oltre 160 diversi cannabinoidi contenuti nella pianta.

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Il vino nel legno

Lunedì 25 gennaio alle ore 14.30, nella sede dell’Accademia dei Georgofili, verrà presentato il volume “Il Vino nel Legno” a cura di Raffaello Giannini (Firenze University Press), in cui vengono illustrati i risultati del PROgetto di VAlorizzazione della produzione legnosa dei boschi del ChiantI (PROVACI), svolto dalla Fondazione per il Clima e la Sostenibilità con il contributo finanziario dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze. L’incontro è organizzato in collaborazione con ASET (Associazione Stampa Enogastroagroalimentare Toscana)
Il Progetto ha avuto come obiettivo quello di individuare, nell’ambito del territorio del Chianti Classico, le strategie tese ad associare una gestione sostenibile degli ecosistemi forestali con la valorizzazione dei prodotti della filiera foresta-legno. Particolare attenzione è stata dedicata al recupero degli usi del passato attraverso la produzione di vasi vinari realizzati con l’idea di “produrre il vino della casa con i carati dei boschi di casa”.

Programma:

14.30 Saluti :   Giampiero Maracchi, Presidente dell’Accademia dei Georgofili
        Luigi Bartolozzi, Comandante Provinciale Corpo Forestale dello Stato
        Gabriele Gori, Direttore Generale Ente Cassa di Risparmio di Firenze
Elvio Bellini, Presidente Centro di Studio e Documentazione sul Castagno

Relazioni:
-    Raffaello Giannini, Il progetto PROVACI e il volume “Il Vino nel legno”
-    Luigi Giovanni Cappellini , Esperienze di vinificazione nel Chianti Classico
-    Francesco Rossi, Esperienze di vinificazione nella Maremma Toscana
-    Paolo Valdastri, Come e perché il contenitore è diventato nel tempo uno strumento di comunicazione e informazione vinicola
-    Stefano Tesi, La valorizzazione della produzione enogastroagroalimentare di nicchia passa attraverso l’informazione
-    Simone Orlandini, la Fondazione per il Clima e la Sostenibilità: l’impegno nel trasferimento dell’innovazione in agricoltura.

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Un’ape tappezziera

Sulle pendici meridionali dell’Etna, a quota 900 mt s.l.m., durante lo scorso mese di luglio, una femmina dell’ape solitaria Megachile centuncularis, intenta alla raccolta di polline da piante di girasole ornamentale (Fig.1), ha costruito il nido nello spazio esistente fra la struttura metallica e la tela del piano di seduta di un dondolo poco distante.

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Acquacoltura e ambiente

Tra i problemi di rilevante interesse che riguardano l’acquacoltura (si veda: Georgofili INFO, 2 set 2015 e 28 ott 2015) vi è certamente la sua azione sull’ambiente. L’acquacoltura, invocata come alternativa sostenibile allo sfruttamento delle specie ittiche marine, non dovrebbe infatti inquinare, ma salvaguardare l’ambiente e gli ecosistemi per produrre alimenti sani e rispettosi del consumatore.

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Gli alberi e il metabolismo urbano

Il “metabolismo urbano” è lo studio di materiali e flussi di energia derivanti dalle attività socio-economiche urbane e dai processi biogeochimici regionali e globali. La caratterizzazione di questi flussi e delle relazioni tra attività di origine antropica, dei processi e dei cicli naturali, definisce il comportamento della produzione e del consumo urbano. Il “metabolismo urbano” è, quindi, un settore di ricerca fortemente multidisciplinare il cui scopo preminente è quello di fornire importanti informazioni sul comportamento delle città al fine di avanzare proposte efficaci per un futuro più umano ed ecologicamente responsabile (http://www.urbanmetabolism.org/, accesso dicembre 2015).

