Notiziario














Giornata di studio in memoria di Pierlorenzo Secchiari sulle recenti acquisizioni delle scienze animali

A seguito della recente scomparsa del prof Pierlorenzo Secchiari, ordinario di Zootecnica generale presso l’Università di Pisa, l’Associazione per la Scienza e le Produzioni Animali (ASPA), insieme all’Accademia dei Georgofili, ha organizzato un convegno sul tema della qualità dei prodotti di origine animale, un argomento di ricerca sul quale il prof Secchiari ha dedicato buona parte della sua lunga e proficua carriera.

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Le carni suine in Sicilia: percorsi di tradizione e innovazione

Oggi la filiera delle carni suine, dai campi alla tavola, è rappresentata con evidenze scientifiche che coinvolgono sia la produzione e la selezione degli alimenti per gli animali, sia la fase di allevamento, con spunti differenziali tra il Suino bianco e il Suino nero che sono espressione di biodiversità e tipicità di un territorio.

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Sostenibilità ambientale nella produzione di carne bovina*

Negli ultimi anni è aumentata l’attenzione della opinione pubblica nei confronti dell'impatto che le pratiche agricole e zootecniche hanno nei confronti dell’ambiente e il consumatore è sempre più sensibile nei confronti della sostenibilità ambientale di queste pratiche. Numerosi studi condotti in contesti diversi testimoniano come la produzione di carne bovina contribuisce al rilascio di inquinanti nell'ambiente e al consumo di risorse naturali tale da risultare, tra i prodotti di origine animale, quella con l'impronta di carbonio e idrica più alta. Al tempo stesso l'incremento della popolazione mondiale sta aumentando la domanda di proteina di origine animale sui mercati internazionali, pertanto cresce la necessità di produrre i prodotti di origine animale in un modo più sostenibile.
L'impatto ambientale più dibattuto per la produzione di carne bovina riguarda le emissioni in atmosfera di gas ad effetto serra come il metano (CH4), il protossido di azoto (N2O) e l'anidride carbonica (CO2). Il consumo idrico e il cambiamento di uso del suolo da forestale ad agricolo (deforestazione) rappresentano impatti sulle risorse naturali imputabili alla produzione di carne bovina.  
Il crescente interesse verso le problematiche ambientali dei prodotti agro-zootecnici ha determinato lo sviluppo di metodologie analitiche come l’analisi del ciclo di vita (LCA) che consente la valutazione ambientale dell'intero ciclo di vita.
La ricerca ha consentito di individuare diverse soluzioni che possono contribuire a ridurre le emissioni sia per le attività di allevamento che per quelle agricole associate.

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Campi maledetti, lombrichi e lupi

Oggi sono maledetti o ritenuti tali i campi profughi e alcuni campi di calcio e tennis, ma al tempo delle società pastorali erano quei terreni di pascolo dove il bestiame contraeva una malattia mortale anche per l’uomo, il carbonchio ematico, così denominato per il sangue nero e le pustole nere degli ammalati e dei morti, ora noto con il termine anglofono di antrace, e cioè nero. Una malattia che nell’attuale società tecnologica di tanto in tanto torna alla ribalta come rischio di guerra batteriologica, come conseguenza del riscaldamento planetario o di un ritorno a sistemi d’allevamento pastorali.
Dalla fine del milleottocento fino a metà del millenovecento il carbonchio ematico è la malattia che occupa le pagine d’inizio nei trattati di malattie infettive, per il fatto che é la prima malattia batterica studiata scientificamente da Robert Kock, che nel 1877 ne isola l’agente causale il Bacillus antracis, e da Louis Pasteur che nel 1881 dimostra la grande efficacia di un vaccino da lui preparato. Quest’ultimo scienziato studia anche la diffu-sione e il mantenimento dell’infezione nei pascoli, mettendo in luce il ruolo delle spore del bacillo e il ruolo dei lombrichi che portano in superficie le spore presenti nei cadaveri di animali morti e sepolti a poca profondità, dando un significato concreto alla fama di campi maledetti che i pastori davano ai territori dove il bestiame si ammalava.
Inutili storie antiche? Forse no, perché chi scrive queste brevi note, in tempi vicini e tra il 1950 e il 1970, nelle Marche e nell’Emilia Romagna ha vissuto episodi di carbonchio ematico e di campi maledetti. Oggi in Siberia e con lo scioglimento del permafrost provocato dal riscaldamento del pianeta, le spore scongelate del carbonchio ematico dopo settanta anni dall’ultima epizoozia hanno provocato la ricomparsa della malattia nelle renne, dimostrando ancora una volta la loro sopravvivenza infettante per lunghissimi tempi. In modo analogo si deve temere la ricomparsa di questa malattia quando, in allevamenti biologici, si ricomincia a inviare gli animali al pascolo in quelli che erano campi maledetti, dove erano stati abbandonati e più o meno malamente seppellite carcasse di animali infetti, e dove in as-senza di concimazioni chimiche ricominciano a pullulare i lombrichi, che sono capaci di portare in superficie le spore di carbonchi ematico da strati di terra non molto profonda. Da qui la necessità, già indicata da Louis Pa-steur, di sotterrare gli animali morti profondamente, oltre un metro e mezzo.
Recentissima (agosto 2017) é la notizia di un focolaio di malattia in un allevamento al pascolo nel comune di Grottaferrata (Roma) che certa-mente pascolavano in un “campo maledetto” dal quale sono stati allontana-ti.
Il carbonchio ematico o antrace è una malattia altamente mortale non solo degli animali erbivori, ma anche dell’uomo, nel quale è molto perico-losa la forma polmonare causata dalla inalazione delle spore, come avveni-va in chi tosava le pecore ammalate e anche morte (malattia dei tosatori) e raccoglieva e lavorava gli stracci di lana (malattia dei cenciaioli), condizioni che oggi possono ritornare con importazioni di questi materiali da paesi infetti.

