Anche nel vasto campo della pubblicistica concernente gli aspetti più diversi dell'attività agricola si annoverano autori di vario talento e impegno. Facendo attenzione alle varie iniziative editoriali si riscontrano differenze di stile, di scrupolosità, di rigore tecnico-scientifico, di attenzione alla forma divulgativa, di sensibilità agli aspetti storici o, viceversa, di esclusiva proiezione verso il futuro, tanto per citare alcune prerogative apprezzabili. Sono disponibili per la nostra lettura molti validi libri; è comunque raro reperire un testo che abbia saputo rispondere a gran parte delle esigenze sopra elencate.
Un libro che riassume, a mio parere, le diverse caratteristiche ricordate e altre, non menzionate, ma analogamente rilevanti, è "La Canapa. Miglioramento genetico, sostenibilità, utilizzi, normativa di riferimento" curato, per i tipi di Edagricole, da parte di Paolo Ranalli (v. articolo su Georgofili Info ).
Ranalli, oltre a scrivere 4 importanti articoli dei 15 che compongono il testo, è stato anche l'ideatore e l'organizzatore del medesimo, lasciando che vari collaboratori si assumessero l'onere di descrivere le parti di loro competenza. Viene offerto, in tal modo, un volume completo sull'argomento. Chi ha avuto modo di conoscere Paolo Ranalli sa che il suo stile è scevro di approssimazione o di rincorsa alla novità, anzi è esattamente all'opposto. E' stato un ricercatore per tutta la sua esperienza lavorativa e anche quando l'inevitabile ascesa della carriera lo ha condotto ai vertici della organizzazione per la quale ha sempre lavorato (il CREA, punto di arrivo di una lunga evoluzione delle Stazioni Sperimentali del Ministero dell'Agricoltura), ha mantenuto l'atteggiamento di chi predilige la verifica sperimentale rispetto alle suggestioni delle mode del momento (esistono anche nella ricerca sulle piante!).
La canapa (Cannabis sativa L. 1753) è stata una importante pianta industriale che ha avuto un forte declino a partire dalla seconda guerra mondiale, ma sino a quel momento la canapa da fibra rappresentava una attività remunerativa per un buon gruppo di agricoltori. La pianta, raccolta e opportunamente trattata, costituiva la materia prima per tessuti e corde di particolare resistenza e la sua coltivazione, nell'immediato primo dopoguerra, si estendeva poco al di sotto dei 100.000 ettari. Come accennato, nel secondo dopoguerra divenne insostenibile la concorrenza di juta e cotone, ma soprattutto, delle fibre sintetiche.
Oggi questa coltivazione può essere riproposta per una serie di usi - ben elencati e descritti nel testo -, ma, spesso, per poterla coltivare, si sono incontrate incomprensioni a causa della presenza di terpenofenoli contenuti nella infiorescenza della pianta, il più conosciuto dei quali è il tetraidrocannabinolo (THC) in quanto psicoattivo. Si può facilmente capire quanto questa presenza abbia causato più di una perplessità in coloro che presiedono alle autorizzazioni per la coltivazione. D'altra parte questo principio attivo, insieme a molti altri contenuti nella canapa, può essere usato utilmente in molte terapie; ad esempio, un altro componente della canapa, il cannabidiolo (CBD) può essere usato senza le controindicazioni del THC in quanto non psicoattivo.
Le buone ragioni per cui la canapa può e deve essere coltivata in Italia sono ampiamente spiegate ed è sperabile che le allerte suscitate in passato, a seguito degli effetti soprariportati esercitati da uno dei suoi componenti, vengano riportati sul piano della razionalità scientifica. Si può coltivare la canapa avendo l'obiettivo di ottenere prodotti di vario tipo e non droghe! Infatti dalla canapa si può ottenere cellulosa, farine, oli, cosmetici e sostanze varie utilizzabili a fini nutraceutici e farmacologici.
Infine la canapa è trattata anche sotto il profilo della ecosostenibilità così tanto richiesta dalla normativa italiana e europea.
La completezza della trattazione che, come dicevo, è una caratteristica di Paolo Ranalli, include persino le varie iniziative di formazione del personale tecnico che sono già presenti nel nostro territorio qualora le produzioni cui si è accennato venissero implementate da imprenditori desiderosi di impegnarsi concretamente.
Credo che questo volume, scritto a molteplici mani, non sia estraneo alla regola che, a mio parere, è generale e cioè che il contenuto riflette il suo autore. In questo caso l'autore è sostituito dal curatore, che ha scritto solo alcuni importanti capitoli, ma ha anche scelto e orientato i vari altri contributi; pertanto emergono le sue prerogative peculiari: la completezza delle informazioni, apparigliata con l'aggiornamento dei dati. Inoltre è facile constatare una fortunata e invidiabile fusione di competenze genetiche e agronomiche che sono state sempre le travi portanti del "curatore" Ranalli che ha esercitato in modo esemplare la sua carriera di ricercatore e di docente universitario a contratto. L'Università italiana si è lasciata sfuggire la possibilità di annoverarlo come proprio docente di ruolo; ha perso un'occasione.