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Cooperative e sindacati: la lezione del mercato

Lo scontro fra i sindacati e le cooperative induce ad una riflessione non episodica né di colore su uno degli eterni conflitti dell’economia. Lo spunto è la violenta polemica fra il vertice della CGIL e quello della Coop in occasione dello sciopero dei lavoratori del commercio indetto per l’ultimo sabato prenatalizio, presumibilmente il giorno di maggior volume di vendite di ogni anno, e, in particolare, del gracile 2015. Lo scontro ha coinvolto forze sociali politicamente vicine, ma inevitabilmente divise dal rispettivo ruolo e nasce da una visione stereotipata e rigida dell’economia. Lo hanno compreso i consumatori, più disturbati che solidali con una battaglia di cui non comprendono l’ opportunità, e anche i lavoratori che hanno risposto in pochi alla chiamata. Il vertice sindacale ha dimostrato di non conoscere la cooperazione ed ha mosso alla Coop l’accusa di puntare al profitto. In termini politici un vero schiaffo, in realtà una manifestazione di ridotta conoscenza della logica cooperativa. La cooperativa è una specie di ircocervo: per un aspetto è impresa fra le imprese, per l’altro non punta al profitto in sé, ma alla massima remunerazione dell’apporto dei soci. Quello che nelle imprese ordinarie è profitto in una cooperativa si traduce nel pagamento di un prezzo per i prodotti conferiti e i servizi offerti dai soci superiore a quello di mercato, proprio perché i margini positivi vengono rigirati ad essi, reinvestiti nella crescita dell’impresa comune, destinati al rafforzamento del sistema cooperativo. Nel caso della cooperazione di consumo o di acquisto di beni strumentali lo stesso concetto si traduce in costi teoricamente minori di quelli di mercato per il socio. E qui emerge un primo conflitto fra l’interesse dell’impresa cooperativa e quello individuale del socio che è contemporaneamente coimprenditore.

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Come valutare la qualità di un frantoio

Mi piacerebbe organizzare una giornata di formazione per i frantoiani che volessero conoscere il nostro approccio alla valutazione e che volessero verificare e tenere sotto controllo non solo i fattori che determinano la qualità del prodotto, ma anche quelli – decisivi sul piano economico – che determinano le rese del processo. 
Se ce ne sono di interessati, li prego di scrivermi un messaggio all'indirizzo: claudio.peri@fastwebnet.it 

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Conservazione degli alimenti in atmosfera modificata: alcuni spunti di riflessione

La crescente domanda mondiale di alimenti ha posto in evidenza la necessità sia di ridurre lo spreco di alimenti nella fase di distribuzione e di consumo (nei paesi ad economia avanzata si stima che circa il 30% degli alimenti si perda in questa fase) sia di migliorare le tecniche di conservazione atte a preservare le caratteristiche nutrizionali degli alimenti. Queste esigenze, insieme ai cambiamenti di stili di vita e dei modelli di consumo hanno promosso lo sviluppo di specifiche tecnologie di conservazione tra cui l’imballaggio dei prodotti alimentari in atmosfera modificata o protettiva (MAP).

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Luci e ombre del capitalismo odierno

I politici europei si affannano a disquisire attorno al problema costituito dall’arrivo di tanti rifugiati provenienti dal Medio Oriente e dall’Africa, chi schierandosi dalla parte dei sostenitori della necessità di cacciare tutti, o quasi, in malo modo, chi, mostrando maggiore spirito caritatevole, parteggiando per l’accoglienza anche se con qualche non chiaro distinguo ma, soprattutto, con poche idee, e confuse sul come farlo.
Infatti, le idee che sembrano predominare (distinguere fra rifugiati politici e migranti economici) non saranno, anche se applicate, in grado di evitare quanto sta accadendo stante il fatto, ad esempio, che questi migranti non possiedono, normalmente, documenti, o li hanno falsi, e non è facile sapere da dove vengono, e perché. A dire il vero, l’emigrazione riguarda tutto io pianeta, perché anche fuori Europa esistono esodi analoghi, come dal Messico negli USA, in Sudafrica dai paesi confinanti e dalla Nigeria, dalla Cina in Russia con il traghettamento dell’Ussuri; inoltre, ancora dalla Cina, in direzione di ogni continente, ma in quest’ultimo caso in modo soft e poco appariscente, e il termine esodo non sembra adatto a descrivere questi arrivi “striscianti”.

