Notiziario














Considerazioni sulla fibra alimentare

Negli ultimi 40 anni numerosi studi hanno dimostrato gli effetti salutistici della fibra alimentare. Per questo motivo, organizzazioni come European Food Safety Authority (2010) e FDA (2014) ne hanno aumentato da 25 a 30 g il fabbisogno giornaliero raccomandato per una dieta da 2000 Kcal.
Solitamente la fibra viene fornita dai cereali e dai loro sottoprodotti, ma stanno diventando sempre più interessanti anche i residui ricchi di fibra, ottenuti dai processi di trasformazione di frutti e ortaggi, da impiegare in formulazioni alimentari funzionali.

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Una specie ittica innovativa nel panorama nazionale: l’Ombrina ocellata

La produzione mondiale di pesce di allevamento, pari ad 80 milioni di tonnellate, ha superato quello della pesca tradizionale, rifornendo il mercato del 53% del pesce richiesto a livello mondiale (FAO 2018). Una specie innovativa - Ombrina ocellata (Sciaenops ocellatus) o Red drum - è allevata esclusivamente sul Gargano, tra i territori di Lesina e Varano.

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Specie aliene invasive (SAI) dannose all’agricoltura

Giustificata preoccupazione destano, nell’opinione pubblica, le sempre più frequenti introduzioni di specie e sottospecie, definite SAI (Specie Aliene Invasive) o “Alloctone Invasive”, che sopravvivono e si riproducono in areali diversi da quelli di origine e la cui diffusione minaccia la biodiversità dei nostri ambienti, ovvero interferisce negativamente con le attività umane e ha ricadute sanitarie o socio-economiche.
Fino al XVI secolo le introduzioni di specie alloctone effettuate, direttamente o indirettamente, dall’uomo, anche nel nostro Paese, erano quasi sempre accidentali e numericamente poco consistenti: la Mosca mediterranea della frutta e molte Cocciniglie sono arrivate con frutti infestati; mentre intenzionali sono state quelle del Baco da seta, Bombyx mori, dall’Estremo Oriente, e della Cocciniglia del carminio, Dactylopius coccus, dall’America centrale. Fin dall’800, numerose specie esotiche, parassite o predatrici di fitofagi dannosi, sono state impiegate in programmi di controllo biologico. Con il trasferimento, accidentale o intenzionale, di entità alloctone vengono superate quelle barriere naturali che hanno circoscritto lo sviluppo di flora e fauna nelle aree di origine. Allarmanti sono le invasioni biologiche da parte di fitofagi esotici che, con la globalizzazione dei mercati e con la rapida e intensa rete di trasporto, in numero sempre crescente, vengono introdotti in nuovi ambienti dove, anche grazie ai mutamenti climatici, trovano condizioni ambientali idonee al loro sviluppo e pullulamento.
Secondo i dati del DAISIE (Delivering Alien Invasive Species in Europe), in Italia, che per le favorevoli condizioni climatiche, è uno dei paesi Europei maggiormente interessati dalle invasioni biologiche, sono presenti oltre 1.500 specie aliene, un terzo delle quali sono insetti capaci di adattarsi, sia a variazioni termo-igrometriche che a nuovi substrati alimentari e riproduttivi; inoltre possono differenziarsi biotipi, dotati di un potenziale biotico più elevato rispetto alle popolazioni originarie e in grado di dar luogo, nei nuovi ambienti, a esplosioni demografiche, anche per l’assenza di efficaci limitatori naturali. La stragrande maggioranza delle specie invasive di insetti, direttamente dannose, ovvero vettrici di virus o microrganismi patogeni, sono state accidentalmente introdotte negli ultimi 30 anni. Nel 1988 Tremblay ha elencato 40 specie di insetti introdotti in Italia, in massima parte dalle Americhe e dall’Asia. Il ritmo attuale di “arrivo” di specie fitofaghe è calcolato in circa 8 unità per anno, mentre, fino all’immediato dopoguerra, lo stesso numero di specie perveniva in circa 15 anni. Si calcola che le specie esotiche siano pervenute da America (37%), Asia (29%), Africa (14%), Australia (6%) e da Altri Paesi (14%).
Per quanto empirica, la "Regola del 10%" di Williamson, per la quale “Su 100 specie aliene introdotte, solo 10 si insediano stabilmente e solo 1 diventa effettivamente invasiva", dà un’idea dell’entità del fenomeno.

