“Fra gli alberi fruttiferi …, dei quali i prodotti sono di maggiore importanza per la nostra agricoltura, conviene annoverare in primo luogo l’olivo”, così Antonio Targioni Tozzetti esordiva trattando dell’olivo nei suoi
Cenni storici sulla introduzione di varie piante nell’agricoltura ed orticoltura toscana.
L’olivo noto fin dall’Antichità e venerato come pianta sacra, aveva costituito con il suo turgido frutto oggetto di ampio commercio e di ricchezza dei popoli; “oro verde” per questa ragione venive chiamato.
Non era però più questa la situazione quando l’Accademia dei Georgofili fu istituita: secoli di trascuratezza da parte dei proprietari unita alla mancanza delle più elementari basi di tecniche colturali avevano provocato un progressivo depauperamento del suolo, scarsità di prodotto e cattiva qualità di ciò che si otteneva con la sua manipolazione.
Compito dei Georgofili fu pertanto quello di educare proprietari e contadini a fare agricoltura in maniera diversa.
Inoltre le ricorrenti carestie che flagellarono la popolazione specie quella della campagna alla metà degli anni sessanta del Settecento imposero alla Accademia di ridefinire un piano generale di intervento sul territorio e sulle coltivazioni, sì da poter garantire sussistenza qualora si fossero ripresentati episodi di penuria di prodotti.
In quest’opera che fu insieme educativa per proprietari e contadini e pratica, concreta e strettamente connessa alla vita quotidiana, rientrò a pieno titolo la coltivazione dell’olivo e la manifattura dell’olio.
Numerose sono le fonti di cui disponiamo, conservate nell’Archivio Storico e nella Biblioteca dei Georgofili, che consentono di seguire l’ampio dibattito e lo studio che gli accademici fiorentini svilupparono sull’argomento: dalla riproduzione e cura della pianta, alla concimazione, alle sue malattie, alla nomenclatura delle diverse varietà, alla manifattura dell’olio e al miglioramento della sua qualità.
La mostra allestita nelle sale dell’Accademia copre un arco cronologico che va dai primi anni di vita della sua istituzione fino alle soglie del Novecento; singolari i documenti riguardanti i concorsi accademici, dal primo del 1787 avente ad oggetto la
Formazione a regola d’arte d’uno o più vivai di ulivi che contengano almeno 2000 piante a quello successivo del 1802:
Descrivere le diverse specie e varietà degli ulivi coltivati in Toscana con la dimostrazione delle differenze che li distinguono e con l’aggiunta delle figure in disegno e dei nomi che hanno nei vari paesi, del 1805: Determinare quale sia il miglior metodo di propagazione potatura e cultura delle diverse specie di ulivi tanto in rapporto all’indole dei terreni ed esposizione dei medesimi, quanto in rapporto alla qualità degli ingrassi, quello del 1806 sulle malattie degli ulivi, ripetuto a molti anni distanza sul finire del secolo (1898) ed infine quelli (1856, 1886, 1888) sulla manifattura dell’olio.
Una tradizione questa dei concorsi messa in atto frequentemente da parte dei Georgofili che costituiva lo strumento attraverso il quale essi intendevano creare all’esterno del consesso accademico dibattito ed approfondimento su specifici argomenti di interesse.
FOTO: acquerello tratto dalla Memoria di Giuseppe Tavanti presentata a seguito del bando del 7 luglio 1802 – sul tema: “descrivere le diverse specie e varietà degli ulivi coltivati in Toscana …” - (Archivio dei Georgofili)