Notiziario









Un ignoto artista entomologo del XIV secolo

Già nel XIII secolo rappresentazioni, più o meno realistiche, di animali, insetti compresi, si trovano in libri di medicina, in erbari, in bestiari, e in testi liturgici. Tuttavia, a causa delle sommarie conoscenze sulla morfologia degli insetti, la loro raffigurazione veniva spesso grossolanamente schematizzata. Ai primi decenni del XIV secolo risale un Codice il cui testo è stato attribuito a un nipote di tale Pellegrinus Cocherellus, componente della famiglia genovese Cocharelli, che avrebbe raccolto e riportato gli insegnamenti del suo avo al figlio Giovanni. Le miniature, che impreziosiscono il testo, arbitrariamente attribuite a un fantomatico monaco Cybo, sono state eseguite da un ignoto artista entomologo che ha raffigurato oltre 20 specie di artropodi molto comuni in Nord Italia.

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Siccità e serbatoi artificiali, che fare?

Alla luce di questi impatti devastanti che portano ad azzerare o compromettere le produzioni con danni pesantissimi per l’agricoltura è stata evidenziata con forza la necessità immediata di un piano quadro nazionale finalizzato, sia a recuperare e accumulare l’acqua piovana attraverso la creazione di serbatoi e vasche di espansione e laminazione delle piene, sia a incrementare la capacità di invaso con la realizzazione di piccoli e medi bacini di raccolta, attraverso il censimento e la ricognizione dei numerosi piccoli e medi invasi attualmente esistenti.

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La sfida della carne tenera

“Non c’è più la carne di una volta” è un’affermazione che spesso si sente dire nelle discussioni che si fanno a tavola, con toni che per lo più sottolineano qualità negative e soprattutto la durezza delle carni che al tempo stesso si vogliono magre e tenere. Un’accoppiata possibile? Non si dimentichi che nel passato il biblico profeta Isaia (740 a. C. circa) dice “Il Signore degli eserciti preparerà per tutti i popoli, su questo monte, un convito di carni grasse, un convito di vini forti, di carni succulente, di vini raffinati” e che gli antichi romani hanno il proverbio Tria mala macra / Ansere, mulier capra (Tre magrezze sono cattive, dell’oca, della donna e della capra, e sempre si tratta di carne, da mangiare negli animali e metaforica nella donna).
Nelle discussioni sulla carne non di rado si scorda che la qualità deriva dai metodi di produzione che partendo dall’allevamento degli animali arriva al banco della macelleria o del supermercato, ma anche dall’uso che se ne fa in cucina e soprattutto che il gusto del consumatore cambia nel tempo e se nel passato la carne doveva essere grassa mentre oggi si richiedono carni magre. In modo analogo spesso non si pensa che la qualità della carne è la risultanza di molti elementi e che in ogni specie la genetica interviene nella costituzione muscolare ed in particolare nel rapporto tra fibre chiare e scure, quantità e qualità connettivo, grasso intramuscolare nella sua quantità e qualità. Altrettanto importanti per la qualità della carne sono il sistema d’allevamento degli animali (brado, semibrado e stabulato), i modelli alimentari seguiti (tipo e qualità dei foraggi, loro integrazioni ecc.), l’età e peso di macellazione (carni giovani o mature), la durata del trasporto e le modalità di abbattimento degli animali. Per molti aspetti determinanti sono il sistema e la durata di frollatura della carne e i tipi di cottura (temperatura, tempi ecc.), tutti elementi che si riflettono sulla tenerezza della carne, la qualità più ricercata dal consumatore.
Fattori di tenerezza della carne sono la tipologia fibre muscolari, il connettivo (genetica - età), il grasso (genetica - età - alimentazione), il glicogeno (benessere), il corredo enzimatico (genetica - utilizzazione), l’intervento di ioni calcio e la pressione osmotica, i processi ossidativi, il corredo enzimatico muscolare in catepsine, calpaine, proteasoma ed altre endopeptidasi. Determinanti per la tenerezza della carne sono il grasso intramuscolare e il contenuto di collagene. Quest’ultimo costituisce la parte meno solubile e la sua quantità e resistenza alla cottura aumentano con l’età dell’animale divenendo maggiori nei soggetti di sesso maschile, fatta eccezione per gli animali castrati. Il grasso intramuscolare contribuisce alla tenerezza della carne frammentando la continuità del muscolo e per questo le carni magre tendono a essere più dure di quelle grasse.
La tenerezza della carne si stima che per buona parte derivi dalla frollatura, l'insieme di processi enzimatici e biochimici che si svolgono nel muscolo dopo la macellazione. In questo processo un notevole rilievo ha l'acido lattico che si genera dagli zuccheri (in particolare il glicogeno ed il glucosio) presente nei muscoli. I muscoli bianchi, più ricchi di zuccheri, hanno una frollatura rapida, mentre i muscoli rossi, il cui carburante è costituito tendenzialmente da grassi, hanno bisogno di frollature prolungate. Inoltre gli animali a carni rosse macellati stressati è facile abbiano esaurito tutto lo zucchero muscolare e quindi abbiano bisogno di una frollatura molto lunga. Tipico è il diverso tempo di frollatura di un cinghiale con i muscoli rossi, abbattuto dopo una più o meno lunga battuta di caccia, in confronto ad un moderno maiale con i muscoli chiari o chiarissimi. In linea di massima la frollatura per il suino è di circa cinque giorni, per il pollo due giorni, per gli ovicaprini otto giorni, per i bovini si varia dai dieci a trenta giorni, anche se non mancano frollature di più mesi.
Altro importante elemento di tenerezza della carne è il metodo di cottura durante la quale, sotto l’azione del calore, le proteine coagulano perdendo acqua. Per questo le cotture prolungate rendono la carne dura e secca, anche se si cuoce in acqua come avviene nel lesso. Cuocere la carne è un’operazione complessa e deve tenere presente diversi fattori, soprattutto la temperatura e la durata della cottura, che devono essere precise e da qui la necessità di termometri e contaminuti.