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Genova, non basta un nuovo ponte

Genova per noi lombardi e piemontesi è una città speciale, come la Liguria e il suo mare. Vederla colpita in modo tragico dal crollo inconcepibile del Ponte il 14 agosto perciò è un dolore profondo e indicibile. Abbiamo provato per giorni una stretta come se ciò fosse accaduto da noi, nelle nostre case, nelle città, nelle campagne e nelle montagne di questo triangolo d’Italia a cui apparteniamo.
Poi abbiamo visto la volontà, la tenacia, la caparbietà e le poche chiacchiere dei liguri e il cuore si è aperto alla speranza. Mentre la popolazione, il porto, la città continuano a vivere, a lavorare, a cercare di ripartire siamo fermi, con loro, ad aspettare che i riti della politica si compiano e inizi la ricostruzione.
Il crollo di un ponte che siamo abituati a considerare perpetuo è peggio di un tradimento. Quanti ponti romani ancora sono in funzione, anche nelle più impervie valli che dalle montagne scendono al mare. I ponti, persino nella mente burocratica che ha disegnato le banconote dell’euro come un filo conduttore dell’unione monetaria, sono fatti per unire e per favorire passaggi e comunicazioni. Anche questo. Chi lo ha percorso lo ricorda sempre sovraccarico. Univa le due parti della Liguria, Levante e Ponente e anche molti flussi di traffico: di Genova stessa; dell’Italia, per le direttrici da Nord e da Est verso Sud e Ovest; dell’Europa, sull’itinerario dall’Atlantico alle estreme propaggini Settentrionali ed Orientali.
Dopo la distruzione del relitto la costruzione del nuovo ponte e già siamo arenati ai preliminari, mentre crescono il mugugno e l’impazienza dei genovesi, dei liguri e di tutti.
Ma il problema non è la ricerca di responsabilità, colpe o vendette e nemmeno chi e come costruirà il nuovo ponte. Il problema è il futuro di Genova. Il nuovo ponte sarà un rimedio all’accaduto, ma non darà risposte per il futuro della città e della regione. La Superba, l’antica e orgogliosa signora dei mari, da anni è in declino. I giganteschi cantieri navali, ricordo di infanzia, le navi in costruzione che arrivavano sino alla strada a Sestri non ci sono più. Genova ha perso le sue caratteristiche che non possono essere sostituite dai Centri commerciali.

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Territori e prodotti della Toscana: Valdichiana protagonista ai Georgofili il 27 settembre

Tornano gli incontri del ciclo “I territori della Toscana e i loro prodotti”, organizzati dai Georgofili insieme ad ANCI Toscana, con il patrocinio di Unicoop Firenze. Appuntamento in Accademia giovedì 27 settembre 2018 con la Valdichiana.

Si comincia alle 9.30 con i saluti di Massimo Vincenzini, Presidente dell’Accademia dei Georgofili, Marco Remaschi, Assessore all’Agricoltura della Regione Toscana, Vittorio Gabbanini di ANCI Toscana, Francesca Basanieri Sindaco di Cortona e Andrea Rossi Presidente dell’Unione dei Comuni della Valdichiana Senese.

A seguire, le relazioni:
-    La Valdichiana si presenta (Stefano Biagiotti, Università Telematica Pegaso)
-    La valorizzazione collettiva dei prodotti tipici: opportunità e problematiche (Andrea Marescotti, Università degli Studi di Firenze)
-    Caratterizzazione salutistica dei prodotti tipici per la loro valorizzazione (Manuela Giovannetti, Centro Nutrafood – Nutraceutica e Alimentazione per la Salute, Università di Pisa)
-    Prodotti e ricette nella Piramide Alimentare Toscana (Francesco Cipriani, Azienda USL Toscana Centro e Fabio Voller, ARS - Agenzia Regionale di Sanità della Toscana)
-    Le iniziative di Unicoop Firenze per la valorizzazione dei prodotti toscani (Andrea Timpano, Unicoop Firenze)

Seguiranno gli interventi programmati dei rappresentanti di: Strada del Vino Nobile di Montepulciano e Sapori della Valdichiana senese, Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano, Consorzio dei Vini di Cortona, Terme di Chianciano e Associazione per la tutela e la valorizzazione dell’Aglione. 

Dopo il dibattito, si svolgerà la presentazione e la degustazione dei prodotti tipici della Valdichiana.



