Nella seconda metà del secolo passato si diceva che “è il chimico che fa il contaminante” nel senso che la presenza di quest’ultimo in un alimento dipende dalla sensibilità del metodo usato per rilevarlo. Al tempo stesso valeva e continua a valere l’antico e saggio principio che “è la dose che fa il veleno”. Oggi in un periodo di fake news e di un dilagante scandalismo si sono (volutamente?) dimenticati i due principi e di fronte al continuo progresso nei metodi di analisi che con precisione rilevano quantità sempre minori di molecole si sollevano inutili dubbi sulla purezza degli alimenti e soprattutto si accendendo pericolose paure.
Recentemente con i più sofisticati metodi di analisi si trova tutto e dappertutto in quantità che non sono più di milligrammi per chilogrammo di alimento, ma microgrammi (miliardesimo per chilogrammo) e nanogrammi (miliardesimo per grammo) e millesimi di nanogrammo e loro ulteriori frazioni fino ad arrivare con il metodo di analisi denominato UHPLC-Q-Orbitrap HRMS system a qualche millesimo di nanogrammo per grammo o millilitro di alimento. Nel latte di mucca ad esempio e con questi metodi si è trovata la diffusa presenza (quasi nella metà dei campioni di latte di diversa provenienza esaminati) di infinitesime quantità di micotossine e soprattutto di insospettate sostanze attive (antinfiammatori, cortisonici, antibiotici ecc.) (Izzo L., Rodriguez-Carrasco Y., Tolosa J. et alii - Target analysis and retrospective screening of mycotoxins and pharmacologically active substances in milk using an ultra-high-performance liquid chromatography/high-resolution mass spectrometry approach – Journal of Dairy Science – Vol. 103, February 2020 pag. 1250 – 1260).
La presenza di residui di farmaci nel latte, come in altri alimenti di origine animale, può essere la conseguenza di trattamenti degli animali e per questo vi sono adeguate normative e sono eseguiti controlli per determinarne la presenza in quantità tali da poter costituire un rischio per la salute pubblica. Il Piano Nazionale Residui del MINSAN nel report 2018 dei 26.377 campioni di latte e carne analizzati 26 sono risultati essere non conformi (0.1%). Negli alimenti inoltre quando si parla di assenza di molecole bioattive o Residuo Zero non s’intende la sua totale assenza ma la non rilevabilità strumentale o la sua presenza sotto il Limite Massimo di Residui (LMR) che sulla base delle attuali conoscenze è considerato non a rischio. Per questo il Regolamento (UE) n°37/2010 fornisce un elenco della massima concentrazione ammessa del residuo di ogni sostanza attiva presente in un alimento e se l’analisi rileva una concentrazione di una sostanza bioattiva (un contaminante chimico, un farmaco o un agro-farmaco) al di sotto dell’LMR indicato da questo regolamento, l’alimento e` considerato sicuro e utilizzabile per l’alimentazione umana.
Una diffusa presenza di tracce infinitesime di molecole e farmaci nel latte, ma che potrebbero essere rilevate anche in altri alimenti di origine animale (carni) e soprattutto nei vegetali coltivati o anche selvatici, sembra trovare un’origine diversa dal trattamento degli animali con farmaci e avere origine nelle acque dove sono presenti molecole bioattive che derivano dalle popolazioni umane che fanno largo uso di farmaci e le cui deiezioni finiscono nelle acque. Questo fenomeno è noto e studiato da più di trenta anni, ma negli ultimi tempi ha avuto un aumento come intensità e come numero di molecole identificate e si è anche documentato il coinvolgimento non solo delle acque superficiali e dei fiumi, ma anche di acque di falda. Gli animali che ci danno cibo, ma anche i vegetali coltivati o no utilizzano quindi acque che contengono farmaci e altre molecole bioattive in quantità infinitesime e identificabili dai moderni sistemi d’analisi estremamente sensibili. Per il latte inoltre non si deve dimenticare che una mucca produce oltre trenta litri di latte ogni giorno, beve più di centoventi litri di acqua e mangia circa ventiquattro chilogrammi di alimenti che sono stati prodotti con migliaia di litri di acqua che contiene tracce di molecole bioattive che l’animale a sua volta elimina attraverso il latte.
La presenza di molecole bioattive nelle acque deve essere oggetto di approfondite ricerche e i LMR negli alimenti hanno bisogno di studi e di una continua revisione scientifica per accertare se la presenza di residui di sostanze farmacologicamente attive al di sotto degli attuali LMR provoca interferenze anche sul microbioma umano o favorisce l’antibioticoresistenza, ma non bisogna al tempo stesso dimenticare il principio del sola dosis facit venenum, senza ignorare che esiste una parte della popolazione che negli alimenti non vuole sostanze come antibiotici o fitofarmaci indipendentemente dalla quantità o dal fatto che non ne sia dimostrata la pericolosità. Altrettanto importante è una corretta comunicazione dei risultati delle ricerche scientifiche evitando soprattutto il sempre più diffuso scandalismo alimentare di un giornalismo d’inchiesta che cerca il sensazionalismo attraverso i titoli, gli occhielli e i sommari e in generale usando parole capaci di suscitare irrazionali allarmismi, con il risultato di screditare il metodo scientifico dando anche origine alla sempre più diffusa e dannosa diffusione di una cultura antiscientifica con le sue leggende metropolitane.