Notiziario













Salse e orticoltura

Le salse da condimento sono antichissime e basta ricordare che una di queste caratterizza la cucina romana antica: il garum. Le salse sono una parte importante di ogni cucina tradizionale e al tempo stesso valorizzano molti prodotti orticoli, dal pomodoro al peperoncino e al prezzemolo, senza dimenticare il sedano e tanti altri erbaggi che devono la loro fortuna al loro uso nelle salse, come parti particolari di pesci, dalla salsa tonnata al colato di alici che si richiama al garum romano.
Le salse aggiungono sapore ai piatti e crescente è l’interesse dei consumatori di tutti i continenti per salse tradizionali e soprattutto nuove, con un mercato mondiale odierno di circa venti milioni di dollari, che si ritiene debba superare i 23 milioni nel 2020.

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Illazioni sulla douglasia verde

Il fatto che la douglasia verde nella lunga area delle conifere giganti sia la specie più costante e frequente è di già un chiaro indizio di adattabilità.  Il suo ruolo è quello di una specie pioniera, molto capace di diffondersi in occasione di catastrofi anche a lunghi intervalli, perché è anche una specie molto longeva. La ricchezza genetica è senza dubbio una garanzia per la sopravvivenza della specie.  Lungo il suo areale [che in termini di latitudine va dalla latitudine della Scozia a quella della Calabria] la douglasia verde si è differenziata in più razze geografiche che hanno offerto una utile possibilità di scelta ai fini dell’introduzione in località diverse dell’Europa.

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Piante esotiche e paesaggio: quanto è "naturale" il nostro paesaggio?

Osservando certe zone della Toscana ma anche dell’Italia in generale, siamo abituati a considerare il paesaggio come “naturale”. L’ambiente che ci circonda è oggi caratterizzato da un’elevata biodiversità. Essa non deriva però dalla flora spontanea della nostra penisola, ma dal fatto che nel corso della storia l’uomo abbia introdotto moltissime piante. Queste "piante esotiche" hanno caratterizzato il nostro paesaggio a tal punto da darci l’impressione che ciò che ci circonda sia “naturale”. In realtà il paesaggio è frutto dell’azione dell’uomo, che lo ha modificato nel corso della storia per far fronte alle proprie necessità. Ripercorriamo brevemente le tappe salienti della storia dell’introduzione delle piante esotiche.
Prima dell’avvento dell’agricoltura, nel mondo vegetale si verificavano soltanto migrazioni naturali. Queste erano dovute a cambiamenti del clima o di altri fattori ambientali che spingevano le piante verso altri territori, grazie al trasporto dei semi da parte del vento, dell’acqua o degli animali. L’uomo dedicava tutto il tempo disponibile alla caccia e alla raccolta, non avendo risorse da dedicare ad altre attività.
Alla fine del Neolitico l’uomo inizia a selezionare, coltivare, trasportare e vendere le piante per soddisfare le proprie necessità alimentari o commerciali. Sarà grazie all'introduzione di piante provenienti da altri paesi che l’uomo plasmerà il paesaggio in cui viviamo. La domesticazione di piante e animali nelle prime civiltà sedentarie dà inizio a un processo di modificazione dell’ambiente naturale che è proseguito fino a oggi.
La nascita dell’agricoltura rappresenta dunque il primo grande fattore di cambiamento della distribuzione naturale della vegetazione. Si inizia così a parlare di “piante esotiche”, ovvero di piante originarie di una diversa zona geografica, che vengono introdotte dall'uomo per soddisfare i propri bisogni. E. Hyams intitolò infatti il suo volume sulla storia della domesticazione: “E l’uomo creò le sue piante e i suoi animali”, alludendo all'enorme cambiamento che l’agricoltura e l’allevamento apportarono alla flora e alla fauna autoctone.
Già in epoca romana erano state introdotte numerose piante dal Medio Oriente per scopi produttivi ma anche ornamentali, come il platano, l’oleandro e il pino domestico. Plinio, assai critico nei confronti dei costumi dei suoi contemporanei, deprecava l'ostentazione di piante esotiche nei giardini:
“Ma chi non avrebbe ragione di stupirsi che un albero sia stato importato da un paese diverso solo per la sua ombra? E’ il platano…”

