Notiziario












“Aldo Moro e I Rettori della sua Università”: la storia di un passato vicino che incarna i principi ed gli ideali del suo Ateneo

“Aldo Moro e I Rettori della sua Università” è un libro scritto a quattro mani dal Prof Marzi, Presidente dell’Accademia dei Georgofili sezione Sud-Est, e il Magnifico Rettore dell’Università di Bari Aldo Moro, Prof. Antonio Felice Uricchio.

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Latte ovino e olio d’oliva, due filiere alleate all’insegna della bioeconomia

Con il progetto “Nutriforoil” è stato sviluppato un aspetto importante della bioeconomia: l’utilizzo di un sottoprodotto di una filiera, le sanse di oliva, come fonte alimentare per un’altra filiera, quella del latte ovino, in modo da migliorare la qualità nutrizionale dei prodotti derivati e trasformare uno scarto agricolo in una risorsa.

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Lepidotteri occasionali degli agrumi

In molti ambienti meridionali italiani, soprattutto nel secolo scorso, la macchia mediterranea è stata in gran parte eliminata per impiantare i più remunerativi agrumeti. Le larve di numerosi lepidotteri indigeni, infeudate a essenze della macchia mediterranea, si sono adattati alla nuova situazione completando il loro sviluppo a spese delle foglie di agrumi. Di norma le erosioni interessano poche foglie e non superano la soglia di attenzione degli agrumicoltori. Una specie comune in alcuni agrumeti delle coste joniche calabresi e siciliane è l’Apaturide bivoltino Charaxes jasius, noto come Ninfa del corbezzolo; tale arbusto sempreverde (Arbutus unedo), è un elemento caratteristico della macchia mediterranea ed è diffuso dalla penisola Iberica sino al Mar Nero. Gli adulti hanno un’apertura alare variabile da 50 a 70mm. La pagina superiore delle ali è di colore bruno con fasce fulve marginali (foto in apertura); su quella inferiore sono presenti numerose macchie brune e rosse, circondate da bianco-argenteo. Il margine delle ali posteriori presenta quattro caratteristici prolungamenti. Le larve, ritenute monofaghe su corbezzolo, hanno corpo lungo circa 5 cm, di colore verde; il capo munito di quattro caratteristici cornetti di colore verde e rosso. In primavera, e in estate, le femmine sono attratte dalla nuova vegetazione degli agrumi sulle cui foglie depongono singole uova.

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Nuova sicurezza alimentare USA

Negli Stati Uniti d’America (USA) all’inizio del secolo si stimava che ogni anno, su una popolazione di circa trecentoventicinque milioni di persone, a causa d’infezioni e intossicazioni alimentari vi fossero 
trecentocinquantamila casi di malattie gravi con ricovero ospedaliero, settantasei milioni di casi di malattia intestinale e cinquemila morti (OMS – WHO – Food Safety and Foodborne Illness – Fact Sheet N° 237 – Rev. September 2000). Fino a oggi la situazione non è molto migliorata e secondo la Food and Drug Administration (FDA) ogni anno circa quarantotto milioni di americani (uno su sei) hanno un’intossicazione alimentare con centoventottomila ricoveri ospedalieri e tremila morti. Per questo nel 2011 nel Food Safety Modernization Act (FSMA) si è iniziato a stabilire nuove regole federali di sicurezza e, dopo una non facile gestazione, sono ora entrate in validità nel FDA Issues Guidance for Industry about Model Accreditation Standards for Third-Party Certification Bodies del 6 dicembre 2016.
Si tratta della più importante innovazione legislativa alimentare degli ultimi settanta anni, con ricadute importanti sulle imprese americane e possibili rilevanti riflessi anche sulle normative degli altri paesi, senza 
contare il ruolo che le norme ora stabilite potranno avere nella stipulazione d’accordi commerciali tra USA e Unione Europea e l’impatto della nuova normativa sulle imprese italiane che vogliono esportare i loro prodotti negli USA. Molte, complesse e dettagliate sono le norme (ben più di quelle a volte discussa Unione Europea) del Food Safety Modernization Act (FSMA) consultabile sul sito della FDA e tre hanno un diretto impatto organizzativo e economico sulle imprese italiane che esportano alimenti negli USA.

