Dialoghi sul Verde: “Il verde pensile”

Dialogo con Camilla Zanarotti, paesaggista e accademica dei Georgofili

di Nicoletta Ferrucci e Camilla Zanarotti
  • 26 March 2025

Ferrucci: quando ho scelto il verde pensile come oggetto del dialogo di questo mese ho pensato immediatamente di coinvolgere te, Camilla, che hai organizzato nel 2000 a Vicenza uno dei primi convegni internazionali su questo tema con relatori provenienti da tutt'Europa e sei autrice del progetto del bellissimo giardino pensile dell'Head Quarter Lavazza di Torino, quest’ultimo progettato dall'Arch. Cino Zucchi. In quel tuo progetto il verde pensile è stato utilizzato per la piazza (3500 mq), realizzata sopra i parcheggi, per i terrazzi dirigenziali (circa 2000 mq) e per le coperture a verde estensivo (900 mq).
Il tema del verde pensile in Italia viene percepito ancora come qualcosa di innovativo e molto tecnologico, ma in realtà questa soluzione ha radici antiche.

Zanarotti: è vero, il ‘verde pensile’ inteso come superficie vegetale continua che non presenta, per posizione o modalità di realizzazione, continuità con il suolo naturale ha testimonianze di realizzazioni molto antiche e tra queste il rimando immediato è ai leggendari giardini del palazzo reale di Babilonia (VI sec. a.C.). Giardini pensili vennero realizzati dagli etruschi, a copertura delle sepolture, e dai romani. A questo periodo risalgono il mausoleo di Augusto (29 a.C.), in cui la copertura era in origine rivestita di terra e inverdita con cipressi, la villa dell'imperatore Adriano a Tivoli (92 d.C.) e il mausoleo da lui ideato (130 d.C.). Nel Medioevo il verde pensile aveva soprattutto una connotazione utilitaristica e veniva realizzato in monasteri e castelli per consentire una produzione alimentare nei chiostri e nei cortili murati. Il valore ornamentale del verde sarà una riscoperta a partire dal Rinascimento. Tra gli splendidi esempi, che ancora possiamo ammirare, merita ricordare i giardini del Belvedere in Vaticano, quelli di palazzo Piccolomini a Pienza, di alcune ville medicee, o quelli presenti all’interno del Palazzo Ducale di Mantova. Parallelamente nel nord Europa invece troviamo le Turf houses, edifici che presentano una copertura formata da zolle d’erba. È un modello di costruzione tradizionale comune a Norvegia, Scozia, Irlanda, Isole Faroe, Groenlandia e Islanda e che probabilmente risale alle influenze della conquista vichinga. Questa tecnica tradizionale utilizza esclusivamente materiali naturali quali pietra, legno e zolle d’erba dando come risultato edifici coibentati a bassissimo impatto ambientale. 

Ferrucci: anche a Lucca abbiamo un esempio molto particolare di verde pensile che risale al XIV secolo, ovvero la Torre Guinigi, che svetta sulla città con la sua copertura di lecci (Quercus ilex).

Zanarotti: uno splendido esempio di come spesso i giardini siano stati un mezzo di esibizione del potere: la famiglia Guinigi grazie a quei lecci che vivono su una torre a 40 metri di altezza ribadiva il suo prestigio con un segno visibile da tutta la città. 

Ferrucci: in tempi più vicini a noi il verde pensile è stato inserito nel ventaglio delle forme in cui si dipana la nozione di verde urbano come strumento che concorre con altri a superare le defaillances ambientali delle nostre città, e in tale veste è espressamente richiamato dallo stesso Regolamento dell’Unione Europea sul Ripristino della Natura del 2024.