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Il senso della carne

La prospettiva scientifica e gli sforzi dei ricercatori e di tutti gli attori del sistema agroalimentare sono oggi sempre più tesi a realizzare e garantire “innovazioni” del e nel prodotto mirate al miglioramento della qualità degli alimenti, della sostenibilità ambientale, del risparmio energetico: dal punto di vista di chi si occupa di Cultural studies suona come un’esortazione atta a realizzare strategie (tecniche e produttive) che siano in linea con gli stili di vita e di salute oggi richiesti.
E’ un cambiamento di senso impegnativo e insieme inderogabile che investe, nel caso specifico, la sfera culturale dell’iter vitale (naturale) della carne bovina lungo l’intera filiera: senso ormai da tempo non più riconducibile a simboli tradizionali dei secoli passati. Ma evidentemente un qualche recupero del passato pare urgere alle porte di consumatori e di attori del sistema come tentativo di ripristino, in forme nuove, dell’archetipo ottocentesco dell’«amato» e «pio bove» che solenne guarda «i campi liberi e fecondi», il cui mugghìo «nel seren aer si perde» e nel cui «occhio glauco» si rispecchia «ampio e quieto/ il divino del pian silenzio verde» di carducciana memoria. Una nuova sensibilità si va affermando anche per scongiurare il pericolo che si avveri la “profezia” lanciata da Emilio Salgari nel suo formidabile romanzo di fantascienza Le meraviglie del 2000 del 1907 (riedito da Transeuropa, 2011): «Mio caro signore la popolazione del globo in questi cento anni è enormemente cresciuta e non esistono più praterie per nutrire le grandi mandrie che esistevano ai vostri tempi. Tutti i terreni disponibili sono ora coltivati intensivamente per chiedere al suolo tutto quello che può dare. Se così non si fosse fatto a quest'ora la popolazione del globo sarebbe alle prese colla fame».
La sensibilità ecologica –diffusa nei paesi industrializzati, del benessere e del consumo- seppur animata da pulsioni fondamentaliste spinge verso la richiesta di una analisi integrata fra le discipline tecniche, scientifiche, economiche e quelle definite umanistico-sociali anche per meglio comprendere i comportamenti collettivi.
Infatti ciò che si definisce come prodotto contiene al suo interno una pluralità di realtà dato che il cibo – in questo caso: la carne bovina- come tutti i cibi non è solo mezzo o materia ma è oggetto e valore culturale, simbolo e mito, lavoro, responsabilità, salute; tanto più se la produzione e il consumo di carne bovina investono anche l’altra realtà che è quella della tutela dell’ambiente, della salute della “casa comune” (dall’etimo di “ecologia”: οἶκος "casa" e λόγος "discorso").

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Ortofrutta, il tavolo che non c’è

Di questa incredibile, indecente latitanza non si possono accusare le rappresentanze del mondo produttivo privato e cooperativo. Che avevano messo a punto alcune priorità da portare su questo benedetto Tavolo ortofrutticolo nazionale: dal rilancio dell’export, alla necessità di maggiori controlli sull’import, dal catasto delle superfici frutticole alla trasformazione industriale per indigenti.

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Certificazioni, controlli, etichettatura nel mercato globale

“La Giornata di studio organizzata dall’Accademia ha consentito un efficace confronto sui temi della certificazione dei prodotti agricoli ed alimentari secondo una pluralità di prospettive e di esperienze, che hanno in larga misura confermato l’importanza della certificazione a tutela dei produttori e dei consumatori in un mercato sempre più globalizzato”, ha spiegato il professor Ferdinando Albisinni, ordinario di Diritto Agrario all’Università della Tuscia. 

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Produzione della carne bovina e le sfide del prossimo futuro