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Interferenti endocrini nell’alimentazione:pericolo e rischio

Gli interferenti endocrini sono sostanze o miscele di molecole esogene che a certe dosi e condizioni si ritiene posano alterare la funzionalità del sistema endocrino, influenzando negativamente diverse funzioni vitali e, tra queste, lo sviluppo, la crescita, la riproduzione e il comportamento dell’uomo e delle specie animali. L’allarme sulla potenziale pericolosità di queste sostanze non è nuovo, perché nel 1991 un collettivo di scienziati coordinati da Theo Colborn conia il termine di “interferenti endocrini” in una conferenza a Wingspread. In Italia nel 2011 le ricerche condotte dalle Università di Siena e della Sapienza di Roma riguardano l’influenza d’interferenti endocrini quali i perfluorati, gli ftalati e il bisfenolo sulla fertilità, dimostrando come queste molecole possono attraversare la barriera della placenta, in passato ritenuta invalicabile.

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Verde e giardini nelle città

L’uomo di oggi si è separato dalla natura ma la cerca, condizionato dalla perdita, come una compensazione. I giardini, intendendo con essi, gli spazi verdi in senso lato, rispondono al nostro bisogno di rapporto con la natura, risvegliano in noi le esigenze più naturali ed insite nel nostro essere. Quando siamo in un ambiente verde respiriamo e prendiamo coscienza di questa funzione, ancorché naturale e … vitale! I giardini ci aiutano a risvegliare i ritmi naturali della vita: primavera, inverno, caldo, freddo, e ci mettono alla prova, noi che ormai viviamo in ambienti artificiali.

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La difficile convivenza fra agricoltura professionale e fauna selvatica

Le trasformazioni sociali ed economiche che si sono verificate dalla metà del secolo scorso hanno avuto importanti ed evidenti effetti sull’ambiente e sulla composizione della fauna selvatica che è in continua crescita, come si può dedurre dagli ingenti danni subiti dall’agricoltura e dall’aumento degli incidenti stradali.
Alcune specie di ungulati, in particolare il cinghiale e il capriolo, da secoli scomparsi in gran parte d’Italia, sono ora presenti in buona parte dell’Italia.  A essi si aggiungono specie da sempre presenti, quale la lepre,  e altre, introdotte da altri continenti, quali la nutria e la minilepre. La situazione faunistica appare dunque complessivamente ancora in evoluzione  e con crescenti rapporti conflittuali con l’agricoltura, particolarmente quella più specializzata.

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Sistemi di “Agroforestry” per il miglioramento della sostenibilità delle produzioni animali

Per i prossimi 50 anni è previsto un aumento delle richieste di alimenti di origine animale da parte dei paesi in via di sviluppo. Per soddisfare questo aumento della domanda, la produzione di carne e di latte dovrà tenere conto delle problematiche legate alla carenza di risorse naturali (acqua, terra ed energia) che si sta sempre più nettamente delineando a livello mondiale. Inoltre, nei paesi sviluppati, è crescente la domanda di alimenti di origine animale caratterizzati da elevato valore nutrizionale e prodotti nel massimo rispetto del benessere animale. E’ evidente come 
di fronte a questo scenario estremamente complesso sia necessario sviluppare nuovi modelli produttivi che arrivino a delineare processi di intensivizzazione sostenibile della produzione di carne e latte. Per quanto riguarda la carne, inoltre, molto forte è la spinta di movimenti di opinione che ne contrastano il consumo, sulla scorta di evidenze, non sempre scientificamente dimostrate, che identificano tale alimento come causa primaria di malattie degenerative per l’uomo e di emissione di gas ad effetto serra (GHG).
I sistemi integrati agro-silvo-pastorali, denominati anche sistemi di agroforestry, stanno riscuotendo interesse in molti paesi, sia europei sia extra europei (soprattutto quelli più interessati in passato a fenomeni di cambiamento di uso del suolo finalizzati alla messa a coltura di aree forestali). Tali sistemi si caratterizzano per applicare un modello di intensivizzazione sostenibile che presenta numerosi vantaggi. Si tratta di sistemi integrati che prevedono la coltivazione sulla stessa superficie agraria di colture arboree (da legno o da frutto) e di colture erbacee (da granella o foraggere) con la possibilità di inserire anche l’allevamento degli animali, per sfruttare le risorse foraggere. E’ bene sottolineare quindi due aspetti salienti: il primo è che non si tratta di inserire animali o 
colture in aree forestali, ma esattamente il contrario, coltivare essenze arboree da legno o da frutto in aree dedicate al pascolo e/o alle coltivazioni. Il secondo aspetto è che con questi modelli lo stesso ettaro di terreno è in grado di fornire fino a tre differenti tipologie di reddito: quello derivante dalla vendita del legno o dei frutti, quello derivante dalla vendita delle granelle e quello derivante dalla trasformazione dei foraggi in carne o latte. A questo si aggiungono altri aspetti legati alla possibilità, mediante l’adozione di questi sistemi, di mitigare l’effetto degli allevamenti animali sulle emissioni di gas ad effetto serra (GHG) e di aumentare l’adattamento degli animali ai cambiamenti climatici. Per quanto riguarda la mitigazione, è noto che gli alberi sono in grado di sequestrare quantità importanti di carbonio sia nella biomassa aerea sia in quella radicale, inoltre, è stato evidenziato anche un ruolo indiretto legato alla protezione del suolo da fenomeni erosivi. In molte aree del mondo, soprattutto in quelle a clima tropicale, sono stati osservati anche effetti indiretti sulla mitigazione, conseguenti ad un aumento della produttività degli animali da carne. In comparazione con i sistemi a pascolo tradizionali, infatti, i sistemi integrati agro-silvo-pastorali consentono di ottenere le stesse quantità di carne con un numero inferiore di animali, oppure, a parità di emissioni, una maggiore quantità di carne. Relativamente all’adattamento, il microclima che si crea nei sistemi di agroforestry è ritenuto utile per apportare conforto termico agli animali nei periodi in cui è rilevante il rischio di ondate di caldo estreme. Anche in questo caso si registra sia un effetto diretto dell’ombreggiamento sugli animali sia un effetto indiretto sul miglioramento della qualità nutrizionale dei foraggi coltivati nell’ambito dei sistemi integrati agro-silvo-pastorali.