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L’acquacoltura in Sicilia

A livello mondiale, l’acquacoltura fornisce quasi la metà dei pesci, dei crostacei e molluschi destinati al consumo umano (46%) e previsioni della FAO indicano che questa attività consentirà di colmare il crescente divario tra l’offerta del settore pesca e la domanda mondiale di pesce, assicurando più del 50% del fabbisogno mondiale.

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Il tabacco in tavola

Il tabacco, estromesso come fumo dalle sale dei ristoranti, sta rientrando sulle tavole per aromatizzare nuovi piatti, recuperando anche passate tradizioni.

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Il progetto “Kilometro verde” per rendere l’aria più pulita e il paesaggio più bello lungo l’autostrada

L’intervento riguarda una fascia di 11 km posta lungo l’A1 a Parma e dove si affacciano aziende di importanza nazionale, Il masterplan, finanziato da DAVINES spa, una delle aziende coinvolte, ha come obiettivo la valorizzazione paesaggistico-ambientale di questo tratto dell'autostrada A1che presenta delle criticità paesaggistiche ed ecologiche evidenti. Oltre al contributo in termini di mitigazione dell'inquinamento, aumento della biodiversità e maggiore resilienza della cintura periurbana di Parma, l'obiettivo del masterplan del Kilometro Verde è tracciare un segno paesaggistico forte, capace di dare una nuova identità a un paesaggio altamente frammentato. Il masterplan del Kilometro Verde affronta infatti alcune tematiche fondamentali: la beautification e la mitigazione dell'autostrada A1, attraverso la creazione di una fascia verde con alberi, arbusti e prati capace di limitare l'impatto dei gas di scarico prodotto dall'autostrada e allo stesso tempo in grado di creare un landmark territoriale ben riconoscibile. Il ruolo del KM verde sarebbe anche rilevante in termini di corridoio ecologico in quanto permetterebbe la ricucitura degli ecosistemi locali collegandoli tra loro e con il reticolo ecologico ed idrografico esistente. Inoltre, vista la presenza di numerose e importanti aziende italiane nella zona, il masterplan propone poi la valorizzazione delle sedi aziendali con la progettazione di un grande business park. Dal punto di vista scientifico, il progetto comprende infine la programmazione di una campagna di monitoraggio e validazione per misurare in sito, ex post, i reali effetti benefici del verde sui vari fattori citati, a cominciare dalla rimozione degli inquinanti.
L’auspicio è che questo progetto costituisca il primo esempio per interventi analoghi e che possa anche fare da monito per la progettazione integrata delle infrastrutture per evitare di intervenire successivamente con maggiore difficoltà ed impegno di risorse.

