A distanza di 15 anni dall’inizio dell’”era OGM”, o meglio dell’inizio dell’effettiva coltivazione a scopi commerciali, le varietà transgeniche non sembrano aver perso lo sprint.
Secondo i dati dell’ISAAA (International Service for the Acquisition of Agribiotech Applications) appena pubblicati, la superficie mondiale a OGM nel 2010 ha registrato una crescita rispetto all’anno precedente di circa 14 milioni di ettari, pari al 10%, raggiungendo la cifra complessiva di 148 milioni di ettari.
Dal 1996, quando si registrarono 1,7 milioni di ettari coltivati con varietà geneticamente modificate, la crescita è stata oggettivamente inarrestabile, arrivando a coinvolgere 29 paesi e circa 15 milioni di agricoltori (vedi grafico).
Il quadro mondiale del settore vede gli Stati Uniti sempre al primo posto tra i paesi produttori, con 66,8 milioni di ettari impegnati da coltura gm, seguiti a distanza dal Brasile con 25,4 milioni, che però fa registrare una crescita percentuale notevole: ben il 19% rispetto al 2009.
L’Europa però è in controtendenza: il Vecchio Continente ha fatto registrare nel 2010 poco più di 91.000 ettari, quasi tutti a mais e quasi tutti in Spagna, con il nuovo ingresso della Svezia che ha seminato 268 ettari di patata Amflora, impiegata per la produzione di amido.
Tornando alle statistiche fornite da Isaa, un altro dato interessante riguarda le tipologie di piante transgeniche coltivate: la soia continua ad essere l’assoluta protagonista, rappresentando circa la metà delle superfici coltivate o OGM nel mondo. Più distanziati il mais (30%) e il cotone (14%). Per dare un’idea più precisa di cosa rappresenti la soia gm, si può aggiungere che in Brasile essa costituisca ormai più del 70% del totale coltivato.
(Testo tratto dall’articolo di Alberto Andrioli, pubblicato su l’Informatore Agrario n° 9, marzo 2011)