Nel mondo si vende sempre meno vino (anche italiano). Sui principali nostri mercati esteri (USA, Germania, Regno Unito) si salvano solo i frizzanti a basso costo. Non va meglio in Italia, coi consumi sempre stagnanti. Un grande player del vino italiano, Lamberto Frescobaldi, commenta: “La riduzione dei consumi si fa sempre più evidente. A un vigneto moderno vanno corrisposte scelte manageriali altrettanto attuali: il futuro prossimo del vino italiano dovrà necessariamente passare dal contingentamento delle rese e da una analisi più puntuale dei mercati e dei consumatori, mai così fluidi come oggi”.
Contingentamento delle rese (per fare più qualità) e analisi più puntuale dei mercati e dei consumatori: la ricetta vale anche per l’ortofrutta, in particolare per la nostra frutta, sempre più in difficoltà sui mercati esteri e su quello interno, dove i consumi non si sono risollevati neppure con le ondate di grande caldo di questa estate. L’Emilia-Romagna dell’ortofrutta ha perso tanti punti negli ultimi anni, soprattutto sul piano produttivo, causa il cambiamento climatico, fitopatie varie e disastri climatico/alluvionali. Cui si aggiungono la volatilità dei mercati e dei prezzi. In regione l’OCM ortofrutta vale circa 100 milioni di euro con il 50% di produzione da fuori regione. Un dato che la dice lunga. Ovviamente i dati statistici indicano le tendenze poi la realtà racconta situazioni diverse e risposte diversificate alla crisi. Nel cuore dell’estate da un dibattito televisivo è rimbalzato l’appello per un “piano di salvataggio” non meglio specificato: regionale? Nazionale? Che vuol dire? Avanti con sovvenzioni e detassazioni. Avanti con finanziamenti pubblici anche su prodotti che - così come sono- non hanno futuro, o su cui bisogna disegnare un futuro diverso da quello vissuto finora? D’accordo che il momento è difficile: ma si deve resistere per innovare e crescere, oppure per tentare di difendere uno status quo (che non c’è più)? La difesa dello status quo ha portato finora al dimezzamento del frutteto emiliano romagnolo, mentre chi può va a produrre al Sud o all’estero. Avanti così?
Il vino – per cui l’export è strategico quasi quanto per l’ortofrutta - batte la strada dell’innovazione nei prodotti, nell’attenzione al mercato e nelle strategie di marketing. L’ortofrutta al momento piange molto su se stessa, anche se c’è chi sta lavorando per il futuro e non mancano progetti innovativi. Una spinta importante al vino – in particolare sul mercato Italia- sta arrivando dalla principale attività connessa, l’enoturismo, che ormai vale oltre 3 miliardi di giro d’affari. Questo tema – il racconto unitario e sinergico dei prodotti e del territorio - è ancora agli albori per l’ortofrutta. La Puglia, con l’evento ‘Regina di Puglia’, alla seconda edizione, promosso dal Comune di Noicàttaro e ormai supportato da una rete di Comuni del distretto barese dell’uva da tavola, fa da apripista a livello nazionale con un progetto di Uva-turismo. Un percorso ancora tutto da costruire, ma almeno si è partiti. E sì che non mancano i territori della frutta e degli ortaggi in Italia con appeal turistico, soprattutto nelle aree interne!
Il vino non sta con le mani in mano a chiedere ‘piani di salvataggio’, ma si interroga su come affrontare il futuro con progetti credibili di crescita: nuovi prodotti, attenzione al mercato Italia e occhi puntati sui mercati esteri. Per l’ortofrutta – che è una grande realtà economica del made in Italy poco conosciuta e comunicata (nonostante le chiacchiere) – non vedo altra strada che quella indicata per il vino da Frescobaldi: produrre più qualità e meno quantità, e analisi più puntuale dei mercati e dei consumatori.
*direttore Corriere Ortofrutticolo e CorriereOrtofrutticolo.it