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Sarà presentato ai Georgofili il censimento completo delle varietà autoctone di frutta in Italia

Giovedì 15 marzo alle ore 16 nella sede dell’Accademia dei Georgofili, sarà presentata l’opera “ATLANTE DEI FRUTTIFERI AUTOCTONI ITALIANI”, con interventi di Rossano Massai, Claudio Giulivo e Carlo Fideghelli (curatore dell'opera, dedicata ai Professori Scarascia Mugnozza e Scaramuzzi).
Tre volumi, circa 1800 pagine realizzate da oltre 200 autori di tutte le università italiane, da Torino a Palermo: l’opera presenta 13 specie di frutta originaria della penisola italiana: pero e melo (Pomacee), Agrumi, Fico, Frutta secca (castagno, noce, mandorlo, nocciolo, pistacchio), Drupacee (ciliegio, albicocco, pesco e susino). Le varietà descritte sono più di 5000: quelle più diffuse hanno una scheda molto ampia con relative foto, quelle meno diffuse sono descritte più sinteticamente anche se con riferimenti bibliografici precisi, per chi volesse approfondirne la conoscenza.
Il primo volume è dedicato all’analisi attuale delle conoscenze in materia di varietà autoctone grazie all’utilizzo della moderna tecnica del “finger printing” (analisi molecolare).
Nel suo complesso, l’opera è un censimento pressoché completo di tutti i fruttiferi autoctoni e rappresenta un lavoro di notevole rilevanza scientifica.

