Nel 2017 il volume complessivo della produzione pastaria in Italia era rappresentato per oltre l’86% da pasta secca, per l’11% da pasta fresca e per meno del 3% da pasta surgelata ed ammontava a 3,5x106 Mg con un fatturato di 4,6 miliardi di €. Nel 2021, il fatturato della pasta fresca in Italia è cresciuto fino a 0,9 miliardi di € con un aumento del +5%. Nonostante il mercato sia dominato da pochi produttori nazionali (es., Pastificio Rana e Gruppo Fini), i consumatori di pasta fresca ripiena preferiscono anche diversi marchi regionali. Il mercato globale della pasta fresca è in netta crescita con un fatturato di 1,6 miliardi di € nel 2020 per la crescente domanda da parte di ristoranti, hotel, pub e famiglie.
Come riportato in precedenza (https://doi.org/10.3390/foods11162510), una pasta fresca, ottenuta impastando 100 g di una farina di frumento tenero ad alto amilosio con 37 g di acqua, era caratterizzata da frazioni percentuali di amido totale e di amido resistente del 77% e dell’11,3% su base umida, da un tempo di cottura ottimale di 3 min, da un assorbimento di acqua post-cottura di 0,80 g/g, da un cooking loss di 0,086 g/g e da un indice glicemico in vitro del 39%.
Si riporta in Figura 1 (link Figura 1 - LCA.jpg) lo schema a blocchi del ciclo di vita (dalla culla alla tomba) della pasta alimentare fresca senza uova. La pasta fresca estrusa viene refrigerata e confezionata in sacchetti di politene in un’atmosfera modificata (N2 e CO2), onde prolungarne il tempo di conservazione in frigo fino a 60 giorni. Completato il confezionamento secondario in scatole di cartone e quello terziario in pallet, il prodotto viene conservato in celle frigo a ~5 °C, poi trasportato su furgoni isotermici ai punti di vendita. La fase d’uso include la conservazione in frigo per circa 30 giorni e la cottura di 1 kg di pasta fresca in 10 L di acqua bollente contenente 100 g di sale da cucina per il tempo di cottura ottimale indicato nel sacchetto. Una meta-analisi effettuata utilizzando il database Scopus con i temi di ricerca profilo ambientale, analisi del ciclo di vita e pasta fresca nei campi di ricerca relativi al titolo, riassunto e parole chiave non ha rilevato alcun documento sul profilo ambientale di alcun tipo di pasta fresca.
In questo lavoro si è valutato l’impatto ambientale dalla culla alla tomba della produzione e consumo di una pasta fresca ad alto contenuto di amilosio con risposta glicemica postprandiale attenuata conformemente ai metodi standard PAS 2050 e ReCiPe 2016, raffrontandolo a quello di una pasta fresca convenzionale a base di farina di grano tenero tipo 00.
Una linea ad alto contenuto di amilosio derivata dalla cultivar di frumento tenero Cadenza (https://doi.org/10.1111/pbi.12908) è stata coltivata in pieno campo nelle annate 2019-2021 in maniera convenzionale. Purtroppo, a causa di una stagione secca nel 2020 e di una gelata di tre giorni (a -3 °C) nell’aprile 2021, la resa in granella (1,0-2,4 Mg/ha) è risultata nettamente inferiore alla resa media del grano tenero (7,26 Mg/ha) nel Centro Italia (https://terraevita.edagricole.it/seminativi/frumento-tenero-le-varieta-migliori-per-ogni-areale/#tab1_variet_tenero). Inoltre, la resa in farina ad alto amilosio rilevata in molino pilota era circa il 53,4% della granella, mentre i residui di macinazione pellettizzati ne rappresentavano il 48,5% a fronte di un tasso di estrazione del 72-75% per la farina di frumento tenero convenzionale e del 25-28% per i residui pellettizzati. I consumi specifici di energia e di imballaggi, nonché la logistica di distribuzione, sono stati forniti dalla Nuova Tortuovo Srl (Roma: https://www.tortuovo.info/), che opera nel settore della pasta fresca dal 1940 e attualmente produce circa 8.100 Mg/anno di pasta fresca. Infine, i consumi energetici associati alla fase di uso della pasta fresca sono stati estratti dalle più recenti regole di categoria per la pasta (https://api.environdec.com/api/v1/EPDLibrary/Files/f76f9122-e8c0-41be-dcbc-08da1c754aa8/Data).