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Libri di testo nella formazione agraria universitaria, se ne parla ai Georgofili

Giovedì 23 novembre alle ore 10, nella sede dell’Accademia dei Georgofili, si svolgerà una tavola rotonda sul tema: I libri di testo nella formazione agraria universitaria.
C’è stato un tempo in cui i migliori professori universitari scrivevano il proprio libro sulla materia di cui erano maestri. Era una sfida con se stessi e con la capacità di sintetizzare il bagaglio di nozioni, spiegazioni, esempi e illustrazioni che l’opera richiedeva. Oggi ai professori universitari si chiede tutto, ma non di scrivere libri di testo: stranamente questo è diventato un lusso.
Non è dunque sorprendente che, negli ultimi tempi, la pubblicazione di un nuovo libro di testo per l’Università sia diventato, per quasi tutte le discipline, un evento assai poco frequente; questo nonostante la riforma degli ordinamenti didattici, con il passaggio allo schema articolato nella sequenza laurea triennale – laurea magistrale, abbia richiesto una profonda rilettura della modalità di trasmissione delle conoscenze – sia in termini quantitativi, sia in termini qualitativi – e dei relativi materiali a uso degli studenti.
Tali considerazioni si incrociano in un contesto storico caratterizzato, grazie alla pervasività delle tecnologie digitali e telematiche, da una estrema facilità di accesso alla conoscenza che rende peraltro evidente, forse ancora più che in passato, l’utilità di dispositivi che la organizzino in modo guidato, per evitare la cosiddetta “disinformazione da eccesso di informazione”.
La scrittura dei libri di testo è inoltre una formidabile opportunità di riflessione sul significato ontologico delle discipline, per ridefinirne principi, obiettivi e strumenti e uniformarne concetti, approcci e terminologie. In questo, le Società Scientifiche possono svolgere un prezioso ruolo di animazione e di coordinamento.
Intorno a questi temi dibatteranno esponenti di discipline che hanno recentemente affrontato questa sfida, rappresentanti del mondo editoriale, degli studenti e del sistema di valutazione nazionale.

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Lettera aperta a La Nazione

A pagina 12 de "La Nazione"  di domenica 12 novembre si parla della storia del motore a scoppio di origine fiorentina. Fa a tutti piacere ricordare le benemerenze della nostra città; dispiace invece che non venga, nel caso specifico del motore a scoppio, ricordato il ruolo svolto dall’Accademia dei Georgofili e più volte pubblicamente ricordato.

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Quali orizzonti per la futura nutrizione mondiale?

Nell’ultimo mezzo secolo la popolazione umana è più che raddoppiata, superando, già a fine 2011, sette miliardi. Tuttavia, anche la produzione alimentare mondiale, nello stesso periodo, è più che raddoppiata con un dimezzamento del costo dei cibi, di cui, ovviamente, ha beneficiato buona parte dell’umanità, tranne il miliardo di persone che ancora oggi soffrono la fame. Ciò principalmente a causa della loro povertà, che non permette loro l’acquisto di cibo, anche se disponibile.

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Gastronomia del pomodorino

Due sono i vegetali che si fregiano della qualifica “da tavola” o “da mensa”: l’uva e il pomodoro, una attribuzione che hanno conquistato con la loro qualità gastronomica e la grande diversificazione di forme, colori e soprattutto gusti che sono richiesti e valorizzati da una cucina sempre più attenta agli alimenti d’origine vegetale e da una dalla gastronomia che valorizza i caratteri degli alimenti.
Nel passato la cucina borghese ottocentesca dei sughi e delle salse copriva i sapori originari creandone di nuovi ma, a partire dalla Nouvelle Cuisine, questo è uno dei suoi pregi, nell’odierna gastronomia gli alimenti devono avere e mantenere i loro sapori e in particolare un pomodoro deve sapere di pomodoro. Questo cambiamento gastronomico ha portato alla ricerca sempre più raffinata di nuovi colori, forme e soprattutto sapori e per quanto riguarda il pomodoro, da diverso tempo è avvenuta la differenziazione tra il pomodoro da industria per la preparazione di conserve, passate e salse, e il pomodoro da tavola o da mensa.
Tra i pomodori da tavola, accanto a quelli tradizionalmente usati in insalata e tra questi il classico cuore di bue, recentemente hanno avuto su-cesso e si sono diffusi piccoli pomodori tra i quali il ciliegino, il datterino e il mini-plum, con un’esplosione senza fine di varietà che si differenziano per forma, colore, aroma e sapore, assumendo denominazioni le più diverse, a volte fantasiose e spesso divertenti. Molte sono le proposte dei pomodorini allungati con frutti eleganti, di un bel colore verde brillante o rosa, con una costolatura regolare ed elegante o con le bacche a grappolo. Queste nuove ed interessanti tipologie, e tante altre ne compaiono e ne sorgono ogni stagione, per la loro piccola dimensione si adattano al consumo snack, anche fuori pasto e in ogni momento della giornata.
Odiernamente il pomodoro da mensa nelle due grandi categorie da insalata e da snack non è più una commodity, ma è divenuto un considerevole settore del Made in Italy dell'agroalimentare vivendo un'importante evoluzione, favorita in particolare dal nuovo e particolare posizionamento nella alimentazione dei pomodorini da mensa.