C’è una sorta di antinomia di fondo tra il principio generale che sostiene il “benessere animale” e l’idea stessa di macellazione. Pur tuttavia è emersa la necessità di conciliare l’inconciliabile superando, almeno a livello concettuale, due necessità così evidentemente antitetiche. Da un lato il dovere di assicurare ai cittadini dell’Unione europea una alimentazione completa, dall’altro la volontà di rispettare quanti invece la rifiutano in nome di una crescente sensibilità etologica dai caratteri ancora indefiniti e fluttuanti. Inoltre, un certo tipo di macellazione, evidentemente anch’essa indispensabile a garantire la sicurezza alimentare di alcune fasce di popolazione, è organizzata su un quadro di regole religiose costruite su una base organica di norme che ne definiscono l’esecuzione, consolidandola. Una sfida principalmente culturale nella quale la Commissione europea non ha potuto fare altro che dettare le regole.
Lo scopo di questa relazione è quindi duplice: riunire ed esaminare la legislazione tecnica in materia di protezione degli animali e parallelamente, riportare gli elementi finora emersi dalla ricerca e dal dibattito avviati con il progetto europeo “Dialrel” *. Passando attraverso le fasi e i momenti più significativi dell’evoluzione legislativa, viene fornito all'uditore un quadro generale così articolato da permettere di coglierne i passaggi e le correlazioni con le altre normative e con le conoscenze scientifiche in materia. Sono inoltre analizzati compiti e responsabilità nel nuovo asse di suddivisione che demanda agli operatori del settore l’adozione delle misure di conformità e alle autorità competenti l’applicazione di appropriate tecniche di controllo ufficiale per la valutazione e per la verifica degli standard. L’applicazione delle norme di protezione si pone in un ciclo produttivo che deve svolgersi rispettando completamente il medesimo principio di tutela.

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Burro, scusate ci eravamo sbagliati

Due volte nella polvere / due volte sull’altar canta Alessandro Manzoni nell’Ode Cinque Maggio riferendosi a Napoleone Bonaparte, e lo stesso si deve dire del burro, prima osannato, poi maledetto e che ora sta tornando in auge. Un altalenarsi tra buono e cattivo che si collega anche al variare della sua disponibilità. Una storia maledettamente complicata, quella del burro, iniziando dalla sua attuale scarsità e quindi alto prezzo dovuto a molti fattori, tra i quali emergono l’insufficiente produzione italiana di latte e la sua diminuita produzione in Europa, l’ostracismo all’olio di palma prontamente sostituito da burro, ma soprattutto alla progressiva e sempre maggiore richiesta di burro da parte dei cinesi che hanno scoperto i pregi della migliore pasticceria occidentale nella quale il burro è una base insostituibile. Se fino a qualche anno fa il burro era confinato tra i grassi maledetti e bandito dalle tavole, quasi fosse un criminale colpevole dei peggiori omicidi, ora inizia a essere riabilitato e non mancano elogi, confermando il vecchio e saggio detto che quando hai un dubbio su qualche novità, pensa a cosa e come mangiava tua nonna e, se l’hai conosciuta anche la tua bisnonna, e al tempo in cui, per indicare una persona fortunata, si diceva che era nata sul burro (non proprio così, ma il concetto era questo).
Tralasciando l’uso extranutrizionale e cosmetico del burro (come quello dell’Ultimo Tango a Parigi di Bernardo Bertolucci), storico (iniziando dagli asparagi di Giulio Cesare) o ludico (come nella canzone Eri Piccola Così di Fred Buscaglione) di questo alimento si sono dette ogni sorta di mali, senza considerare le quantità, le condizioni d’uso e che in una dieta di 2000 - 2500 Kcalorie, da 600 a 800 di calorie devono derivare da grassi, pari a circa 66 a 90 grammi di grasso. Di fronte a un consumo annuo per italiano di circa ventidue chilogrammi e mezzo di olii commestibili, dei quali dodici d’olio d’oliva, i consumi del burro sono tra i due e i due chilo-grammi e mezzo, pari a 5 – 7 grammi giornalieri che rappresentalo 36 – 50 Kcalorie, un valore molto limitato nell’apporto di grassi in una corretta dieta equilibrata. Inoltre, e come fin dal 2011 segnalato da Natale Giuseppe Frega su “Georgofili INFO” (http://www.georgofili.info/detail.aspx?id=455), il burro ha attività antin-fettive e anticancerogene e contiene elementi importanti per la salute: sfin-gomieline, acido butirrico, tocoferoli, squalene, pigmenti carotenoidi, stero-li, vitamina A e soprattutto l’acido linoleico coniugato (c18:3, CLA). Quest’ultimo ha attività anticancerogena e agisce nel controllo della arteriosclerosi, diabete, obesità, svolgendo un’azione anticolesterolemica e di protezione dalle coronaropatie, con effetti positivi sulla formazione ossea e, come antinfiammatorio, in patologie come l’artrite reumatoide.

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Giornata di studio in memoria di Pierlorenzo Secchiari sulle recenti acquisizioni delle scienze animali

A seguito della recente scomparsa del prof Pierlorenzo Secchiari, ordinario di Zootecnica generale presso l’Università di Pisa, l’Associazione per la Scienza e le Produzioni Animali (ASPA), insieme all’Accademia dei Georgofili, ha organizzato un convegno sul tema della qualità dei prodotti di origine animale, un argomento di ricerca sul quale il prof Secchiari ha dedicato buona parte della sua lunga e proficua carriera.