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Un Testo unico in materia forestale: perché è importante e urgente la sua approvazione

E’ in fase di approvazione da parte del Consiglio dei Ministri il Testo Unico di legge in materia di foreste e filiere forestali. Nei mesi passati l’Accademia dei Georgofili si è impegnata, nella sua tradizionale funzione di alta istituzione scientifica orientata al confronto tecnico e all’elaborazione di buone politiche in campo agricolo-forestale, per discutere, perfezionare e indirizzare i contenuti del Testo Unico. Questo ruolo ha avuto il suo culmine nell’organizzazione del workshop “GESTIRE IL BOSCO: UNA RESPONSABILITA’ SOCIALE” organizzato a Roma il 25 ottobre del 2017 dove il mondo forestale si è confrontato con gli eletti nel Parlamento per discutere i contenuti del Testo Unico.
Dopo un paziente, ampio e trasparente lavoro di mediazione condotto per mesi sulla nuova normativa, in queste ultime settimane, all’approssimarsi della sua definitiva approvazione, sono emerse delle obiezioni estremamente critiche e francamente poco obiettive. In risposta a tali critiche è stato predisposto l’appello che viene pubblicato nel seguito, appello che l’Accademia sostiene sia nello stile della comunicazione, che nei contenuti.

Giampiero Maracchi

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MOTHER REGULATION (MR): regolamento della UE per armonizzare l’omologazione delle macchine agricole

Lo scopo è quello di aumentarne la sicurezza di impiego, a livello europeo, sia per gli operatori, sia per l’ambiente.

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NEMO’S GARDEN: quando l’agricoltura diventa sottomarina

Una serra sottomarina in profondità dove poter coltivare specie vegetali come il basilico: cosa hanno a che fare agricoltura e subacquea? Apparentemente nulla fino a qualche tempo fa. Oggi, grazie al progetto Nemo’s Garden sviluppato da Ocean Reef Group, azienda con base a Genova e una seconda sede in California che produce attrezzature subacquee, è possibile coltivare piante a 8-10 metri sotto il mare.

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“Sguardi sul mondo”, le foto di Sandro Liberatori in mostra ai Georgofili dal 1 marzo

Sarà inaugurata nel pomeriggio di giovedì 1 marzo, nella sede dell’Accademia dei Georgofili, la mostra fotografica “Sguardi sul mondo” di Sandro Liberatori (https://www.sandroliberatori.com/).
Un percorso che ci porta in diverse aree geografiche dove il passato e il futuro si mescolano nel presente. Il tempo ha preso diverse velocità, alcuni paesi sono già nel futuro e diventano un miraggio per gli altri da raggiungere fisicamente o virtualmente generando una corsa infinita.
Il percorso ci mostra le grandi diversità dovute a differenti culture. La mostra ha inizio con immagini di giovani che rappresentano il futuro mentre stanno studiando, tornando da scuola su piccole barche oppure aspettando clienti da portare su una vecchia bicicletta arrugginita. Poi si attraversa il mondo del lavoro in campagna così come nell’industria, delle macchine agricole in questo caso, con condizioni che passano da un lavoro manuale con macchinari obsoleti e soprattutto pericolosi ad un lavoro ormai affidato a robot che presto invaderanno anche l’agricoltura con le note tecnologie dell’agricoltura di precisione.
Infine la rassegna ci porta ai risultati dell’opera dell’uomo che ha da sempre tentato di modellare la natura secondo i propri desideri.
E’ soltanto una questione di tempo; le scelte e diversità di oggi saranno i nuovi equilibri di domani. Per tali ragioni sarà importante che l’uomo sia consapevole di essere il regista dei cambiamenti e che ogni scelta dovrà considerare l’uomo come parte dei sistemi naturali e non come estraneo per generare equilibri sostenibili e durevoli.

La mostra sarà aperta fino al 27 marzo, da lunedì a venerdì, dalle ore 15 alle 18. Ingresso libero.

