“Non c’è più la carne di una volta” è un’affermazione che spesso si
sente dire nelle discussioni che si fanno a tavola, con toni che per lo
più sottolineano qualità negative e soprattutto la durezza delle carni
che al tempo stesso si vogliono magre e tenere. Un’accoppiata possibile?
Non si dimentichi che nel passato il biblico profeta Isaia (740 a. C.
circa) dice “Il Signore degli eserciti preparerà per tutti i popoli, su
questo monte, un convito di carni grasse, un convito di vini forti, di
carni succulente, di vini raffinati” e che gli antichi romani hanno il
proverbio
Tria mala macra / Ansere, mulier capra (Tre magrezze
sono cattive, dell’oca, della donna e della capra, e sempre si tratta di
carne, da mangiare negli animali e metaforica nella donna).
Nelle
discussioni sulla carne non di rado si scorda che la qualità deriva dai
metodi di produzione che partendo dall’allevamento degli animali arriva
al banco della macelleria o del supermercato, ma anche dall’uso che se
ne fa in cucina e soprattutto che il gusto del consumatore cambia nel
tempo e se nel passato la carne doveva essere grassa mentre oggi si
richiedono carni magre. In modo analogo spesso non si pensa che la
qualità della carne è la risultanza di molti elementi e che in ogni
specie la genetica interviene nella costituzione muscolare ed in
particolare nel rapporto tra fibre chiare e scure, quantità e qualità
connettivo, grasso intramuscolare nella sua quantità e qualità.
Altrettanto importanti per la qualità della carne sono il sistema
d’allevamento degli animali (brado, semibrado e stabulato), i modelli
alimentari seguiti (tipo e qualità dei foraggi, loro integrazioni ecc.),
l’età e peso di macellazione (carni giovani o mature), la durata del
trasporto e le modalità di abbattimento degli animali. Per molti aspetti
determinanti sono il sistema e la durata di
frollatura della
carne e i tipi di cottura (temperatura, tempi ecc.), tutti elementi che
si riflettono sulla tenerezza della carne, la qualità più ricercata dal
consumatore.
Fattori di tenerezza della carne sono la tipologia fibre
muscolari, il connettivo (genetica - età), il grasso (genetica - età -
alimentazione), il glicogeno (benessere), il corredo enzimatico
(genetica - utilizzazione), l’intervento di ioni calcio e la pressione
osmotica, i processi ossidativi, il corredo enzimatico muscolare in
catepsine, calpaine, proteasoma ed altre endopeptidasi. Determinanti per
la tenerezza della carne sono il grasso intramuscolare e il contenuto
di collagene. Quest’ultimo costituisce la parte meno solubile e la sua
quantità e resistenza alla cottura aumentano con l’età dell’animale
divenendo maggiori nei soggetti di sesso maschile, fatta eccezione per
gli animali castrati. Il grasso intramuscolare contribuisce alla
tenerezza della carne frammentando la continuità del muscolo e per
questo le carni magre tendono a essere più dure di quelle grasse.
La
tenerezza della carne si stima che per buona parte derivi dalla
frollatura, l'insieme di processi enzimatici e biochimici che si
svolgono nel muscolo dopo la macellazione. In questo processo un
notevole rilievo ha l'acido lattico che si genera dagli zuccheri (in
particolare il glicogeno ed il glucosio) presente nei muscoli. I muscoli
bianchi, più ricchi di zuccheri, hanno una frollatura rapida, mentre i
muscoli rossi, il cui carburante è costituito tendenzialmente da grassi,
hanno bisogno di frollature prolungate. Inoltre gli animali a carni
rosse macellati stressati è facile abbiano esaurito tutto lo zucchero
muscolare e quindi abbiano bisogno di una frollatura molto lunga. Tipico
è il diverso tempo di frollatura di un cinghiale con i muscoli rossi,
abbattuto dopo una più o meno lunga battuta di caccia, in confronto ad
un moderno maiale con i muscoli chiari o chiarissimi. In linea di
massima la frollatura per il suino è di circa cinque giorni, per il
pollo due giorni, per gli ovicaprini otto giorni, per i bovini si varia
dai dieci a trenta giorni, anche se non mancano frollature di più mesi.
Altro
importante elemento di tenerezza della carne è il metodo di cottura
durante la quale, sotto l’azione del calore, le proteine coagulano
perdendo acqua. Per questo le cotture prolungate rendono la carne dura e
secca, anche se si cuoce in acqua come avviene nel lesso. Cuocere la
carne è un’operazione complessa e deve tenere presente diversi fattori,
soprattutto la temperatura e la durata della cottura, che devono essere
precise e da qui la necessità di termometri e contaminuti.
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