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Buon Natale, con l'albero vero

Per tutti noi il Natale significa dare e ricevere. In questa visione, talvolta stucchevole, non contempliamo certo gli alberi, i maggiori “benefattori” di tutti.
Infatti, pur se sembra abbastanza ovvio che la gente ami gli alberi, la domanda è: ma siamo sicuri che sia proprio così? Se si parla di questo a persone che frequentano congressi e conferenze relativi alla arboricoltura e selvicoltura urbana o alle persone comuni che si prendono cura dei loro giardini o vogliono godere dei benefici degli spazi verdi urbani, sembra che tutti amino gli alberi. Ma vi siete mai chiesti se ci sono persone che odiano gli alberi? Credetemi, ce ne sono molte di più di quelle che possiamo pensare. La gente “odia” gli alberi per motivi diversi, tutti facilmente confutabili, ma sta a noi convincere coloro che vorrebbero una città fatta solo di cemento o parchi coperti di asfalto, informandoli dei reali benefici, soprattutto quelli meno facilmente intuibili, degli alberi e delle soluzioni tecniche e pratiche ai problemi che gli alberi possono talvolta causare.
Traggo spunto da questo per far conoscere meglio, in questa mia breve riflessione, i benefici dei cosiddetti “alberi di Natale reali o veri”.
Per la maggior parte delle famiglie, non vi è alcun dubbio sul fatto che preferiscono avere un albero di Natale “vero” nella loro casa. Ma potrebbero chiedersi “posso danneggiare l'ambiente se acquisto un albero di Natale?"
Su questo il dibattito è stato anche acceso negli ultimi anni, con una contrapposizione fra coloro che sostengono che è meglio scegliere un albero sintetico e coloro che, all’opposto,  privilegiano, senza alcun dubbio, l’albero vero.

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Innovazioni nel vivaismo viticolo

Il convegno su “Innovazioni nel vivaismo viticolo”, organizzato dalla Sezione Sud-Ovest dell’Accademia dei Georgofili in collaborazione con l’Accademia Italiana della Vite e del Vino si è svolto il 9 dicembre 2015 ed ha visto la partecipazione di ricercatori, studenti e di operatori del settore. 

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Disuguaglianze sociali

Nella storia dell'umanità, sono esistite molte forme di convivenza tra ricchi e poveri, nonché vari tentativi di realizzare uguaglianze sociali. La grande Rivoluzione Francese ha lasciato alle nuove generazioni i problemi irrisolti, insieme al grande motto "Libertà, uguaglianza, fraternità". La cruenta Rivoluzione Russa è riuscita a creare un'uguaglianza ai livelli più bassi; ma, cadendo il regime, da un popolo di soli poveri sono presto emersi altri "nuovi ricchi". Anche la dura Rivoluzione comunista cinese, pur mantenendo una rigida dittatura incivile, ha finito per adottare modelli economici del capitalismo occidentale; una parte dei cittadini possiede oggi titoli in borsa e annovera alcuni tra i più ricchi capitalisti del mondo. Le disuguaglianze sociali possono manifestarsi in modi diversi e dipendere da vari fattori. Non si può quindi continuare a cercare di superarle seguendo ideologie radicali già ripetutamente fallite. Nella nostra attuale realtà, profondamente cambiata negli ultimi 50 anni, le classi sociali si sono evolute e in gran parte mescolate. Nella scala sociale si sono realizzate crescenti mobilità, verso l'alto o il basso, che potrebbero essere incrementate valorizzando solo il merito.

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L’agricoltura italiana durante la Grande Guerra

L’Italia agricola occupava alle soglie della Grande Guerra poco meno della metà degli italiani (ambo i sessi, superiori ai 13 anni di età), e fu coinvolta nella sua interezza nel conflitto: il richiamo degli uomini al fronte, che lasciarono i campi a donne e anziani; la necessità di rispondere alle esigenze di approvvigionamento alimentare delle truppe, ma anche dell’intera popolazione; il rifornimento di legname da ardere e soprattutto da costruzione che il fronte richiedeva costantemente.
Circa il 46% dei richiamati alle armi provenivano dalle campagne (2,6 milioni) e rappresentavano più della metà dei contadini in età adulta. Oltre alla diminuzione di manodopera i danni per l’agricoltura derivarono anche dall’incetta del bestiame (2,5 milioni di capi) e dalla diminuzione dei concimi chimici, al tempo ancora ampiamente importati soprattutto dalla Germania (scorie Thomas).

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“Solo slogan, non si è discusso del problema vero, i trasporti”

L’aumento della temperatura mantenuto entro 1,5 gradi centigradi. Questo il cuore dell’accordo raggiunto dalla ventunesima conferenza sul clima delle Nazioni Unite.