BROCHURE DELLA MOSTRA (scarica pdf)

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Siccità e serbatoi artificiali, giornata di studio ai Georgofili il 6 marzo

I cambiamenti climatici in atto si manifestano ormai con lunghi periodi di siccità interrotti da forti precipitazioni in brevissimo tempo, le cosiddette bombe d’acqua. Gli effetti sul suolo appaiono devastanti: le conseguenze della siccità sono accentuate dal precario stato di salute del suolo a causa del forte depauperamento di sostanza organica che, oltre ad agire da cementante per le particelle del terreno, ha una forte capacità di trattenere l’acqua. Inoltre, gli eventi con alta intensità di pioggia riducono fortemente l’infiltrazione dell’acqua nel terreno che viene così persa per scorrimento superficiale. L’acqua che ruscella in superficie può essere recuperata convogliandola in serbatoi artificiali. Occorre perciò un piano quadro nazionale per il recupero dei “laghetti collinari”, per la costruzione di invasi artificiali e per la raccolta, in generale, delle acque piovane. Considerando che la corretta gestione del suolo e delle risorse idriche sarà una delle sfide del futuro, è necessario pensare subito ad un piano di infrastrutture distribuite a basso impatto ambientale e integrate nel paesaggio rurale, capace di fronteggiare le emergenze climatiche e sostenere un’agricoltura sempre più soggetta a crisi di vario genere, fra cui anche quella relativa alla siccità.
Con questa Giornata di Studio l’Accademia dei Georgofili intende promuovere un momento di discussione sulle suddette problematiche inerenti i periodi di siccità e la conseguente necessità del recupero dell’acqua quale obiettivo strategico delle attuali e future politiche agricole.
In particolare, è intendimento dell’Accademia evidenziare gli aspetti scientifici attraverso le seguenti relazioni della mattina:
•    Cambiamenti climatici, tra presente e futuro
•    Impatto dei cambiamenti climatici sul suolo
•    Aspetti agronomici
•    Contro la grande sete, accumulare e non sprecare l’acqua
•    Aspetti geologici e ambientali dei laghetti collinari
•    L’innovazione per il recupero, lo stoccaggio e la conservazione delle risorse idriche

Seguirà, nel pomeriggio, una Tavola Rotonda coordinata dal Direttore di AgroNotizie, Ivano Valmori, sugli aspetti tecnici e di programmazione.


PROGRAMMA (pdf)

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La solitudine della specie umana

La nostra specie, come tutte le altre che ci hanno preceduto, in diverso modo è sempre stata a contatto con altre specie vegetali e animali, stabilendo rapporti identitari, come avvenuto nelle società dei cacciatori, degli allevatori e degli agricoltori. La stretta vicinanza fino alla coabitazione tra uomini e animali ha sviluppato una non sempre netta distinzione tra gli animali da reddito che forniscono lavoro, alimenti, materiali per l’abbigliamento e le decorazioni, e gli animali da compagnia o d’affezione.

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Etichetta di origine e protezionismo: intrecci pericolosi

La questione dell’etichetta di origine degli alimenti si mescola pericolosamente di questi tempi con la ripresa delle tentazioni protezionistiche. Da un lato si chiedono dazi e barriere “a protezione della qualità del made in Italy”, dall’altro si osannano acriticamente i provvedimenti governativi con cui i ministri Martina e Calenda introducono l’etichetta di origine obbligatoria.

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Un nuovo strumento per favorire il subentro generazionale in agricoltura