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Il consumo di carne nella storia

Gli archeologi ci dicono che l'Uomo è nato omnivoro ma è diventato un carnivoro, e lo è rimasto per milioni di anni, quando nelle ultime fasi del Paleolitico (30.000 ÷ 10.000 anni a.C.), si è accresciuta la sua dipendenza dai prodotti di origine animale perché aveva come cibo soprattutto selvaggina accompagnata da frutti o radici del proprio 
ambiente di vita.

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Latte ai raggi UV: novel food

Anche il latte può diventare nuovo o, meglio, un Novel Food.Quest’alimento più antico del mondo, secondo la legislazione alimentare comunitaria e con il Regolamento (CE) 258/97, se è sottoposto a un processo di produzione non generalmente utilizzato che comporta nella sua composizione o nella sua struttura cambiamenti significativi del 
valore nutritivo, del loro metabolismo o della percentuale di sostanze indesiderabili deve essere esaminato e eventualmente approvato comeNovel Food. É quanto successo quando la Commissione Europea, con Decisione 2016/1189 ha autorizzato l’immissione sul mercato alimentare dell’Unione Europea di un latte alimentare trattato con raggi ultravioletti (raggi UV).
I raggi UV applicati in opportuna dose al latte pastorizzato hanno una duplice funzione. La prima è l’azione battericida che, unita a un trattamento termico di pastorizzazione, prolunga la vita (shelf life) del latte fresco (intero o scremato) da 14 a 21 giorni, con ovvi effetti commerciali. La seconda funzione del trattamento è che i raggi UV, agendo su un precursore presente nel latte, aumentano in quest’alimento la quantità di vitamina D, in modo analogo a quanto avviene nella pelle irradiata dai raggi solari.
Un aumento di vitamina D in un alimento di grande uso come il latte ha diversi aspetti, partendo dal fatto che quest’alimento, nelle normali condizioni di produzione, contiene solo tracce di questa vitamina, per cui sono già in commercio latti speciali nei quali questa vitamina è aggiunta come additiva, a volta anche assieme al calcio.
La vitamina D, contenuta nell’olio di fegato di merluzzo, uova, salmone e pesci grassi, fegato e alcune verdure in foglie, è anche prodotta dalla esposizione della pelle ai raggi solari e è necessaria per prevenire diverse malattie, prima di tutte il rachitismo infantile e giovanile.
In un’alimentazione variata e soprattutto con uno stile di vita sana all’aperto non vi è bisogno d’interventi supplementari di vitamina D, ma si stanno diffondendo condizioni particolari nelle quali la carenza di questa vitamina diviene pericolosa. Tra queste condizioni vi è l’alimentazione unilaterale di fasce povere della popolazione, la scarsa o nulla esposizione al sole per paura di tumori della pelle (melanoma), la necessità di vitamina D negli anziani a rischio di osteoporosi, la presenza di popolazioni con pelle scura in paesi a scarsa illuminazione solare, soprattutto se di fascia povera. Secondo alcuni studi, l’abitudine di donne che vivono completamente coperte e non ricevono un’adeguata quantità di radiazioni solari, espone i neonati a carenza di vitamina D e quindi al rachitismo. Bassi livelli di vitamina D sembrano associarsi anche a fenomeni depressivi: uno studio del 2013 pubblicato sul British Journal of Psychiatry su più di 30.000 individui trova una forte 
correlazione tra carenza di vitamina D e un più alto tasso di depressione. Altri studi suggeriscono l'efficacia della vitamina D nella cura di sintomi depressivi, sempre in virtù di un calo di esposizione alla luce solare, come accade tipicamente nei periodi autunnali e invernali e una dose di 300.000 UI è riuscita a migliorare lo stato di depressione in modo statisticamente significativo.

