Il pesce va mangiato freschissimo, appena pescato. Il pesce ha ventiquattro virtù e ne perde una ogni ora. L’ospite è come il pesce, dopo tre giorni puzza. Questi e altri proverbi e sentenze frutto di una saggezza popolare sono ancora completamente validi o, come per altri alimenti e soprattutto la carne, anche per taluni pesci una frollatura può essere utile, se non auspicabile? Non è questo un interrogativo solo teorico come altri: fino a che punto è giusto spingere la sperimentazione sulla frollatura del pesce? Si aprono nuove frontiere del gusto, ma si perde il sapore del mare? Fino a che punto si possono trasferire tecniche sviluppate per le carni e la salumeria ai pesci? Cosa succede al pesce quando viene frollato? Non si vuole qui rispondere in modo esauriente a tutte e ad altre similari domande ma soltanto richiamare l’attenzione sulla frollatura di taluni pesci che inizia a essere attuata da alcuni grandi cuochi e che non mancherà di diffondersi.
Con una buona frollatura i muscoli dei pesci si asciugano, non si seccano, cambiano struttura, acquistano una consistenza (texture) compatta, fondente, quasi cremosa, frutto dell'opera degli enzimi che rilassano i muscoli irrigiditi durante e dopo la pesca. Il calo di peso può essere importante, fino al trenta per cento, e vi è un cambiamento di colore soprattutto nelle parti esterne che acquistano toni più scuri, talvolta aranciati o cupi. Contemporaneamente alcuni caratteri aromatici si accentuano per azione degli enzimi muscolari che trasformano gli amminoacidi in molecole aromatiche concentrandone il sapore. Come avviene per le carni lungamente frollate (long aged) la gamma degli aromi si amplia, acquista profondità e intensità fino a ricordare quello di taluni salumi, ma a differenza di questi il pesce assume nuovi caratteri di un cibo diversamente fresco, non cotto, ma neppure crudo. Con la frollatura i tempi di cottura si riducono, aumentano l’effetto crispy (croccantezza) e gli aromi della Reazione di Maillard. Si prolunga anche il tempo di conservazione (shelf life) del pesce perché la frollatura (dry ageing) è anche un metodo di conservazione alternativo rispetto a quelli ormai classici del sottovuoto e della surgelazione. Una via di mezzo, inoltre, sulla strada che anche per diversi generi di pesce si sta percorrendo, dal cotto al crudo, e che contribuisce a spiegare perché e come si sta sviluppando la ricerca sulla della frollatura.
La frollatura del pesce è particolarmente adatta per i pesci di grande pezzatura, anche se non mancano ricerche e esperimenti su esemplari più piccoli, nei quali i tempi di stagionatura si riducono a qualche giorno. Inoltre il massimo dell’espressione aromatico-gustativa varia da pesce a pesce, ma per tutti quasi un dogma è che il pesce deve essere pulito immediatamente dalle parti deperibili (squame, viscere, branchie, vena di sangue che passa sotto la spina centrale e qualsiasi parte al di fuori delle carni che possano deteriorarsi con una proliferazione batterica) e spesso, ma non sempre, dallo strato più superficiale della pelle. Vi è chi avvolge il pesce in un panno di cotone o carta di riso che assorbono un poco di liquidi che sono rilasciati e nello stesso tempo non asciuga eccessivamente. Durante tutto il periodo di frollatura il pesce va mantenuto rigorosamente a secco, lontano dall’acqua e dal ghiaccio che favoriscono una proliferazione batterica, la lavorazione deve essere veloce e a bassa temperatura vicino allo zero, perché il pesce ha una carica batterica differente dalla carne e in ambienti quasi sterili a temperatura controllata. Altro fattore fondamentale è l’umidità e più è grande la pezzatura del pesce e più deve essere alta, altrimenti l’asciugatura non avviene in maniera omogenea. In linea orientativa, temperatura tra 0 e 2 gradi e il 70 per cento di umidità. Non c’è un tempo standard di maturazione che può durare da due o tre giorni, ma per una grande cernia si può arrivare ai quaranta giorni, il tonno tre settimane, i dentici e i grandi pagelli una settimana o dieci giorni, il polpo da sette a dieci giorni.
Il profumo di un pesce frollato bene profuma di mare e può essere consumato crudo, ma anche cotto sfruttando la morbidezza delle carni e la concentrazione del sapore con la possibilità di presentare un pesce con le carni tenere, più saporite e con una doratura esterna croccante, perché una buona frollatura esalta il gusto e la percezione del pesce freschissimo.
Fino a che punto è giusto spingere la sperimentazione e la frollatura del pesce? Si aprono nuove frontiere del gusto, ma si perde il sapore del mare? Il dibattito è aperto.