Il passaggio generazionale, è uno dei momenti più delicati e critici nella vita di un’impresa agricola, soprattutto delle imprese di piccole e medie dimensioni e di quelle familiari; la tendenziale inadeguatezza dei dati legislativi di riferimento, può creare una sorta di deriva generazionale, in grado di minare i presupposti stessi della sopravvivenza dell’impresa, e di riverberarsi, attraverso una pericolosa sequenza di effetti negativi, sul più ampio orizzonte del mercato, in termini di perdita di posti di lavoro e di benessere economico. Offrire all’imprenditore la chance di poter garantire, attraverso uno strumentario giuridico costruito ad hoc, la continuazione della sua attività imprenditoriale da parte di determinati soggetti che siano da lui ritenuti i più idonei a tale funzione, si rivela dunque la ricetta vincente per arginare le conseguenze perverse di una cattiva gestione della successione nell’impresa o dell’abbandono della stessa, e al contempo agevolare l’accesso alla sua gestione da parte dei giovani.
In questa direzione si colloca un nuovo strumento negoziale coniato all’art. 1, comma 119, dalla legge dicembre 2017, n. 205  Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020 (in Suppl. ordinario n. 62 alla Gazz. Uff., 29 dicembre 2017, n. 302) sia pure con una formulazione che tecnicamente presenta non pochi difetti sui quali non è questa la sede per soffermarsi: il contratto di affiancamento, mirato a favorire lo sviluppo dell'imprenditoria giovanile in agricoltura e agevolare il passaggio generazionale nella gestione dell'attività d'impresa per il triennio 2018-2020.
Il contratto, da allegare al piano aziendale presentato all'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), può essere stipulato da imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile, di età superiore a sessantacinque anni o pensionati, con giovani di età compresa tra i diciotto e i quarant'anni, anche organizzati in forma associata, che non siano titolari del diritto di proprietà o di diritti reali di godimento su terreni agricoli, e garantisce a questi ultimi accesso prioritario alle agevolazioni previste dal capo III del titolo I del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185 Incentivi all'autoimprenditorialità e all'autoimpiego, in attuazione dell'articolo 45, comma 1, della legge 17 maggio 1999, n. 144. Con la stipulazione del contratto, che non può avere durata superiore a tre anni, l’imprenditore si impegna a trasferire al giovane affiancato le proprie competenze nell'ambito delle attività di cui all'articolo 2135 del codice civile; a sua volta, il giovane imprenditore agricolo si impegna a contribuire direttamente alla gestione, anche manuale, dell'impresa, d'intesa con il titolare, e ad apportare le innovazioni tecniche e gestionali necessarie alla crescita della stessa. Il contratto di affiancamento può prevedere un regime di miglioramenti fondiari anche in deroga alla legislazione vigente, e comporta in ogni caso la ripartizione degli utili di impresa tra il giovane e l'imprenditore agricolo, in percentuali comprese tra il 30 ed il 50 per cento a favore del giovane imprenditore.

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Mais: la scienza assolve gli ogm. Lo spiega uno degli autori* dello studio pubblicato su "Scientific Reports".

Il mais transgenico ha rese superiori rispetto al mais non ingegnerizzato, la granella contiene meno micotossine e fumonisina, non comporta rischi superiori al non transgenico per la salute dell’ambiente. Queste le conclusioni che arrivano da uno studio condotto da ricercatori italiani dell’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant'Anna e dell’Università di Pisa, con il coordinamento di Laura Ercoli, docente di Agronomia e Coltivazioni Erbacee all’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna. Lo studio, pubblicato su “Scientific Reports”, riguarda gli effetti della coltivazione di mais transgenico, prendendo in considerazione 21 anni di coltivazione mondiale, tra il 1996 - anno di inizio della coltivazione del mais transgenico - e il 2016. Non soltanto: per la prima volta lo studio dimostra, dati statistici e matematici alla mano, che il mais transgenico non comporta pericoli per la salute umana, animale e ambientale che siano superiori a quelli del corrispondente mais non transgenico. La storia delle piante transgeniche (si preferisce questo termine all’altro di “piante geneticamente modificate” in quanto quest’ultimo comprenderebbe anche le varietà vegetali migliorate con mutagenesi da raggi X; in effetti numerosi frumenti sono “geneticamente modificati”) nasce nel 1975 ma solo nel 1996 si passò alla coltivazione vera e propria.  Da allora, l’area coltivata si è estesa a 185 milioni di ha e coinvolge circa 15 milioni di agricoltori.
Lo studio raccoglie i risultati di ricerche condotte in pieno campo negli Stati Uniti, in Europa, Sud America, Asia, Africa e Australia, e paragona le varietà transgeniche con le parentali non transgeniche e ha dimostrato, in maniera decisa, che il mais transgenico è notevolmente più produttivo tra il 5,6 e 24,5 %, non ha effetto sugli organismi non-target, tranne la naturale diminuzione del Braconide parasitoide dell’insetto dannoso target Ostrinia nubilalis e contiene concentrazioni minori di micotossine (meno 28,8%) e fumonisine (meno 30,6%) nella granella.