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Il diritto alimentare ai Georgofili

L’incontro del 24 novembre ha costituito una importante occasione per confrontare lo stato della legislazione alimentare in buona parte del mondo. 
Concludendo, il prof. Costato ha messo in risalto il fatto che gli attuali problemi dell’alimentazione non consistono tanto, nei paesi sviluppati, nella Food Safety quanto, con particolare riferimento ai paesi meno fortunati del globo, dalla Food Security, e cioè  dalla quantità di cibo disponibile, e dalle proprietà energetiche di esso.
La PAC, abbandonando l’indirizzo produttivistico e passando a considerare l’agricoltore non tanto un imprenditore – produttore di beni quanto, invece, un fornitore di servizi ambientali, e non solo, ha provocato, unitamente ad una analoga, almeno per certi aspetti, politica statunitense, una minore abbondanza delle principal commodities agricole. Il fatto che le stesse soffrano di condizioni di prezzo, attualmente, molto depresse non smentisce l’assunto. Infatti, se da un lato la domanda sembra mancare, dall’altro la stessa non può essere esercitata da chi non dispone dei mezzi economici per metterla in atto. Dunque, a fronte di vere, grandi necessità, la precedente generosa politica di sostegno all’export di granaglie e riso verso i Paesi più poveri è stata abbandonata nella speranza, dimostratasi ad oggi vana, di riuscire a rinnovare l’Accordo Agricolo firmato a Marrakech. 
Il risultato è sotto gli occhi di tutti, e cioè l’emigrazione di massa di centinaia di migliaia di persone, probabilmente i meno poveri, verso l’Europa (ma anche verso il Sud Africa). Insomma, se la montagna non va a Maometto, Maometto va alla montagna, ovvero se non si può sperare in uno sviluppo e in una condizione decorosa a casa propria, si va dove queste condizioni sembrano raggiungibili.

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“L’Olivo e il suo Olio: una storia da rinnovare per poterla tramandare”, la formazione di nuove Communities of Practice

La Community of Practice ha molti vantaggi, in particolare: permette di ottimizzare il processo produttivo, favorisce l'aggiornamento degli operatori e stimola il miglioramento continuo perché fa funzionare i feedback derivanti dai controlli.

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Cambiamenti climatici: il “fattore uomo” è determinante

