Wikipedia alla voce “vermifiltrazione” (vermicompostaggio) scrive : “un vermifiltro è un sistema di trattamento aerobico che consiste in un reattore biologico che contiene del materiale che filtra le sostanze organiche dei liquami. Tale materiale, che fornisce l’habitat per batteri aerobi e vermi compostanti che purificano i liquami, contribuisce a sciogliere ossigeno nella parte liquida, assicurando le migliori condizioni di aerobiosi per la rapida decomposizione delle sostanze organiche e la degradazione dei patogeni”.
Recentemente sta aumentando l’interesse verso questo tipo di trattamento dei liquami e dei residui organici provenienti dagli allevamenti bovini perché rappresenta un sistema efficace nell’abbattimento dei due gas serra più “cattivi”, il metano (CH4) e il protossido d’azoto (N2O) che vi si sviluppano. Purtroppo l’argomento non è stato studiato molto, ma merita di esserlo, anche perché non richiede praticamente energia per l’aereazione e per le pompe, dato che può sfruttare la gravità e occupa relativamente poco spazio.
A questo proposito è da citare il recente lavoro di Dore Steven e Christen pubblicato su Bioresource Technology Reports (Vol. 18, 2022, 101044).
I liquami e il letame della concimaia sono la fonte quantitativamente più importante di emissione dei gas serra, responsabili dell’inquinamento atmosferico e delle acque.
Un vermifiltro funziona simultaneamente come separatore solidi-liquidi, come sistema di trattamento delle sostanze solide separate e dell’acqua di scarto e come tecnologia di recupero di nutrienti. La pratica consiste nello spargere i liquami sopra un sistema filtrante contenente vermi di terra e microrganismi aerobici. I microrganismi degradano aerobicamente la massa organica, i vermi ossigenano e frammentano la massa modificandone le caratteristiche fisico-chimiche, favorendo così l’attività microbica di decomposizione. La tecnica non produce un liquame, ma un compost, ottimo per i suoli e le colture, ricco di macro- e micronutrienti per i vegetali. Migliora la biodiversità della biomassa microbica e la capacità di questa di sequestrare carbonio.
Il lavoro citato riporta i risultati di uno studio sull’effetto del trattamento di vermifiltrazione sulle emissioni di metano e sulla qualità delle acque. I flussi di metano, i tassi di allontanamento delle sostanze volatili dalle acque, delle sostanze azotate, la salinità e i principali elementi chimici sono stati monitorati per 12 mesi in un allevamento di bovine da latte in California. I risultati sono importanti: il metano è stato ridotto fino al 99% rispetto alla situazione classica di un deposito anaerobico, le sostanze volatili, i sali ed i microelementi dell’87%, il fosforo e l’azoto dell’84% ciascuno. La qualità dell’acqua recuperata è tale da poter essere riutilizzata nelle pratiche agricole: la concentrazione di ammoniaca risultò ridotta del 97% e l’azoto totale dell’84%. La maggior parte dell’azoto rimosso dall’acqua di scarto veniva trasformato in azoto elementare per denitrificazione.
La misura del metano e dell’ammoniaca emessi risulta complicata dalla molteplicità dei fattori che intervengono nella raccolta e trattamento del materiale in concimaia: dalla metodologia e frequenza di raccolta e trasporto, alla temperatura ambientale, alla velocità del vento, alla composizione e pH del materiale, senza considerare la qualità della dieta degli animali in termini di livello proteico e degradabilità ruminale delle proteine.
In tempi di particolare attenzione alla difesa dell’ambiente dal riscaldamento globale, qualsiasi iniziativa per la riduzione delle emissioni di gas serra è da prendere in considerazione, soprattutto da parte delle attività zootecniche, spesso ingiustamente indicate come le maggiori responsabili del problema.
Che ciascuno faccia la sua parte.