C’è in giro un pericoloso trionfalismo dopo il varo del governo Conte bis e la nomina di Paolo Gentiloni a commissario europeo agli Affari economici. L’Italia che torna a farsi valere in Europa, ritrovato protagonismo, ecc.
Su questo nuovo governo Conte bis in generale valuteremo cammin facendo, il bello viene adesso con la manovra economica per il 2020. Ci limitiamo ad osservare che il programma – evidentemente raffazzonato in pochi giorni – contiene tutto e il contrario di tutto e anche per l’agricoltura (al punto 29, l’ultimo) si tratta di un insieme di buoni propositi e nulla più.
Più incisive e pragmatiche le prime dichiarazioni del neoministro per l’Agricoltura, Teresa Bellanova, che intende lavorare su temi quali l’export, la lotta a dazi e barriere, la difesa del made in Italy e dell’agricoltura mediterranea in Europa, il contrasto alle emergenze come xylella e cimice asiatica, oltre che naturalmente la lotta al caporalato, l’impegno di una vita della Bellanova, ex sindacalista. Certo il comparto ha bisogno anche di interventi ‘macro’: riduzione del cuneo fiscale, rilancio degli investimenti per le infrastrutture, incentivi per la diffusione di tecnologie innovative, costo del trasporto, dell’energia…tutti interventi che dipendono solo in parte dalla Bellanova ma dall’azione complessiva del governo (e dalle risorse che avrà a disposizione). Però il piglio è quello giusto, anche nel richiamo al lavoro a stretto contatto con le imprese. E sull’export ha già parlato chiaro schierandosi a favore del Ceta, il trattato di libero scambio tra Unione Europea e Canada attualmente in vigore ma che il governo italiano non ha ancora ratificato. Ratifica osteggiata da tutto il neoprotezionismo di casa nostra, dalla Coldiretti ai 5 Stelle, e che potrebbe trovare una sponda nel neoministro degli Esteri Luigi di Maio che non a caso ha già chiesto per sé la delega al Commercio estero. Come mettere Dracula alla presidenza dell’Avis. Come si possa conciliare la necessità di esportare di più (da tutti conclamata) con la continua guerriglia ai trattati di libero scambio, è materia da lettino dello psicanalista.
Sul caporalato bisogna trovare una linea che non sia vessatoria per le imprese , che snellisca e agevoli il reclutamento della manodopera, che non scarichi costi impropri sulle aziende, che riduca gli oneri burocratici a loro carico, che stabilisca nuove norme sul lavoro stagionale, che chiami in causa le politiche di certe catene della Gdo che tra corsa al ribasso dei prezzi, aste al doppio ribasso, promozioni stracciate costruiscono le premesse per lo sfruttamento del lavoro nero nelle campagne. La lotta al caporalato deve uscire dl limbo del moralismo e delle buone intenzioni per entrare sul terreno delle best practices, delle azioni concrete da concordare con le imprese.
Venendo all’Europa bisogna dire che Gentiloni agli Affari economici sembrava fantascienza fino ai primi di agosto. Adesso Bruxelles ci vuole bene, non siamo più in castigo. Meglio così. Premesso che un portafoglio così importante è meglio averlo che non averlo, due cose vanno dette. La prima: potevamo puntare all’Agricoltura (da dove si controlla il 45% del budget comunitario) con un nome forte, autorevole e gradito a tutti come quello di Paolo de Castro. Sicuramente da lì potevamo sperare in concreti vantaggi per la nostra agricoltura (e per quella mediterranea). La pressione del mondo agricolo italiano, e dell’ortofrutta in particolare, non ha sortito effetti.
Secondo: a far da contrappeso al ruolo di Gentiloni sta una notizia pessima per noi, la nomina all’Agricoltura del polacco, sovranista conservatore, nazionalista e filo-americano (dal nome impronunciabile) Janusz Wojciechowski. Ora la Polonia è tra i paesi dell’Est Europa quello che più ha tratto vantaggio dall’ingresso in Europa, ha rafforzato la sua agricoltura (che oggi vale il 6% della produzione agricola europea) drenando fondi strutturali comunitari a più non posso (è il maggiore beneficiario Ue di fondi per i programmi di sviluppo rurale) con un salto di qualità del suo tenore di vita e del suo settore primario, una volta tra i più arretrati del Continente. Resta comunque una agricoltura a basso valore aggiunto, non votata alla difesa della qualità e delle indicazioni geografiche (quasi priva di Dop e Igp) , sicuramente non amica del Sud, più in sintonia con gli interessi del Nord Europa. In campo ortofrutticolo poi sicuramente concorrente dell’Italia, in particolare mele e piccoli frutti. Quindi, anche in vista delle prossime battaglie sulla Pac, sulle politiche per la qualità e l’etichettatura d’origine non si annuncia nulla di buono per noi da questa nomina. Servirà molto lavoro diplomatico da parte dei nostri europarlamentari più attivi in commissione Agricoltura, in particolare Paolo de Castro ed Herbert Dorfmann.
Facendo gli auguri a Wojciechowski per la nomina, il nostro ministro Bellanova gli ha inviato un messaggio che è tutto un programma: “In Europa dobbiamo difendere l’agricoltura mediterranea, sostenere l’eccellenza del nostro Made in Italy…Più investimenti nella sostenibilità e nell’economia circolare, più imprese di qualità”. Come dire: caro amico, questa è la nostra linea…che forse non è proprio la tua.
*Direttore “Corriere Ortofrutticolo”