La coltivazione degli agrumi si configura come un sistema complesso nel quale è sempre più difficile incastrare i diversi vincoli che rischiano di contrarre il già insoddisfacente reddito degli imprenditori. Vi è quindi un costante e crescente bisogno di innovazioni, dalla fase di impianto sino al post raccolta dei frutti, che permettano di utilizzare in maniera efficace i diversi input dei quali queste specie hanno storicamente bisogno. Molti dei vincoli con i quali ci si scontra sono peraltro amplificati dal cambiamento climatico in atto che ha determinato in specifici areali insufficiente produzione di frutti di buona qualità, o una riduzione delle rese per la cascola dei frutti post allegagione, o una recrudescenza di infezioni fungine.
Sebbene i recenti dati ISMEA indichino una parziale ripresa delle superfici investite ad arancio, altri settori, ed in particolare quello limonicolo, continuano a segnare il passo, per una mancanza di riconoscimento del prezzo riscontrato dal prodotto.
La situazione appare ancora più complessa ove si consideri il rischio di diffusione di nuove emergenze fitosanitarie quali il greening (HLB), e il black spot (Phyllosticta citricarpa) per le quali azioni di prevenzione continuano ad essere indispensabili. Non è però fuor di luogo ribadire che, nonostante la diffusione nel recente passato del virus della tristezza (CTV) e il perdurare della presenza dell’aggressivo patogeno Plenodomus tracheiphilus, agente del malsecco del limone, l’agrumicoltura italiana continua, almeno a livello di superfici investite, ad avere un ruolo di primo piano nelle regioni meridionali del nostro Paese, ove riveste importanza non solo dal punto di vista economico, ma anche sociale ed ambientale.
Occorre ricordare come i problemi legati al CTV siano stati affrontati e praticamente risolti grazie al contributo del miglioramento genetico, condotto soprattutto da istituzioni straniere, e della successiva sperimentazione italiana, che ha consentito di mettere a disposizione degli agrumicoltori una ampia gamma di portinnesti alternativi all’arancio amaro e di nuovi protocolli di gestione del materiale vegetale e di produzione (micropropagazione).
Per quanto riguarda le varietà, quelle migliorate per specifici tratti di interesse (pigmentazione e assenza di semi), guideranno l’evoluzione della nuova agrumicoltura e determineranno l’esigenza di adeguare i disciplinari di produzione a marchio per garantire che la vocazionalità ambientale possa continuare a rappresentare un valore aggiunto, come nel caso delle arance a polpa pigmentata.
Delicato appare il ragionamento per il limone, specie per la quale qualsiasi innovazione varietale deve essere vagliata per la valutazione della suscettibilità al malsecco; a tale proposito, un impulso decisivo è atteso a seguito del recente rilascio del genoma del limone, per l’identificazione dei meccanismi di resistenza coinvolti. Il recente avvio del progetto denominato ‘Difesa degli Agrumeti Italiani dal Malsecco’ (AGRIVITA) finanziato dal MASAF, coordinato dal CREA con la partecipazione delle Università di Catania e Mediterranea di Reggio Calabria, lascia ben sperare in proposito.
Va rilevato come per tutte le specie agrumicole, la fase di prima diffusione e di validazione delle innovazioni continua spesso a basarsi sulla volontà di singoli imprenditori o di loro associazioni, determinando in alcuni casi scelte che non rispondono alle aspettative. Per far fronte all’esigenza di ridurre i tempi necessari alla validazione delle innovazioni genetiche, così come di tutte le altre innovazioni di processo (tecniche di gestione del suolo, irrigazione deficitaria, difesa fitosanitaria, protocolli di gestione in post-raccolta), occorre il coinvolgimento sin dalle prime fasi della valutazione, di ricercatori e tecnici che accompagnino le aziende nell’utilizzo razionale delle innovazioni disponibili al fine di migliorare la loro competitività, valorizzando le peculiarità dell’ambiente di coltivazione.
Pur nell’ambito delle difficoltà sopra descritte, occorre che il settore agrumicolo trovi la forza di valorizzare le sue peculiarità e di difendere un patrimonio, biologico e di conoscenze, che non ha eguali al mondo. Bisogna far sì che ognuno per le proprie competenze nell’ambito della filiera si adoperi per rilanciare il settore, anche alla luce dell’importante vetrina mondiale rappresentata dalla sedicesima edizione dell’International Citrus Congress che sarà ospitata in Italia nel 2028.