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Il bello delle uova rosse

Nelle uova di gallina, oltre alla taglia o peso, freschezza, tipo di allevamento e alimentazione degli animali (uova biologiche, da galline allevate all’aperto, a terra o in gabbie) i consumatori sono attenti al colore del guscio e del tuorlo.

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Frodi agroalimentari: ruolo delle Istituzioni a difesa del consumatore*

Le frodi agroalimentari rappresentano a livello mondiale un “tarlo” in grado di erodere ogni anno tra il 2 ed il 15% del valore dell’intera produzione del comparto. Considerando i frequenti richiami, i rischi per il consumatore, la reputazione aziendale e tutto quanto ne consegue, il valore mondiale della frode alimentare pesa sulle imprese per circa 1,7 trilioni di dollari.

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Caldo, salute e produttività dei lavoratori agricoli

Il caldo è un problema a scala mondiale. Secondo un recente lavoro pubblicato sulla rivista “Nature Climate Change” (Mora et al., 2017) gli autori hanno stimato che la popolazione attualmente esposta a condizioni particolarmente critiche da caldo, per almeno 20 giorni l’anno, è di circa il 30%. Tale percentuale è purtroppo destinata ad aumentare nel corso di questo secolo anche se le emissioni di gas serra tenderanno a ridursi. Nella migliore delle ipotesi, per la fine del secolo, circa metà della popolazione mondiale sarà esposta a condizioni particolarmente critiche da caldo, con scenari ancor più drammatici se le emissioni continueranno ad aumentare. I lavoratori, per tutta una serie di motivi facilmente intuibili, sono tra i soggetti più vulnerabili al caldo, con effetti diretti sulla salute e conseguentemente sulla loro produttività, quindi con un importante impatto economico. Il settore agricolo, per le esposizioni prolungate all’aperto e l’intensità di lavoro fisico che richiede, è sicuramente uno dei settori lavorativi più sensibili. Nel 2016, in Toscana, gli infortuni in agricoltura sono stati poco oltre il 6% tra tutti gli infortuni sul lavoro (rispetto al 5.6% della media nazionale) con i valori più elevati sulle province di Siena, Arezzo, Grosseto e Firenze, che insieme rappresentano circa il 70% di tutti gli infortuni in agricoltura in Toscana. E’ da considerare, inoltre, che i lavoratori agricoli, per effettuare determinate mansioni, devono indossare specifici indumenti protettivi che, limitandone la dispersione del calore, aggravano ulteriormente lo stress da caldo. Un altro fattore che aumenta la vulnerabilità dei lavorati al caldo è rappresentato dall’età media dei lavoratori, stimata in progressivo aumento nei prossimi anni: per il 2030, in Italia, la forza lavoro con età tra 55 e 64 anni, sarà di circa il 26%, uno dei valori più alti d’Europa. Dalla letteratura scientifica è noto che gli effetti del caldo aumentano proprio all’aumentare dell’età a causa soprattutto della maggior presenza di patologie e del conseguente utilizzo di farmaci, alcuni dei quali interferiscono con il sistema di termoregolazione, rendendo il soggetto ancor più vulnerabile. Se poi consideriamo che, per effetto del cambiamento climatico, il nostro paese è interessato da una maggior frequenza e intensità delle ondate di calore, come dimostrato da un recente studio pubblicato lo scorso anno sulla rivista Atmosphere (Morabito et al., 2017), è facilmente comprensibile come siano indispensabili strategie di adattamento e soluzioni tecnologiche innovative mirate a migliorare la resilienza dei lavoratori agli effetti del caldo.