In data 27 ottobre l’Italia, grazie al via libera del Senato, ratifica l’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici (COP21).
Il primo accordo globale sul clima, approvato nel dicembre 2015 a Parigi, si propone di contenere entro i 2 gradi (possibilmente entro 1,5 gradi) il riscaldamento globale riducendo l’emissione in atmosfera di gas serra e in particolare di anidride carbonica.
Questa notizia, sicuramente positiva, avviene mentre si sta concludendo un anno, il 2016, che molto probabilmente detronizzerà il 2015 dal ruolo di anno più caldo a livello mondiale.
In effetti i primi sei mesi del 2016 mostrano anomalie termiche veramente impressionanti che lasciano ben pochi dubbi sul fatto che quest’anno si concluda come l’anno più caldo dell’era industriale. 
Questa recente notizia appare quindi come una logica conseguenza delle evidenze dei cambiamenti climatici in atto a livello globale e che impattano in maniera pesantissima anche sul nostro territorio nazionale. 
Sono infatti molte le evidenze del cambiamento che il clima ha subito dal periodo pre-industriale ad oggi.  Dal 1880 le temperature sono aumentate globalmente di 0.9°C e addirittura di 1.4 °C se consideriamo solo le terre emerse. L’incremento termico è paragonabile o superiore se analizziamo quanto successo in Europa ed in Italia. Le evidenze di questo riscaldamento si sono manifestate in maniera inconfutabile a partire dagli anni ’80 come dimostra il fatto che i 15 anni più caldi sono tutti posteriori al 1998. Il riscaldamento interessa tutto il nostro pianeta con una forte dipendenza stagionale. In Italia, per esempio, le maggiori evidenze sono in estate, mentre in inverno l’impatto sembra minore. 
Per quanto riguarda le precipitazioni il cambiamento non è stato omogeneo come per le temperature: accanto ad aree in cui le piogge sono aumentate in maniera significativa (ad esempio nord Europa) ci sono aree, come quella del Mediterraneo, nelle quali i cumulati di precipitazione sono diminuiti. La mancanza di omogeneità non deve fare pensare a un dato meno rilevante. Sono cambiati infatti pesantemente i regimi pluviometrici e il cambiamento impatta in maniera rilevante in vari settori, da quelli economici, di vulnerabilità ambientale a quelli inerenti problemi di salute e protezione civile. Sicuramente l’agricoltura è uno dei settori più sensibili ai cambiamenti climatici sia per processi di desertificazione, di salinizzazione delle acque e per problemi legati alla gestione della risorsa idrica, con il Mediterraneo che è un’area particolarmente sensibile.  In Italia i cumulati di precipitazione non sembrano aver subito variazioni rilevanti (forse solo una lieve diminuzione) ma è aumentata moltissimo la variabilità. In sostanza ad anni molto piovosi seguono anni estremamente aridi rendendo sicuramente molto problematica la gestione della risorsa idrica. La situazione è stata poi resa ulteriormente più preoccupante dal fatto che è aumentata l’intensità delle piogge.
Non ci sono ormai dubbi (quasi tutti gli scienziati sono ormai di questo parere) sul fatto che la causa di questo cambiamento climatico sia da imputare soprattutto all’uomo e all’immissione in atmosfera di gas serra. 

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Agricoltura e contoterzismo: l’Accademia dei Georgofili sottoscrive un protocollo di intesa con UNCAI ed uno con ENAMA

Nell’ambito del convegno nazionale su Agricoltura e Contoterzismo, che si è svolto all’Accademia dei Georgofili lo scorso 16 novembre, l'Accademia  dei Georgofili ha sottoscritto un protocollo di intesa con l’Unione Nazionale Contoterzisti Agromeccanici e Industriali (UNCAI) ed uno con l’Ente Nazionale Meccanizzazione Agricola (ENAMA), per 
lo sviluppo di attività di comune interesse nel campo agricolo finalizzate a favorire forme di coordinamento e collaborazione tra agricoltori, tecnici agricoli, industria agromeccanica e contoterzisti. 
Gli accordi sono stati firmati dal Presidente del Georgofili Giampiero Maracchi, dal Presidente di UNCAI Aproniano Tassinari (foto a sx) e dal Presidente di ENAMA Massimo Goldoni (foto a dx). Avranno una durata di tre anni e consentiranno  di promuovere iniziative nel settore della meccanizzazione e dello sviluppo rurale volte a una maggiore efficienza, sostenibilità ed equità del comparto. 

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Polenta porporina e ostie sanguinanti

I colori degli alimenti sono segni, almeno secondo credenze popolari, con valenze laiche e profane, basta pensare al mangiare in bianco, e anche religiose soprattutto quando un cibo assume improvvisamente un colore insolito e per questo sono ritenuti prodigiosi, se non miracolosi.
Particolarmente alcuni colori insoliti degli alimenti colpiscono l’immaginazione e tra questi il rosso che richiama il sangue.

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Risorse alimentari e fame nel mondo: le carestie

Molte ragioni, nel corso della storia, hanno contribuito a rendere le disponibilità di alimenti inferiori ai fabbisogni ed a determinare le carestie, con le quali gran parte della popolazione di una regione è denutrita od anche esposta a morte per fame.