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Le carni suine in Sicilia: percorsi di tradizione e innovazione

Oggi la filiera delle carni suine, dai campi alla tavola, è rappresentata con evidenze scientifiche che coinvolgono sia la produzione e la selezione degli alimenti per gli animali, sia la fase di allevamento, con spunti differenziali tra il Suino bianco e il Suino nero che sono espressione di biodiversità e tipicità di un territorio.

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Sostenibilità ambientale nella produzione di carne bovina*

Negli ultimi anni è aumentata l’attenzione della opinione pubblica nei confronti dell'impatto che le pratiche agricole e zootecniche hanno nei confronti dell’ambiente e il consumatore è sempre più sensibile nei confronti della sostenibilità ambientale di queste pratiche. Numerosi studi condotti in contesti diversi testimoniano come la produzione di carne bovina contribuisce al rilascio di inquinanti nell'ambiente e al consumo di risorse naturali tale da risultare, tra i prodotti di origine animale, quella con l'impronta di carbonio e idrica più alta. Al tempo stesso l'incremento della popolazione mondiale sta aumentando la domanda di proteina di origine animale sui mercati internazionali, pertanto cresce la necessità di produrre i prodotti di origine animale in un modo più sostenibile.
L'impatto ambientale più dibattuto per la produzione di carne bovina riguarda le emissioni in atmosfera di gas ad effetto serra come il metano (CH4), il protossido di azoto (N2O) e l'anidride carbonica (CO2). Il consumo idrico e il cambiamento di uso del suolo da forestale ad agricolo (deforestazione) rappresentano impatti sulle risorse naturali imputabili alla produzione di carne bovina.  
Il crescente interesse verso le problematiche ambientali dei prodotti agro-zootecnici ha determinato lo sviluppo di metodologie analitiche come l’analisi del ciclo di vita (LCA) che consente la valutazione ambientale dell'intero ciclo di vita.
La ricerca ha consentito di individuare diverse soluzioni che possono contribuire a ridurre le emissioni sia per le attività di allevamento che per quelle agricole associate.

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Campi maledetti, lombrichi e lupi

Oggi sono maledetti o ritenuti tali i campi profughi e alcuni campi di calcio e tennis, ma al tempo delle società pastorali erano quei terreni di pascolo dove il bestiame contraeva una malattia mortale anche per l’uomo, il carbonchio ematico, così denominato per il sangue nero e le pustole nere degli ammalati e dei morti, ora noto con il termine anglofono di antrace, e cioè nero. Una malattia che nell’attuale società tecnologica di tanto in tanto torna alla ribalta come rischio di guerra batteriologica, come conseguenza del riscaldamento planetario o di un ritorno a sistemi d’allevamento pastorali.
Dalla fine del milleottocento fino a metà del millenovecento il carbonchio ematico è la malattia che occupa le pagine d’inizio nei trattati di malattie infettive, per il fatto che é la prima malattia batterica studiata scientificamente da Robert Kock, che nel 1877 ne isola l’agente causale il Bacillus antracis, e da Louis Pasteur che nel 1881 dimostra la grande efficacia di un vaccino da lui preparato. Quest’ultimo scienziato studia anche la diffu-sione e il mantenimento dell’infezione nei pascoli, mettendo in luce il ruolo delle spore del bacillo e il ruolo dei lombrichi che portano in superficie le spore presenti nei cadaveri di animali morti e sepolti a poca profondità, dando un significato concreto alla fama di campi maledetti che i pastori davano ai territori dove il bestiame si ammalava.
Inutili storie antiche? Forse no, perché chi scrive queste brevi note, in tempi vicini e tra il 1950 e il 1970, nelle Marche e nell’Emilia Romagna ha vissuto episodi di carbonchio ematico e di campi maledetti. Oggi in Siberia e con lo scioglimento del permafrost provocato dal riscaldamento del pianeta, le spore scongelate del carbonchio ematico dopo settanta anni dall’ultima epizoozia hanno provocato la ricomparsa della malattia nelle renne, dimostrando ancora una volta la loro sopravvivenza infettante per lunghissimi tempi. In modo analogo si deve temere la ricomparsa di questa malattia quando, in allevamenti biologici, si ricomincia a inviare gli animali al pascolo in quelli che erano campi maledetti, dove erano stati abbandonati e più o meno malamente seppellite carcasse di animali infetti, e dove in as-senza di concimazioni chimiche ricominciano a pullulare i lombrichi, che sono capaci di portare in superficie le spore di carbonchi ematico da strati di terra non molto profonda. Da qui la necessità, già indicata da Louis Pa-steur, di sotterrare gli animali morti profondamente, oltre un metro e mezzo.
Recentissima (agosto 2017) é la notizia di un focolaio di malattia in un allevamento al pascolo nel comune di Grottaferrata (Roma) che certa-mente pascolavano in un “campo maledetto” dal quale sono stati allontana-ti.
Il carbonchio ematico o antrace è una malattia altamente mortale non solo degli animali erbivori, ma anche dell’uomo, nel quale è molto perico-losa la forma polmonare causata dalla inalazione delle spore, come avveni-va in chi tosava le pecore ammalate e anche morte (malattia dei tosatori) e raccoglieva e lavorava gli stracci di lana (malattia dei cenciaioli), condizioni che oggi possono ritornare con importazioni di questi materiali da paesi infetti.