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Patate fritte sicure

Per non essere fritti dalla frittura e goderne gli indubbi vantaggi sono consigliate alcune importanti precauzioni che riguardano soprattutto le patate. La prima precauzione è di non friggere alle elevate temperature nelle quali si produce fumo e di non usare a lungo oli e grassi, evitando la formazione di acroleina. Per ridurre la creazione di acrilamide nel 2015 l’EFSA ha prodotto un dossier in base al quale la Commissione Europea ha emanato il Regolamento 2158 del 20 novembre 2017 che istituisce misure di attenuazione e livelli di riferimento per la riduzione della acrilamide negli alimenti.

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Verde, cambiamento climatico e informazione

Il discorso sul cambiamento climatico ha visto, negli ultimi tempi, uno spostamento delle discussioni dal livello scientifico, alla politica e, infine ai social network, e ha preso, spesso, una piega ideologica. Nelle forme estreme, negazioniste o catastrofiste, non esiste più traccia del metodo scientifico. È quindi utile, anzi fondamentale, disseminare informazione corretta, affidabile, basata su conoscenze scientifiche.

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I misteriosi cerchi di pietra di Lampedusa

"Esistono dunque di certo, s'anche invisibili, i venti: essi flagellano il mare: essi la terra, le nubi essi, che con improvviso turbine squarciano e spazzano via" (Lucrezio, "De Rerum Natura", libro I). E i venti soffiano, quasi incessanti, anche sulla piccola isola di Lampedusa (la percentuale di giorni di calma assoluta è di appena il 4%). Quelli più frequenti sono la Tramontana, il Grecale, lo Scirocco, il Libeccio e il Maestrale (quest’ultimo, da nord-ovest, predomina sugli altri, insieme alla Tramontana che spira da nord). La velocità media è intorno a 20 chilometri orari con punte che possono superare i 60 km/ora.
I venti influiscono in modo continuo sull’attività agricola. Quelli che soffiano ad una velocità superiore a 10 km/ora possono ostacolare la crescita stessa delle piante, coltivate e spontanee.
Accade così che nella più grande delle isole pelagiche, lo spirare frequente del vento e un clima piuttosto caldo e arido (a Lampedusa cadono in media 300-350 mm di pioggia all’anno, distribuite mediamente in una quarantina di giorni concentrati fra ottobre e febbraio) rendono difficile la pratica di un’agricoltura da reddito o addirittura di mera sussistenza.
Normalmente, per superare la carenza di acqua si ricorre all’irrigazione; invece, per proteggere le piante dall’azione del vento si possono adottare varie pratiche difensive. In una tavoletta sumera, datata intorno al 3.000 a.C., si parla dei danni che il vento può provocare alle piante e si suggerisce anche un possibile rimedio: circondare il campo coltivato con alberi frondosi. Le barriere frangivento (attuate con alberi ma anche siepi di piante sempreverdi, staccionate di legno, pannelli di metallo o pvc, reti a maglia fitta, ecc.) sono, di norma, il mezzo per difendersi dai venti.  Fra le barriere frangivento vanno annoverati anche i muri di recinzione, più o meno alti e, come e se tali, forse anche i cosiddetti “cerchi di pietra” di Lampedusa (“timpuni”, cioè zolla di terra dissodata, nel dialetto locale e siciliano) (Fig. 1), intorno ai quali però ancora non si è avuto tempo e modo di fare completa chiarezza nonostante siano lì da diversi secoli (se non millenni) e nonostante la loro indiscutibile rilevanza nella storia antica di Lampedusa.
Il primo ad occuparsene è stato l’archeologo inglese Thomas Ashby (1874-1931), il quale, nel giugno del 1909, mentre si trovava per lavoro a Malta, organizzò un rapido sopralluogo a Lampedusa.  Nonostante la brevità della spedizione (durata solo tre giorni), Ashby fece alcune interessanti scoperte. Ad esempio, gli riuscì di individuare quelli che secondo lui erano i segni di un popolamento preistorico (ca. 4.800 a.C., la datazione stimata degli insediamenti) nell’isola pelagica.

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12 marzo 1933. Inaugurazione della nuova sede dell’Accademia dei Georgofili

Dopo tanto peregrinare fra sedi diverse (La Biblioteca Magliabechiana, la Marucelliana, Palazzo Vecchio, sedi conventuali soppresse dalla Riforma di Pietro Leopoldo, Palazzo Riccardi, l’Accademia delle Belle Arti), finalmente l’Accademia aveva trovato un luogo degno per accogliere libri, carte e documenti, testimoni indiscutibili della sua antica e prestigiosa storia.

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Insetti: “buoni” o “cattivi”?