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Certificazione e controlli nel mercato globale, giornata di studio all'Accademia dei Georgofili il 28 novembre

Martedì 28 novembre 2017, dalle ore 9.30 alle 17.30, si svolgerà all'Accademia dei Georgofili una giornata di studio su: "Certificazione e controlli nel mercato globale: costo od opportunità per le imprese agricole e alimentari?", organizzata dall’Accademia in collaborazione con l’Associazione Italiana di Diritto Alimentare (AIDA).
La giornata di studio è valida per i CREDITI FORMATIVI dell'Ordine degli Avvocati di Firenze e del CONAF.

Il mercato dei prodotti agroalimentari è sempre più un mercato globale e transnazionale, nel quale operano – accanto alle tradizionali fonti ed istituzioni di matrice statale o comunque pubblica – fonti private, autorità regolatrici, norme tecniche, regole applicative, standard di origine privatistica, ma di assai incerta collocazione nella dicotomia pubblico-privato, cogente-volontario, che ha guidato a lungo gli ordinamenti nazionali, con una geometria limpida e rassicurante, ma ormai perduta. Ai controlli ufficiali, affidati a soggetti pubblici ed articolati secondo i modelli propri del procedimento amministrativo, si sono affiancati in misura crescente certificazioni affidate a soggetti privati operanti secondo logiche di mercato e di concorrenza. In particolare, per quanto attiene alle certificazioni di qualità, siano esse quelle normativamente definite (DOP, IGP, e STG per prodotti alimentari, DOP e IGP per vini e prodotti alcolici, prodotti biologici, prodotti da agricoltura integrata, altri prodotti di qualità come identificati dal Regolamento UE n. 1151/2012) o quelle volontarie, il modello uniformemente adottato in Europa è quello della certificazione a titolo oneroso ad opera di organismi previamente iscritti in Registri nazionali, soggetti al controllo di un’Autorità pubblica. A far tempo dal Regolamento CE n. 765 del 2008, l’accreditamento degli organismi di certificazione in ciascuno degli Stati membri è affidato ad un “unico organismo autorizzato da tale Stato a svolgere attività di accreditamento” (per l’Italia: Accredia), e la vigilanza sulla loro attività è affidata all’ICRF del Mipaaf. Ne risulta un sistema complesso, che comporta per le imprese agricole ed alimentari rilevanti oneri organizzativi oltre che economici, ma che nel medesimo tempo consente ai produttori, anche di piccole dimensioni, di presentarsi sui mercati, domestico e globale, offrendo ai consumatori la garanzia di prodotti conformi agli standard di qualità dichiarati.

La Giornata di studio si propone come occasione di confronto su questi temi secondo una pluralità di prospettive e di esperienze, ed intende esaminare criticità e punti di forza del sistema di certificazione dei prodotti agroalimentari quale concretamente realizzato nel nostro Paese, così da poter formulare proposte condivise per le sfide che la globalizzazione dei mercati pone ai produttori.

PROGRAMMA (PDF)

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La filiera delle carni di selvaggina

In genere nel nostro Paese l’interesse per la sicurezza delle carni di selvaggina si è cominciato a manifestare successivamente all’adozione del cosiddetto “pacchetto igiene” europeo, una serie di Regolamenti europei che nel 2004 hanno definito in modo organico gli adempimenti pubblici e privati a prevenzione e tutela della salute dei consumatori di alimenti di origine animale, compresi quelli di specie selvatiche. In realtà il “pacchetto igiene” dava compimento ad un percorso comunitario iniziato oltre vent’anni prima da direttive europee che però alcuni Stati membri hanno recepito con scarsa o nulla considerazione per la parte relativa alla caccia e alla pesca.

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Mezze verità non sono sicurezza alimentare