Zanarotti: se nel passato il verde pensile veniva realizzato per finalità estetiche e/o funzionali in tempi più recenti assume un valore dal punto di vista ambientale. Un precursore di questa visione è Carl Rabitz, che nel 1867 scrisse un trattato sull’impiego del verde pensile in cui evidenzia il contributo per il miglioramento ambientale in ambito urbano. Si era in un periodo di grande sviluppo industriale e di forte incremento urbano e si sentiva la necessità di trovare soluzioni finalizzate a un miglioramento ambientale: da questa necessità nasceranno molti dei grandi parchi urbani europei e i primi giardini pensili a copertura degli edifici. Successivamente, nel XX secolo, nell’ambito di una cultura architettonica che cominciava a porre un’attenzione critica al rapporto tra edificio e ambiente, Le Corbusier pone il verde pensile tra uno dei cinque punti della “Nuova architettura”: “Il Toit terrasse (tetto a terrazza) ha la funzione di restituire all’uomo il suo rapporto con il verde, che non è solo sotto l’edificio ma anche e soprattutto sopra”. Nel suo progetto di immeubles villas (1922), concepito come "un edificio di 120 ville sovrapposte", Le Corbusier riconosce il valore estetico, ambientale e sociale del verde ed evidenzia la funzione coibentante dei piani inferiori evidenziando come in questo modo le coperture sono vivibili come spazi verdi sopraelevati.
Fino agli anni ’60, tuttavia, la copertura a verde vede applicazioni piuttosto limitate e appannaggio di sporadiche realizzazioni private, mentre è a partire dagli anni ’70, in particolare in paesi come Stati Uniti, Giappone e, in Europa, Svizzera, Austria e Germania, che viene ufficialmente riconosciuta come una delle soluzioni che concorrono al miglioramento ambientale.
Precursore di un movimento che si fa portavoce di un'architettura innovativa ed energicamente efficiente è l’architetto argentino Emilio Ambasz. Il suo stile distintivo sono edifici letteralmente ricoperti di verde con l’obiettivo di restituire sopra gli edifici il verde sottratto a terra per la loro costruzione. Un esempio ne è l’iconico ACROS (Asian Cross Road Over the Sea) Building di Fukuoka: un edificio polifunzionale a gradoni che ospita uffici pubblici e spazi culturali, costruito dove prima c'era un parco. L’architettura è ricoperta di vegetazione a formare una piccola foresta urbana e questo progetto dimostra come sia stato possibile restituire alla città più del verde perduto a terra con la costruzione dell’edificio.

Ferrucci: quali sono gli utilizzi possibili del verde pensile e quali sono i benefici che gli stessi possono erogare negli ambienti urbani?

Zanarotti: possiamo suddividere il verde pensile in due categorie: il verde pensile estensivo, realizzato con spessori ridottissimi di substrato e manutenzione limitata a un paio di interventi l’anno, e quello intensivo, che consente di realizzare sulle coperture veri e propri giardini e parchi. Entrambi i sistemi apportano benefici quali:
-    azione di mitigazione microclimatica: l’evapotraspirazione abbassa le temperature al suolo e contrasta la formazione di ‘isola di calore’ delle città;
-     isolamento termico degli edifici e risparmio energetico: la vegetazione sul tetto protegge l’edificio sia dalle alte che dalle basse temperature, consentendo di ridurre i consumi per la climatizzazione;
-     gestione delle acque meteoriche: il terreno assorbe e trattiene le acque meteoriche e, in caso di bombe d’acqua, consente di indurne il rilascio graduale verso la rete fognaria urbana, evitando l’intasamento della stessa;
-     protezione degli strati d’impermeabilizzazione: il substrato vegetale protegge il manto impermeabile e ne allunga la durata;
-     fissaggio delle polveri sottili: queste si depositano sulle foglie, sulle quali vengono trattenute; isolamento acustico: le onde sonore vengono assorbite dalla copertura a verde e non riflesse;
-     riduzione dell’impatto ambientale: una copertura a verde spesso riesce a mascherare in parte l’edificio e consentire un suo migliore inserimento nell’ambiente circostante;
-     fruizione di nuovi spazi ed aumento del valore degli immobili: consente di usufruire di uno spazio verde direttamente nell’immobile;
-     azione compensativa: restituisce sul tetto il verde sottratto a terra per la costruzione dell’edificio;
-     incremento della biodiversità: contribuisce alla connettività delle reti ecologiche in ambito urbano;
-     produzione alimentare: nelle grandi metropoli si stanno moltiplicando le Rooftop Farm sui tetti di edifici, per una produzione locale e a scopo ambientale ed educativo.

Ferrucci: molti Paesi si sono dotati di normative specifiche, spesso sono accompagnate da incentivi fiscali, per favorire questo tipo di realizzazioni che vanno oltre la semplice funzionalità estetica.

Zanarotti: il primo Paese a mettere le basi è stata la Germania, dove l'attenzione per l'ambiente e la sua salvaguardia si era sviluppata all'interno dell'opinione pubblica a seguito di una caotica ricostruzione post-bellica. Nel decennio 1970-80 viene varata la prima legge di tutela ambientale, il cui scopo era rendere obbligatoria la realizzazione di aree verdi dentro i cortili e sulle coperture piane degli edifici, anche grazie a incentivi monetari e sgravi fiscali finalizzati alla realizzazione delle coperture a verde pensile. L’Italia si è dotata nel 2007 di una normativa in materia grazie alle linee guida UNI 11235:2007, redatte seguendo le prescrizioni europee. La norma (aggiornata nel 2015) definisce i criteri di progettazione, esecuzione, controllo e manutenzione di coperture a verde in funzione delle particolari situazioni di contesto climatico, di contesto edilizio e di destinazione d’impiego.