Usiamo spesso l’espressione “fra luci e ombre” riferendoci alle prime come espressione di positività e alle seconde come negatività. Ma siamo in tempi di cambiamenti climatici che acuiscono il problema dell’isola di calore urbano e di aumento delle concentrazioni di inquinanti, entrambi fattori aggressivi non solo per gli esseri viventi ma anche per il patrimonio storico. In questo contesto avere l’ombra degli alberi e, contemporaneamente, la loro azione nei confronti della rimozione del particolato può rappresentare una vera “luce”.
È ciò che emerge da un recente lavoro svolto monitorando le alberature del lungotevere e dei giardini di Villa Farnesina che ha dimostrato come l’accumulo del particolato automobilistico sia limitato grazie alla presenza degli alberi che ne impediscono l’ingresso nelle logge e i conseguenti danni ai capolavori di Raffaello.
Il patrimonio culturale, in genere, è fortemente minacciato dall'inquinamento atmosferico; non solo gli edifici storici e i manufatti esposti all'esterno, ma anche quelli in ambienti chiusi possono essere danneggiati dal particolato che si deposita sulle superfici creando strati scuri, abrasione dei materiali, impoverimento e scolorimento, spesso provocando danni irreversibili alle opere. La protezione del patrimonio culturale dall’inquinamento atmosferico è dunque di primaria importanza. Tuttavia in questo campo mancano valori soglia per gli inquinanti atmosferici simili a quelli che esistono per la protezione della salute umana.
Ma gli alberi posso aiutarci anche nella nostra opera di protezione. Infatti, le foglie delle piante, così come i licheni che spesso crescono sulle cortecce degli alberi, sono dei biomonitor molto specifici ed efficaci, capaci di fornire un quadro immediato del bioaccumulo di particolato.
Però succede talvolta che i siti del patrimonio urbano offrano anche opportunità per l'insediamento e la diffusione di piante invasive. Fino a poco tempo questo non era considerato un problema economico o ambientale significativo perché la maggior parte delle specie alloctone che crescono spontaneamente all'interno delle aree del patrimonio tendono a essere confinate negli habitat più disturbati, come le zone calpestate e i sentieri, che hanno un basso valore conservativo e sono controllati con successo attraverso le ordinarie procedure di sfalcio o con mezzi naturali.
Tuttavia, quando crescono sopra o vicino a monumenti, le piante introdotte possono, come le piante autoctone, minacciare seriamente la conservazione, perché possono infliggere gravi danni agli edifici e alle strutture, in gran parte a causa delle loro radici, che inducono forme di degrado sia chimico che meccanico.
Inoltre, la recente accelerazione delle invasioni biologiche in un'ampia gamma di habitat in tutto il mondo - in particolare in quelli urbani e artificiali - ha interessato anche i siti del patrimonio culturale e la diffusione di alcune specie sui monumenti è diventata fonte di crescente preoccupazione.
Roma rappresenta un caso di studio ideale per indagare questi problemi perché ha una storia eccezionalmente lunga di introduzione di specie vegetali e un ricco corpus di documentazione botanica, che abbraccia gli ultimi quattro secoli ed è spesso incentrato sulla flora di siti antichi. Sebbene si sia ritenuto che le piante introdotte svolgano un ruolo molto minore nella flora di questi siti, l’espansione di alcune specie invasive, come ailanto e robinia, negli ultimi decenni ha minacciato sempre più la loro conservazione e sono stati fatti numerosi studi sull'impatto di altri gruppi tassonomici, come funghi, licheni e briofite, sul biodeterioramento dei monumenti in pietra. Tuttavia sono necessari studi specifici per fare più luce su questa tendenza emergente e per attuare strategie di gestione efficaci.
Come contributo a questo campo di ricerca poco analizzato, un lavoro di Celesti-Grapow e Ricotta (https://link.springer.com/article/10.1007/s10530-020-02429-9) ha studiato la flora vascolare che cresce sulle antiche mura di Roma per valutare le tendenze nei modelli di diffusione di specie vegetali autoctone e non autoctone e la diffusione nel tempo nei siti del patrimonio. E’ risultato che l’invasione delle piante è una sfida emergente per la conservazione dei siti del patrimonio storico e culturale.
Conoscere le potenziali minacce, ma anche le opportunità come quelle evidenziate dal lavoro a Villa Farnesina, associate alla componente vegetale è fondamentale. L'adeguata cura delle componenti biologiche del giardino, infatti, è un prerequisito per la conservazione delle opere coesistenti, nonché per la sicurezza dei visitatori e per evitare ogni criticità ambientale, biologica e antropica.
Da https://www.huffingtonpost.it/, 1/3/2022