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L’acquacoltura in Sicilia

A livello mondiale, l’acquacoltura fornisce quasi la metà dei pesci, dei crostacei e molluschi destinati al consumo umano (46%) e previsioni della FAO indicano che questa attività consentirà di colmare il crescente divario tra l’offerta del settore pesca e la domanda mondiale di pesce, assicurando più del 50% del fabbisogno mondiale.

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Il tabacco in tavola

Il tabacco, estromesso come fumo dalle sale dei ristoranti, sta rientrando sulle tavole per aromatizzare nuovi piatti, recuperando anche passate tradizioni.

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Il progetto “Kilometro verde” per rendere l’aria più pulita e il paesaggio più bello lungo l’autostrada

L’intervento riguarda una fascia di 11 km posta lungo l’A1 a Parma e dove si affacciano aziende di importanza nazionale, Il masterplan, finanziato da DAVINES spa, una delle aziende coinvolte, ha come obiettivo la valorizzazione paesaggistico-ambientale di questo tratto dell'autostrada A1che presenta delle criticità paesaggistiche ed ecologiche evidenti. Oltre al contributo in termini di mitigazione dell'inquinamento, aumento della biodiversità e maggiore resilienza della cintura periurbana di Parma, l'obiettivo del masterplan del Kilometro Verde è tracciare un segno paesaggistico forte, capace di dare una nuova identità a un paesaggio altamente frammentato. Il masterplan del Kilometro Verde affronta infatti alcune tematiche fondamentali: la beautification e la mitigazione dell'autostrada A1, attraverso la creazione di una fascia verde con alberi, arbusti e prati capace di limitare l'impatto dei gas di scarico prodotto dall'autostrada e allo stesso tempo in grado di creare un landmark territoriale ben riconoscibile. Il ruolo del KM verde sarebbe anche rilevante in termini di corridoio ecologico in quanto permetterebbe la ricucitura degli ecosistemi locali collegandoli tra loro e con il reticolo ecologico ed idrografico esistente. Inoltre, vista la presenza di numerose e importanti aziende italiane nella zona, il masterplan propone poi la valorizzazione delle sedi aziendali con la progettazione di un grande business park. Dal punto di vista scientifico, il progetto comprende infine la programmazione di una campagna di monitoraggio e validazione per misurare in sito, ex post, i reali effetti benefici del verde sui vari fattori citati, a cominciare dalla rimozione degli inquinanti.
L’auspicio è che questo progetto costituisca il primo esempio per interventi analoghi e che possa anche fare da monito per la progettazione integrata delle infrastrutture per evitare di intervenire successivamente con maggiore difficoltà ed impegno di risorse.