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Valdarno Superiore e Pratomagno: la quinta tappa del viaggio tra territori e prodotti della Toscana, ai Georgofili il 20 febbraio.

Martedì 20 febbraio 2018 a Firenze, nella sede dell’Accademia dei Georgofili, si svolgerà il quinto degli incontri organizzati insieme ad ANCI Toscana ed Unicoop Firenze per scoprire i territori della Toscana e valorizzarne i prodotti tipici.  Dopo Lunigiana, Garfagnana, Valdarno Inferiore e zone del Pistoiese, sarà la volta del Valdarno Superiore e del Pratomagno.

L’apertura dei lavori è prevista per le 9.30 con gli interventi di Giampiero Maracchi, Presidente dei Georgofili, Vittorio Gabbanini per ANCI Toscana, Sergio Chienni e Salvatore Montanaro, presidenti rispettivamente della Conferenza dei Sindaci del Valdarno aretino e dell’Unione Comuni del Pratomagno.

La prima delle relazioni, sul Valdarno Superiore, sarà svolta da un personaggio televisivo molto conosciuto: Federico Fazzuoli. Il Pratomagno sarà presentato invece da Enzo Brogi, Direttore de “Il Pratomagno”.
Dopo i territori si parlerà dei prodotti con Silvia Scaramuzzi dell’Università di Firenze (La valorizzazione collettiva dei prodotti tipici: opportunità e problematiche) e Manuela Giovannetti del Centro Nutrafood dell’Università di Pisa (Caratterizzazione salutistica dei prodotti tipici per la loro valorizzazione).
Francesco Cipriani dell’Azienda USL Toscana Centro e Fabio Voller dell’ARS (Agenzia Regionale Sanità) illustreranno “Prodotti e ricette nella Piramide Alimentare Toscana”.
Le iniziative di Unicoop Firenze per la valorizzazione dei prodotti toscani saranno infine descritte da Franco Cioni.

Dopo gli interventi programmati seguirà la presentazione dei prodotti tipici del Valdarno Superiore e del Pratomagno, a cura di Gianrico Fabbri di Slow Food.

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Perché io sono un albero

Non potrei essere che un albero. Sta scritto da qualche parte dentro di me, nella mia natura. Non è un caso.

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La simbologia degli insetti nell’arte figurativa

A partire dal ‘400, agli insetti raffigurati nelle opere d’arte, vengono attribuiti significati simbolici, tratti da episodi di fonti storiche, di poemi latini e greci, o della Bibbia. A eccezione di farfalle e api, l’immagine degli insetti era, in genere, negativa.

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Aglio, l’utilità dell’apparentemente inutile