Già negli anni novanta del secolo scorso gli Stati Uniti hanno un si-stema di monitoraggio della sicurezza degli alimenti importati. Il sistema è costruito su un campionamento che tiene conto della quantità della categoria dei cibi e su analisi di laboratorio per la ricerca di contaminanti, tossici, farmaci e quanto non permesso dalle leggi statunitensi. Ogni anno, in una prima fase, con un migliaio di campioni opportunamente scelti e un totale di circa centomila analisi gli US riescono a individuare aree a rischio sulle quali, in una seconda fase, approfondiscono analisi, ricerche e indagini per ottenere i dati necessari per intervenire e assicurare elevati livelli di sicurez-za alimentare alla popolazione americana. In Europa, solo dopo l’incidente della Mucca Pazza e a seguito del Regolamento CE 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, è istituito un Sistema di Allerta Rapido (RASFF) analogo a quello americano. I due sistemi non sono però uguali soprattutto in due punti. Il primo riguarda i cosiddetti “oggetti del contendere” che dividono USA e Europa cioè gli ormoni, i farmaci e quant’altro che sono ammessi o vietati da una parte e non dall’altra. Il secondo punto è che diversi sono gli stili alimentari e quindi la quantità che le singole categorie di alimenti hanno nei due paesi. Anche dalla diversità dei due sistemi sor-gono divergenze e difficoltà nel commercio tra US e UE.
Il sistema di allerta europeo di comunicazione rapida RASFF (Rapid Alert System for Food and Feed) prevede il ritiro di prodotti pericolosi per la salute umana o animale. Le notifiche sono comunicate e condivise tra gli Stati membri in tempo reale. Nel caso di rischio grave ed immediato (esempio tossina botulinica), in Italia funziona l’immediato sequestro dei prodot-ti da parte del Comando Carabinieri della Sanità e degli Assessorati Regionali e la procedura di emergenza può essere integrata con comunicati stampa per informare i cittadini sul rischio legato al consumo di un determinato prodotto e sulle modalità di riconsegna dell’alimento. Presso l’EFSA e il Ministero della Salute esistono siti web che consentono di conoscere le notifiche settimanali divise in new alert notification per i prodotti a rischio che sono sul mercato europeo e le new information notification per i prodotti non presenti sul mercato europeo o già sottoposti a misure di controllo dal paese interessato e da questi siti chiunque può ricavare notizie e farne buono o cattivo uso, trasformandole anche in fake news, notizie distorte e più o meno ingannevoli.
Non è raro che le informazioni fornite dal sistema RASFF siano divulgate solo parzialmente, senza una corretta interpretazione che deve considerare anche la quantità dell’alimento. Ben diversi sono i rischi per una micotossina trovata in una partita di pepe, usato in minime quantità e solo da poche persone, o per la stessa micotossina presente nel frumento che trasformato in pane o pasta è mangiato in grande quantità da moltissime persone.

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Cibo e Cultura: l'alimentazione umana tra fabbisogni nutrizionali, tradizione, qualità del cibo e sostenibilità ambientale

E’ ben noto che «il diritto al cibo» resta una semplice affermazione ideologica se non la si correla al dovere di produrlo! Nei prossimi trent’anni per tenere il passo con la domanda di alimenti bisognerebbe produrre il 70-100% in più di cibo! Non vi è attività umana che non abbia impatto sull’ambiente. Si tratta di un sistema complesso caratterizzato tra l’altro dai consumi di energia, dalle emissioni in atmosfera di gas serra, dalle variazioni climatiche, dalla utilizzazione di suolo, acqua, nutrienti … e via dicendo.
Se un battito d’ali di una farfalla in Brasile, a seguito di una catena di eventi, può provocare un tornado nel Texas chissà cosa può provocare anche il più piccolo e insignificante dei nostri gesti. E’ il cosiddetto “effetto farfalla” che Edward Lorenz, pioniere della teoria del caos, definì durante una sua conferenza tenuta nel 1979. In altri termini piccole variazioni nelle condizioni iniziali di un sistema possono produrre grandi variazioni nel comportamento a lungo termine.
Al 2050 la popolazione globale è proiettata verso i 9 miliardi e più di persone. Da qui nascono due inderogabili interrogativi riguardanti, il primo la capacità del pianeta di sostenere questa tendenza, il secondo la disponibilità di risorse per tutti. Consci del fatto che negli anni ’60 eravamo circa 3,5 miliardi, che all’inizio del nuovo secolo siamo passati da 6 a 6,7 miliardi nel 2015, la FAO chiede di aumentare le produzioni primarie diminuendo l’impatto sull’ambiente.
Si tratta di agire per tempo in un ambito caratterizzato da molteplici problematiche, in particolare una progressiva diminuzione delle risorse primarie (acqua, suolo, prodotti petroliferi…) ed energetiche in uso, tenuto conto che i terreni agricoli sono il 10% delle terre emerse. Tutto questo a fronte poi del rincaro dei prezzi dei fattori produttivi (specificamente la logistica), di una diminuzione dei prezzi di vendita dei prodotti agricoli e zootecnici e infine di un continuo ed inarrestabile mutamento del clima.
L’impatto ambientale ha raggiunto proporzioni tali da definire come “antropocene” l’attuale era geologica in cui l’uomo e le sue attività sono ritenute le principali cause delle variazioni ambientali e climatiche (Paul Jozef Crutzen, premio Nobel, 1995).

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