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Le grandi epidemie della storia: dalle ruggini dei cereali alle Xylelle in Europa

Nel mondo si producono ogni anno grandi quantità di cibo: ca. 700 Mln di tonnellate di grano; 950 di mais; 500 di riso;  ca. 950 di ortaggi; 800 di frutta e poi altri 410-430 Mln di tonnellate fra carne e pesce. Tutto questo cibo (in totale ca. 4,5 Mld di tonnellate) è di norma sufficiente a nutrire i ca. 7,46 Mld di uomini e donne che popolano la Terra e se ci sono persone che soffrono la fame o sono malnutriti è soprattutto un problema di distribuzione del cibo piuttosto (o oltre) che di scarsa produzione. E le cose potrebbero andare addirittura meglio se non ci fossero tanti sprechi e soprattutto tante perdite dovute alle malattie che attaccano, e non da oggi, le piante coltivate.  E che le malattie  siano una antica conoscenza dell’uomo (e non un prodotto della modernità) ce lo racconta la storia la quale ha conservato per noi il ricordo  di alcune grandi epidemie che hanno avuto devastanti effetti sociali, politici e perfino religiosi.  Fra tutte spiccano le ruggini dei cereali, per i nostri antenati  una sorta di punizione divina per le azioni malvagie commesse dall’uomo. Ecco cosa si legge nella Bibbia (Amos 4:9): «Vi ho colpito con ruggine e carbonchio; le locuste hanno divorato i vostri giardini, le vigne, i vostri fichi, i vostri olivi; ma voi non siete tornati a me», dice il Signore. Riguardo alle ruggini la Roma imperiale, che importava ogni anno grandi quantità di grano (si calcola ca. 4,2 Mln di q.li), si è dovuta inventare un Dio, Robigo (e celebrare delle feste: le Robigalia), invocato per   proteggere le messi dal flagello della ruggine. Ci sono poi da ricordare l’avvelenamento da segale cornuta o ergotismo che ha imperversato per secoli soprattutto in Francia; la ruggine del caffè nell’isola di Ceylon (oggi Sri Lanka) che, secondo qualcuno, ha indotto gli inglesi a bere il tè anziché il caffè; la peronospora della patata, la regina delle epidemie, che ha provocato a metà del 1800, in Irlanda, 1.000.000 di morti e ha costretto all’emigrazione 1,5 milioni di persone; l’elmintosporiosi del riso nel Bengala (1942) che causò la morte per inedia di due milioni di persone  e poi numerose altre fino ad arrivare a quella più recente della Xylella su piante di olivo nel Salento. 

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Accademia dei Georgofili e FederUnacoma, una partnership per lo sviluppo della meccanizzazione agricola

L’Accademia dei Georgofili, che dal 1753 promuove la cultura e la ricerca in campo agricolo, ha sottoscritto - nel pomeriggio di sabato 12 novembre 2016 a Bologna, nell’ambito della 42ma edizione di EIMA International – un accordo con La Federazione italiana dei costruttori di macchine agricole FederUnacoma per lo sviluppo di attività di comune interesse nel campo della meccanizzazione agricola. 
L’accordo, che è stato firmato dal Presidente di FederUnacoma Massimo Goldoni e dal Vicepresidente del Georgofili Pietro Piccarolo, avrà una durata di tre anni e consentirà di realizzare ricerche, e attività culturali e divulgative dedicate alle tecnologie meccaniche e al loro impatto sul sistema agricolo, sull’ambiente e sulle filiere agroindustriali; ma anche attività rivolte allo sviluppo del mondo rurale nel suo complesso, alla formazione e alla crescita delle competenze professionali per l’agricoltura e l’ambiente. Il patto prevede anche iniziative rivolte ai giovani ricercatori e pubblicazioni su argomenti di particolare rilevanza.
Per Pietro Piccarolo, vice presidente dell’Accademia dei Georgofili “l’interesse dell’Accademia per le macchine agricole è nato con l’inizio della meccanizzazione agricola, stabilendo legami con ricercatori ed esperti del settore, oltre che con i costruttori e, quindi, con FederUnacoma che li rappresenta. L’accordo sottoscritto, non solo conferma un legame di lunga data, ma vuole rafforzare l’impegno a cooperare sulle più significative tematiche di attualità, quali il precision e digital farming e l’industria delle macchine agricole 4.0”.
“Una istituzione del valore dell’Accademia dei Georgofili – ha proseguito il Presidente di FederUnacoma Massimo Goldoni – ci ricorda come l’agricoltura sia, prima che un’attività produttiva, uno straordinario patrimonio di cultura e di sapienza. Siamo onorati di poter collaborare con l’Accademia e di contribuire a quelle conoscenze e a quella tradizione in tema di meccanizzazione agricola che storicamente caratterizzano questa nobile istituzione”.

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