Ubi Roma ibi allium è un antico detto attribuito ai legionari romani che avevano un’alimentazione basata su un chilogrammo e mezzo di pane integrale, un litro di vino e abbondante aglio. Una chiara dieta mediterranea, si direbbe oggi.
Il pane di farina integrale fornisce 3400 chilocalorie con 115 grammi di proteine e 100 grammi di fibra, il vino 1500 calorie più importanti minerali. In una dieta di 5000 chilocalorie necessarie per chi marcia con venti chilogrammi sulle spalle, per venticinque chilometri al giorno che diventano anche quaranta nelle marce forzate, a cosa serve l’aglio? Solo di recente abbiamo conoscenze sufficienti per dare una risposta soddisfacente e riconoscere all’aglio un ruolo di “antibiotico nutrizionale” che giustifica il suo largo uso, soprattutto nelle alimentazioni unilaterali e prevalentemente, se non esclusivamente, vegetariane come quelle dei soldati e anche dei gladiatori romani.
Le attività antibiotiche dell’aglio sembra siano state già notate nel 1858 da Luis Pasteur, ma è nel 1944 che Chester J. Cavallito e John Hays Bailey isolano e studiano l'allicina, un composto solforganico dell’aglio, che rappr-senta il meccanismo di difesa dell'aglio da parassiti e infezioni. Dopo queste ricerche, vi è una consistente bibliografia sulle azioni antibiotiche dell’aglio. Altre componenti dell’aglio con attività antibiotica sono il bisolfuro di allile, l’allipropile allicina e la garlicina. L'allicina possiede un’attività antibiotica con potere inibente su numerosi tipi di batteri, tra i quali anche quelli responsabili del tifo, ed è stata proposta per il trattamento dei ceppi di Staphylococcus aureus meticillino-resistenti (MRSA), perché elevata è la sua attività anti-microbica contro microrganismi resistenti agli antibiotici. L’allicina dimostra attività inibitoria sull’88% dei ceppi batterici a una concentrazione minima inibitoria (CMI) di 16 mg/L e sulla totalità dei ceppi a 32 mg/L. La concentra-zione minima battericida (CMB) é nell'88% dei ceppi alla concentrazione di 128 mg/L, e nella totalità dei ceppi alla concentrazione di 256 mg/L.
L’attività antibiotica dell’aglio si rivela utile durante la prima guerra mondiale, quando i medici delle armate britanniche, francesi e russe, trattano con il succo di aglio le ferite infette. Durante la seconda guerra mondiale, quando inglesi e americani hanno scoperto la penicillina, l’estratto d’aglio è ancora utilizzato dai medici dell’Armata Rossa ed è denominato “penicillina russa”.

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Effetto serra, effetto guerra

Il 1 febbraio scorso si è svolto all’Accademia dei Georgofili un seminario dedicato ai cambiamenti climatici e gli scenari di rischio. Uno dei relatori è stato il ricercatore CNR Antonello Pasini, il quale ha intitolato il suo interessante intervento “Effetto serra, effetto guerra”, come il libro da lui recentemente pubblicato (ed. Chiarelettere), scritto a quattro mani con Grammenos Mastrojeni, diplomatico del Ministero degli Esteri, esperto di conflitti e migrazioni.

In “Effetto serra, effetto guerra” si parla delle conseguenze conflittuali e migratorie dell'innalzamento del livello del mare, della fusione dei ghiacciai con conseguente scarsità delle risorse idriche, della siccità e della desertificazione, della maggiore virulenza delle piogge, ecc.: tutto ciò in varie parti del mondo. Man mano che si procede, tuttavia, l'analisi si fa via via più vicina a noi, perché i bubboni di instabilità sembrano convergere in centri concentrici sul Mediterraneo, dove è proprio l'Italia che rappresenta il ponte naturale con l'Europa per tanti disperati. Ma cosa c'entra il clima con i conflitti, le migrazioni e magari il terrorismo?
Il mondo (il sistema Terra, direbbe uno scienziato) è interconnesso, molto complesso e con dinamiche globali. Tuttavia, ci sono problemi che appaiono a sé stanti e ben delineati. Uno di questi sembra essere quello del riscaldamento globale. Sappiamo a che cosa è dovuto e sappiamo quali sono i possibili rimedi: conversione ad una economia decarbonizzata, utilizzo di energie rinnovabili, risparmio energetico, riciclo, ecc. Come noto, il riscaldamento globale recente è stato creato principalmente dalle emissioni di gas serra dei paesi industrializzati e ora vi contribuiscono i giganti asiatici, dunque gli altri sembrano entrarci poco. Ma è veramente possibile risolvere il problema dei cambiamenti climatici senza risolvere i tanti squilibri economici e sociali che ci sono nel nostro mondo, e che appaiono essere le cause principali di guerre e migrazioni?

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