Sulla base delle proiezioni di crescita della popolazione, la FAO ha stimato che fino al 2030 saranno richiesti ogni anno almeno 40 milioni di tonnellate aggiuntive di prodotti ittici per mantenere l’attuale consumo pro capite annuo mondiale di 16.7 kg. In seguito al graduale depauperamento e sovra-sfruttamento degli stock ittici, oltre il 50% del prodotto commercializzato a livello nazionale ed europeo proviene da acquacoltura e più del 65% viene importato da Paesi in via di sviluppo. Per dare un’idea, l’elenco delle specie ittiche reperibili sul mercato italiano è arrivato ad oltre 800 specie (540 di pesci, 123 di crostacei, 146 di molluschi), gran parte delle quali di importazione. L’acquacoltura dei Paesi industrializzati dovrebbe essere potenzialmente in grado di produrre i quantitativi di pesce sufficienti a colmare il gap tra le richieste dei propri consumatori e l’offerta del pescato. Tuttavia, i gravi problemi di concorrenza, spesso sleale, creati dall’arrivo massiccio di prodotti offerti sottocosto da parte di Paesi terzi, unitamente alle stringenti norme europee per la gestione e il controllo degli impianti, esercitano un effetto inibente la crescita produttiva europea, tanto che si calcola essa non arrivi a superare il 2% annuo. L’espansione globalizzata del mercato e la forte competizione esercitata dalle nazioni extra-EU rendono dunque necessario uno strumento di difesa ammissibile, quale può essere una valorizzazione del prodotto dell’acquacoltura nazionale ed europea, che sia in grado di differenziarlo oggettivamente rispetto a quello di importazione. Gli imprenditori ittici dovranno dunque mettere in atto strategie produttive e di marketing che li rendano in grado di accrescere la propria capacità di competizione Una via potrebbe essere quella di stabilire standard di qualità ben definiti su base scientifica per ciascuna delle principali specie e delle differenti condizioni di allevamento, biologico incluso, da utilizzare come una guida per assicurare che ogni sviluppo delle tecniche produttive non risulti in una diminuzione della qualità del prodotto al di sotto degli standard stabiliti. L’applicazione di metodi moderni di controllo della qualità e rintracciabilità dei prodotti ottenuti, combinata ad un maggiore flusso di informazioni di riconosciuta correttezza e validità dovrebbe rendere il consumatore sempre più a suo agio con il prodotto allevato e propenso a scegliere a ragion veduta prodotto ittico locale, innescando quindi il necessario processo di crescita del tasso di autosufficienza per i prodotti ittici. Nel complesso ne deriverà la promozione di una maggiore razionalizzazione del settore ittico, lo sviluppo di prodotti di qualità più salubri, con miglioramento dell’immagine del prodotto e del settore ittico in generale. Il messaggio sulla accertata sicurezza/qualità del prodotto di acquacoltura diverrà in questo modo familiare ed affidabile per il consumatore aumentando la competitività delle imprese e dando loro un vantaggio commerciale attraverso vendite più stabili e miglioramento del margine di profitto.
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