In Tabella 1 (link Tabella 1 - LCA.jpg) è riportato che il carbon footprint business-to-business (CFB2C) della pasta fresca ad alto amilosio (3,9 kg CO2e/kg) e della pasta fresca convenzionale (2,5 kg CO2e/kg). L’hotspot primario della pasta fresca ad alto amilosio è rappresentato dalla fase campo, mentre quello della pasta fresca convenzionale dalla fase di uso. Anche se il processo di produzione della pasta fresca non prevede l’essiccamento fino al 12,5% (p/p) di umidità della pasta secca (DPR 9 febbraio 2001, n. 187), la conservazione refrigerata della pasta fresca dal produttore al consumatore, oltre al trasporto refrigerato, ne rendono l’impronta di carbonio superiore a quella della pasta secca di semola di grano duro sia convenzionale (1,88 kg CO2e/kg) che biologica (2,05 kg CO2e/kg) (http://www.cetjournal.it/cet/21/87/067.pdf).
In Tabella 2 (link Tabella 2 - LCA.jpg) sono riportati le categorie di impatto ambientale riferite ad un’unità funzionale di pasta fresca ad alto amilosio conformemente al metodo standard ReCiPe 2016.
In Figura 2 (link Figura 2 - LCA.jpg) si confronta il profilo ambientale di tale pasta fresca a basso indice glicemico con quello di una pasta fresca convenzionale. Si può notare che il rapporto tra valori di ciascuna categoria di impatto ambientale varia da un minimo di 1,2 nel caso delle radiazioni ionizzanti a un massimo di 6,0 nel caso dell'uso del suolo, avvicinandosi a 1,6 per il riscaldamento globale.
Qualora fosse possibile migliorare geneticamente le performance agronomiche della cultivar ad alto contenuto di amilosio anche in condizioni climatiche non ideali e quindi aumentare la resa in granella fino a quella media del grano tenero, l’impronta del carbonio B2C della pasta fresca a basso indice glicemico diminuirebbe da 3,88 a 2,65 kg CO2e/kg, superiore solo del 5,7% rispetto a quello della pasta fresca convenzionale, il che evidenzia l’importanza dell’effetto mitigante delle pratiche agronomiche.
Per alleviare l'impatto della fase di uso, i tradizionali fornelli a gas ed elettrici dovrebbero essere sostituiti con il cuocipasta ecosostenibile controllato tramite un microprocessore Arduino® pre-viamente sviluppato (https://doi.org/10.1016/j.fbp.2020.05.009; https://www.georgofili.info/contenuti/risultato/15462). In tal modo, l’acqua di cottura si ridurrebbe da 10 a 3 L per kg di pasta fresca senza modificare le principali proprietà chimico-fisiche della pasta cotta ed il consumo energetico complessivo da 1,3 a 0,6 kWh/kg (https://doi.org/10.3390/foods11162510). Infine, opportuni incentivi fiscali potrebbero ridurre il fabbisogno energetico di refrigerazione favorendo l’acquisto di frigoriferi di classe energetica supe-riore, mentre opportune campagne pubblicitarie potrebbero limitare il tempo di conservazione della pasta fresca nei frigoriferi domestici da 30 a 10 giorni.
L’adozione di tutte e tre le azioni di mitigazione sopra citate ridurrebbe il CFB2C da 3,9 a 1,6 kg CO2e/kg con un netto miglioramento del profilo ambientale (linea tratteggiata in verde in Fig. 2).
Il consumatore interessato al consumo di pasta fresca arricchita in amido resistente e a basso indice glicemico dovrebbe essere consapevole che il prodotto presenta un impatto ambientale maggiore dell’analogo a base di farina di grano tenero; pur tuttavia, appropriate azioni di miglioramento genetico della cultivar, nonché appropriate tecniche agronomiche, potrebbero allinearne le rese colturali a quelle tipiche del frumento tenero sì da minimizzare lo scostamento tra il profilo ambientale della pasta fresca a basso indice glicemico e quello della filiera della pasta fresca convenzionale.
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Cimini A, Sestili F, Moresi M (2022) "Environmental profile of a novel high-amylose bread wheat fresh pasta with low glycemic index". Foods, 11(20), 3199. open access: https://doi.org/10.3390/foods11203199