Oggi sono maledetti o ritenuti tali i campi profughi e alcuni campi di
calcio e tennis, ma al tempo delle società pastorali erano quei terreni
di pascolo dove il bestiame contraeva una malattia mortale anche per
l’uomo, il carbonchio ematico, così denominato per il sangue nero e le
pustole nere degli ammalati e dei morti, ora noto con il termine
anglofono di antrace, e cioè nero. Una malattia che nell’attuale società
tecnologica di tanto in tanto torna alla ribalta come rischio di guerra
batteriologica, come conseguenza del riscaldamento planetario o di un
ritorno a sistemi d’allevamento pastorali.
Dalla fine del
milleottocento fino a metà del millenovecento il carbonchio ematico è la
malattia che occupa le pagine d’inizio nei trattati di malattie
infettive, per il fatto che é la prima malattia batterica studiata
scientificamente da Robert Kock, che nel 1877 ne isola l’agente causale
il
Bacillus antracis, e da Louis Pasteur che nel 1881 dimostra la
grande efficacia di un vaccino da lui preparato. Quest’ultimo
scienziato studia anche la diffu-sione e il mantenimento dell’infezione
nei pascoli, mettendo in luce il ruolo delle spore del bacillo e il
ruolo dei lombrichi che portano in superficie le spore presenti nei
cadaveri di animali morti e sepolti a poca profondità, dando un
significato concreto alla fama di campi maledetti che i pastori davano
ai territori dove il bestiame si ammalava.
Inutili storie antiche?
Forse no, perché chi scrive queste brevi note, in tempi vicini e tra il
1950 e il 1970, nelle Marche e nell’Emilia Romagna ha vissuto episodi di
carbonchio ematico e di campi maledetti. Oggi in Siberia e con lo
scioglimento del permafrost provocato dal riscaldamento del pianeta, le
spore scongelate del carbonchio ematico dopo settanta anni dall’ultima
epizoozia hanno provocato la ricomparsa della malattia nelle renne,
dimostrando ancora una volta la loro sopravvivenza infettante per
lunghissimi tempi. In modo analogo si deve temere la ricomparsa di
questa malattia quando, in allevamenti biologici, si ricomincia a
inviare gli animali al pascolo in quelli che erano campi maledetti, dove
erano stati abbandonati e più o meno malamente seppellite carcasse di
animali infetti, e dove in as-senza di concimazioni chimiche
ricominciano a pullulare i lombrichi, che sono capaci di portare in
superficie le spore di carbonchi ematico da strati di terra non molto
profonda. Da qui la necessità, già indicata da Louis Pa-steur, di
sotterrare gli animali morti profondamente, oltre un metro e mezzo.
Recentissima
(agosto 2017) é la notizia di un focolaio di malattia in un allevamento
al pascolo nel comune di Grottaferrata (Roma) che certa-mente
pascolavano in un “campo maledetto” dal quale sono stati allontana-ti.
Il
carbonchio ematico o antrace è una malattia altamente mortale non solo
degli animali erbivori, ma anche dell’uomo, nel quale è molto
perico-losa la forma polmonare causata dalla inalazione delle spore,
come avveni-va in chi tosava le pecore ammalate e anche morte (malattia
dei tosatori) e raccoglieva e lavorava gli stracci di lana (malattia dei
cenciaioli), condizioni che oggi possono ritornare con importazioni di
questi materiali da paesi infetti.
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