Nutrire un pianeta la cui popolazione raggiungerà quota dieci miliardi di persone entro metà del secolo è una sfida non da poco, soprattutto a causa di un impatto ancora relativamente sconosciuto dei cambiamenti climatici: il declino dei nutrienti essenziali quali proteine e minerali in alimenti base presenti nella dieta di quasi tutte le persone, su scala globale.
Al già noto impatto dei periodi di siccità e delle inondazioni sulle coltivazioni agricole, si somma quindi un meccanismo ancora non pienamente compreso dalla scienza che riguarda condizioni di alta anidride carbonica in atmosfera, che diminuiscono la capacità della pianta di ridurre nutrienti: sta calando la disponibilità di zinco, ferro, proteine e vitamine chiave nel grano, riso e in molti altri cereali e legumi fondamentali.
Alcuni studi condotti negli anni Novanta avevano indagato i profili nutritivi di colture cresciute in serre controllate, dove i livelli di anidride carbonica erano stati appositamente aumentati rispetto a quelli presenti nell’ambiente. Queste ricerche sono state contestate da parte dell’accademia perché ritenute statisticamente irrilevanti. In seguito, alcuni gruppi di ricerca internazionali hanno iniziato a collaborare per realizzare quello che oggi è ritenuto il “gold standard” della ricerca metodologica per l’osservazione di questo effetto dell’anidride carbonica sulle piante in crescita.
Queste ricerche, conosciute come Face experiments, hanno coinvolto gruppi di ricerca da tutto il mondo e sono stati realizzati in campo, con getti di anidride carbonica e sensori che puntavano a mantenere la concentrazione del gas a un livello specifico, ovvero 550 parti per milione, che è all’incirca quello che si prevede per il 2050. Gli esperimenti, condotti per circa dieci anni, hanno dimostrato che le piante sottoposte a questo arricchimento gassoso sono pressoché identiche a quelle fatte crescere in un ambiente con un livello di anidride carbonica normale, a parte che per la perdita di nutrienti.
Le implicazioni sono enormi: entro il 2050, centinaia di milioni di persone potrebbero scendere al di sotto delle soglie minime di nutrienti necessari per una buona salute e più di due miliardi di individui già carenti potrebbero vedere le loro condizioni peggiorare.
Le conseguenze si estendono ben oltre la nutrizione umana perchè ogni ogni animale della biosfera dipende, direttamente o indirettamente, dal consumo di sostanze nutritive presenti nelle piante.
Entro il 2050 si prevede che il contenuto di vitamina B del riso verrà abbattuto di un range che oscilla dal 17% al 30%, con conseguente aumento del rischio di carenze di folato (B9), tiamina (B1), riboflavina (B2) per decine di milioni di persone, specialmente nelle regioni in cui il riso è una parte fondamentale dell’alimentazione. Queste vitamine sono fondamentali a partire da uno sviluppo sano del sistema nervoso centrale del feto.
Alcune delle teorie avanzate dagli esperti punterebbero sul fatto che l’anidride carbonica potrebbe indurre le piante a produrre più amido, ottenendo così colture ricche di carboidrati ma povere di altri nutrienti. Questa spiegazione non chiarisce però la variazione per tutti i nutrienti presi in esame, quindi sul tema dovranno essere condotte altre importanti ricerche.
Da Corriere Innovazione, 30/10/2020