Giampiero Maracchi, da climatologo, ritiene raggiungibile il tetto fissato?
“In termini tecnici è un limite ragionevole ma, se si prosegue sulla strada adottata finora, non sarà possibile raggiungerlo. Quella di Parigi è stata una kermesse di slogan e il risultato è un documento uguale ai 20 precedenti. Il 40% delle emissioni responsabili dell’effetto serra dipende dai trasporti, che sono legati alla globalizzazione. Di questo però non si è discusso. Si fa solo riferimento al concetto di sviluppo sostenibile, che non viene mai approfondito”.

Quale dovrebbe essere, allora, la strategia da adottare?
“La soluzione al problema deve essere ricercata nel contesto di un mondo in crisi profonda, anche economica e politica. A Parigi si sono incontrati i Capi di Stato, sarebbe stato più utile se lo avessero fatto i presidenti delle multinazionali. Esclusa l’Italia, dove è rimasto pressoché costante, dal 1980 al 2015 il consumo del petrolio nel mondo è raddoppiato e dove aumenta il consumo aumentano le emissioni. E’ grave il vuoto della politica. A governare il mondo è l’economia”.

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Interrogare il territorio

Vita sine literis mors est, et hominis vivi sepoltura.
                                                
Siamo quasi riusciti a distruggere una delle discipline più affascinanti e utili per il nostro sviluppo sociale : l'urbanistica. Da tempo, su questa materia c'è un silenzio assordante. Prima aggredita dalla “pianificazione territoriale” (dimostratasi velleitaria e difficilmente applicabile) ha finito per perdere quella funzione di raccordo con la programmazione economica del territorio, ma anche con le discipline tradizionalmente amiche, nell'analisi e nel progetto. Da troppo tempo non si effettuano più studi e analisi sistematiche per conoscere i mutamenti e le propensioni dell'attività produttiva, del suolo, della mobilità, dei rapporti residenza-lavoro, della vita di relazione. Quanto furono fecondi di studi i decenni passati, quanto sono stati aridi gli ultimi. Come si può governare la polis senza conoscerla? C'è un impoverimento della cultura politica che non riesce più a “interrogare il territorio”. L'emergenza è diventata prassi. Non si è più capaci di immaginare l'armonia di un territorio, urbano o rurale che sia; e le continue “varianti” agli strumenti di previsione urbanistica strutturale spingono solo ad inseguire le proposte degli investitori. Avevamo immaginato una nuova e più civile stagione ove i “parchi fluviali”, i “parchi urbani” e i “pocket-park” avrebbero finalmente dato nuova ossigenazione alla nostra vita; c'eravamo persino illusi che quell'urbs perfecta cantata da Leonardo Bruni ai primi del Quattrocento, sarebbe tornata ad essere un modello da poter rivivere, ma così non è stato. Nè si parli superficialmente di neo-romanticismo. Senza un ritorno ad una visione urbanistica armonica non basterà certo fermare di due gradi centigradi la temperatura del globo per salvarci. La “salvazione” si guadagna con lo studio, con l'analisi e con la conseguente traduzione qualificata della sintesi. E proprio dai Georgofili può forse ancora passare questo messaggio. 

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"Il riscaldamento non è un'opinione. Serve buonsenso"

«Il cambiamento climatico si misura. Più scientifico di così. Il contenuto di calore degli oceani dagli anni ‘70 a oggi è aumentato di 5-6 volte e questo è stato misurato via satellite, non è un'opinione», spiega Giampiero Maracchi, climatologo dell'università di Firenze e fondatore dell'Istituto di biometeorologia del Cnr.

Quali certezze abbiamo quando parliamo di clima?
«È in corso un cambiamento climatico, questo è inequivocabile. Sappiamo quanti gas a effetto serra emettiamo perché sappiamo quanto petrolio bruciamo. E conosciamo bene l'effetto di questi gas nell'atmosfera. Più incerti sono i modelli di previsione del futuro».

Fasi di riscaldamento ci sono state anche in passato.
«Ma hanno impiegato milioni di anni. Questa volta tutto è avvenuto nel giro di cento anni ».

La colpa è sicuramente dell'uomo?
«Al 95 per cento. Dovrebbe bastare a preoccuparci, se siamo dotati di buon senso».

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