L’uomo suddivide gli organismi viventi in categorie differenti in base alla loro interferenza con le sue attività economiche e ricreative. Della maggioranza delle specie di insetti, non è ancora noto il ruolo ecologico e, se non interferiscono direttamente con le attività umane, vengono considerate indifferenti; mentre sono ritenute dannose o pericolose, quelle entità che attaccano le piante coltivate e gli animali in allevamento, nonché lo stesso uomo.

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Pollo re della tavola

Antica è la storia del pollo, animale che gli antichi greci sacrificano a Esculapio, che i romani usano per avere auspici prima delle battaglie e le sue carni sono gradite e riservate ai ceti abbienti per cui un pollo in pentola per tutti rimane un miraggio.
Al giorno d'oggi, mentre il consumo di altre carni è in calo, quello di carni avicole è in crescita perché piacciono ai giovani, agli anziani e alle donne e sono più economiche di altre carni. Inoltre sono le carni più accette dai semi-vegetariani: se da una parte chi si definisce vegetariano non consuma alcun tipo di carne o pesce, i semi-vegetariani, indicati in inglese come flexitarian, tendono a non mangiare prodotti animali, ma occasionalmente si concedono delle eccezioni, in questo caso preferendo le carni bianche di pollo escludendo però quasi sempre quelle rosse di bovino e maiale. Un nuovo aspetto che sta avanzando nella cucina e soprattutto nella gastronomia è la ricerca di carni avicole di alta qualità, fornite ad esempio da razze tradizionali quali il Pollo del Valdarno, la Gallina Padovana, la Gallina Polverara e altre che iniziano a essere apprezzate dai cuochi e dai consumatori benestanti più attratti da prodotti nuovi e alternativi, o forse più soggetti a mode e tendenze. La produzione avicola italiana con 18.500 allevamenti, di cui 6.400 professionali, che impiegano 38.500 addetti, rappresenta un modello per la zootecnia nazionale, creando un valore con 5.850 milioni di Euro di fatturato nel 2017, in crescita rispetto al 2016 di circa il 7%.

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Chi sa, parli

Nel 2004 Tullio Regge, noto astrofisico dell’Università di Torino, nel suo libro intitolato “Lettera ai giovani sulla scienza” esordiva affermando che viviamo nel periodo storico della glorificazione della scienza e della tecnologia, ma anche di attacchi severi ai loro risultati. Ancora oggi viviamo in questa atmosfera. Il mondo della ricerca da troppo tempo si è in parte chiuso in se stesso ed ha usato un linguaggio per addetti ai lavori trascurando il contatto diretto con l’uomo della strada. A nostro parere dunque la ricerca pubblica ha lasciato troppo margine alla libera comunicazione così detta scientifica e/o pseudo scientifica. Una simile informazione induce il cittadino/consumatore a pensare che in genere tutto va male o quando va bene, non va così bene come si vorrebbe.
Desideriamo invitare in special modo i giovani a rivolgersi alla scienza in continua evoluzione e guardare con fiducia al futuro, senza peraltro cedere alle varie mode. Ad esempio cinquanta anni fa la cibernetica e i frattali, affermava Regge, sembravano opportunità straordinarie e concrete, mentre oggi hanno perso molto della loro rilevanza e sono finiti nel dimenticatoio. Attenzione dunque alle proposte che offrono molto, ma che nel breve periodo svaniscono nel nulla.
A questo punto vale la pena porre qualche interrogativo per orientarci nel groviglio di scienza e pseudoscienza.
Da “Pane e bugie” (D. Bressanini, 2010) si rileva che non a tutti è noto che la quasi totalità delle sostanze chimiche che ingeriamo sono naturali. Tuttavia una sostanza non è necessariamente più benigna solo perché l’ha prodotta la natura. Sarebbe bello che fosse così, purtroppo invece è solo un luogo comune. L’interrogativo è scegliere tra naturale o artificiale. L’idea che “naturale” equivalga a “sano” oggi è molto diffusa. Anche un prodotto naturale può essere non sano, cioè non salubre. Ad esempio, un importante prodotto agricolo come il mais, magari originato in regime biologico, se si presenta contaminato da un elevato carico di micotossine non si può certo definire sano.
Ma altri interrogativi si pongono in forma prioritaria all’attenzione pubblica senza che si sia sempre fatta oggettiva chiarezza:

-    Biologico o agricoltura convenzionale (di precisione) per sfamare il mondo?
-    Gli alimenti biologici nutrono di più?
-    Produzione di cibo e rispetto della biodiversità: due esigenze inconciliabili?
-    La spesa a “km 0” è più sostenibile? Perché non basta calcolare i chilometri che separano il luogo di produzione dal punto di vendita?
-    Organismi giornalisticamente modificati.
-    … prodotto senza olio di palma.