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Libri di testo nella formazione agraria universitaria, se ne parla ai Georgofili

Giovedì 23 novembre alle ore 10, nella sede dell’Accademia dei Georgofili, si svolgerà una tavola rotonda sul tema: I libri di testo nella formazione agraria universitaria.
C’è stato un tempo in cui i migliori professori universitari scrivevano il proprio libro sulla materia di cui erano maestri. Era una sfida con se stessi e con la capacità di sintetizzare il bagaglio di nozioni, spiegazioni, esempi e illustrazioni che l’opera richiedeva. Oggi ai professori universitari si chiede tutto, ma non di scrivere libri di testo: stranamente questo è diventato un lusso.
Non è dunque sorprendente che, negli ultimi tempi, la pubblicazione di un nuovo libro di testo per l’Università sia diventato, per quasi tutte le discipline, un evento assai poco frequente; questo nonostante la riforma degli ordinamenti didattici, con il passaggio allo schema articolato nella sequenza laurea triennale – laurea magistrale, abbia richiesto una profonda rilettura della modalità di trasmissione delle conoscenze – sia in termini quantitativi, sia in termini qualitativi – e dei relativi materiali a uso degli studenti.
Tali considerazioni si incrociano in un contesto storico caratterizzato, grazie alla pervasività delle tecnologie digitali e telematiche, da una estrema facilità di accesso alla conoscenza che rende peraltro evidente, forse ancora più che in passato, l’utilità di dispositivi che la organizzino in modo guidato, per evitare la cosiddetta “disinformazione da eccesso di informazione”.
La scrittura dei libri di testo è inoltre una formidabile opportunità di riflessione sul significato ontologico delle discipline, per ridefinirne principi, obiettivi e strumenti e uniformarne concetti, approcci e terminologie. In questo, le Società Scientifiche possono svolgere un prezioso ruolo di animazione e di coordinamento.
Intorno a questi temi dibatteranno esponenti di discipline che hanno recentemente affrontato questa sfida, rappresentanti del mondo editoriale, degli studenti e del sistema di valutazione nazionale.

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Certificazione e controlli nel mercato globale, giornata di studio all'Accademia dei Georgofili il 28 novembre

Martedì 28 novembre 2017, dalle ore 9.30 alle 17.30, si svolgerà all'Accademia dei Georgofili una giornata di studio su: "Certificazione e controlli nel mercato globale: costo od opportunità per le imprese agricole e alimentari?", organizzata dall’Accademia in collaborazione con l’Associazione Italiana di Diritto Alimentare (AIDA).
La giornata di studio è valida per i CREDITI FORMATIVI dell'Ordine degli Avvocati di Firenze e del CONAF.

Il mercato dei prodotti agroalimentari è sempre più un mercato globale e transnazionale, nel quale operano – accanto alle tradizionali fonti ed istituzioni di matrice statale o comunque pubblica – fonti private, autorità regolatrici, norme tecniche, regole applicative, standard di origine privatistica, ma di assai incerta collocazione nella dicotomia pubblico-privato, cogente-volontario, che ha guidato a lungo gli ordinamenti nazionali, con una geometria limpida e rassicurante, ma ormai perduta. Ai controlli ufficiali, affidati a soggetti pubblici ed articolati secondo i modelli propri del procedimento amministrativo, si sono affiancati in misura crescente certificazioni affidate a soggetti privati operanti secondo logiche di mercato e di concorrenza. In particolare, per quanto attiene alle certificazioni di qualità, siano esse quelle normativamente definite (DOP, IGP, e STG per prodotti alimentari, DOP e IGP per vini e prodotti alcolici, prodotti biologici, prodotti da agricoltura integrata, altri prodotti di qualità come identificati dal Regolamento UE n. 1151/2012) o quelle volontarie, il modello uniformemente adottato in Europa è quello della certificazione a titolo oneroso ad opera di organismi previamente iscritti in Registri nazionali, soggetti al controllo di un’Autorità pubblica. A far tempo dal Regolamento CE n. 765 del 2008, l’accreditamento degli organismi di certificazione in ciascuno degli Stati membri è affidato ad un “unico organismo autorizzato da tale Stato a svolgere attività di accreditamento” (per l’Italia: Accredia), e la vigilanza sulla loro attività è affidata all’ICRF del Mipaaf. Ne risulta un sistema complesso, che comporta per le imprese agricole ed alimentari rilevanti oneri organizzativi oltre che economici, ma che nel medesimo tempo consente ai produttori, anche di piccole dimensioni, di presentarsi sui mercati, domestico e globale, offrendo ai consumatori la garanzia di prodotti conformi agli standard di qualità dichiarati.

La Giornata di studio si propone come occasione di confronto su questi temi secondo una pluralità di prospettive e di esperienze, ed intende esaminare criticità e punti di forza del sistema di certificazione dei prodotti agroalimentari quale concretamente realizzato nel nostro Paese, così da poter formulare proposte condivise per le sfide che la globalizzazione dei mercati pone ai produttori.

PROGRAMMA (PDF)

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