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Una perniciosa formica nera

Il controllo demografico di Lasius alienus è necessario, se le foraggiatrici si introducono negli edifici alla ricerca di cibo.

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Come ripristinare le aree degradate nei vigneti

Si è concluso a fine giugno il Progetto europeo ReSolVe (Ripristino della funzionalità ottimale dei suoli nelle aree degradate dei vigneti tramite metodi biologici). Per aiutare agricoltori e tecnici a scegliere la tecnica di ripristino più idonea sono state preparate delle linee guida tradotte in 5 lingue.

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La pesca sulle tavole moderne

Ab ovo usque ad mala, dall’uovo alla frutta e cioè dall’inizio alla fine, sentenziavano gli antichi romani per dire che un ciclo o un evento era completo; anche noi italiani diciamo siamo alla frutta per esprimere il concetto che si è giunti alla fine, all’esaurimento di qualcosa, dei soldi, dell’ispirazione, della normalità e così via descrivendo anche una situazione grave o senza via di uscita. La frase deriva dalla composizione del banchetto che per i romani terminava con la frutta e per noi con un dessert quando, finiti i servizi di cucina, sulla tavola erano portati formaggio, dolce e la frutta. Perché la frutta chiude il banchetto dei romani e arriva fino a noi?
Il banchetto dei romani, ma anche dei greci e fin dai tempi omerici, è un evento sacrale nel quale si compie il sacrificio – da sacrum facere o rendere sacro – delle carni attraverso cui si entra in comunità con la divinità e tutto ruota attorno a questo. L’apertura del banchetto può essere l’uovo, simbolo della vita e della perfezione oppure, in taluni periodi, la lattuga, mentre il banchetto si conclude con la frutta il cibo che più si avvicina agli dei, loro dono come dicono i miti padani e, in seguito, ribadisce il racconto biblico dell’Eden.
Oggi la frutta non è sempre presente nei pasti in casa e nei ristoranti il dessert, spesso quasi un deserto, si compone solo di un dolce e solo quando un diabetico chiede una sua sostituzione gli viene presentata un’immancabile fetta di ananas. La frutta è anche completamente assente nelle pizzerie, piadinerie, paninerie e nei locali che offrono pasti rapidi. In questo nuovo modo di magiare la frutta, rara o espulsa dalla fine del pasto rientra nella moderna cucina innovativa, ricuperando anche remote tradi-zioni.
L’odierna presenza della frutta nell’attuale gastronomia ha radici antiche, quando nel Medioevo compare il gusto del dolce-speziato dei dolci di frutta e spezie come la spongata, dell’agro-dolce e del dolce-salato delle carni cucinate assieme alle castagne. Nel Rinascimento si sviluppa il gusto dolce-piccante che ha la sua più tipica espressione nella mostarda dove la frutta assieme al miele e alla senape è associata alle carni, con un’abitudine giunta fino a oggi. La presenza della frutta avanza nella cucina ottocentesca e del Millenovecento quando la frutta, trasformata anche in marmellata, entra nella pasticceria popolare delle crostate di frutta e la si trova in qualche piatto tipico, mentre inizia a trionfare in qualche preparazione d’alta cucina, come la pesca presente dal Bellini nell’aperitivo alla Pesca Melba nel dessert.

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Elogio del buon padre di famiglia

Si riaprono le scuole dopo l’estate, sui banchi deve tornare anche il Governo per varare le leggi economiche di fine anno. Si è parlato molto, spesso a ruota libera, di tanti argomenti e anche di economia, ma quest’ultima è stata relegata un po’ in secondo piano nel clima euforico dei primi “cento giorni”. Ora, però, si fa sul serio e le prospettive non sono incoraggianti. Gli indicatori economici sono appena sopra la linea di galleggiamento, i conti confusi, le risorse disponibili, tradizionalmente ridotte, incerte. Come accade nella stagione intermedia in questi periodi della politica la situazione è in attesa di chiarirsi, anche se non mancano segnali.
Al di là del “che cosa” il nuovo Governo possa realisticamente fare tenendo conto dei vincoli interni ed esterni, il punto è capire quale linea di politica economica adotterà.

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